In ogni tempo e in ogni luogo l'uomo ha sempre creduto nell'esistenza di entità soprannaturali. Credere in una o più divinità ha, innanzitutto, la funzione di fornire una cosmologia: un sistema di credenze sull'origine e sulla natura dell'universo e assieme sul senso della vita. La fede risponde, quindi al bisogno di ottenere spiegazioni sul significato dell'esistenza e su ciò che accadrà dopo la morte. Secondo gli antropologi, le religioni hanno anche la funzione di garantire un ordine sociale, stabilendo valori e norme di comportamento valide per tutti. Per l'antropologo e sociologo francese E.Durkheim anche le crimonie e i riti religiosi hanno una funzione sociale: rafforzano i legami fra gli individui e promuovono il senso di solidarietà fra i membri della comunità.
DIO NEL CERVELLO
Il cervello, inoltre, è predisposto per la fede religiosa, poichè essa nasce da precisi meccanismi neurologici. Lo sostengono A.Newberg ed .D'Aquili, dell'Università della Pennsylvania (Usa). Con la tecnica della Spect (Tomografia computerizzata a missione di fotoni singoli), hanno confrontato l'attività di un gruppo di monache francescane in preghiera con quella di un gruppo di buddisti tibetani in meditazione. Concludendo che tutte le esperienze spirituali sono associate agli stessi fenomeni cerebrali e, in particolari, a una disattivazione del lobo parietale superiore (l'area che ci fa percepire i confini del nostro corpo). Ciò può spiegare quel senso di unione con una realtà più vasta (trascendente) che accompagna le esperienze mistiche.
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