SOLO QUELLI CHE SONO COSI' FOLLI DA PENSARE DI CAMBIARE IL MONDO, LO CAMBIANO DAVVERO (A.Einstein)

PER TUTTI
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lunedì 2 febbraio 2015

Guida galattica per gli autostoppisti

“Per risolvere il problema di questa infelicità furono suggerite varie proposte, ma queste perlopiù concernevano lo scambio continuo di pezzetti di carta verde, un fatto indubbiamente strano, visto che a essere infelici non erano i pezzetti di carta verde, ma gli abitanti del pianeta.”




domenica 1 febbraio 2015

Alice nel paese delle meraviglie

"Ma io non voglio andare fra i matti", osservò Alice."Bè, non hai altra scelta", disse il Gatto "Qui siamo tutti matti. Io sono matto. Tu sei matta.""Come lo sai che sono matta?" Disse Alice."Per forza," disse il Gatto: "altrimenti non saresti venuta qui."


Il mio Moby Dick

Non è segnata su nessuna carta: i luoghi veri non lo sono mai.

venerdì 30 gennaio 2015

Il mio Don Quijote


“Le tristezze non furono fatte per le bestie, bensì per gli uomini; ma se gli uomini ne soffrono troppo, diventano bestie.” 







lunedì 24 gennaio 2011

L'INTERMITTENZA (libro)



di Andrea Camilleri

"Fu allora che ebbe la lacerante certezza della prossimità della sua morte.
Si stava spalmando il sapone da barba e prima sobbalzò, poi si bloccò, le punte delle dita incremate sulla guancia destra. Allo specchio, appariva nella stessa posa della foto pubblicata sulla copertina dell'ultimo numero di "Comunicazione e impresa", dedicata ai manager più importanti del Paese,che conteneva anche una sua lunga intervista.
Un attimo prima era intento a riandare col pensiero alla cena della sera avanti, tra l'altro il vecchio Birolli era accompagnato da una nipote ventenne che lèvati, quando, all'improvviso, erano comparse quelle parole. O meglio, le aveva lette. Ma dove? Sullo specchio?...."

TRAMA

Mauro De Blasi, direttore generale di una tra le più note ed influenti aziende italiane, si serve da sempre di giochi d'astuzia, simulazioni ed alleanze strategiche per mantenere salde le redini del suo impero. Da un certo periodo, però, si è reso conto di aver iniziato a perdere colpi a causa di un piccolo disturbo, un temporaneo black-out che gli capita all'improvviso e lo estrania dal mondo circostante. Questo è un problema anche più grave, dal momento che capita proprio mentre l'azienza è in difficoltà a causa della crisi economica e che gli operai ne hanno occupato uno stabilimento. Un danno d'immagine al momento è proprio la cosa più rischiosa nel suo universo di relazione spietate nel quale non può fidarsi di nessuno: la moglie, Marisa, è tesa solo al soddisfacimento dei suoi piaceri e capricci, e i suoi due vicedirettori aspettano solo l'occasione più propizia per fargli le scarpe.

(Letto questo intreccio siamo stimolati sicuramente a comprare il libro!!!)

PERSONALE

Libro che ho letto in due ore durante un viaggio.
Libro di poche decine di pagine.
Libro che come gli ultimi di Camilleri non mi è piaciuto, come se fosse stato commissionato e bisognava scriverlo per forza.
Mentre i vecchi classici qualche decina di anni fa potevano far gridare per la sorpresa per gli escamotage adesso questo di Camilleri sembra costruito a tavolino come se non ci fossero idee ma solo ripeto l'obbligo di doverlo scrivere.
L'azione si rincorre a fatica, storia che vuol dare l'impressione della complessità e che a me ha fatto fare solo una gran fatica per leggerlo.
Ringrazio però l'autore di aver messo in prima pagina i nomi dei personaggi e i ruoli, se non lo avesse fatto sinceramente non avrei capito niente di chi erano e cosa rappresentavano.
Finale scontatissimo che si capisce subito dalle prime parole. Anzi se il finale fosse stato messo al'inizio mi risparmiava due ore di noia che avrei impiegato in un'attività più piacevole sicuramente, anche quella di guardare il paesaggio fuori dal finestrino.
Una ripetizione anche poco convincente degli inganni che le alleanze di potere possono produrre. Sesso gratuito e squallido e portato per forza alla crudeltà.
Storia banale che rimbalza solo da un letto ad un altro senza nemmeno troppa fantasia come se ci fossero solo figure di truffatori, solo odio, vendetta, denaro, potere, apparenze e in fondo il principe azzurro che viene a salvare la bella e stupidissima donna.

SCHEDA

Genere - Romanzo
Titolo - L'intermittenza
Autore - Andrea Camilleri
Editore - Mondadori

venerdì 6 agosto 2010

LA BILANCIA DEI BALEK


Nel paese dei miei nonni, la maggior parte delle persone viveva del
lavoro di gramolatura del lino. Da cinque generazioni respiravano la
polvere dei gambi spezzati; si lasciavano uccidere lentamente, razze
pazienti e serene che mangiavano formaggio di capra, patate e, qualche
volta, ammazzavano un coniglio. La sera filavano e lavoravano la lana
nelle loro stanzette, cantavano, bevevano infuso di foglie di menta ed
erano felici. Di giorno gramolavano il lino con vecchie macchine, in
mezzo alla polvere e al calore che veniva dalle stufe, senza nessun
riparo, perché i fili asciugassero presto. Nelle loro stanze c’era un
solo letto, fatto come un armadio che era riservato ai genitori e i
bambini dormivano intorno, su delle panche. La mattina, le camere
erano piene dell’odore della zuppa fatta di farina, grasso ed acqua,
la domenica c’era lo Sterz ed i visi dei bambini diventavano rossi di
gioia quando, in giorni particolarmente solenni, il nero caffè di
ghiande si tingeva di chiaro, sempre più chiaro per il latte che la
mamma sorridendo versava nelle loro grandi tazze.
I genitori andavano presto al lavoro: ai bambini si lasciavano da fare
le faccende di casa; loro spazzavano la stanzetta, mettevano in
ordine, lavavano i piatti e pelavano le patate, preziosi frutti
giallognoli di cui dovevano poi far vedere la buccia sottile per
dissipare il sospetto di essere stati sconsiderati o sciuponi. Se i
bambini avevano finito la scuola, dovevano andare nei boschi a
raccogliere funghi ed erbe, il mughetto di bosco, il timo, il kummel,
la menta e anche la digitale e in estate, quando avevano tagliato il
fieno dei loro campi, ne raccoglievano i fiori. Un pfennig, per un
chilo di fiori di fieno che in città, nelle farmacie si vendevano
venti pfennig il chilo, alle signore nervose. I funghi erano preziosi:
valevano venti pfennig il chilo e in città, nei negozi, si pagavano un
marco e venti. In autunno, quando l’umidità faceva spuntare i funghi
dalla terra, i bambini andavano lontano, nell’oscurità verde dei
boschi; quasi ogni famiglia aveva il suo posto segreto dove
raccoglieva i funghi, posti tramandati sottovoce di generazione in
generazione.I boschi appartenevano ai Balek e anche i maceri, ed i Balek avevano,
nel villaggio di mio nonno, un castello; la moglie del capofamiglia
aveva una sua stanzetta vicino alla cucina dove portavano il latte, in
cui si pesavano e pagavano i funghi, le erbe e i fiori del fieno. Là
sul tavolo c’era la grande bilancia dei Balek, un oggetto antico,
dipinto, pieno di ghirigori in bronzo dorato, davanti alla quale già
si erano presentati i nonni di mio nonno, coi cestini dei funghi e i
sacchetti dei fiori del fieno nelle loro manine sporche di bimbi. E
stavano attenti, ansiosi a guardare quanti pesi avrebbe messo sulla
bilancia la signora Balek perché la lancetta oscillante arrivasse
proprio al segno nero, questa sottile linea della giustizia che doveva
venir ridipinta ogni anno. La signora Balek prendeva poi il grosso
libro con il dorso di pelle marrone, scriveva il peso e pagava,
pfennig e groschea e di rado, molto di rado, un marco.
E quando mio nonno era bambino c’era un grosso vaso di caramelle di
arancio e di limone, di quelle che costavano un marco al chilo. Se la
signora Balek – moglie del capofamiglia e padrona – era di buon umore,
prendeva dal vaso una caramella e ne dava una per uno ai bambini ed i
visi dei bambini diventavano rossi di gioia, rossi come quando la
mamma in giorni particolarmente solenni versava il latte nelle loro
grandi tazze da caffè, il latte che faceva il caffè chiaro, sempre più
chiaro finché diventava biondo come le trecce delle ragazze.
Una delle leggi che i Balek avevano dato al villaggio era: nessuno
deve avere in casa una bilancia. La legge era vecchia tanto che
nessuno sapeva più quando e come essa fosse sorta, ma bisognava
rispettarla, perché chi la violava sarebbe stato licenziato dal lavoro
della gramolatura del lino, da lui non avrebbero più comprato né
funghi, né timo, né i fiori del fieno e la potenza dei Balek era tale
che anche nei villaggi vicini nessuno gli avrebbe dato lavoro né
comprato da lui le erbe del bosco.
Ma da quando i nonni di mio nonno avevano raccolto da bambini i funghi
e li avevano dati per pochi soldi perché nelle cucine della gente
ricca di Praga profumassero l’arrosto o potessero venir nascosti e
cotti in pasticci, da allora nessuno aveva pensato di violare questa
legge.Per la farina c’erano le misure di legno, le uova si potevano contare,
la roba filata misurare a braccia; del resto la vecchia bilancia dei
Balek coi ghirigori in bronzo dorato non faceva l’effetto di non
essere giusta e cinque generazioni avevano affidato alla sua
oscillante lancetta nera quanto avevano raccolto con zelo infantile
nel bosco. Fra queste persone silenziose ce n’erano anche alcune che
disprezzavano la legge, alcune più prepotenti che desideravano
ardentemente di guadagnare in una notte più di quanto potessero
guadagnare in un mese intero nella fabbrica di lino, ma neppure a una
di quelle sembrò fosse mai venuta l’idea di comprare o fabbricarsi una
bilancia.Mio nonno era il primo che fosse ardito abbastanza da controllare la
giustizia dei Balek che abitavano al castello, avevano due carrozze,
mantenevano un giovane del villaggio a studiare teologia nel seminario
di Praga, da cui ogni mercoledì il parroco andava per giocare ai
tarocchi. A Capodanno ricevevano la visita d’omaggio del capitano del
distretto con lo stemma del Kaiser sulla carrozza e il Kaiser li aveva
fatti nobili, a Capodanno del 1900.
Mio nonno era intelligente e diligente; continuò a cercare i funghi
nei boschi, come prima di lui avevano fatto i bambini della sua razza,
arrivando fino alla macchia dove, secondo la saga, abita Bilgan il
gigante che veglia sul tesoro dei Balder.
Mio nonno non aveva paura di Bilgan: penetrava nella macchia già da
ragazzino, portava a casa gran bottino di funghi, trovava addirittura
tartufi che la signora Balek calcolava trenta pfennig ogni mezzo
chilo. Mio nonno annotava sul retro di un foglio di calendario tutto
quello che portava ai Balek: ogni mezzo chilo di funghi, ogni grammo
di timo e con la sua scrittura infantile scriveva a destra quello che
aveva ricevuto: da sette a dodici anni scarabocchiò con la sua
scrittura incerta ogni pfennig e quando ebbe dodici anni, venne l’anno
1900 ed i Balek regalarono ad ogni famiglia del villaggio, perché il
Kaiser li aveva fatti nobili, centoventicinque grammi di caffè vero,
di quello che viene dal Brasile: agli uomini birra gratis e anche
tabacco. Al castello ci fu una gran festa, molte carrozze sostavano nel viale
di pioppi che porta dall’ingresso al castello. Il giorno prima della
festa venne distribuito il caffè nella piccola stanza in cui stava,
già da quasi cent’anni, la bilancia dei Balek, che adesso si
chiamavano Balek von Bilgan perché, secondo la saga, Bilgan il gigante
avrebbe dovuto avere un gran castello là dove c’erano le case dei
Balek. Mio nonno mi ha raccontato spesso come fosse andato, dopo la
scuola, a prendere il caffè per quattro famiglie: per i Cech, i
Weidler, i Wohla e per la sua, i Brücher. Era il pomeriggio prima di
San Silvestro, bisognava adornare le stanze, fare i dolci e non si
voleva rinunciare a quattro ragazzini in una volta, far fare a
ciascuno la strada fino al castello per prendere centoventicinque
grammi di caffè. E così mio nonno stava seduto sulla stretta panca di
legno, nella piccola stanza dei Balek e si faceva contare da Gertrud,
la ragazza di servizio, i pacchetti già fatti da centoventicinque
grammi; quattro pacchetti, e guardava la bilancia sul cui piatto di
sinistra era rimasto il peso da mezzo chilo. La signora Balek von
Bilgan era occupata nei preparativi della festa. Quando Gertrud volle
prendere il vaso delle caramelle per darne una a mio nonno, si accorse
che era vuoto: veniva riempito una volta all’anno, ne conteneva un
chilo, di quelle da un marco.
Gertrud disse ridendo: — Aspetta, prendo quelle nuove, — e mio nonno
restò davanti alla bilancia con i quattro pacchetti da
centoventicinque grammi che erano stati impacchettati e incollati alla
fabbrica, restò davanti alla bilancia su cui qualcuno aveva lasciato
il peso da mezzo chilo e mio nonno prese i quattro pacchetti, li mise
nel piatto vuoto della bilancia e il suo cuore batté forte quando vide
che la lancetta della giustizia rimaneva a sinistra del segno, che il
piatto con il peso da mezzo chilo restava in basso e il mezzo chilo di
caffè restava in aria, abbastanza in alto. Il suo cuore batté più
forte, come se nel bosco, dietro un cespuglio, avesse aspettato Bilgan
il gigante: cercò nelle tasche dei sassolini che portava sempre con sé
per tirare con la fionda agli uccelli che beccavano i cavoli di sua
madre – tre, quattro, cinque sassolini dovette mettere vicino ai
pacchetti di caffè perché il piatto della bilancia con il peso da
mezzo chilo si alzasse e finalmente l’ago della bilancia coincidesse
esattamente con la lineetta nera. Mio nonno prese il caffè dalla
bilancia, avvolse i cinque sassolini nel suo fazzoletto e quando
Gertrud ritornò con il grosso sacchetto pieno di caramelle, che doveva
bastare un altro anno a far diventare rossi di gioia i volti dei
bambini, e rovesciò nel vaso le caramelle – che sembrarono una
gragnuola – il ragazzino pallido era ancora là e sembrava che non
fosse cambiato nulla. Mio nonno prese soltanto tre pacchetti, e
Gertrud guardò stupita e spaventata il ragazzino pallido che buttò la
caramella per terra, la calpestò e poi disse:— Voglio parlare con la signora Balek.
— Balek von Bilgan, prego, — disse Gertrud.
— Bene, Balek von Bilgan, — ma Gertrud rise e lui tornò al villaggio
nel buio, portò il caffè ai Cech, ai Weidler, e ai Wohla il loro caffè
e diede ad intendere che doveva ancora andare dal Parroco. Invece, coi
suoi cinque sassolini nel fazzoletto, camminò nel buio della notte.
Bisognò che camminasse molto prima di trovare chi avesse una bilancia,
chi potesse averla. Nei villaggi di Blaugau e di Bernau non c’era
nessuno che ne avesse una, lo sapeva, e li attraversò, finché dopo due
ore di marcia non arrivò nella piccola cittadina di Dielheim dove
abitava il farmacista Honig.
Dalla casa di Honig veniva il profumo di frittelle calde e il fiato di
Honig, quando aperse la porta al ragazzino intirizzito odorava già di
punch. Egli aveva fra le labbra sottili il sigaro bagnato, trattenne
per un attimo le mani fredde del ragazzino e chiese:
— Beh, i polmoni di tuo padre sono peggiorati?
— No, non vengo per la medicina, volevo...
— Mio nonno slegò il fazzoletto, tirò fuori i cinque sassolini, li tese a Honig e disse:
—Vorrei che mi pesaste questi. — Guardò impaurito nel viso di Honig e
poiché Honig non diceva niente, non si arrabbiava e nemmeno domandava
qualcosa, mio nonno disse: — È quello che manca alla giustizia. — Mio
nonno si accorse allora, entrando nella stanza riscaldata quant’erano
bagnati i suoi piedi. La neve era entrata nelle sue scarpe povere e
nel bosco i rami avevano scosso su di lui la neve che adesso si
scioglieva, e lui era stanco, e aveva fame e cominciò improvvisamente
a piangere perché gli vennero in mente tutti i funghi, le erbe
aromatiche e i fiori che erano stati pesati sulla bilancia in cui
cinque sassolini mancavano al peso giusto. E quando Honig, scuotendo
la testa, con i cinque sassolini in mano, chiamò sua moglie, nella
mente di mio nonno passarono le generazioni dei suoi genitori, dei
suoi nonni, che avevano dovuto lasciare tutti i loro funghi, tutti i
loro fiori sulla bilancia, fu sommerso come da una grande ondata di
ingiustizia e cominciò a piangere ancora più forte. Si sedette, senza
che nessuno glielo dicesse, su una delle seggiole nella stanza di
Honig, non vide nemmeno le frittelle, la tazza di caffè caldo che la
buona e grassa signora Honig gli aveva messo davanti, e smise di
piangere solo quando Honig ritornò dal negozio e scuotendo i sassolini
nella mano, disse a sua moglie:— Cinquantacinque grammi esatti. —
Mio nonno ritornò indietro per il
bosco, due ore e mezza di cammino; a casa si lasciò bastonare, tacque
e quando gli chiesero del caffè non disse una parola; per tutta la
sera fece i conti sul suo foglietto, su cui aveva annotato tutto
quello che aveva consegnato alla signora Balek von Bilgan e quando
suonò mezzanotte e dal castello si sentirono gli scoppi dei petardi e
in tutto il villaggio urla e tintinnio di sonagli, dopo che la
famiglia si era abbracciata e baciata, disse nel silenzio che seguiva
il nuovo anno: — I Balek mi devono diciotto marchi e trentadue
pfennig. — E pensava di nuovo ai molti bambini del villaggio, pensava
a suo fratello Fritz, che aveva raccolto tanti funghi, pensava a sua
sorella Ludmilla, pensava alle centinaia di bambini tutti che avevano
raccolto funghi per i Balek, erbe aromatiche e fiori di fieno e questa
volta non pianse, ma raccontò invece ai genitori e ai fratelli la sua
scoperta. Quando i Balek von Bilgan, il primo dell’anno andarono in chiesa per
l’ufficio solenne con il nuovo stemma – un gigante accovacciato sotto
un abete – in blu e oro già sulla carrozza, videro che la gente li
fissava con visi duri sbiancati e pallidi. Al villaggio, si erano
aspettati ghirlande, la mattina un saluto musicale, gridi di evviva e
di giubilo, ma il villaggio, mentre lo attraversavano, sembrava morto,
e in chiesa si volgevano contro di loro i pallidi visi della gente,
muti e nemici. Quando il parroco sali sul pulpito per tenere la
predica solenne, senti la freddezza dei visi di solito così tranquilli
e sereni, raffazzonò a fatica la sua predica e tornò all’altare
grondante di sudore. E quando i Balek von Bilgan dopo la messa
abbandonarono la chiesa passarono attraverso una schiera di visi muti
e pallidi. La giovane signora Balek von Bilgan si fermò però davanti
alle panche dei bambini, cercò il viso di mio nonno, il piccolo,
pallido Franz Brücher, e gli domandò, in chiesa:
— Perché non hai preso il caffè per tua madre?
- Perché Lei mi deve tanti soldi quanti ne bastano per cinque chili di
caffè. — E tirò fuori dalla tasca i cinque sassolini, li tese alla
giovane signora e disse: — Così tanto, cinquantacinque grammi mancano
ad un mezzo chilo della Sua giustizia. — E prima ancora che la signora
potesse dire qualcosa gli uomini e le donne, in chiesa intonarono il
canto: “O Signore, la giustizia della terra ti ha ucciso...”
Mentre i Balek erano in chiesa, Wilhelm Wohla, il prepotente, era
entrato nella piccola stanza, aveva rubato la bilancia e il grosso
libro pesante rilegato in pelle, in cui era annotato ogni chilo di
funghi, ogni chilo di fiori di fieno, tutto quanto era stato comprato
dai Balek nel villaggio. L’intero pomeriggio di Capodanno gli uomini
del villaggio restarono nella stanza dei miei bisnonni e contarono,
contarono contarono un decimo di tutto quello che era stato comprato,
ma quando ebbero contate molte migliaia di talleri e non erano ancora
arrivati alla fine, vennero i gendarmi del capitano del distretto,
entrarono sparando e pungendo di baionetta nella stanza dei miei
bisnonni e ripresero con la forza la bilancia e il libro. La sorella
di mio nonno, la piccola Ludmilla, venne uccisa, furono feriti un paio
di uomini e uno dei gendarmi venne pugnalato da Wilhelm Wohla, il
prepotente.La sommossa non fu solo nel nostro villaggio, ma anche a Blaugau e a
Bernau e per una settimana non si lavorò nelle fabbriche di lino.
Vennero molti gendarmi e gli uomini e le donne furono minacciati di
prigione e i Balek costrinsero il parroco a mostrare pubblicamente
nella scuola la bilancia e a dimostrare che l’ago della giustizia
oscillava come doveva. E gli uomini e le donne tornarono nelle
fabbriche di lino, ma nessuno andò a scuola per vedere il parroco: era
solo triste e indifeso, con i suoi pesi, la bilancia e i sacchetti del
caffè. I bambini raccolsero ancora funghi, raccolsero ancora timo,
fiori di fieno e digitale, ma ogni domenica, appena i Balek entravano
chiesa, si intonava: “O Signore, la giustizia della terra, ti ha
ucciso” finché il capitano del distretto non fece bandire in tutti i
villaggi che era proibito cantare questo inno. I genitori di mio nonno
dovettero lasciare il villaggio, la tomba fresca della loro piccola:
si misero a intrecciare cesti di vimini, non restarono a lungo in
nessun luogo perché li addolorava vedere come dappertutto il pendolo
della giustizia battesse falso e sbagliato.
Dietro il carro che strisciava lentamente sulla strada, si tiravano
dietro le loro magre capre e chi passava vicino al carro poteva
sentire qualche volta dentro cantare: “O Signore, la giustizia della
terra ti ha ucciso”. Chi li voleva ascoltare poteva sentire la storia
dei Balek von Bilgan alla cui giustizia mancava un decimo. Ma quasi
nessuno li stava a sentire.

Gesammelte Erzählungen von Heinrich Böll

Traduzione di Lea Ritter Santini
da
Racconti umoristici e satirici

mercoledì 23 dicembre 2009

S.P.Q.R. (libro)


di John Maddox Roberts

"Ricevetti il prefetto dei vigili del quartiere nell'atrio di casa mia, come ogni mattina da quando ero stato eletto nel Collegio dei Ventisei. Non sono mai stato un tipo mattiniero, ma d'altra parte il mio incarico non comportava impegni particolarmente onerosi. Era ancora buio e persino i miei clienti non erano ancora arrivati. La squadra dei vigili con i copricapi di cuoio poggiati ai loro piedi dormicchiava su una panca posta contro la parete dell'atrio, mentre il mio anziano portinaio serviva loro coppe di vino annacquato e aspro, caldo e fumente.
"Nessun incendio nella notte, signore." dichiarò il prefetto.
"Non in questo quartiere, almeno."
"Che gli dei siano ringraziati," risposi. "E altrove?"
"È scoppiato un grande incendio nei pressi del Circo. Riusciamo a vederlo chiaramente dalla cima del Viminale. Forse non è stato ancora domato."
"Da quale direzione soffia il vento?" domandai, allarmato. Se aveva preso fuoco uno dei magazzini do olio tra il Circo e il Tevere, il fuoco avrebbe potuto minacciare la città entro mezzogiorno.
"Da Nord."
Emisi un sospiro di sollievo, promettendo in sacrificio una capra a Giove se quel giorno avesse fatto in modo che Borea continuasse a soffiare. "Nient'altro?"
"Due capifamiglia hanno denunciato un furto," il vigile soffocò lo sbadiglio, "e abbiamo rinvenuto il cadavere nel vicolo tra la bottega del farmacista siriano e la taverna di Publio."

TRAMA

Roma,70 avanti Cristo.la Repubblica non è ancora diventata Inpero e l'Urbe è un campo di battaglia dove si fronteggiano i partigiani di uomini come Crasso e Pompeo,protesi entrambi alla conquista del potere.Il nobile Decio Cecilio Metello sta salendo i primi gradini della sua carriera politica:é funzionario pubblico e la sua carica lo obbliga a indagare su alcuni omicidi di apparente routine.Ma dietro questi episodi si delinea ben presto un disegno preciso che coinvolge alcuni altissimi personaggi:e una normale indagine giudiziaria si trasforma così in una discesa nei misteri di una città morente,devastata dalla corruzione,dall'immoralità,dagli intrighi.
Con S.P.Q.R. John Maddox Roberts ha scritto un appassionante incrocio fra giallo e romanzo storico in cui il lettore riconoscerà molte analogie(casuali?) con la realtà di oggi.

SCHEDA

Genere - Romanzo storico
Titolo - S.P.Q.R.
Autore - John Maddox Roberts
Editore - Sonzogno

lunedì 21 dicembre 2009

LA CHIAVE A STELLA (libro)


di Primo Levi
"Eh no: tutto non le posso dire. O che le dico il paese, o che le racconto il fatto: io però, e fossi in lei, sceglierei il fatto, perchè è un bel fatto. Lei poi, se proprio lo vuole raccontare, ci lavora sopra, lo rettifica, lo smeriglia, toglie le bavature, gli dà un po' di bombé e tira fuori una storia; e di storie, ben che sono più giovane di lei, me ne sono capitate diverse. Il paese magari lo indovina, così non ci rimette niente; ma se glielo dico io, finisce che vado nelle grane, perchè quelli sono brava gente ma un po' permalosa."
Conoscevo Faussone da due o tre sere soltanto. Ci eravamo trovati per caso a mensa, alla mensa per gli stranieri di una fabbrica molto lontana a cui ero stato condotto dal mio mestiere di chimico delle vernici. Eravamo noi due i soli italiani: lui era lì da tre mesi, ma in quelle terre era già stato altre volte, e se la cavava benino con la lingua, in aggiunta alle quattro o cinque che già parlava, scorrettamente ma correntemente. È sui trentacinque anni, alto, secco, quasi calvo, abbronzato, sempre ben rasato. Ha una faccia seria, poco mobile e poco espressiva. Non è un gran raccontatore: è anzi quasi monotono, e tende alla diminuizione e all'ellessi come se temesse di apparire esagerato, ma spesso si lascia trascinare, ed allora esagera senza rendersene conto. Ha un vocabolario ridotto, e si esprime spesso attraverso luoghi comuni che forse gli sembrano arguti e nuovi; se chi ascolta non sorride, lui si ripete, come se avesse da fare con un tonto."
TRAMA
Tutto il racconto ruota intorno alla figura del protagonista, Tino Faussone, un operaio meccanico torinese, montatore di tralicci (e il titolo viene appunto dallo strumento da lui più a lungo usato), che compie a regola d'arte il suo lavoro in varie parti del mondo, instaurando rapporti con personaggi diversissimi, in una molteplicità di avventure e di rischi.Questo operaio è anche l'io narrante, perchè - è ancora Levi a spiegarlo -"se avessi raccontato io le imprese del mio montatore di tralicci, lo avrei violentato, attribuendogli, insieme con il mio linguaggio 'letterario', una sensibilità ed esperienza che sono le mie e non le sue".
Da quest'uomo solerte, attaccato al lavoro, nasce così un esemplare di alta umanità, e certamente una delle figure più simpatiche e meglio delineate della letteratura della fabbrica: una figura però di un uomo reale, con le sue ambizioni e i suoi vizi, le sue vittorie e le sue sconfitte, la sua morale e il suo linguaggio.
SCHEDA

Genere - Romazo testimonianza
Titolo - LA CHIAVE A STELLA
Autore - Primo Levi
Editore - Einaudi

domenica 20 dicembre 2009

LA METAMORFOSI E ALTRI RACCONTI (libro)


di Franz Kafka

"Un mattino Gregor Samsa, risvegliandosi da sogni inquieti, si ritrovò nel suo letto tramutato in un gigantesco insetto. Stava disteso sulla schiena, dura quanto una corazza, e vedeva, se alzava di poco il capo, il suo ventre bruno e convesso attraversato da nervature arcuate, sul quale a stento riusciva a reggersi la coperta, prossima ormai a scivolare definitivamente a terra. Molte zampette, pietosamente sottili in confronto alla sua corporatura usuale, si agitavano senza tregua dinanzi ai suoi occhi.
- Che mi è successo?- si chiese. Non era un sogno.
La sua camera, una normale camera per esseri umani, solo un po' troppo piccola, si estenfdeva quieta fra le quattro notorie pareti. Al di sopra del tavolo, sul quale era in mostra un campionario di stoffe tratte dalla valigia. Samsa era commesso viaggiatore, era appesa un'illustrazione che egli aveva ritagliato, alcni giorni addietro, da una rivista illustrata e inserito in una bella cornice dorata. Riproduceva una signora con un cappello e un boa di pelliccia, la quale sedeva composta e tendeva, a coloro che la guardavano, un pesante manicotto nel quale si nascondeva
interamente il suo avambraccio.
Gregor volse lo sguardo alla finestra e il brutto tempo -si sentivano le gocce di pioggia adere rumorosamente sul davanzale in lamiera- lo rese assai malinconico."

TRAMA

Gregorio Samsa, un giovane commesso, una mattina, svegliandosi, percepisce un insolito dolore alla schiena, e si accorge di essersi tramutato in scarafaggio. La sua mutazione è irreversibile. Dopo questa sua metamorfosi Gregorio cominciò ad essere trascurato dalla sua famiglia, soprattutto dal padre, con cui ebbe vari contrasti. La madre la poté rivedere solo di sfuggita, nascosto sotto ad un lenzuolo. L'unica che manifestava un minimo interesse per Gregorio era Greta, sua sorella, che si recava tutti i giorni nella sua stanza, per potargli da mangiare e per pulire. Quando poi riuscì a trovare un lavoro perse progressivamente ogni interesse per il fratello. A causa della metamorfosi di Gregorio, la famiglia Samsa cominciò a trovarsi in difficoltà economiche, poiché lui era l'unico che lavorava. Il padre fu costretto a trovare un lavoro come usciere di banca per mantenere la famiglia. Gregorio cominciò a diventare un peso per i vari membri della famiglia, tanto che il padre aveva pensato di sbarazzarsene. La vicenda si conclude tragicamente per Gregorio, che muore e viene gettato nella spazzatura dalla domestica, e positivamente per la famiglia, che si risolleva economicamente e dimentica totalmente il nome di Gregorio.
SCHEDA
Genere - Racconto
Titolo - LA METAMORFOSI E ALTRI RACCONTI
Autore - Franza Kafka
Editore - Orsa Maggiore

sabato 19 dicembre 2009

COME NEVE AL SOLE (libro)

di Peter van Gestel

"L'ESTATE SENZA NUVOLE E SENZA PIOGGIA

È piena estate. Oggi papà e io siamo tornati nella nostra casa ad Amsterdam. Formiche in cucina, pulci nei letti, e la nostra unica piantina ha le foglie gialle.
Sul calendario c'è la foto di tre passeri vicino a un vaso di fiori. Sopra la foto c'è scritto: "Marzo 1947".
Ma marzo è passato da un pezzo.
Dirò a zia Fie di non strappare i tre passeri. Papà non c'è pericolo che lo faccia, lui non si occupa di calendari. E io non ho bisogno di un calendario. Lo so a memoria. Oggi è domenica 3 agosto e gli uccelli cinguettano sugli alberi.

Mio padre e io abbiamo vissuto ad Apeldoorn per quattro mesi.
Da un vedovo vecchio e decrepito.
In una casa in cui sgocciola anche quando non piove.
Il vedovo non si faceva vedere spesso. Si spaventava a morte se mi incrociava nel corridoio. A volte si chiudeva in bagno per un sacco di tempo. Lo sentivo tossire anche dal giardino. Quando il bagno è occupato, mi scappa sempre terribilmente la pipì. Certe me la facevo quasi addosso, in quella stupida casa di Adeldoorn."


TRAMA

È l'estate del 1947 e Thomas Vrij, un monello cresciuto per le strade di Amsterdam, racconta la storia dell'inverno appena trascorso, un inverno lungo che sembrava non finire mai, ma che poi -come tutto- è passato, si è sciolto come neve al sole. Thomas e il padre sono soli. Il padre -uno scrittore senza successo- è assente e Thomas scorrazza da solo per la città. È finita da poco la guerra e tutto è ancora sottosopra. A scuola Thomas sta sulle sue, preoccupato solo di salvaguardare la sua immagine di duro, finchè arriva Piet Zwaan, un tipo particolare, che sta fuori del gruppo, e i due diventano amici inseparabili.
Zwaan con quella sua aria da vecchietto saputo e Thomas con le sue storie incredibili e le sue parolacce nascondono ciascuno a suo modo i lividi che la storia e il destino hanno lasciato su di loro.

SCHEDA

Genere - Romanzo per ragazzi
Titolo - COME NEVE AL SOLE (WINTERIJS)
Autore - Peter van Gestel
Editore - Feltrinelli

venerdì 18 dicembre 2009

FAHRENHEIT 451 (libro)


di Ray Bradbury

"Era una gioia appiccare il fuoco.
Era una gioia speciale vedere le cose divorate, vederle annerite, diverse. Con la punta di rame del tubo fra le mani, con quel grosso pitone che sputava il suo cherosene venefico sul mondo, il sangue gli martellava contro le tempie, e le sue mani diventavano le mani di non si sa quale direttore d'orchestra che suonasse tutte le sinfonie fiammeggianti, incendiarie, per far cadere tutti i cenci e le rovine carbonizzate della storia. Col suo elmetto simbolicamente numerato 451 sulla stolida testa, con gli occhi tutta una fiamma arancione al pensiero di quanto sarebbe accaduto la prossima volta, l'uomo premette il bottone dell'accensione, e la casa susssultò in una fiammata divorante che prese ad arroventare il cielo vespertino, poi a ingiallirlo e infine ad annerirlo. Egli camminava dentro una folata di lucciole. Voleva soprattutto, come nell'antico scherzo, spingere un'altea su un bastone dentro la fornace, mentre i libri, sbatacchiando le ali di piccione, morivano sulla veranda e nel giardinetto della casa, salivano in vortici sfavillanti e svolazzavano via portati da un vento fatto nero dall'incendio.
Montag ebbe il sorriso crudele di tutti gli uomini bruciacchiati e respinti dalla fiamma."

TRAMA

Montag fa il pompiere in un mondo dove gli incendi, anzichè essere spenti, vengono appiccati. Armati di lunghi lanciafiamme, i militi irrompono nelle case dei sovversivi che conservano libri o altra carta stampata e li bruciano: così vuole la legge. Ma Montag non è felice nella sua esistenza alienata, fra giganteschi schermi televisivi e slogan, con una moglie indifferente e passiva e un lavoro che svolge per pura e semplice routine.
Finchè un giorno, dall'incontro con una donna sconosciuta, nasce un sentimento impensabile, e per Montag il pompiere inizia la scoperta di un mondo diverso da quello in cui è sempre vissuto, un universo di luce non ancora offuscato dalle tenebre della società tecnologica imperante. Scritto nel lontano 1953, Fahrenheit 451, romanzo prediletto di artisti del calibro di Aldous Huxley e François Truffaut, attesta ancora oggi Bradbury tra i massimi scrittori di fantascenza di tutti i tempi.

SCHEDA

Genere - Romanzo fantascienza
Titolo - FAHREHNEIT 451
Autore - Ray Brdbury
Editore - Oscar Mondadori

giovedì 17 dicembre 2009

LA CAVERNA (libro)


di Josè Saramago

"L'uomo che guida il camioncino si chiama Cipriano Algor, fa il vasaio di mestiere e ha sessantaquattro anni, anche se a vederlo sembra meno anziano. L'uomo che gli sta seduto accanto è il genero, si chiama Marçal Gacho, e ancora non è arrivato ai trenta. In ogni modo, con la faccia che ha, nessuno glieli darebbe. Come si sarà notato, sia l'uno che l'altro hanno appiccicati al nome proprio dei cognomi insoliti di cui s' ingnorano l'origine, il significato e la ragione. La cosa più probabile è che si dispiacerebbero se mai giungessero a sapere che algor, algore, significa freddo intenso del corpo, preannuncio di febbre, e che il gachio è nè più nè meno che la parte del collo del bue su cui poggia il giogo. Il più giovane veste l'uniforme, ma non è armato. Il più vecchio indossa una giacca borghese e un paio di pantaloni più o meno decorosi, ha il colletto della camicia sobriamente abbottonato, senza cravatta. Le mani che manovrano il volante sono grandi e forti, da contadino, eppure,f orse per effetto del quotidiano contatto con la morbidezza dell'argilla a cui obbliga il mestiere, promettendo una certa sensibilità.
Nella mano destra di Marçal Gacho non c'è nulla di particolare, ma il dorso della mano sinistra presenta una cicatrice che ha l'aspetto di una bruciatura, un segno in diagonale che va dalla base del pollice alla base del mignolo. Il camioncino non merita un tale nome, è solo un furgone di medie dimensioni, un vecchio modello, ed è carico di stoviglie."

TRAMA

Il mito platonico della caverna, rivisitato da Saramago e portato ai giorni nostri: la storia di un vasaio cui viene rifiutata la solita fornitura di stoviglie da parte del Centro-costruzione quasi infinita e maligna, come la Biblioteca di Borges, come il manicomio-lager di Cecità, come l'Archivio del Signor Josè in Tutti i nomi - simbolo del potere nell'era della globalizzazione.
L'artigiano si troverà così costretto a inventarsi un altro prodotto e, soprattutto, a confrontarsi con il Centro stesso, a cercare di scoprire il terribile, spaventoso segreto racchiuso nelle sue profonde viscere.

SCHEDA

Genere - Romanzo
Titolo - LA CAVERNA (A CAVERNA)
Autore - Josè Saramago
Editore - Einaudi

mercoledì 16 dicembre 2009

LA FATTORIA DEGLI ANIMALI (libro)


di George Orwell

"Il signor Jones, della Fattoria Padronale, serrò a chiave il pollaio per la notte, ma, ubriaco com'era, scordò di chiudere le finestrelle. Nel cerchio di luce della sua lanterna che danzava da una parte all'altra attraversò barcollando il cortile, diede un calcio alla porta retrostante la casa, da un bariletto nel retrocucina spillò un ultimo bicchiere di birra, poi si avviò su, verso il letto, dove la signora Jones già stava russando.
Non appena la luce nella stanza da letto si pense, tutta la fattoria fu un brusio, un'agitazione, uno sbatter d'ali. Durante il giorno era corsa voce che il Vecchio Maggiore, il verro Biancocostato premiato a tutte le esposizioni, aveva fatto la notte precedente, un sogno strano che desiderava riferire a tutti gli animali. Era stao convenuto che si sarebbero tutti riuniti nel grande granaio, non appena il signor Jones se ne fossse andato sicuramente a dormire. Il Vecchio Maggiore (così era chiamato, benchè fosse stato esposto con il nome di Orgoglio di Willingdon) godeva di così alta considerazione nella fattotia che ognuno era pronto a perdere un'ora di sonno per sentire quello che egli aveva da dire.
A un'estremità dell'ampio granaio, su una specie di piattaforma rialzata, il Vecchio Maggiore già stava affondando sul suo letto di paglia, sotto una lanterna appesa a una trave. Aveva dodici anni e cominciava a divenire corpulento, ma era pur sempre un maiale dall'aspetto maestoso, spirante saggezza e benevolenza, benchè mai fosse stato castrato."

TRAMA

È il racconto di come gli animali di una fattoria si ribellino e, dopo avere cacciato il proprietario, tentino di creare un nuovo ordine fondato su un concetto utopistico di uguaglianza.
Ma ben presto emerge tra loro una nuova classe di burocrati, i maiali, che con la loro astuzia, la loro cupidigia e il loro egoismo s'impongono in modo prepotente e tirannico sugli altri animali più docili e semplici d'animo. Gli elevati ideali di uguaglianza e di fraternità proclamati al tempo della rivoluzione vittoriosa vengono traditi e, sotto l'oppressione di Napoleon, il grosso maiale che riesce ad accentrare su di sè tutte le leve del potere e ad appropriarsi degli utili della fattoria, tutti gli altri animali finiscono per conoscere gli stessi maltrattamenti e le stesse privazioni di prima.

PERSONALE

Da dove cominciare? Sicuramente questo romanzo concepito negli anni '40
può essere letto in chiave politica dando tutte le interpretazioni che uno vuole. Si adatta perfettamente ad ogni situazione, ad ogni cambio di governo. Non ultimo la bandiera verde, come simbolo. Ho sempre sentito dire che nessuno regala niente a nessuno, e la vita mi ha insegnato che basta un buon "imbonitore" per cambiare le carte in tavola a favore di....qualcuno. La Storia ha insegnato e insegna tutti i giorni che nessun popolo mai si arricchirà, ma la sua sorte segnata sarà solo quella di subire. Ad ogni rovesciamento politico, è difficile che vada tutto meglio, dal male si va sempre al peggio. Gli adulti lo possono leggere per capire qualcosa, i ragazzi per cominciare a imparare qualcosa.
Naturalmente l'augurio che faccio è quello che ognuno di noi viva e si adoperi perchè tutte le guerre e i soprusi finiscano. Che non ci siano più differenze sociali, che ogni bambino possa avere la stessa istruzione, che la vita sia regolata da un benessere fisico ed economico uguale per tutti, ecc. ecc.

SCHEDA

Genere - Romanzo (Politico)
Titolo - LA FATTORIA DEGLI ANIMALI (ANIMAL FARM)
Autore - George Orwell
Editore - Oscar Mondadori

martedì 15 dicembre 2009

PER I PESCI NON È UN PROBLEMA (libro)


di Giampaolo Rugarli

"CAPITOLO PRIMO

Dove Tatum e suo fratello Davide vivono con una nonna senza marito. Nel ragionare di quello che faranno da grandi, sentono molti scoppi e temono che Roma sia stata invasa. Poi vengono sequestrati da una banda di malfattori.


L'aeroplano a reazione passò a bassa quota: stava scendendo sull'aeroporto di Fiumicino e si sentiva il frastuono dei motori.
"Non mi piacciono gli aeroplani "gridò Tatum a Davide, il fratellino maggiore, "La mamma e il papà sono morti precipitando con un DC9".
"Sei una bambina sciocca e paurosa "la rimproverò il fratellino. "La mamma e il papà furono abbattuti da un missile fuori rotta. Sono pericolosi i missili, non gli aeroplani. Quando è accaduto l'incidente, noi eravamo piccoli."
"Ci giudicano piccoli anche adesso" osservò Tatum.
"Lo sarai tu che non hai ancora compiuto dieci anni" protestò Davide, "ma io ho dodici anni e a giugno sarò promosso in seconda media."
"A giugno!" esclanmò la sorellina con derisione. "Deve passare ancora molto tempo prima che tu vada in seconda media! A ogni modo io so giocare a poker e, se voglio, so anche barare."

TRAMA

Frequentati da pirati e da piranhas, da rapitori di bambini e da emissari di potenti organizzazioni criminali, i fangosi gorghi del Tevere e le vicine rive sono non meno insidiosi di certi rami del Rio delle Amazzoni, dove i serpenti pendono dagli alberi a mo' di liane, o del mare della Tartaruga, quando vi navigavano i Fratelli della Costa.
Su questo teatro fluviale degno di Indiana Jones compie una sua avventurosa crociera La Vigliacca, un piccolo e sconquassato legno che trsporta due orfanelli intrepidi candidi e sensati, un vecchio russo che puzza di liquore e una cagna "da gelato" del peso di un quintale.
Chi non si contenta più del bosco dove una signora di mezz'età vestita da Cappuccetto Rosso ha appuntamento con un lupo artritico e sentimentale, e desidera favole cupe e paurose ambientate nell'Italia dei segreti, dei complotti e delle efferratezze, amerà questo romanzo-feuilletton che si svolge a pochi passi da piazza Montecitorio.
Oltre a offrire a ragazzi e adulti un sinistro e leggiadro intrattenimento, Per i pesci non è un problema comporta anche un succo, una morale, un insegnamentio, che si può riassumere così: se non sei nato pesce, ma vuoi ugualmente vivere bene e senza problemi, eredita una farmacia.

PERSONALE


Lettura per adulti e bambini. Atmosfera un po' retrò mi sembrava di essere nell' "Isola che non c'è" e anche alla "Corte dei Miracoli" di Parigi. Una mescolanza di romanzi e storie di altri autori. Non manca niente per creare curiosità. Bambini rapiti, ma che poi decidono di liberare altri bambini. Adulti ruvidi che poi diventano buonissimi. Anche un ubriacone che si riscatta con le sue azioni e per finire un cane materno protettore di bambini e dei più deboli. Una favola metropolitana dei nostri giorni, dove l'asfalto il cemento si mescolano ad un fiume inquinato, all'erba sempre più rada per le case che costruiscono. Favola dove i bambini sognano un mondo fatto di marzapane gelato biscotti e a me ha ricordato la casa della strega di Hansel e Gretel, dove tutto all'apparenza è bontà, ma dopo all'interno ci sono problemi: sanità che non funziona, tasse sempre più numerose, malgoverno, povertà e ignoranza, violenza e corruzione..... Racconto tutto da leggere !


A te che li vedi guizzare nell'acqua sembra, o lettore, che i pesci non abbiano problemi. Ma come puoi saperlo, non essendo tu pesce? La tua opinione potrebbe essre infondata. Fondata, fondatissima invece l'altra tua opinione, che gli essere umani di problemi ne abbiano, eccome. Del resto, non appartieni tu stesso alla loro specie? non leggi i giornali? non sei al corrente di quel che accade o esplode intorno a te?

SCHEDA

Genere - Romanzo ragazzi e adulti
Titolo - PER I PESCI NON È UN PROBLEMA
Autore - Giampaolo Rugarli
Editore - Anabasi

lunedì 14 dicembre 2009

L'EBREO ERRANTE (libro)


di Elie Wiesel

"LA MORTE DI MIO PADRE

L'anniversario della morte di un certo Shlomo ben Nissel cade il diciottesimo giorno del mese di Shevat. Era mio padre, il giorno è domani e, come ogni anno, non so come pormi di fronte a questo avvenimento.
Eppure nello Shulchan Aruch, il grande libro di precetti di Rabbi Joseph Caro, lo straordinario legislatore-visionario del sedicesimo secolo, ci sono regole precise e rigorose su quest'argomento. Potrei e dovrei semplicemente conformarmi ad esse. Ubbidire alla tradizione. Seguirne le orme. Fare ciò che in un giorno che in un giorno come questo fanno tutti: recarmi per tre volte alla sinagoga, celebrare la funzione, studiare un capitolo della Mishnàh, recitare il Kaddìsh dell'orfano e, in presenza della comunità vivente di Israele, proclamare la santità e la grandezza del Signore, perchè le sue vie sono tortuose ma giuste, la sua grazia dura da sopportare ma indispensabile, sia sulla terra che in cielo, oggi e sempre. Che sia fatta la sua volontà, e così sia."

TRAMA

.....Ma, nel momento del cheshbon hanefesh, facendo il bilancio della mia vita, devo riconoscere che i miei veri maestri, per guidarmi per spingermi avanti, mi attendono non in luoghi prestigiosi e lontani ma nelle piccole aule piene d'ombre e di canti dove un ragazzo al quale assomigliavo studia ancora oggi la prima pagina del primo trattato del Talmud, sicuro di trovarvi tutte le risposte e tutte le domande.
Perciò, spesso pe me l'atto di scrivere non è altro che il desiderio inconfessato o cosciente di incidere alcune parole su una pietra tombale: alla memoria di una città scomparsa, di un'infanzia esiliata e di tutti coloro che ho amato e che se ne sono andati prima che abbia potuto dirglielo.

PERSONALE

Ho letto questo libro con l'attenzione che merita.
Gli episodi si susseguono con ritmo incalzante, ma anche quando l'azione è finita nell'aria rimane sempre qualcosa di incompiuto.
Soprattutto ogni uomo sia vittima o carnefice, protagonista o antagonista, soggetto od oggetto è avvolto nel suo destino ineluttabilmente, in quello che è stato e in quello che deve ancora essere. Senza via di fuga, senza redenzione, solo.... come se ognuno avesse accettato senza saperlo il proprio ruolo e lo recita fino in fondo inconsapevolmente. Non ho trovato un attimo o un barlume di ribellione.
Drammatico! mi ha lasciato l'amaro in bocca. Eppure ho sempre pensato che tutti gli uomini combattessero prima della resa finale.
Ma anche qui, come in SE QUESTO E' UN UOMO, ho trovato la rassegnazione al destino fatale degli Ebrei nei campi di concentramento. Non capisco il perchè si arrivi a dire... se abbiamo dovuto subire questo, è Dio che lo vuole... è per punirci di qualche cosa....
Soprattutto niente odio, nessuna idea di vendetta. Eppure siamo tutti uomini!
So soltanto che attraverso le parole di questi due libri che ho letto, ho trovato la mia domanda.
Non pensate che dico cose strane: ognuno di noi ne ha una, spesso però non sappiamo formularla e la risposta che riceviamo è sbagliata. La colpa non è di chi l'ha data, ma nostra. Passiamo allora la vita insoddisfatti a cercare risposte giuste che non arriveranno mai.
L'ho pronunciato tante volte, accompagnandola ad altre parole.
Ma adesso so che è questa di sicuro. Una sola.
PERCHE'?
Solo semplicemente questo.... PERCHE'?
Riceverò tante risposte, ma niente di quello che mi verrà detto mi soddisferà mai.
In questa Terra in questa vita so già che nessuno sarà in grado di spiegare.... chissà se in seguito troverò una strada per portare avanti la mia ricerca?

SCHEDA

Genere - Romanzo
Titolo - L'EBREO ERRANTE
Autore - Elie Wiesel
Editore - Giuntina

domenica 13 dicembre 2009

L'INTRUSO (libro)


di Brett Shapiro

"Anguilla (British West Indies),

giovedì 18 gennaio 1990

Carissima Flaminia,sorella d'oro e di piombo,
[...] fresche mattine, calde giornate non fosse per il vento, lunghe nuotate in mare (non ho ancora raggiunto la barriera corallina che protegge la baia), indolenti pomeriggi sorseggiando bibitoni sul bordo della piscina, lunghe sieste, tre pasti al giorno. Sto leggendo contemporaneamente Saul Bellow, Marguerite Yourcenar e Fabrizia Raimondino. Mi rifaccio così almeno un po' di un prolungato periodo di accidia intellettuale in cui non solo non ho letto niente di valore, solo riviste e giornali, ma anche non sono andato a vedere spettacoli, concerti balletti opere commedie, e pochi bei film. È un periodo così e mi tormento di sensi di colpa perchè una certa regolarità con la palestra invece riesco a mantenerla -anche se meno di quanto vorrei- e ogniqualvolta ne ho occasione- il che, tra Stefano e James, avviene molto raramente- mi precipito a soddisfare i miei appetiti carnali. Sono proprio un sex addict.
[...]Non è solo al sesso nudo e crudo che sono assuefatto, ma a un senso di fusione cosmica con l'altro che riesco a indurre con sconosciuti giovani graziosi e bisognosi di consiglio e guida spirituale, i quali dopo, benchè avessi messo in chiaro fin dall'inizio che io sono impegnato in una relazione e perciò non disponibile, mi telefonano e cercano di vedermi ancora e a volte succede."

TRAMA

New York, giugno 1990. Due adulti, ciascuno con un figlio, si incontrano, si innamorano, si sposano e pensano di avere un altro bambino insieme. Apparentemente una storia "normale", in realtà una duplice sfida: al mondo, perchè entrambi sono uomini, e alla morte, perchè uno dei due è malato di Aids.
Quando lo scrittore americano Brett Shapiro incontra Giovanni Forti, corrispondente dell' "Espresso" dagli Stati Uniti, Giovanni è già siero positivo, anche se ancora asintomatico. Con l'inizio del declino fisico, pochi mesi dopo, la malattia si insinua come un intruso nella loro relazione. Il 3 aprile 1992, a 38 anni, Giovanni muore a Roma, dove si era trasferito con Brett l'ottobre precedente.
Una "storia d'amore di fine secolo", un singolare e provocatorio progetto familiare, che oppone al male dirompente e irreversibile la forza della dignità e del coraggio.

PERSONALE

Quando ho comprato il libro sentivo che il titolo già preannunciava qualcosa di "orrendo". Un qualcosa che si frapponeva fra due persone a rubare loro spazio amore e vita. Storia delicata e commovente, considerando il periodo in cui è stata scritta, i primi anni 90, quando il dramma dell'AIDS era ancora all'inizio e preparava il terreno per un pandemia mondiale. Storia vissuta attimo per attimo attraverso lettere o ricordi, ora dell'uno ora dell'altro. Storia delicata che si "brucia" nel giro di pochissimo tempo. La cosa che mi ha colpito di più: la forza di chi subisce la malattia. Avrei creduto il contrario, che Brett, uno dei protagonisti, quello non malato, fosse lui a dare coraggio e speranza per lottare contro una morte viva fra loro due. Forse ho sottovalutato lo stato d'animo o la convinzione di chi convive con l'Hiv e pensa.... di poterla scacciare fuori dal suo corpo ignorandola, con un misto di noncuranza, sfida e ottimismo..... Due uomini accomunati dalla reciproca omosessualità, ma anche dalla comune esperienza di paternità, e dalla comune origine ebraica.

Dopo gli anni 90
"L'Assemblea Rabbinica ha emanato un documento che dichiara che l'immagine divina viene riflessa da ogni essere umano, di qualsiasi orientamento sessuale, e ammette che ci sono buone ragioni per essere preoccupati del fatto che gay e lesbiche ebraici hanno sperimentato , non solo le costanti minacce della violenza fisica e del rifiuto omofobico, ma anche le sofferenze dell'antisemitismo. Essi notano che gli omosessuali sono membri di tutte le congregazioni ebraiche, e che la crisi dell'AIDS ha esacerbato l'ansia e la sofferenza degli omosessuali ebraici....."

(Wikipedia- voce Omosessualità ed Ebraismo)


SCHEDA

Genere - Racconto-testimonianza
Titolo - L'INTRUSO ( in inglese THE INTRUDER)
Autore - Brett Shapiro
Editore - Universale Economica Feltrinelli

(27° libro del I anno)

sabato 12 dicembre 2009

UN' ESTATE (libro)


di Roberto Gelmini

"Il sostituto procuratore Antonio Masini non riusciva a decidersi. Rilesse ancora una volta le carte che aveva allargato davanti a sè, sul ripiano di una ribaltina francese liberata in tutta fretta dai mille oggetti che la occupavano. Con un matita presa dalla borsa sottolineò alcune frasi. Infine si portò una mano agli occhi, come per nascondersi da tutti. Era molto giovane. Il corpo esile, quasi da ragazzo, contrastava però con i capelli, di uno strano colore tra il biondo e il grigio. Anche gli occhi, circondati da rughe, sembravano più vecchi del suo volto. Indossava la giacca nonostante alcune gocce di sudore avessero cominciato a scendergli lungo il collo, per fermarsi poi sul petto della camicia. Il tessuto gli si era quasi incollato alla pelle e lo obbligava a muoversi lentamente. Sempre più impacciato, si diresse verso le vetrate aperte del giardino, ma fu costretto a ritirarsi, respinto dal caldo che entrava a folate.
Il salone in cui il magistarto si trovava era scuro, gonfio di mobili lucidissimi, che riflettevano candelieri d'argento, vasi di cristallo, fiori. Il legno del pavimento era quasi interamente ricoperto da tappeti, a volte sovrapposti. Se ne avvertiva la presenza per il forte profumo di cera, che finiva per avvolgere ogni cosa, le tabaccherie, i cofanetti preziosi, le fotografie incorniciate, gli orologi antichi sparsi ovunque, così come li avevano voluti nel tempo gli abitanti della casa."

TRAMA

Nella villa del senatore Manfredi Orsello viene rinvenuto il cadavere dell'aiuto cuoco, ucciso da una coltellata al ventre. Il colpevole viene subito assicurato alla giustizia: si tratta di uno dei camerieri, albanese come la vittima e a lui legato da controversi e misteriosi rapporti. Marco Prati, l'avvocato che gli è assegnato d'ufficio, invece di archiviare la pratica si muove per aiutare la famiglia del suo assistito. Ad affiancare il legale nelle sue indagini, l'amico Niccolò Agostini e il sostituto procuratore Antonio Masini. Emerge così un muro di silezio che circonda la figura del padrone di casa, un muro fatto di segreti più o meno lontani nel tempo, messi a tacere per convenienza e fame di potere. Un giallo che richiama da vicino le atmosfere evocate dalla cronaca dei nostri giorni.

PERSONALE

Libro che si può leggere velocemente. Niente artifici. La storia molto semplice, ma manca di quell'atmosfera di mistero che attacca il lettore alle pagine e che lo non farebbe mai smettere. Lo scrittore diventa più vivace nella descrizione dei paesaggi e nei rapporti fra due amanti, quasi che fosse questo il vero romanzo e non la risoluzione di un omicidio e di quello che dovrebbe ruotargli intorno. Forse Gelmini voleva parlare o denunciare un modo di vivere dei potenti fuori dalla vita della gente comune, dove tutto è possibile, dove tutto però è omertà, o servilismo di un "potente"nei confronti di chi è più "potente"di lui. Dove le regole sono diverse, dove la politica non accetta di essere giudicata. Ma non c'è riuscito.

SCHEDA

Genere - Romanzo
Titolo - UN'ESTATE
Autore - Roberto Gelmini
Editore - Il filo

(26° libro del I anno)

venerdì 11 dicembre 2009

LA SINDROME DI BRONTOLO (libro)


di Stefano Bollani

"La mattina i pensieri degli altri saranno pure confusi, il suo è piuttosto netto: "Se vola via pure questo, stiamo messi male, stiamo."
Umberto Sbatocci, venditore di palloncini.
(Applausi, qualche momento di commozione in qualcuno che ricorda il venditore di palloncini alla fiera del proprio paese tanti anni fa... qualcun altro non ha mai visto in vita sua un venditore di palloncini ma gli par comunque di ricordare e si commuove ugualmente... non vi sforzate, è mica importante, ho altri personagggi pronti che vi aspettano nelle prossime pagine. Avete sempre tempo per immedesimarvi in qualche altro).
(È poi necessario? Non siete in grado di leggere un libro senza appropriarvi di un personaggio? Senza fagocitare qualcuno?)
Meglio ripartire da capo.

"Se vola via pure questo, stiamo messi male, stiamo", pensa Sbatocci, ma in silenzio.
Silenzio.
Bimbo afferra il palloncino.
Mamma guarda seria.
Babbo sorride sornione, sogna un altrove con nome e cognome."

TRAMA

Un venditore di palloncini che fanno volare via chi li possiede,una donna afflitta dalla colpa di essere donna e bella,un tassista logorroico ma imprevedibile,un uomo dalle diverse identità in ogni diverso Paese...
È questo il microcosmo bollaniano di genti e storie surreali,in cui alcuni sono protagonisti inconsapevoli di un disegnoper loro casuale,un altro pensa che la sua vita si scriva in contemporanea con un libro che lo perseguita,e un terzo sa sornione che la sua e l'altrui storia è già un libro che latri leggeranno.E noi(quegli altri)restiamo abbacinati dal gioco degli specchi e non sappiamo dire se ci siamo noi a entrare nella storia o i suoi protagonisti a venirne fuori.

PERSONALE

Lettura piacevole che riporta alla mente persone che conosciamo o che potremmo incontrare in un supermercato o in fila ad una biglietteria di una stazione. Vizi e virtù, manie e pignolerie, idee confuse o da riordinare,....
Ma poi questi personaggi sono reali o sfiorano la fantasia? Siamo noi stessi che ci muoviamo in mezzo agli altri, o sono gli altri che si divertono ad incrociare le nostre vite?
Qualche domanda mentre lo leggete sarà necessaria per capire.
Come mai, come Brontolo, notiamo e ricordiamo le persone solo per i loro difetti e mai per le cose buone che fanno?

SCHEDA

Genere - Romanzo
Titolo - LA SINDROME DI BRONTOLO
Autore - Stefano Bollani
Editore - Baldini Castoldi Dalai

(25° libro del I anno)

giovedì 10 dicembre 2009

L'AMICO RITROVATO (libro)


di Fred Uhlman

"Entrò nella mia vita nel febbraio del 1932 per non uscirne più. Da allora è passato più di un quarto di secolo, più di novemila giorni tediosi e senza scopo, che l'assenza della speranza ha reso tutti ugualmente vuoti-giorni e anni, molti dei quali morti come le foglie secche su un albero inaridito.
Ricordo il giorno e l'ora in cui il mio sguardo si posò per la prima volta sul ragazzo che doveva diventare la fonte della mia più grande felicità e della mia più totale disperazione. Fu due giorni dopo il mio compleanno, alle tre di uno di quei pomeriggi grigi e bui, caratteristici dell'inverno tedesco. Ero al Karl Alexander Gymnasium di Stoccarda, il liceo più famoso di Württemberg, fondato nel 1521, l'anno in cui Lutero comparve davanti a Carlo V, imperatore del Sacro Romano Impero e re di Spagna.
Ricordo ogni particolare: l'aula scolastica, con le panche e i banchi massicci, l'odore acre, muschioso, di quaranta pesanti cappotti invernali, le pozze di neve disciolta, i contorni bruno-giallastri sulle pareti grige in corrispondenza del punto in cui, prima della rivoluzione, erano appesi i ritratti del Kaiser Guglielmo e del re del Württemberg. Se chiudo gli occhi, riesco ancora a vedere le schiene dei miei compagni, molti dei quali sono morti nelle steppe della Russia o nelle sabbie di Alamein."

TRAMA

Due ragazzi sedicenni frequentano la stessa scuola esclusiva: l'uno è figlio di un medico ebreo, l'altro è di ricca famiglia aristocratica. Tra loro nasce un'amicizia del cuore, un'intesa perfetta e magica. Un anno dopo, il loro legame è spezzato. Questo accade in Germania, nel 1933...

PERSONALE

Ho letto questo romanzo-ricordo in un lampo, presa dall'atmosfera che aleggia fra i due ragazzi. Ricordi, verità, realtà tutto si confonde, sembra come se un anno della loro vita fosse stato solo un sogno, come se non fosse accaduto. Così veloce: un anno cos'è mai nella vita di ognuno di noi. Così veloce da sembrare non vissuto non reale. Attimi sentimenti ricordi che rimangono quando vengono a colpirci e non si capisce il perchè. Realtà crudele quella vissuta in quegli anni da chi, ebreo, l'ha vissuta e subita, ma crudele anche per chi come l'amico è combattuto fra un'amicizia per un suo coetaneo e una famiglia con idee contrarie e terribili. Un amico così combattuto fra i pensieri e gli ideali in cui vive che per salvare il più debole, preferisce allontanarlo. Adesso i ragazzi se leggessero queste frasi non capirebbero completamente quella realtà, perchè ne vivono una loro che è lontana da ogni cosa. Adesso viene tutto vissuto come se niente ci appartenesse, ma tutto ci annoia. Chi adesso porta avanti le sue lotte scendendo in piazza quanto riuscirà a capire l'importanza di un dialogo?

SCHEDA

Genere - Romanzo
Titolo - L'AMICO RITROVATO
Autore - Fred Uhlman
Editore - Universale Economica Feltrinelli

(24° libro del I anno)

mercoledì 9 dicembre 2009

BARTLEBY LO SCRIVANO ed altri racconti americani (libro)


di Herman Melville

"Sono un uomo abbastanza avanti in età. La natura della mia professione negli ultimi trent'anni mi ha messo a contatto più del consueto con quella che parrrebbe una specie di uomini interessante e piuttosto singolare di cui, per quanto ne so, non si è mai scritto nulla: voglio dire i copisti legali o scrivani. Ne ho conosciuto moltissimi, professionalmente e privatamente, e se volessi potrei raccontare diverse storie che farebbero sorridere i gentiluomini di animo affabile, e piangere le anime sentimentali. Ma rinuncio alle biografie di tutti gli altri per qualche tratto della vita di Bartleby, che fra gli scrivani fu il più strano che mai avessi o di cui sentissi dire. Mentre degli altri copisti potrei scrivere la vita intera, per Bartleby ciò sarebbe del tutto impossibile. Ritengo che non esistano materiali da cui ricavare una biografia completa e soddisfacente di quest'uomo. E' una perdita irreparabile per la letteratura. Bartleby era uno di quegli esseri su cui nulla si può appurare, se non dalle fonti originali, e nel caso suo queste fonti sono scarsissime."

Scrittore tra i più amati, colui che ha scritto Moby Dick, la balena bianca.
Parlerò però solo del primo racconto di questo libro, quello dello scrivano, gli altri li lascio giudicare a voi.
Mirabile interpretazione dell'animo umano, della solitudine. Solitudine di chi si è chiuso in se stesso e si difende solo con poche parole. La sua frase lascia lo smarrimento giusto per non dare origine a manifestazioni violente nei suoi confronti. Semplicemente è un...PREFERISCO DI NO.
Non dice NO, NON VOGLIO o NO, NON LO FACCIO semplicemente risponde PREFERISCO DI NO.
Mi sono immersa in quella piccola stanza ho fatto parte dei muri anch'io mentre leggevo non percepivo niente solo rassegnazione alla vita.Una vita triste che non è caduta addosso al protagonista ma l'ha assorbito come una spugna rendendolo inane.
Ricordo che quando scrissi un mio racconto ci fu chi mi accusò di giansenismo. E leggendo queste frasi ho ricordato che la vita è ineluttabile, come una riga segnata e dalla quale non riusciamo a staccarci per paura dell'ignoto. Ma la vita stessa è ignoto, è lordura quando non da niente di bello, quando rende tutto grigio monotono, quando cancella tutti i sogni che un uomo può aver avuto da bambino e allora si lascia morire così senza ribellarsi. Nessuna scusa può mai ridare la luce al suo cuore. La sua unica ribellione è dire semplicemente "I would prefer not to ".
Come un rifiuto assoluto di tutto... la vita non mi vuole ed io rifiuto la vita che è in me.
La morte è solo la decisione personale di chi vuole ancora essere padrone di se stesso fino alla fine.
Leggendolo mi sono ricordata dello scarafaggio di Kafka.