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giovedì 21 maggio 2009

LE CIME DI LAVAREDO


(di Lorena B.G.)
TERZA E ULTIMA PARTE
...................
Poi finalmente un giorno mi spiegò perchè doveva lasciarmi così all'improvviso.
Erano cominciati dei grossi cambiamenti a livello di alcune multinazionali e lui era il responsabile di una di queste. Quando lo chiamavano c'era problemi difficili da risolvere e quindi era importante la sua presenza.
Dovevo accontentarmi di questa spiegazione, ma andava bene così, mi fidavo di lui e non dissi niente solo annuii.
Però ogni volta che partiva, partivo anch'io. Ormai avevamo capito che non c'era più la possibilità che ogni volta ritornasse. E anche le sue scalate si diradarono. Come poteva essere tranquillo con l'incubo di una chiamata.
Guido ogni tanto mi telefonava per chiedermi notizie, ma potevo solo rispondere che andava tutto bene, anche se ero all'oscuro di tutto.
La vita andava avanti, il lavoro, i miei studi, le mie amicizie. Solo il gusto della vita era diverso: non più spensierato come prima.
Il nostro rapporto continuava così da lontano, ogni giorno che passava mi sembrava più consolidato, c'era fra noi una fiducia cieca.
Per un qualche strano scherzo del destino c'eravamo uniti e anche da lontano era come se fossimo sempre insieme.
Mai avevo sentito un legame più forte di questo.
I nostri incontri ormai così rari presero un sapore particolare: se prima ci amavamo: adesso ci amavamo come due pazzi, come se ogni volta fosse l'ultima volta.
Ritornammo ancora qualche volta lì sulle Dolomiti, non badavamo più al "sasso" se c'era o no sul bancone. Avevamo occhi solo per noi due e basta. Come è strano il destino! Si ritorna sempre dove siamo stati bene insieme come se si volesse far continuare la vita, fermare in quei luoghi la felicità che avevamo vissuto e renderla eterna per sempre.
Poi un giorno Pierre disse che avrebbe voluto nuovamente fare una scalata. A niente valsero i consigli di Guido, lui insisteva che la montagna non era sicura, che ultimamente c'erano state delle piccole frane, dei cedimenti, che la parete che Pierre voleva affrontare non andava bene.
Ma in generale non sarebbe andata bene nessuna scalata, anche lui aveva smesso ormai da un po' e le sue escursioni si limitavano a rifugi bassi più sicuri e accessibili. Inoltre il bollettino meteo non era dei più rassicuranti: avevano segnalato cattivo tempo nei giorni seguenti: un anticipo dell'inverno e si sa in montagna fa presto a cambiare tutto nel giro di pochi minuti.
Eravamo alla fine di ottobre e ogni guida comincia a chiudere il proprio lavoro: non vuole rischiare nè la propria vita nè quella delle persone che gli si affidavano.
Dopo un po' che parlavamo disse che andava bene così, che non si sarebbe mosso dal paese, che al limite avrebbero organizzato una passeggiata un po' più panoramica.
Prima di mezzanotte Guido andò via, ma io non ero tranquilla: questa volta non lo ero.Avevo imparato a leggere i suoi silenzi, i suoi occhi, i suoi gesti. La notte a letto lo abbracciai forte e mi strinsi a lui. Non volevo allontanarmi, non volevo perderlo, non volevo che andasse via mai più. L'amore fece il padrone fra le lenzuola.
La mattina quando mi svegliai lo vidi già vestito...scendo a prenderti la colazione, aspettami qui, torno presto.....
Mi vestii subito dopo che fu uscito e scesi in tempo per vederlo imboccare il sentiero per le tre Cime. Non urlai non lo seguii non feci niente per fermarlo. Ormai aveva deciso, potevo solo aspettare che ritornasse, non sapevo nemmeno quale parete voleva scalare.
Poco dopo chiamai Guido, corse più presto che potè, ma ormai era sparito e il tempo stava peggiorando.
Cominciò a fare una serie di telefonate, lui sapeva dove era diretto ne avevano parlato.
Mentre cominciavano le ricerche, il tempo peggiorò ed io chiusa in albergo con il viso incollato al vetro della finestra del solarium non mi muovevo più. Il cannocchiale il binocolo il telefono tutto vicino. Li toccavo in continuazione erano diventati caldi. Ma non servivano era scoppiata una tormenta di neve.
Entrò Guido per dirmi che le ricerche erano sospese, che nessun uomo si sarebbe avventurato sulla montagna, che l'elicottero non poteva decollare.
...possiamo solo aspettare che cessi questa perturbazione e poi corro su più veloce che posso....te lo riporto stai tranquilla....
Ma tranquilla non ero!
Il cattivo tempo durò 48 ore circa. Non avevo più sangue non ero nemmeno andata in camera, non avevo voluto mangiare. Guido provò ad incamminarsi, ma dovette ritornare indietro. Il vento il freddo e anche ogni tanto la neve impedivano di muoversi.
C'erano tanti rumori io non capivo cosa succedeva. Poi all'improvviso la tormenta cessò come era cominciata.
I soccorsi partirono subiro con l'elicottero, andarono via le guide con i cani, i volontari che in quei due giorni aspettavano solo di muoversi. Volevo andare anch'io, ma dove? non sapevo dove! Era diventato tutto troppo grande troppo immenso. Non mi sentivo più parte di quei posti mi erano sconosciuti. In quelle poche ore era cambiato tutto: era cambiata tutta la mia vita.
Dopo un po' ricominciò il maltempo. Ritornarono tutti in paese. Furono richiamati: troppo pericoloso nuovamente.
Ma mentre ero lì sul terrazzo ecco che si presentò il capitano del Soccorso Alpino.
...Signora mi dispiace, ma c'è stata una grossa frana proprio dove si era incamminato il signor Pierre. Si è staccato un pezzo del costone e noi siamo convinti che sia rimasto sepolto sotto metricubi di sassi. Continueremo le ricerche appena possibile, ma io non spero di trovarlo ancora vivo. Era sicuramente in quel punto, quando è successo....Se ha bisogno signora, le lascio il mio numero di cellulare, mi chiami pure a qualsiasi ora anche di notte ed io sarò subito da lei....
Rimasi nell'albergo ancora dieci giorni. Il tempo migliorò di nuovo e rispuntò il sole, rese l'aria ancora più tersa e bella e i colori della montagna più brillanti. Sembrava quasi che quei luoghi avessero fatto una pulizia generale: una bella doccia. Il corpo non fu ritrovato, solo dopo un po' incastrato fra due rocce recuperarono lo zaino di Pierre tutto rotto per la frana.
Sono ritornata a casa. Ho ripreso la mia vita o almeno quella che conducevo prima che succedesse tutto questo. Mi alzo la mattina mangio mi vesto esco e vado a lavoro, la sera torno a casa. E così tutti i giorni uno dietro l'altro come se dovessi mettere un mattoncino dietro l'altro senza sbagliare, tutti della stessa forma tutti dello stesso colore.
Però è successo qualcosa. Non posso più stare a casa, devo per forza tornare sulle Dolomiti per dire a Pierre la novità. Lo deve sapere lui prima di tutti gli altri.
Arrivo è inverno, ma non piove non nevica il cielo è azzurro limpido una giornata meravigliosa. M'incammino verso il punto dove hanno ritrovato lo zaino, anche se è lontano e so che non riuscirò ad arrivarci. Nel mio stato è pericoloso, troppa fatica.
Alzo gli occhi...Pierre il tuo desiderio è stato esaudito..avremo un bambino o meglio una bambina e la chiamerò Ester...
Guardo le Cime di Lavaredo la montagna che tanto amava: hanno la forma come tre dita unite protese verso il cielo "una grande quella centrale, una media e una piccola la più elegante per le forme".
Come se dovessero

"Percorrere la strada insieme
Una per la
Via della mano sinistra
L’altro per la
Via della mano destra"

(MT 25:32-33)

"Unite come un fronte compatto", come furono definite durante la guerra del 1915-1918 .
Noi tre insieme per sempre.

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