Lo scorso dicembre il governo ha varato le attese misure anticrisi.
Milioni di euro pubblici per provvedimenti che, nel migliore dei casi, daranno qualche spicciolo ai più poveri, ma che certo non aiuteranno le famiglie o il Paese ad emergere da questa crisi epocale. E tanto meno incentiveranno investimenti e sviluppo. Basti pensare al terno al lotto in cui stava per trasformarsi la detrazione del 55% per gli interventi di riqualificazione energetica degli immobili. I contribuenti già sicuri di poterne beneficiare avrebbero dovuto presentare, oltre alla documentazione prevista dalla legge, anche apposita istanza all'Agenzia delle entrate. I più veloci o fortunati avrebbero acquistato la detrazione del 55%, a fondi finiti, tutti gli altri avrebbero dovuto accontentarsi della detrazione del 36%. Con tanti saluti all'equità e al codice del contribuente, che vieta la retroattività delle norme. Solo una protesta popolare è riuscita a far rientrare la retroattività, ma rimane un'incognita sul futuro. Il governo continua a dimostrare di non avere alcun interesse e incentivare le risorse energetiche alternative, come ha dimostrato anche opponendosi alle misure salva-ambiente europee per le imprese.
Molto atteso era anche un intervento sui mutui: per la seconda volta si fa credere di aiutare chi è in dificoltà, senza offrire un vero aiuto e tralasciando la cosa più utile, promuovere la concorrenza fra banche. E veniamo alla social card,la tessera prepagata, con i suoi 40 euro di supporto ai meno abbienti per pagare le bollette di luce e gas e comprare alimentari nei negozi convenzionati. Intanto, solo il 5% dei commercianti ha aderito all'iniziativa, visti anche i tempi biblici (200 giorni) di rimborso dello Stato. Inoltre, le categorie individuate dal Ministero sono limitate a panifici, macellerie, spacci, drogherie e supermercati (piccole catene), dove i prezzi non sono certo più convenienti. La scelta della tessera di plastica è stata fatta secondo il Ministero per aver sconti sulla merce ma, essendo i prezzi medi degli esercizi convenzionati più alti, gli sconti di fatto si vanificano. Il reale utilizzo riguarderà perciò il pagamento delle bollette, che garantisce (è un caso?) il maggior ritorno in termini di Iva e accise allo Stato. Il Ministero ha dichiarato che la social card costerà 450 milioni di euro annui. Ma l'importo erogato ai cittadini non è l'unico costo per lo Stato. Bisogna considerare anche i costi di produzione della tessera (50 cent a pezzo fa 650 mila euro); di circuito di pagamento, cioè una percentuale all'esercente, che in media è del 2% (auspicando una compartecipazione dell'esercente alla spesa, sono altri 6 milioni); di ricarica, per cui anche con un costo minimo di 10 centesimi, lo Stato versa alle Poste circa 800mila euro. Tirando le somme, senza considerare i costi delle lettere inviate agli italiani (ancora le Poste ringraziano), circa 7,5 milioni di euro si perdono lungo il tragitto che porta i 40euro al mese (per anno) alle famiglie. Sarebbe meglio un trasferimento diretto, magari un po' più ricco, tramite pensione o busta paga.
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