Il nudo in opere sacre è perlopiù legato a necessità iconografiche ed è giustificato dalla narrazione di un episodio biblico, per esempio in scene come il battesimo di Cristo o la cacciata dall'Eden di Adamo ed Eva.
San Sebastiano, martire ucciso a colpi di freccia, deve essere spogliato perchè si vedano le ferite.
Il nudo è inoltre spesso associato a Satana e al vizio: i dannati sono senza veli sia nella Cappella degli Scrovegni a Padova( Giotto, 1303-1305) sia nel Duomo di Orvieto (Luca Signorelli, 1499-1503).
Il nudo è inoltre spesso associato a Satana e al vizio: i dannati sono senza veli sia nella Cappella degli Scrovegni a Padova( Giotto, 1303-1305) sia nel Duomo di Orvieto (Luca Signorelli, 1499-1503).
CENSURA
Nel Rinascimento, tra il XV e XVI secolo, le figure in costume adamitico in chiese e cappelle aumentano. Il culmine viene raggiunto con lo "scandaloso" affresco del Giudizio Universale nella Cappelle Sistina (1536-41), dove Michelangelo dipinge con grande accuratezza corpi e genitali di santi, beati e dannati. L'opera è da subito al centro di polemiche. Pochi anni dopo verrà censurata da Daniele da Volterra -soprannominato il "Braghettone"- che ricopre le sconvenienti nudità con panneggi e perizomi, presenti ancora oggi. L'intervento è in linea con quanto prescritto dal Concilio di Trento (1545-63) che segna nuovi canoni per le opere religiose improntati al decoro e alla massima semplicità. E, in pratica, sancisce il divieto del nudo nelle opere sacre successive.
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