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mercoledì 27 maggio 2009

LA TELEFONATA


(di Lorena B.G.)
SECONDA E ULTIMA PARTE

(continua...)

Riscaravento il telefono contro la parte, solo che questa volta prendo un quadro: rompo il vetro.
Le schegge volano dappertutto. La stanza ne è piena, il pavimento. Meno male mi sono messa le scarpe prima, in genere cammino scalza.
Ora si che sono arrabbiata vorrei veramente prendere tutto, tutto quello che ho vicino e buttare buttare buttare tutto per terra, contro il muro, contro tutto quello che si può rompere e poi chiudere la porta e andare via.
Il cuore batte galoppa, ecco che mi sta cominciando un attacco di tachicardia. Il cuore mi scoppia, mi sento svuotare la testa, sto quasi per cadere: i battiti sono accelerati. Devo sdraiarmi subito: non posso stare in piedi. Raggiungo a mala pena il letto, mi sdraio ed ecco che non so come mettermi, se sto a sinistra il cuore comincia a farmi male e sto peggio.
Se mi giro a destra, e con grande fatica, la situazione non migliora.
Qualche settimana fa il cardiologo mi aveva raccomandato: CALMA, TRANQUILLITA', UNA VITA SERENA E NIENTE ARRABBIATURE.
Si fa presto a dirlo. Lui vive questa situazione? Centinaia di chilometri che mi separano dall'uomo che amo, un uomo che negli ultimi tempi non so più se c'è o no. Non so cosa fa e con chi è, ma soprattutto perchè continua a tenere in piedi un rapporto che mi sta distruggendo.
Ho provato a dire basta, ma la sua reazione è stata quella di un bambino capriccioso. Ed io allora ho continuato. Ma più vado avanti e più mi chiedo come posso sopravvivere al dolore, alla confusione, al senso di colpa, alla rabbia...
Solo che fra i due, lui se la gode ed io stupida che aspetto una telefonata.
Passano alcune ore, mi sono appisolata i battiti hanno rallentato, ma sento ancora che non sto bene.
Devo però alzarmi: chi toglie i vetri?
Piano piano con pazienza stando attenta ad ogni piccolo frammento, riesco a pulire tutto. Il telefono dov'è il telefono? Per un attimo l'avevo dimenticato e subito mi sento in colpa, come se avessi commesso chissà quale crimine.
Ecco che quel pensiero, quel gesto improvviso di cercare per la stanza, mi fa ricominciare la tachicardia.
Nuovamente a letto. Ma questa volta di fronte alla stanchezza alla rabbia, ma soprattutto all'impotenza di questa realtà che non riesco cambiare, mi addormento con in mano il telefono. Non so quante ore sono passate, ma mi ritrovo dal pomeriggio tardi alla mattina successiva. Ho dormito con la mano stretta a pugno come se dovessi picchiare qualcuno, il braccio mi fa male, la mano stenta ad aprire le dita. Mi assale la paura che forse ho avuto un ictus!!! Che bello mi alzo mi guardo allo specchio: i muscoli del viso sono a posto, niente di storto. Solo il mio cervello! Un cervello che non ammette una realtà stupida, ma crudele....Mi si è storto il cervello, mi si è storto il cervello!.... diceva un uomo in un cartone animato.
Questa telefonata che non arriva cos'è per me oltre a rabbia?
Frustrazione, impotenza, odio, risentimento,.... fino allo sfinimento.
Più vado avanti e più mi chiedo come posso sopravvivere al dolore, alla confusione, al senso di colpa,...
Devo imparare a conviverci, a riderci sopra, devo provare a cambiare vita.
Il pensiero che possa distrarmi non pensare più alla telefonata che deve arrivare mi fa star male.Il dubbio mi assale ... ma se prova a chiamare a casa ed io non ci sono, farà il numero del cellulare e se non lo fa e se non ci pensa? Ecco che allora si che non esco, per non perdere l'occasione di sentirlo. Non posso non farmi trovare.
Mentre sto pensando a questo, lo stomaco comincia a farmi male, l'ansia mi assale, il dolore nel petto per qualcosa che non succede, la testa ...la testa....sposto un cuscino sul divano ed ecco che mi taglio. Ma come sono sicura di avere tolto tutti i pezzi di vetro, tutte le schegge!!!
Guardo il sangue rosso scuro che comincia ad uscire, lo guardo come ipnotizzata. La goccia comincia ad ingrossarsi, forma un piccolo rivolo lungo il dito. Lo osservo come una cosa preziosa, niente può disturbare questo momento magico di estasi. E mi rendo conto che tutto quello che ho vissuto e sofferto in questi ultimi mesi è stato come un terremoto, e come succede dopo che tutto è cessato, per vedere chiaramente tutte le cose bisogna aspettare che la polvere si depositi. Ci vuole solo tempo.
E quel taglio, quel sangue che sta uscendo ha fatto tornare l'aria pulita limpida: ora vedo chiaramente. Quelle gocce di sangue, che io guardo e che non faccio adesso nulla per fermare, mi stanno pulendo l'anima, la testa da tutta l'ossessione degli ultimi tempi. Stanno uscendo fuori: mi sta abbandonando la rabbia, la frustrazione, il dolore, ma soprattutto quello che credevo amore. Non c'è più nulla dentro di me: solo una gran pace, sto bene. Non avrei mai pensato di stare così.
Il telefono comincia a squillare sempre più insistentemente, le stanze rimbombano di quel suono, l'aria ne è piena. Dopo un po' ecco che anche il cellulare si fa sentire, io che avevo sempre avuto paura che non provasse invece mi sta chiamando, mi sta cercando e continua ancora ancora e ancora. Vado verso il bagno a cercare del cotone e del disinfettante per la ferita. Penso .....continua pure a stare nella tua miserabile vita, con la tua miserabile famiglia, con tua moglie brutta come la fame....
In bagno mi sembra di sentire lontanissimo il suono insistente del telefono, chissà dove l'avrò lasciato? Alzo le spalle, mentre metto il dito sotto l'acqua per pulirlo dal sangue che scorre via e forma una scia rosa sullo smalto bianco del lavabo, verso lo scarico.
Stasera uscirò. Senza telefono.

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