 Un orto ben coltivato, circondato da un muro. Addossato al muro un basso  padiglione nel quale si intravedono alcune panche e un tavolo di legno  grezzo.     Il filosofo Epicuro, un cinquantenne con una folta barba  grigia, cammina fra i solchetti dell'orto, coltivato a rape, cavoli,  lattuga, crescione, ravanelli, sedano, cipolle e altre verdure. Lo  seguono cinque allievi fra cui una ragazza. Epicuro parla e intanto  annaffia le verdure con una brocca piena d' acqua. Quando l' acqua è  finita uno degli allievi gli porge un' altra brocca piena e va a  riempire quella vuota a una fontanella addossata al muro dell' orto.  Intanto Epicuro continua la sua lezione.     «I piaceri si dividono  dunque in "naturali e necessari", come cibarsi; in "naturali e non  necessari", come cibarsi con alimenti raffinati; e infine vengono i  piaceri che non sono "né naturali né necessari", come arricchirsi».      Un allievo con una faccetta simpatica e spiritosa si avvicina al  filosofo.     «Maestro Epicuro, posso esprimere un concetto?».      «Sentiamo».     «Io considero i ravanelli crudi un cibo molto raffinato.  Il mio amico Sidonio li considera invece un cibo degno delle capre».      «Il tuo amico Sidonio farà bene a lasciare i ravanelli per te o per le  capre dal momento che non gli piacciono. Il piacere comunque non è  unico e assoluto per tutti, non esiste "il piacere in sé" come dice  Platone, ma vari generi di piacere in rapporto alle persone, agli  oggetti, alle condizioni delle persone, all' occasione».     Mentre  parla, Epicuro distrattamente continua il gesto di innaffiare le  verdure, ma la brocca è vuota. Un secondo allievo glielo fa notare.  «Maestro Epicuro, stai innaffiando con la brocca vuota».     Epicuro si  rende conto della distrazione. «Se veramente continuassi a innaffiare,  il fatto che la brocca è vuota non sarebbe rilevante. In realtà non sto  innaffiando come tu hai detto, ma sto facendo soltanto il gesto di  innaffiare. Insomma sto facendo un innaffiamento "platonico". Con questo  genere di innaffiamento le verdure non crescerebbero e noi finiremmo  per morire di fame. Esiste una migliore dimostrazione che la filosofia  deve essere tutta tesa ad aiutare gli uomini a vivere meglio,  possibilmente a raggiungere la felicità, e che è inutile e perciò  dannosa quella filosofia che propone soltanto idee astratte?».     «Come  Platone» dice la Ragazza.     Epicuro sorride soddisfatto alla Ragazza,  poi prende la brocca piena d' acqua che gli porge uno degli allievi e  nell' altra mano tiene la brocca vuota. Le mostra tutte e due agli  allievi, una vicina all' altra.     Epicuro alza in alto la brocca  vuota. «Questa è la filosofia di Platone». Poi mostra la brocca piena.  «E questa è la filosofia di Epicuro».     Poi dà la brocca vuota all'  altro allievo perché vada a riempirla, e con quella piena riprende a  innaffiare le verdure. Dopo qualche istante si ferma e gira lo sguardo  intorno.     «Ravanelli, cavoli, rape, lattuga, barbabietole, sedano,  cipolle, cetrioli... lo chiamano "il giardino di delizie", e io sono d'  accordo nel dire che queste verdure sono autentiche delizie, ma  preferisco che questo luogo venga chiamato "l' Orto di Epicuro" perché  di un orto si tratta e non di un giardino».     Il Primo Allievo fa uno  sbadiglio. «Posso esprimere un altro concetto?»     «Dimmi».     Il  Primo Allievo è incerto. «Il sole sta tramontando, maestro Epicuro ».      «La notizia è interessante, ma generica».     «Con il tramonto del  sole i tuoi allievi sentono la necessità di soddisfare un loro desiderio  "naturale e necessario"».     «Se è della cena che intendi parlare, gli  ortaggi sono già stati raccolti e lavati. Possiamo dunque entrare nel  padiglione».     Epicuro depone la brocca dell' acqua e si avvia verso  il padiglione seguito dagli allievi. Posato su un tavolo c' è un grande  cesto con molti ortaggi. Gli allievi siedono intorno al tavolo insieme  al maestro e prendono una ciotola ciascuno. Sul tavolo c' è anche una  brocca piena di vino e delle coppe di metallo.     Gli allievi attendono  rispettosamente, ma con impazienza, che Epicuro incominci a mangiare  per primo. Il filosofo guarda il cibo, poi guarda gli allievi in attesa,  evidentemente affamati.     Sorride malizioso.     «L' attesa aumenta  il piacere».     Il Primo Allievo mostra segni di nervosismo.     «Posso  esprimere un concetto?»     «Certo».     «Ho fame: l' attesa prolungata  e i morsi della fame che l' accompagnano procurano dolore».     Epicuro  risponde allegramente. «Abbandoniamoci dunque a quest' orgia di  piacere!».     Epicuro prende un ravanello e lo addenta. Gli allievi  incominciano a loro volta a mangiare con voracità. «Quando i nostri  nemici ci accusano di essere dei gaudenti dediti ai più sfrenati piaceri  dei sensi, in fondo non hanno torto».
Un orto ben coltivato, circondato da un muro. Addossato al muro un basso  padiglione nel quale si intravedono alcune panche e un tavolo di legno  grezzo.     Il filosofo Epicuro, un cinquantenne con una folta barba  grigia, cammina fra i solchetti dell'orto, coltivato a rape, cavoli,  lattuga, crescione, ravanelli, sedano, cipolle e altre verdure. Lo  seguono cinque allievi fra cui una ragazza. Epicuro parla e intanto  annaffia le verdure con una brocca piena d' acqua. Quando l' acqua è  finita uno degli allievi gli porge un' altra brocca piena e va a  riempire quella vuota a una fontanella addossata al muro dell' orto.  Intanto Epicuro continua la sua lezione.     «I piaceri si dividono  dunque in "naturali e necessari", come cibarsi; in "naturali e non  necessari", come cibarsi con alimenti raffinati; e infine vengono i  piaceri che non sono "né naturali né necessari", come arricchirsi».      Un allievo con una faccetta simpatica e spiritosa si avvicina al  filosofo.     «Maestro Epicuro, posso esprimere un concetto?».      «Sentiamo».     «Io considero i ravanelli crudi un cibo molto raffinato.  Il mio amico Sidonio li considera invece un cibo degno delle capre».      «Il tuo amico Sidonio farà bene a lasciare i ravanelli per te o per le  capre dal momento che non gli piacciono. Il piacere comunque non è  unico e assoluto per tutti, non esiste "il piacere in sé" come dice  Platone, ma vari generi di piacere in rapporto alle persone, agli  oggetti, alle condizioni delle persone, all' occasione».     Mentre  parla, Epicuro distrattamente continua il gesto di innaffiare le  verdure, ma la brocca è vuota. Un secondo allievo glielo fa notare.  «Maestro Epicuro, stai innaffiando con la brocca vuota».     Epicuro si  rende conto della distrazione. «Se veramente continuassi a innaffiare,  il fatto che la brocca è vuota non sarebbe rilevante. In realtà non sto  innaffiando come tu hai detto, ma sto facendo soltanto il gesto di  innaffiare. Insomma sto facendo un innaffiamento "platonico". Con questo  genere di innaffiamento le verdure non crescerebbero e noi finiremmo  per morire di fame. Esiste una migliore dimostrazione che la filosofia  deve essere tutta tesa ad aiutare gli uomini a vivere meglio,  possibilmente a raggiungere la felicità, e che è inutile e perciò  dannosa quella filosofia che propone soltanto idee astratte?».     «Come  Platone» dice la Ragazza.     Epicuro sorride soddisfatto alla Ragazza,  poi prende la brocca piena d' acqua che gli porge uno degli allievi e  nell' altra mano tiene la brocca vuota. Le mostra tutte e due agli  allievi, una vicina all' altra.     Epicuro alza in alto la brocca  vuota. «Questa è la filosofia di Platone». Poi mostra la brocca piena.  «E questa è la filosofia di Epicuro».     Poi dà la brocca vuota all'  altro allievo perché vada a riempirla, e con quella piena riprende a  innaffiare le verdure. Dopo qualche istante si ferma e gira lo sguardo  intorno.     «Ravanelli, cavoli, rape, lattuga, barbabietole, sedano,  cipolle, cetrioli... lo chiamano "il giardino di delizie", e io sono d'  accordo nel dire che queste verdure sono autentiche delizie, ma  preferisco che questo luogo venga chiamato "l' Orto di Epicuro" perché  di un orto si tratta e non di un giardino».     Il Primo Allievo fa uno  sbadiglio. «Posso esprimere un altro concetto?»     «Dimmi».     Il  Primo Allievo è incerto. «Il sole sta tramontando, maestro Epicuro ».      «La notizia è interessante, ma generica».     «Con il tramonto del  sole i tuoi allievi sentono la necessità di soddisfare un loro desiderio  "naturale e necessario"».     «Se è della cena che intendi parlare, gli  ortaggi sono già stati raccolti e lavati. Possiamo dunque entrare nel  padiglione».     Epicuro depone la brocca dell' acqua e si avvia verso  il padiglione seguito dagli allievi. Posato su un tavolo c' è un grande  cesto con molti ortaggi. Gli allievi siedono intorno al tavolo insieme  al maestro e prendono una ciotola ciascuno. Sul tavolo c' è anche una  brocca piena di vino e delle coppe di metallo.     Gli allievi attendono  rispettosamente, ma con impazienza, che Epicuro incominci a mangiare  per primo. Il filosofo guarda il cibo, poi guarda gli allievi in attesa,  evidentemente affamati.     Sorride malizioso.     «L' attesa aumenta  il piacere».     Il Primo Allievo mostra segni di nervosismo.     «Posso  esprimere un concetto?»     «Certo».     «Ho fame: l' attesa prolungata  e i morsi della fame che l' accompagnano procurano dolore».     Epicuro  risponde allegramente. «Abbandoniamoci dunque a quest' orgia di  piacere!».     Epicuro prende un ravanello e lo addenta. Gli allievi  incominciano a loro volta a mangiare con voracità. «Quando i nostri  nemici ci accusano di essere dei gaudenti dediti ai più sfrenati piaceri  dei sensi, in fondo non hanno torto».......
*** Dal libro «Il sogno di Epicuro» di Luigi Malerba, editore Manni.
Luigi Malerba (pseudonimo di Luigi Bonardi) nasce a Berceto (Parma) l' 11 novembre 1927, muore a Roma l' 8 maggio 2008. Il suo primo romanzo è del 1963 «La scoperta dell' alfabeto» (Monte Università Parma, poi Mondadori); l' ultimo, «Fantasmi romani» (Mondadori) è invece del 2006
E speriamo che i piaceri di Epicuro portino a riscoprire la verità delle cose e a far risaltare l'imbroglio delle menzogne spacciate per verità e necessità.
 








