SOLO QUELLI CHE SONO COSI' FOLLI DA PENSARE DI CAMBIARE IL MONDO, LO CAMBIANO DAVVERO (A.Einstein)

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mercoledì 12 novembre 2008

STORIA D'ALTRI TEMPI

Mia figlia sta studiando i Sumeri, popolo affascinante che inventò la scrittura, il sistema di divisione dell'ora e del minuto, l'aratro...
Ci sono anche storie che vengono chiamate epopee e fra queste la più famosa quella di Gilgamesh... Ma ce n'è un'altra, sconosciuta ai più, che a lei piace tanto e la sera spesso mi chiede di raccontargliela.
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Nella città di A'kromas viveva un prode guerriero di nome Polikùr.
Gli scriba scrivevano di lui su tavolette d'argilla l'epopea raccontata a voce dai sacerdoti.
Imprese mirabili, lotte con mostri e feroci soldati di altre città sumere, chissà se tutte vere, ma lui non faceva niente per smentire, e godeva di questa fama, godeva e ne approfittava perchè spesso mangiava a sbafo e le donne gli si concedevano.
Un giorno dopo l'ennesima abbuffata, trovò fuori della porta della casa che l'aveva ospitato un gattino, tremava dal freddo, affamato e pieno di graffi.
Impaurito sentendo che si poteva fidare dell'uomo l'animale gli saltò in braccio e si fece condurre nella sua dimora.
Lì fu rifocillato, coccolato, e curato dalle ferite. Il prode Polikùr aveva trovato una nuova ragione per vivere. Messe in un angolo le armi si dedicò anima e corpo alla cura della povera bestiola. Dimenticò il cibo, le amanti, e persino i suoi doveri di soldato.
Non pensava ad altro! se avesse conservato un po' di senno si sarebbe chiesto...come mai solo io dedico tutto il mio tempo a questo gattino spelacchiato e gli altri invece lo tengono lontano?
Se solo se lo fosse chiesto!!! Piano piano il gattino crebbe, cambiò pelo, si nutrì dell'animo di Polikùr. Mentre Polikùr dimagriva e aveva perso ormai completamente la ragione, a nulla valsero le suppliche di quelli che gli volevano bene, a niente servì essere allontanato da tutti, il povero Polikùr ormai era perso per sempre.
Anche le sue amanti andarono a cercarlo, ma quando bussarono videro apparire sulla porta un mostro enorme spaventoso a due teste, il corpo pieno di squame con aculei al posto della criniera e artigli grandi. Fuggirono spaventate e andarono dal re per riferire che Polikùr ormai era prigioniero del mostro. Dopo un consulto con i sacerdoti e i capi dell'esercito il re inviò delle truppe armate fino ai denti più agguerrite che mai per salvare l'ormai perduto eroe.
Quando arrivarono il povero Polikùr era stato sbranato dalla belva che l'aveva soggiogato, del suo corpo era stato fatto scempio e il mostro aveva ancora la bocca sporca di sangue e brandelli di carne fra i denti.
I soldati inorriditi corsero con le armi in pugno contro l'orrendo animale e lo trafissero con le lance, le frecce, le spade, poi non avendo più nulla cominciarono a tirare sassi fino a quando finalmente l'animale si accasciò per terra morto.
Nella città di A'kromas si festeggiò tutta la notte con canti e balli e furono appese le teste della bestia a due pali. Al povero Polikùr, al posto di un funerale degno dell'eroe che era stato, fu data sepoltura nel campo dei poveri: nella nuda terra. Presto tutti si dimenticarono di lui e gli scriba vergognandosi di quello che lui aveva fatto spezzarono le tavolette d'argilla dove avevano scritto e i sacerdoti ci camminarono sopra per disprezzo.
La pioggia e il vento poi le ridussero in polvere.

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