SOLO QUELLI CHE SONO COSI' FOLLI DA PENSARE DI CAMBIARE IL MONDO, LO CAMBIANO DAVVERO (A.Einstein)

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sabato 27 maggio 2023

Celebrazione dei sapori siciliani: Pecorino Siciliano DOP e Ragusano DOP - I gioielli caseari dell'isola del sole

 




Un bel giorno, una pecora di nome Gelsomina decise di diventare una star del palato! Stanca di produrre solo latte, decise di trasformarsi in un formaggio delizioso: il Pecorino Siciliano. Gelsomina si immerse in una vasca di erbe aromatiche e rotolò su un letto di spezie mediterranee. Quando uscì, era diventata un formaggio irresistibile con un sapore così buono che le pastori dei pascoli vicini iniziarono a correre per assaggiarlo! Da quel giorno, Gelsomina e il suo Pecorino Siciliano DOP divennero le star delle feste e il segreto per rendere ogni pasto pecorinamente delizioso!

Pecorino Siciliano DOP: Il Pecorino Siciliano DOP è un formaggio a pasta dura prodotto esclusivamente con latte di pecora proveniente dalla regione siciliana. La sua storia millenaria e il processo di produzione tradizionale conferiscono a questo formaggio un gusto unico e distintivo. Ha una consistenza compatta e friabile, con un sapore intenso e aromatico che presenta sfumature di erbe mediterranee. Il Pecorino Siciliano DOP è ideale da grattugiare su primi piatti, come la pasta alla Norma, e si abbina perfettamente a vini rossi corposi.

Consorzio Tutela Pecorino Siciliano DOP: Il Consorzio Tutela Pecorino Siciliano DOP è responsabile della tutela e promozione di questo formaggio tipico siciliano. Il consorzio garantisce la qualità e l'autenticità del Pecorino Siciliano DOP, promuovendone l'origine e il valore storico-culturale. Per ulteriori informazioni sul Pecorino Siciliano DOP e sul consorzio, puoi visitare il sito web del Consorzio Tutela Pecorino Siciliano DOP all'indirizzo: www.consorziopecorinosiciliano.it.




Nelle pittoresche campagne di Ragusa, c'era un formaggio eccentrico di nome Ricciolino. Tutti lo ammiravano per i suoi riccioli divertenti e il sapore che faceva girare la testa! Si raccontava che quando Ricciolino venne al mondo, si incantò con una canzone folk e cominciò a ballare in modo così sfrenato che si avvolse su se stesso, diventando il famoso Ragusano a forma di spirale. Da allora, le persone lo adorano per il suo carattere avvolgente e il sapore che fa saltare di gioia! Il Ragusano è il formaggio che ti fa ballare sulla lingua e ti fa dire: "Voglio ancora una spirale di bontà!"


Ragusano DOP: Il Ragusano DOP è un formaggio a pasta filata originario della provincia di Ragusa, in Sicilia. Questo formaggio si distingue per la sua forma cilindrica e la consistenza semidura. Il suo sapore dolce e leggermente piccante lo rende molto versatile in cucina. Può essere consumato da solo, tagliato a fette o fuso su piatti come la pasta al forno e le pizze.

Consorzio Tutela Ragusano DOP: Il Consorzio Tutela Ragusano DOP si impegna a tutelare la qualità e l'autenticità del Ragusano DOP, preservandone la tradizione e promuovendone il valore unico. Per ulteriori informazioni sul Ragusano DOP e sul consorzio, puoi visitare il sito web del Consorzio Tutela Ragusano DOP all'indirizzo: www.consorzioragusanodop.it.

Ti invitiamo a visitare i siti web dei rispettivi consorzi per scoprire ulteriori dettagli sui formaggi, la loro provenienza e le attività dei consorzi stessi.

sabato 20 maggio 2023

Nero d'Avola





 Il Nero d'Avola è un vitigno a bacca rossa che ha le sue radici nella splendida terra della Sicilia, l'isola baciata dal sole nel cuore del Mediterraneo. Questo vitigno autoctono è diventato un vero e proprio emblema dell'enologia siciliana e si è guadagnato una reputazione globale grazie alla sua straordinaria qualità e carattere distintivo.

Il nome Nero d'Avola deriva dal piccolo comune di Avola, situato nella provincia di Siracusa, dove questo vitigno ha radici profonde. La sua storia risale a secoli fa, quando veniva coltivato esclusivamente in Sicilia. Oggi, il Nero d'Avola è ampiamente riconosciuto come uno dei principali vitigni rossi italiani.

I vini prodotti con il Nero d'Avola sono apprezzati per la loro complessità e profondità. Presentano tipicamente un colore rosso rubino intenso, con aromi complessi che spaziano dalla frutta rossa matura alle spezie, dal tabacco al cioccolato. In bocca, offrono un equilibrio tra una piacevole morbidezza e una buona struttura tannica, con una freschezza che li rende estremamente versatili.

Le caratteristiche del terroir siciliano conferiscono al Nero d'Avola un carattere unico. Il clima caldo e mediterraneo, insieme alla terra vulcanica e alla ricchezza di minerali, contribuiscono alla produzione di vini intensi e di grande personalità. Le colline e le valli della Sicilia offrono diverse sfumature di Nero d'Avola, ciascuna con il suo terroir distintivo e stili di vinificazione.

Il Nero d'Avola si presta a diverse interpretazioni, dalla versione più giovane e fresca, ideale per il consumo quotidiano, fino a espressioni più complesse e invecchiate in legno, che sviluppano una straordinaria complessità nel corso degli anni. È spesso utilizzato anche in blend con altri vitigni autoctoni siciliani, come il Frappato o il Nerello Mascalese, creando vini unici e affascinanti.

Oltre ad essere apprezzato per le sue qualità enologiche, il Nero d'Avola ha contribuito anche alla rinascita e alla promozione dell'enoturismo in Sicilia. Le cantine che producono questo vitigno offrono esperienze indimenticabili, consentendo ai visitatori di immergersi nella cultura vinicola siciliana e scoprire i segreti dietro la produzione di questi vini di eccellenza.

In conclusione, il Nero d'Avola è uno dei tesori dell'enologia italiana, un vitigno che incarna l'anima e il carattere della Sicilia. Con la sua storia ricca, i suoi vini affascinanti e la capacità di adattarsi a diverse espressioni, il Nero d'Avola continua a conquistare il palato degli amanti del vino in tutto il mondo, portando un assaggio autentico dell'arte vinicola siciliana.

I 7 Brand più conosciuti per questo vino in base alla mia personale esperienza sono:

Produttore URL Instagram Facebook
Planeta Sito Web Planeta @planetawinery PlanetaWinery
Donnafugata Sito Web Donnafugata @donnafugatawine Donnafugata.Winery
Feudo Maccari Sito Web Feudo Maccari @feudomaccari FeudoMaccari
Cusumano Sito Web Cusumano @cusumanowine CusumanoVini
Tasca d'Almerita Sito Web Tasca d'Almerita @tascadalmerita tasca.dalmerita
Duca di Salaparuta Sito Web Duca di Salaparuta @duca_wines ducadisalaparuta
Morgante Sito Web Morgante @morgantevini morgantevini

venerdì 5 maggio 2023

L'ambra del Simeto - La Simetite



Simetite

L'ambra del Simeto, nota anche come Simetite, è un tesoro della Sicilia che spesso viene sottovalutato e poco conosciuto, nonostante la sua bellezza e la sua storia millenaria.

Questa preziosa resina fossile, che si presenta sotto forma di gocce, pezzi irregolari o sferiche, è stata estratta per secoli in diverse zone della Sicilia, ma è particolarmente legata alla valle del Simeto, da cui prende il nome.

La Simetite è una resina fossile che si è formata circa 50 milioni di anni fa, a seguito di una serie di processi geologici che hanno coinvolto piante di conifere. La resina fu sepolta sotto strati di sedimenti, subendo un processo di fossilizzazione che ha dato origine all'ambra.

L'ambra del Simeto si presenta in diverse sfumature di colore, dal giallo al marrone scuro, e può contenere inclusioni di piccoli insetti, foglie, ramoscelli e altri materiali organici. Grazie alle sue caratteristiche, l'ambra del Simeto è molto apprezzata in gioielleria e nella produzione di oggetti d'arte e di antiquariato.

Inoltre, l'ambra del Simeto è stata usata per secoli nella medicina tradizionale come rimedio contro le infiammazioni, i dolori articolari e le malattie respiratorie. Secondo alcune teorie, l'ambra sarebbe in grado di liberare ioni negativi, che avrebbero un effetto benefico sull'organismo umano. Tuttavia, va sottolineato che l'efficacia dell'ambra come rimedio medico non è stata scientificamente dimostrata.

Inoltre, alcuni rimedi omeopatici contengono estratti di ambra, utilizzati per alleviare i sintomi come ansia, stress e insonnia. Anche in questo caso, va sottolineato che l'efficacia dell'ambra come rimedio omeopatico non è stata dimostrata scientificamente.

In generale, è importante ricordare che l'utilizzo di rimedi naturali deve essere sempre valutato con attenzione e sotto il controllo di un medico. Inoltre, l'ambra non può sostituire una terapia medica appropriata.

In conclusione, l'ambra del Simeto è un tesoro della Sicilia che merita di essere conosciuto e valorizzato, non solo per la sua bellezza e la sua storia millenaria, ma anche per le sue possibili applicazioni artistiche e industriali. Tuttavia, va sottolineato che l'efficacia dell'ambra come rimedio medico non è stata scientificamente dimostrata e che l'utilizzo di rimedi naturali deve sempre essere valutato sotto il controllo di un medico.

martedì 14 marzo 2023

Il LIOTRU: simbolo della città di Catania

Il LIOTRU, o "u Liotru" in dialetto catanese, è una statua in pietra lavica rappresentante un elefante che si trova nel centro storico della città di Catania, in Sicilia. Questa imponente figura, alta oltre 3 metri e con una lunghezza di circa 4 metri, è considerata il simbolo della città e rappresenta uno dei monumenti più importanti e rappresentativi della cultura catanese.

La storia del LIOTRU risale al periodo della dominazione romana, quando la città di Catania era un importante centro di commercio. Durante questa epoca, gli elefanti venivano utilizzati come animali da trasporto per i prodotti commerciali e militari, e la figura dell'elefante divenne simbolo della città. La fontana con la statua, invece, risale al XVII secolo, quando fu realizzata su commissione del Senato di Catania per celebrare la fine di una lunga epidemia di peste.



Il LIOTRU è stato oggetto di molte leggende e superstizioni nel corso dei secoli. Ad esempio, si dice che se si tocca la zampa destra dell'elefante si ha fortuna, mentre se si tocca la zampa sinistra si attira la sfortuna. Inoltre, si crede che la statua abbia il potere di proteggere la città da calamità naturali come terremoti ed eruzioni vulcaniche.


Nonostante il passare dei secoli, il LIOTRU continua ad essere un importante simbolo della città di Catania e un punto di riferimento per i suoi abitanti. La statua si trova al centro della piazza del Duomo, circondata da importanti monumenti come la Cattedrale di Sant'Agata e il Palazzo degli Elefanti, sede del Municipio di Catania. La piazza è un luogo di incontro e di ritrovo per i catanesi, che si riuniscono qui per festeggiare le ricorrenze religiose e le festività locali.

Inoltre, il LIOTRU è diventato un'importante attrazione turistica, attirando ogni anno migliaia di visitatori da tutto il mondo. La statua rappresenta un esempio del ricco patrimonio storico e culturale della città di Catania, e un simbolo della sua identità e della sua forza.

In conclusione, il LIOTRU rappresenta un importante simbolo della città di Catania, un punto di riferimento per i suoi abitanti e un'attrazione turistica di rilievo. Questa statua in pietra lavica rappresenta la storia e la cultura di una città antica e affascinante, e la sua presenza al centro della città testimonia la sua importanza e il suo ruolo nella storia dell'isola.

lunedì 20 febbraio 2023

Il Cirneco dell'Etna

 




Il Cirneco dell'Etna è una razza di cane antica e affascinante, che rappresenta un simbolo di identità e di orgoglio per la Sicilia. La storia del Cirneco può essere raccontata attraverso tre diverse versioni: le rappresentazioni del Cirneco su antichi reperti archeologici, le leggende e i miti che circondano questa razza e le sue capacità di cacciatore.

La prima versione si basa sulle rappresentazioni del Cirneco su antichi reperti archeologici, come le monete dell'antica città di Segesta. Questi reperti testimoniano l'antichità della razza, la sua presenza in Sicilia già nell'antichità e la sua importanza per le popolazioni che abitavano l'isola. Inoltre, la presenza del Cirneco sulle monete suggerisce che questa razza di cane fosse considerata un simbolo di potere e di prestigio.

Ma c'è un'altra teoria che collega il Cirneco dell'Etna al dio Adrano, che era adorato nell'antica città di Adranum, situata ai piedi del vulcano Etna. Secondo questa teoria, il Cirneco sarebbe stato considerato il cane sacro di Adrano, protettore della città e della sua gente.

Adrano era un dio fittizio della mitologia siciliana, rappresentato come un giovane dalla bellezza straordinaria e dalla forza sovrumana. Secondo la leggenda, Adrano si innamorò della dea Persefone, rapita dal dio degli inferi, e si offrì di lottare contro lui per liberarla. La sua offerta fu accettata e Adrano sconfisse il dio degli inferi, ottenendo così la libertà per Persefone.

La rappresentazione del dio Adrano su antichi reperti archeologici è molto simile alla descrizione che ci viene data del Cirneco dell'Etna: un cane snello, forte, agilissimo e con un fiuto infallibile. Secondo la teoria che collega il Cirneco al dio Adrano, questi cani sarebbero stati considerati un dono divino, in grado di proteggere la città dall'ira degli dei e dai pericoli della natura.

Inoltre, la presenza del Cirneco sulle monete dell'antica città di Segesta suggerisce che questa razza di cane fosse considerata un simbolo di potere e di prestigio. Probabilmente, il Cirneco era considerato un cane di caccia pregiato e costoso, che solo i più facoltosi potevano permettersi di avere.

La fusione di queste tre versioni ci permette di apprezzare appieno il fascino e la bellezza di questa razza di cane. Il Cirneco dell'Etna è molto più di un semplice cane da caccia: rappresenta un pezzo della storia e della cultura siciliana, che si può vedere nelle sue antiche rappresentazioni, nelle leggende e nei miti che lo circondano. Inoltre, le sue capacità di cacciatore lo rendono un compagno ideale per chi ama la natura e la caccia.




venerdì 17 febbraio 2023

Angelo Musco: il comico siciliano che ha conquistato l'Italia

 


Angelo Musco è stato uno dei più grandi comici siciliani del 1900. Nato a Palermo nel 1872, Musco ha lasciato un'impronta indelebile nella cultura popolare dell'isola e in tutto il panorama del teatro italiano.

La sua carriera artistica si è svolta principalmente nel teatro dialettale siciliano, un genere che in quel periodo stava prendendo sempre più piede nella cultura popolare dell'isola. Musco ha debuttato sulle scene teatrali nel 1890, all'età di 18 anni, e da subito si è fatto notare per il suo talento e la sua versatilità.

Nel corso della sua carriera ha interpretato molte commedie e drammi, lavorando con i maggiori autori teatrali del suo tempo, tra cui Luigi Capuana, Giovanni Verga e Nino Martoglio. La fama di Musco è cresciuta esponenzialmente a partire dal 1908, quando ha debuttato al Teatro Politeama di Palermo con la commedia "La signorina Felicita". Questo spettacolo è stato un enorme successo, tanto che Musco è stato presto chiamato a recitarlo in tutta Italia, riscuotendo ovunque un grande successo di pubblico e di critica.

Musco era un attore dalla grande capacità mimica e gestuale, che sapeva trasmettere le emozioni e i sentimenti dei personaggi che interpretava con grande intensità. La sua comicità, basata soprattutto sulle espressioni facciali e sulle cadenze del dialetto siciliano, era irresistibile per il pubblico, che si divertiva enormemente ad assistere alle sue performance.

Tra le sue interpretazioni più celebri si ricordano quelle in "Il berretto a sonagli" (1910) di Luigi Pirandello, "La cena delle beffe" (1919) di Sem Benelli e "I giganti della montagna" (1937) di Luigi Pirandello. Musco ha saputo interpretare con grande maestria sia i personaggi comici che quelli drammatici, dimostrando una grande sensibilità e una grande versatilità artistica.

Musco è stato anche un grande innovatore del teatro dialettale siciliano, introducendo nuovi elementi di modernità e di novità nei suoi spettacoli. Ha saputo infatti sperimentare nuove forme di comicità, introducendo elementi di satira e di critica sociale nei suoi testi.

La sua eredità artistica è ancora oggi molto preziosa per la cultura siciliana e per l'intero panorama del teatro italiano. Angelo Musco è stato infatti uno dei più grandi interpreti della cultura popolare siciliana del 1900. Grazie alla sua straordinaria maestria artistica e alla sua comicità irresistibile, ha saputo conquistare il pubblico di tutta Italia, diventando uno dei più grandi comici del suo tempo.

La sua importanza nel panorama artistico italiano è stata riconosciuta anche dai maggiori intellettuali del suo tempo. Uno di questi è stato il poeta e scrittore siciliano Ignazio Buttitta

giovedì 30 gennaio 2020

Pagine da "Almanacchi Regionali Bemporad per i ragazzi" - Mario Rapisardi


Almanacchi Regionali Bemporad per i ragazzi




 
pag,171
I GRANDI SICILIANI
Mario Rapisardi.
(1844-1912).
Catanese. Scrisse poemi e liriche, fresche, impetuose, possenti. Fra i suoi poemi eccelle il Giobbe dove sono squarci di biblica bellezza. Ma le Poesie religiose e i Poemetti racchiudono le cose più belle e più perfette del Rapisardi. Nox Alta quies, Dopo il temporale e tante altre poesie dei due preziosi volumi sono delle vere gemme, rare per puro splendore di forma e per singolare altezza di pensiero.

.... dai suoi scritti:
«E se alle vostre piccolette gare
agli odi vostri, alme rissose, io penso
più che di sdegno di pietà sorrido»
(Mario Rapisardi)
Quando ci diciamo cittadini del mondo, non intendiamo che l'amore della patria sia morto nell'animo nostro, vogliamo dire piuttosto che il nostro loco natío è per noi diventato ampio quanto la terra, che tutte le patrie si sono fuse in una sola, che il nostro amore si è diffuso a tutto il genere umano. 
Pensieri e giudizi, III-XI

Popol, che per amor d'ozio e di pane
Tien fede all'oppressore, è popol cane. 

Chi piaggia il vulgo reo, de' buoni a danno,
Servo è che aspira a diventar tiranno.

Tu scrivi che il Carducci è un'ardua quercia
Che i fruttiferi rami all'aria spande….
E chi tel può negare, anima lercia,
Se ingrassato ti sei con le sue ghiande?
Frecciate Anima

Conosci tu il paese dei floridi aranceti
che ha su cento abitanti settanta analfabeti?
il paese poetico, dall'aure profumate
che riceve le rondini a suon di fucilate?
il paese del sole, il paese dei sogni,
dove il popol beato fa in piazza i suoi bisogni?
Dove assessor di pubblica igiene e uffizïali
di pubblica nettezza sono i polli e i maiali?
Dove sotto lo sguardo di mille indifferenti
sono esposte le bestie a' più crudi tormenti?
Atlantide - Mario Rapisardi

giovedì 16 gennaio 2020

Pagine da "Almanacchi Regionali Bemporad per i ragazzi"






L’ora soave.

Ora dolce di pace, ora soave
è l’ora del tramonto.... La campana
de la chiesa del borgo, umile e piana,
suona — a rintocchi — l’Ave....
E tu ti segni; e, tutto in te raccolto,
pieghi il compunto volto
e levi a Dio la supplice preghiera,
dolce ne 1’ora dolce de la sera....
«Ave, Maria, o Tu di grazia piena.... »
E dal cuore che a Dio chiede perdono,
dilaga intanto un’ondata serena,
di pace, che fa l’animo più buono....
ALESSANDRO CAJA.



Lu pisci binidittu.

Pisci ’ntra lu mari cci uni su’ tanti. Ma chiddu ca è binidittu è lu mirluzzu. E lu sapiti pirchì? Pirchì l’antichi vonnu diri ca porta dintra d’iddu la santuzza (l’immagine) di la Bedda Matri di lu Munti.
E comu fu ssu miraculu? mi dumannati vuàutri. Comu fu? Accussì. Ca, ’na vota, un bastimentu, vicinu a Trapani, truzzàu ’ntra un scogghiu, tanti ca si cci fici un bellu pirtusu e nun cc’era versu di’ attupparlu. L’acqua trasìa a vadduni, e ddi poviri marinara si vittiru persi. Allura chi fìciru ddi sciurtunati? S’ addinucchiàru e cuminciàru a prigari a la Bedda Matri di lu Munti, gridànnucci : —- Matruzza santa, aiutàtinni ! — A la 


Bedda Matri cci pàrsiru piatusi. E chi fici? Scinnìu di lu sò artàru, si jittàu ’mmenzu a l’unni ’ncanìati, s’ammucciàu dintra un mirluzzu e currìu ad attuppari ddu pirtusu. Accussì lu bastimentu nun fici cchiù acqua e ddi mischini si pòttiru sarvari. Eccu pirchì lu mirluzzu è binidittu e pirchì porta dintra d’iddu la santuzza di la Bedda Matri di lu Munti.

 O Bammineddu.


O Bammineddu di zùccaru duci,
Lassatimi parrari, si vi piaci.
Nun vogghiu chi taciti tanti vuci:
Vogghiu lu paradisi; beddu ’n paci.

mercoledì 11 aprile 2012

Colori di Catania





Leggendo il post che ricorda il terremoto avvenuta a L'Aquila, mi è venuto naturale chiedermi:
- Ma quali sono i colori della mia città, Catania?
L'immagine che mi sorge è quello della luce, Luce che si riflette nelle "basule" di pietra lavica di via Etnea, una luce bianca purissima, come quella che le prediche sentite in chiesa attribuivano al paradiso.
Luce che si specchia sulla superficie nera delle strade, che crea giochi d'ombra sulle facciate barocche dei palazzi signorili, e l'azzurro intenso del cielo che non ha differenza con la tonalità del mare visto dalla scogliera ancora nera di pietra.
Il bianco che cerca di di penetrare il nero su cui sorgono le case, case che si scagliano nel cielo come un ritorno all'origine come un grido, grido che si fa acuto per le sofferenze e per la speranza persa.

Ecco per me  i colori di Catania solo il bianco, il nero e l'azzurro.

venerdì 20 gennaio 2012

Attia di l'ovu





Passavo d'avanti alla Putia di Donna Mara e una voce dal profondo buio mi chiamo.
Facile era attribuirgli la proprietà anche perchè l'asina era legata al tronco del minicuccu (bagolaro o Celtis australis L.) che era riuscito a farsi strada tra i blocchi di pietra lavica della sporca casetta che fungeva da putia.
Entrai e sedendomi salutai il mio amico Santipamma che era stranamente ancora sobrio e con il suo litro di vinaccio ancora quasi intonso e che veniva servito a 150 lire.
A Zà Mara fu prontissima a portarmi un bicchiere quasi pulito e ancora grondante d'acqua che certificava l'accurata igiene del posto. Aveva voglia di parlare e io di ascoltarlo.
- A sai a storia di "Attia di l'ovu"?
- Ho sentito l'esclamazione ma non so la storia.
Risposi.
E oggi voglio tradurvi questa storia che mi costò 300 lire, un bruciore di stomaco meno due bicchieri, causa del bruciore prima detto.
Don Caluriu era un Massaro del Principe M.
Un giorno vide Turriddu un ragazzo che lavorava alacremente e con impegno, lo chiamo e complimentandosi per la sua dedizione al lavoro gli regalo un uovo raccomandandosi di non dir niente ai suoi compagni.

Un uovo era una bene inimmaginabile per quei poveretti costretti a vivere un gradino più su delle bestie.
Don Caloriu fatto il suo giro di controllo era solito sedere sotto un secolare albero d'ulivo che dominava l'appezzamento di terreno.
Ogni tanto svegliandosi e notando i lavoranti che rallentavano il ritmo urlava:

-Attia di l'ovu!

E miracolosamente i suoi uomini riprendevano a lavorare come bestie qual erano ridotti.
Una mattina mentre era seduto sotto il solito ulivo arrivò un cavaliere che lo chiamò urgentemente al cospetto del principe.
Appena il Massaro fu lontano dalla vista dei lavoranti tutti alzarono la schiena e si fermarono.
Il più vecchio portandosi la mano sulla coppola disse:
- Sono il più anziano e quindi tocca a me dirigere il lavoro.
Ma a questa affermazione si creò subito una discussione.
Chi diceva che toccava a lui comandare perchè era da più tempo sotto le dipendenze, chi vantava lontane parentele con il Massaro e chi affermava che essendo l'unico che sapesse leggere aveva i requisiti giusti per comandare.
In un momento di toni meno accesi si sentì Turiddu dire:
-Sbagliate tutti tocca a me comandare!
- e perchè?
Chiesero tutti.
-Perchè io ho la stima del Massaro e infatti mi ha anche regalato un uovo!
- anche a me!
- anche a me! ...
e così scoprirono che erano tutti:
- Attia di l'ovu!
Tutti che per un favore ricevuto sacrificavano senza dolersi la loro vita.
Il detto resta nel DNA dei siciliani poichè sono sempre convinti di avere ricevuto chissà quale favore a farsi sottomettere dai loro politicanti, come dimostrano le percentuali plebiscitarie con cui eleggono certi individui.

giovedì 12 gennaio 2012

'U TISTAMENTU DI MÊ NANNAU

Pieter Bruegel il vecchio, L'asino a scuola, 1556.



'U TISTAMENTU DI MÊ NANNAU

Tri uri e 'n quartu prima ca muriu
  sintiti chi mi dissi mê nannau.
  Mi dissi: -Senti, niputeddu miu:
  biatu cu' a la scola studïau.

'Scuta a stu vecchiu c'avi spirienza
  e stampitillu na la carusanza;
  non è la strata, non è la dispenza
  ca ti pô dari anùri e maistranza.

Comu senz'acqua babbàni sú l'ervi,
  e senza pagghia lappùsi li sorvi,
  oggi, ca cchiù ci giùva e cchiù ci servi,
  senza ku studiu l'omini sû orvi.

Iu vi lu dicu a tutti: studïati,
  ca qualchi cosa ci l'àrrinisciti;
  forsi maestri non ci divintati,
  ma non ristati li scecchi ca siti. -

Chistu mi dissi, prima ca muriu,
  la bon'armuzza, sì, di mê nannau.
  Chistu iddu dissi, e chistu dicu iu:
  « Biatu cu' a la scola studïau ».


tratta da "Cunti e Canti di Sicilia" [4]
Mario Mendola e C.
Minestra Maritata 
Primu Piattu 

IMPRIMATUR
Catanae, die 30 Aprilis 1958
Can. N. Ciancio, Vic. Gen.

mercoledì 2 novembre 2011

Dialogo di Santipamma con la sete



Pi' l'animu mio
nu bicchiareddu di syrah
po'  me spiritu
nquattu iniuru d'avula
pi' l'armuzza mia
nu ciaschiteddu di mascalisi
pi l'avista l'occhi
na dammigianedda i zibibbu
e pa' me siti ca non finisci
nu carratennu i massala



domenica 16 gennaio 2011

La mia Sicilia

L'Abbazia di Santa Maria di Maniace 
Detta anche Ducea di Nelson, Castello di Nelson o Ducea di Maniace


 Sorge in un punto della Sicilia in cui il sangue ha raggiunto le viscere del Vulcano, per quando ne è stato sparso.
Giorgio Maniace fu inviato in queste terre dall'imperatore Michele IV nel 1038.
Con un esercito composto da bizantini, lombardi e normanni, Maniace affrontò qui le truppe musulmane. Lo scontro  fu ricordato poichè il vicino fiume allora chiamato Saracena - si colorò di rosso a causa del sangue versato.
Per ringraziare della strage fatta il generale fece costruire un piccolo cenobio e vi donò una icona che - narra una leggenda - sarebbe stata dipinta da  San Luca.

La regina Margherita vi fondò, nel 1173 un'abbazia benedettina dedicata a Santa Maria ed assegnò a questa un feudo di notevole estensione. La stessa regina vi trascorse gli ultimi anni della sua vita. Nel 1373 si parla di fortilicium del monastero, e nel 1422 compare il termine turris. Quindi è probabile che la definizione di castello venne adottata dopo questa data.
Il terremoto de 1693 arreco gravi danni a tutto il complesso.
Re Ferdinando di Borbone, il 3 settembre del 1799 la dono all'ammiraglio inglese Horatio Nelson  come ricompensa per avere aiutato a sopprimere la Rivoluzione Napoletana, ricordiamo che proprio sulla nave dell'ammiraglio fu giustiziato Francesco Caracciolo uno degli strateghi della Repubblica partenopea.
Da allora il complesso costituito da un'ampia tenuta ed un appartamento nobile confinante con la splendida chiesa, prenderà il nome di Ducea Nelson.
I vari moti  del IX secolo la toccarono sempre marginalmente.. tranne che per la rivolta del 1860 in cui i contadini credendo negli ideali garibaldini e in attesa della redistribuzione delle terra, che erano in mano a pochi notabili filo-borbonici, ma anche agli inglesi che avevano permesso lo sbarco, insorsero. Ma fu proprio Garibaldi  che inviò Nino Bixio per reprimere in maniera esemplare e sommaria la rivolta della popolazione, fu una vera strage che minò definitivamente la fiducia della popolazione nella giustizia.
Con il fascismo la ducea fu espropriata agli inglesi  e fu costruito un gruppo di case assegnate ai braccianti.
Il luogo fu chiamato "borgo Caracciolo" a ricordo del rivoluzionario napoletano i cui propositi erano stati vanificati proprio da Nelson.
Durante la Seconda guerra mondiale fu sede fu sede di comando militare tedesco.
Con lo sbarco anglo-americano e la fine del conflitto, tornerà agli eredi Nelson-Bridport: l'imponenente latifondo sarà largamente ridotto per i timori della più volte annunciata (ma blandamente realizzata) riforma agraria degli anni cinquanta. Attraverso acquisti forzati che gli inglesi, anche con tassi di usura, imposero ai loro braccianti, il territorio di proprietà ducale si ridusse drasticamente (si veda in proposito questo brano di Carlo Levi). Venne abbattuto inoltre borgo Caracciolo, ma i ruderi furono lasciati sul luogo quasi a sancire, simbolicamente, che le imprese dei rivoluzionari si concludono in maniera fallimentare. Venne realizzata una piscina proprio a ridosso del giardino, una area del parco con alberi secolari fu sventrata per realizzare un campo da tennis con fondo bitumato. Secondo alcune testimonianze i discendenti maschi di Nelson quando di passaggio per la ducea continuarono a praticare lo "ius primae noctis" con le giovani donne locali (questo spiegherebbe la presenza tra i maniacesi di molte persone bionde e con gli occhi azzurri). Fondamentalmente i maniacesi furono sfruttati solo come mera forza lavoro e lasciati nel degrado civile e culturale e nell'indigenza sia dagli inglesi. Sempre alla ricerca di denaro per sostenere un tenore di vita elevato, gli eredi dell'ammiraglio che vivevano tra l'Inghilterra, Roma e talvolta la Ducea, continuarono con progressive alienazioni, fino ad arrivare alla svendita di questo pezzo d'Inghilterra in Sicilia.



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