A quattara
8 quattari fannu n'utri, 2 utri na sarma i’mustu, per ogni samma prodotta si pagava al proprietario del palmento.
Nel piccolo paese di mio nonno esistevano due palmenti uno di proprietà do Zu ' Naschitta uomo di rispetto e quindi inviso da mio nonno, l'altro di proprietà della canonica e quindi gestito dal parroco di allora Don Prizzinu, grande fascista, strozzino e ladro, la scelta era impossibile o uscire dal paese con costi esorbitanti o subire.
Mio nonno sapeva come ragionava il parroco che: o di faceva aumentare il mosto di notte con l'acqua, o ti truffava con la quattara dal fondo rialzato che così conteneva meno dei 17,2 litri; tutti sapevano ma per paura di ritorsione, dai fascisti da un lato o dei mafiosi dall'altro, tutta la povera gente subiva.
Mio nonno alla vendemmia prendeva l'asina, il fucile il cane le vettole piene e si piazzava per tutto il tempo nel palmento aspettava che arrivasse la racina, che venisse pigiata e la notte messa la soma dell’asina a mo di cuscino il fucile accanto si apprestava a dormire con un solo occhio.
Già le altre nottate le aveva passate nella vigna sempre con il cagnetto, l’asino e il fucile.
Durante la vendemmia erano i figli, mio padre e mio zio, a controllare i lavori della vendemmia.
All’età di sette anni chiesi di stare con il nonno per la vendemmia, pensavo che fosse una cosa triste stare da soli la notte e che se ci fossi stato io potesse almeno riposare.
Il nonno all’inizio non sembrò felicissimo dell’idea di avermi tra i piedi in un momento come quello ma i tempi erano cambiati.
Zu’ Naschitta non c’era più da prima che io nascessi, sparato di notte mentre tornava a casa dopo che era stato chissà dove.
Don Prizzinu ufficialmente era ora Democristiano e non faceva più lo strozzino, poi durante le elezioni passava casa per casa a ricordare che quando c’era Lui, si viveva con le porte aperte. Tranne la sua che era sempre chiusa a chi aveva bisogna , mormorava mio nonno e si rimetteva in bocca un filo d’erba.
Erano i primi anni ’60 e quella notte passata a parlare con quell’amorale di mio nonno, che come diceva il prete non rispettava i Santi e le istituzioni, mi è rimasta nel DNA.
La mattina quando vennero per portare via il mosto con le Api, il prete era presente e carezzandomi la testa mi chiese presto farai la prima comunione e poi la cresima sarai certamente contento di fare i sacramenti.
Mio nonno inarcò un sopracciglio e io risposi: - si mi dispiace solo che non li farò insieme a Pippu u niuru, ca e chiù ranni i mia di’nannu .
Il Prete divenne rosso e andò via incollerito e mormorando astimi nei nostri confronti.
Mio nonno sorrise leggermente e mi mise la mano tra i capelli.
Pippu u niuru, Giuseppe soprannominato lo scuro era ufficialmente il figlio della perpetua e del sacrestano, ma il sacrestano non poteva avere figli da quando una pallottola lo aveva evirato e castrato, e Pippo era sputato a Don Prizzinu.
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