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martedì 19 maggio 2009

LE CIME DI LAVAREDO

(di Lorena B.G.)
PRIMA PARTE
Sono qui sulla terrazza dell'albergo. E' freddo, ma non lo sento.
Il tempo è brutto: l'albergatore mi ha sconsigliato di stare fuori, ma ho il piumino.
Un brivido di freddo, sento i primi fiocchi di neve sulla pelle del viso.
Una lacrima scende. Addio. E' un addio questo?
Il tempo non migliora ha messo neve vento: una bufera. Sento un ticchettio sui vetri: è la moglie dell'albergatore che mi fa cenno di rientrare.
Trovo un uomo in divisa, non ho mai capito niente di divise solo che c'è qualcuno che sta molto bene altri che sembrano infagottati.
Ma a vederlo soprattutto dall'aspetto dal portamento forse anche dalle mostrine che ha sulle maniche della giacca e sul davanti deve essere un ufficiale.
Mi conduce in un salottino, poche parole e rimango seduta lì a fissare il vuoto.
...Se ha bisogno signora, le lascio il mio numero di cellulare, mi chiami pure a qualsiasi ora anche di notte ed io sarò subito da lei....
...grazie...non so nemmeno se l'ho detto, so di averlo pensato comunque.
Dopo un po' mi rendo conto che è buio. Dopo un po'? Ma quanto tempo sarà passato? Mi hanno lasciato tranquilla non mi hanno disturbato, vado alla reception non trovo nessuno prendo la mia chiave, la n. 123.
Chissà perchè questo numero: l'albergo è piccolo molto confortevole, quasi a conduzione familiare. Poche camere, forse vogliono insinuare l'idea che sia molto più grande. Mi sono sempre trovata bene, sono stata felice qui. Tanto felice.
Le tendine di pizzo, molte fatte a uncinetto, alcune ricamate con quei bellissimi colori che ricordano la primavera i prati fioriti di montagna. Quando l'aria è pulita si vedono le montagne, quasi quasi i sassi in cima sulla cima.
Oggi no non si vedeva niente, tutto coperto, nascosto dalle nuvole basse.
Il mio cuore è rimasto lassù. Rimarrà per sempre sepolto lassù. Riuscirò a vivere senza cuore? Me lo sono chiesto tante volte. Sarà possibile un giorno far nascere uomini senza cuore?
Se fossi uno scienziato, un "manipolatore" di laboratorio potrei anche provarci, ma non lo sono: sono solo una donna che aveva un cuore.
La stanza o meglio la camera ha il soffitto in legno con dei travi a vista, l'arredamento in stile tirolese caratteristico. Il pavimento è caldo cammino a piedi nudi.
Vado in bagno a lavarmi le mani, i denti. I denti? Perchè? Non ho mangiato niente solo il sapore amaro delle lacrime.
Le lacrime ! Chi le ha assaggiate almeno una volta ? Dico proprio assaggiare con intenzionalità per sentirne il gusto. Sono salate sono piene di tante cose: di risate, di gioia, di passeggiate, di baci, di carezze e infine ecco il dolore come retrogusto, il dolore che cancella tutti gli altri sapori.
Niente non si sente più niente: quando esce fuori scompare tutto. Ho provato ha ricercare un sorriso, un abbraccio un bacio, l'amore con cui è stato dato il bacio, macchè nulla non c'è più nulla: solo dolore.
Anche il letto il nostro letto è diverso. Non riesco a riposare non riesco a sdraiarmi. Sembra pieno di sassi di buche.
Comincio ad avere mal di schiena mal di testa. Non ho voglia di stare in camera.
Scendo e in una saletta trovo un computer. I proprietari mi hanno sempre fatto collegare ad internet, sanno che scrivo e che ho bisogno di collegarmi per la posta o parlare con i miei amici. Mi attacco con il mio pc, non hanno mai fatto storie quando ho chiesto di usarlo e sono sempre stati ricompensati anche con regali.
Mi ricordo la prima volta mentre giravo per il paese per trovare qualcosa da portare alla proprietaria. Trovai un negozio molto piccolo che vendeva pietre di tante forme e dimensioni, di tanti colori. Stetti lì non so quanto tempo a curiosare poi cominciai a chiedere e il signore che era dietro il banco dapprima mi rispose per gentilezza, poi fu preso nel vortice delle domande e cominciò ad appassionarsi alle risposte.
Sono brava, lo so riesco sempre a coinvolgere tutti. Lo avevo punto nel suo orgoglio e fece sfoggio di tutta la sua conoscenza. Avevo capito che voleva un po' di gratificazione nel suo lavoro. Non solo una semplice sterile vendita di pietre, ma voleva mostrarmi tutto il suo sapere. Ero lusingata, ma anche lui era lusingato che una turista stesse tanto tempo lì a chiedere tante cose e ad ascoltare.
Dopo un po' ero stanca, ma non sapevo come dirgli che volevo andarmene.
Mi avvicinai ad un grande portacenere in pietra verde. Grande, sarebbe stato bene sul bancone all'ingresso dell'albergo.
Poi cominciai a pensare che se quello non smetteva stava facendo uscire fuori i miei istinti omicidi: se lo avessi colpito con quell'arnese e fossi scappata? Ma c'erano le mie impronte dappertutto: nelle sua spiegazione mi aveva fatto toccare tutti o quasi gli oggetti che aveva in negozio come se le mie mani fossero occhi migliori dei miei occhi.
Ma ecco che due braccia intorno alla vita mi fecero sussultare e un bacio sul collo...
...allora amore hai finito? Devo essere geloso? Ti ho cercata dappertutto non sapevo più cosa pensare?...
Prendo il "sasso" ormai chiamavo così il portacenere, pago ringrazio delle notizie e della gentilezza e finalmente posso uscire.
...Come al solito non puoi fare a meno di metterti a parlare!.... sembrava scocciato, ma non lo era.
...sai è stato così carino e poi mi sembrava brutto venire via proprio quando le sue spiegazioni lo infervoravano tanto...
...carino? Che fai mi tradisci? Non posso andarmene via un'ora che ti trovo che mi hai già sostituito. Carino!! mah, a me non sembrava tanto carino! E poi quella "pietra" verde, sei sicura che sia adatta come regalo?...
Mi faceva sempre ridere quando voleva fare il serio e il geloso, ma io sapevo che era tutto un gioco e lui sapeva che non l'avrei mai tradito, non sarebbe mai successo.
Quel "sasso" verde o "pietra", come Pierre l'aveva chiamata è da tanto che è lì in bella mostra sul bancone della reception! Pierre ogni tanto diceva che quando dovevamo arrivare lo tiravano fuori e poi lo rinascondevano quando ce ne andavamo.
Perchè era troppo grosso troppo vistoso. Ma io ero convinta che non fosse così. Mi piaceva pensare che non fosse così. E poi tutta la fatica che avevo fatto per portarlo fino all'albergo. Non avevo voluto che mi aiutasse, mi sembrava un punto d'orgoglio. Ero arrivata tutta sudata, con la lingua di fuori, ma felice del mio regalo. La signora non obbiettò, anzi come al solito mi sorrise. E lo mise subito sul bancone come se avesse letto nei miei pensieri. Ogni mattina quando scendevamo guardava se c'era sempre, forse in cuor suo Pierre sperava che un giorno fosse scomparso.
Cominciavo a dubitare che forse era a lui che non piaceva.
E continuavo...forse se invece di telefonare arriviamo all'improvviso scoprirei se è vero, se è sempre lì o lo tolgono, scoprirei se tu hai ragione od io...
Queste fantasie ed altre mi divertivano e molti dei nostri discorsi dopo l'acquisto furono per il "sasso" mentre stavamo abbracciati nel nostro lettone. Ormai lo chiamavamo così: il nostro lettone, la nostra camera, il nostro albergo,...
Ci sembrava di essere a casa. Passavamo ogni istante libero che potevamo permetterci in questo piccolo angolo di paradiso.
Alla fine Pierre si stancava di ogni parola e mi chiudeva la bocca con un bacio. Qualche volta pensavo che forse se l'avesse fatto prima avrei fatto meno la figura della stupida, ma nei momenti che stavamo insieme non avevo voglia di parlare di cose serie, non avevo voglia di analizzare niente. Solo lui ed io e tutta la frivolezze leggerezza e incoscienza di un amore come il nostro.
Solo che all'improvviso apparve anche un "terzo incomodo". Il cellulare.
(continua...)

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