Non era facile parlare con Santipamma.
Non perchè fosse un tipo scorbutico, anzi, se fosse stato per lui avrebbe parlato con te tutto il giorno, anche se, non ascoltava ciò che tu dicevi. Dovevi ripetere le cose due o tre volte, prima per attirare la sua attenzione poi per far capire bene la domanda.
No, lui era un affabile parlatore. Quando non era ubriaco, cosa che in una settimana poteva capitare due o tre ore.
La maggior parte del tempo la passava in uno stato di ebrezza minore, poi al pomeriggio, vuoi la sete della calura in estate, vuoi i rigori dell'inverno, ci andava giù pesante e si riprendeva, diciamo così, l'indomani alle 10 - 11 se nessuno lo disturbava da dove era svenuto la notte prima.
Ma nello stato di ebrezza minore il suo affetto per la sciecca era totale anche perchè la povera bestia era anche lei tifosa del fiasco, avendolo provato più di una volta; era una curiosa-pena vedere il muso dell'asina sfiorare la spalla del padrone quando lo vedeva alzare il fiasco, come a chiedere un sorso anche per lei, sorso che ogni tanto il buon padrone-amico elargiva.
Un giorno al giardinetto lo trovai seduto su la panchina e l'asina legata al lampione li vicino, era sobrio e pensieroso. Stranamente mi riconobbe, segno dell'estrema lucidità, e mi invitò a sedere.
Mi chiese a bruciapelo cosa fosse la pleurite.
Era gennaio inoltrato e il suo naso rosso gocciolava, era sempre stato così e non ci facevi più caso, si asciugava nella manica della giacca una volta su tre, le altre due in un fazzoletto che era di una colore indefinibile e di una grandezza da sudario.
- Picchì u vo' sapiri?
Mi rispose subito non dovetti ripetere la domanda.
- U' Dutturi...
soffiata trombesca di nasca, asciugata di occhi.
.. mi voli ricuvirari, dici ca haiu a pleuriti. Come fazzu ca scecca? A'cu' a lassu?
Lo tranquillizzai dicendo che la potevamo portare nella stalla di mio nonno e che non si doveva preoccupare che sarebbe stata bene.
Questo lo rassicurò e si sentì un po' più sollevato.
- Ma sta malatia.. chi è?
Gli spiegai che era una malattia che poteva venire per la polmonite che aveva avuto già a inizio Dicembre e che è meglio curare subito e che un ricovero in ospedale con una buona alimentazione e, questo lo dissi nella mia mente, lontano dal vino e una buona lavata, ti farò solo del bene.
- Fozza, susiti puttamu a scecca n'da stanna e poi ti potto n'do spitali.
Lasciammo l'asina nelle mani esperte di mio nonno che cominciò a strigliare la bestia prima di metterla nella stalla con il mulo.
In macchina il poveruomo mi chiese ancora della malattia, e io cominciai a spiegargli che in parole povere si forma dell'acqua in questo tessuto e che è meglio curarsi subito.
Detto questo un grido mostruoso si levò.
-Acqua, ma quali acqua? sunu 30 anni ca non toccu acqua! Sarà statu du curnutu do vinaru ca ci metti l'acqua n'do vinu, Curnutu mi fici ammalari.
Penai non poco per calmarlo.
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