Nella città di Catania sino ai primi decenni del 900 era uso il commercio della neve dell'Etna. A tale scopo era accumulata in grotte nella montagna dette neviere. Per il trasporto di usavano carretti coibentati usando uno strato di carbonella ricoperto di felci e sopra di esse su dei teli di canapa e altre felci poste a coprire il tutto.
Questo era un prospero commercio messo a bando per motivi igenici dopo la seconda guerra mondiale.
Ci sono testimonianze di tale tradizione, una delle quali del domenicano Giovanni Battista Labat, che nel suo libro Voyage en Espagne et en Italie, racconta di come nel convento domenicano di S. Girolamo a Messina, gli servirono "vino rifrigerato dalla neve". E Patrick Brydone, gentiluomo scozzese ,venuto a Catania nel maggio del 1780:"Gli abitanti di questo paese caldo,anche i contadini, dispongono di ghiaccio durante i calori estivi; e non c’è festa organizzata dalla nobiltà, in cui la neve non rappresenti una parte importante:una carestia di neve, dicono loro stessi, sarebbe più grave di una carestia di grano o di vino.Tra di loro regna l’opinione che senza le nevi del monte Etna, la loro isola non potrebbe essere abitata, tanto è divenuto necessario per essi questo articolo di lusso".
INTERVISTA
Si tratta di un'intervista realizzata da alcuni alunni che, insieme ad un insegnante, si sono recati a casa del signor Carbonaro, un uomo molto anziano che, nella sua vita, ha esercitato diversi mestieri, ma soprattutto quello del nevaiolo. Dalle sue parole traspare il modo di pensare e di vivere del contadino siciliano, che, con dignità e rassegnazione, ha affrontato fatica e povertà. Il testo dell'intervista, trattandosi di una persona poco istruita, è stata tradotto dal siciliano.
Alunno: - Come si chiama ?-
Intervistato: - Carbonaro Antonino-
A: - Quanti anni ha?-
I. : - 88 anni.-
A: - Quando ha finito di lavorare ?-
I. : - A 65 anni. -
A: - A quanti anni ha incominciato a lavorare ?
I. : - A 11 anni cominciai a lavorare nella tacca della neve, a coprire la neve. La tacca della neve era a Nicolosi (Tacca di S. Antonino) e nella zona di Pedara . -
A: - La tacca della neve veniva vurricata ( coperta)? -
I: - Si, di sopra ci buttavamo la terra. La neve si cominciava a tagliare in estate. -
A : - A che ora partiva per andare a lavorare ?-
I. : - Non vi era un orario ben definito: a volte partivo verso le due del mattino, altre verso le tre.-
A: - A che ora arrivava là sopra, in montagna ?-
I. : - Verso le otto perché dovevamo prendere le felci e altre foglie per avvolgere la neve -
A: - E poi la dovevate mettere dentro i sacchi ? -
I. : - Sì, la mettevamo dentro i sacchi , infatti la prendevamo e la avvolgevamo con le felci (filici).
A: - Perché non si sciogliesse ?-
I. : - Sì. -
A: - Quando salivavate là sopra in montagna le balle di neve erano già preparate ? -.
I: - No, le facevamo noi. -
A: - Voi stessi le facevate ? Dove andavate, dentro la tacca? -
I. : - Sì, dentro la tacca con il fugnone. -
A: - Il fugnone era quello strumento che serviva per tagliare? -
I. : - Sì. Poi la pulivamo, la mettevamo nel sacco e nello stesso sacco mettevamo una pampina (foglia), perché non si sciogliesse (la neve). Infine la portavamo a Nicolosi. -
A: - Ma, di solito, una balla di neve quanto pesava ?-
I. : - Circa 90 o 100 kg. -
A: - Quando la neve arrivava a Nicolosi costava di meno, perché pesava anche di meno ?-
I. : - Sì. -
A: - Dove era il deposito della neve? -
I: - In via Monte Grappa o in via Gibuti. -
A: - Che cosa mangiava quando era al lavoro ?-
I: - Mangiavo pane, cipolle, formaggio, olive. -
A: - Quante ore faceva di lavoro ?-
I: - Non c’era un orario definito, circa tredici o quattordici ore. -
A: - Quante persone c’erano che facevano questo lavoro ? -
I: - Di solito dieci persone. -
A: - Questi arrivavano a Nicolosi...-
I : - ...Scaricavano i carretti, le stringevano (le balle di neve) e le portavano a Catania. -
A: - A che ora partivano da Nicolosi ? -
I: - Alle due, due e mezza, o alle tre per arrivare a Catania e scaricare.-
A: - Ma dove le scaricavano? Nei bar? -
I: - Una parte vicino alla chiesa di S. Agata. -
Professore: - Ah! C’era un posto vicino alla chiesa di S. Agata, ma venivano anche portate in altri posti e anche nei bar ? -
I: - Sì, le portavano anche al Borgo e le vendevano. -
A: - Oltre alla neve lei caricava anche mazzi ?-
I: - Sì, la ginestra. -
A: - Ma dove l’andava a caricare? -
I.: - A Serra Pizzuta, o nel Montastro, o Sautu Cani, perché ce n'era molta. -.
A.: - Nel carretto quanti mazzi ci metteva ? -
I.: - A seconda quant’era grande il mazzo. -
Prof.: - Mille mazzi vero ?-
I.: - Sì. -
A.: - Un mazzo quanto pesava? -
I.: - Circa 2 kg. -
A: - Vi erano messi 28 mazzi che formavano un... -
Moglie dell'intervistato : - ...fascio, un mazzo era formato da sei fili di ginestra. -
A: - I muli sostituivano a volte i carretti? -
I.: - Sì, infatti con i muli scendevano i fasci a Nicolosi e poi altri li portavano a Catania. -
A: - Quanto prendeva di soldi ? -
I: - Circa 15 lire con il mulo. -
A: - Con il carretto invece ? -
I.: - Di più, circa 15 o 30 lire a giornata. -
Prof.: - Ma lei ha fatto anche il vendemmiatore ? -
I.: - Sì. -
A: - Quando vendemmiavate, quanti eravate ? -
I.: - C’erano dieci uomini, il massaro e i carrettieri. -
A: - Per ogni carretto quanti muli c’erano? -
I.: - La maggior parte delle volte un mulo. -
A.: - Lei quanti muli aveva ?-
I.: - Due muli.-
A: - Lei aveva un carretto o due carretti?-
I.: - Un carretto. -
A: - E quindi i due muli si alternavano? -
I. : - Uno trascinava il carretto e l’altro lo utilizzavo per i mazzi. -
A: - Quando cominciarono ad essere usati i camion e le motoapi , i carretti cominciarono a scomparire?-
I.: - Sì. -
A: - Sacrifici nella vita ne ha fatti tanti! -
I.: - Sì, molti. -
A: - Dopo una settimana lavorativa la domenica cosa facevate ? -
I.: - Niente, si lavorava come tutti i giorni. -
A: - Come le passava le feste ? -
I.: - Senza lavorare.-