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martedì 28 luglio 2009

IL GHEPARDO


(di Lorena B.)

PRIMA PARTE

Non aveva mai visto uomini o camion. Si nascose nell'erba alta come gli aveva insegnato sua madre. Cominciò a sentire odori strani, che colpivano le sue narici. Un odore che proveniva dall'interno di un camion lo fece starnutire. Era capitato anche a lui durante la digestione di essersi svuotato dell'aria che aveva dentro la pancia, ma non aveva mai fatto fumo nero come quella cosa lì davanti.
Stava fermo aspettando il momento giusto per attaccare. Continuava a pensare che non c'erano mai stati nel suo territorio oggetti così strani. L'odore soprattutto, gli odori erano diversi da tutti gli altri.
E poi quegli animali che erano scesi da quelle cose così grosse, molto più grandi di tutto quello che conosceva, non correvano, non si nascondevano: non sentiva l'odore del sudore, della paura come nelle gazzelle. Gli occhi non guardavano intorno attenti, le gambe i muscoli non erano tesi pronti a correre per scappare. Non udiva nemmeno i battiti veloci dei loro cuori, come quando i piccoli gnu brucavano vicini alle madri, ma impauriti da quell'erba così alta che impediva loro di vedere lontano.
Era lì da qualche ora, ed era risalito sul suo albero: non si muoveva, osservava e basta. Ricordò come era felice quella mattina appena si era svegliato. Il primo pensiero era stato di contemplare dai rami la pianura intorno: il risveglio delle mandrie alle prime luci dell'alba, i primi rumori della giornata che cominciava, i belati, i muggiti e perchè no anche i ruggiti degli altri felini che si preparavano per la caccia. Quest'anno poi non c'era stato nessun incendio, e le femmine delle zebre, antilopi e gazzelle avevano partorito molti piccoli. A tutti dava l'impressione che anche il caldo fosse meno opprimente e la savana aveva alberi e cespugli ricchi di foglie verdi per tutti gli erbivori che volevano stanziare lì in quel momento. Il numero enorme di queste mandrie aveva attirato anche molti più carnivori degli anni precedenti, ma a lui non davano noia: c'era cibo per tutti. Niente lo avrebbe potuto turbare, niente fino a quella mattina, quando la sua quiete era stata interrotta.
Il giovane ghepardo si era svegliato con una gran fame. Si era acquattato tra l’erba alta, osservava i movimenti di un branco di zebre che pascolava pochi metri più avanti, cercando di individuare l’animale più debole. Dopo aver guardato in ogni direzione, individuò un cucciolo che trotterellava accanto alla madre.
Si leccò i baffi e spostò il peso sulle zampe posteriori, pronto a scattare al momento opportuno. Improvvisamente, come un fulmine, schizzò in avanti lanciandosi in una folle corsa verso quel minuscolo animale. In un istante il branco si sparpagliò e in poco tempo il cucciolo si trovò separato dalla madre e dagli altri. Il ghepardo si gettò su di lui e gli azzannò la gola. Bastò qualche istante, perchè il piccolo si accasciasse a terra, privo di vita.
Lo trascinò all’ombra di un albero per consumare il suo pasto. Quando fu sazio si arrampicò sui rami a digerire. Da lì aveva un’ampia visuale della pianura dov’era nato e cresciuto. Il branco di zebre si era nuovamente riunito e aveva ricominciato a pascolare, come se non fosse successo nulla. La vita doveva continuare e la morte di uno solo, che fosse piccolo o vecchio, non importava: dava la possibilità agli altri di vivere qualche ora in più, fino a quando qualche altro felino avesse avuto fame e quindi la paura della caccia li avesse nuovamente fatti scappare per salvarsi. Si fece più attento: un branco di gazzelle stava per essere attaccato su più lati da sei leonesse.
All’improvviso, uno stormo di uccelli si alzò in volo e all’orizzonte apparvero due enormi camion e una jeep che giunsero nello spiazzo pochi metri dopo il branco di gazzelle, che fuggì rovinando la caccia delle leonesse. Ne scesero quattro uomini: il primo basso e tarchiato, il secondo più alto, il terzo con dei baffetti neri e pochi capelli e il quarto molto giovane, biondo e muscoloso. Altri uomini di colore uscirono saltando dai camion: sembrava che guardassero e si muovessero anche loro come un branco.

(continua....)

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