SOLO QUELLI CHE SONO COSI' FOLLI DA PENSARE DI CAMBIARE IL MONDO, LO CAMBIANO DAVVERO (A.Einstein)

PER TUTTI
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lunedì 22 marzo 2010

e questi sarebbero esseri umani?

Il sapone anti-immigrati
l'ultima della Lega ad Arezzo

AREZZO - Sapone per lavarsi le mani dopo aver toccato un immigrato. Lo distribuiscono militanti della Lega Nord a Sansepolcro e in altri paesi della provincia di Arezzo. Un'iniziativa che ha indotto il portavoce dell'Italia dei Valori, Leoluca Orlando, a chiedere l'intervento del ministro dell'Interno Roberto Maroni.

"La lega si conferma razzista e xenofoba. Distribuisce sapone anti-immigrati per lavarsi dopo aver toccato gli extracomunitari - ha affermato Orlando in una nota - E' vergognoso tutto ciò. E' una vera e propria istigazione alla violenza. Noi dell'Italia dei Valori chiediamo l'intervento del ministro Maroni, perché qui si tratta di una vera e prorpia istigazione all'odio razziale". E ancora: "Suggeriamo a Bossi, dato che oggi salirà sul palco di San Giovanni, a Roma, di distribuire ai suoi alleati il sapone perché tutto hanno tranne che le mani pulite".

L'ennesima manifestazione di intolleranza degli attivisti del Carroccio è stata definita "gravissima" da Alfio Nicotra, capogruppo alla Provincia di Arezzo della Federazione della Sinistra e componente della direzione nazionale di Rifondazione comunista. "I militanti della Lega Nord distribuiscono nei mercati delle bustine contenenti sapone liquido con l'avvertenza di usarlo dopo aver toccato un immigrato - ha detto l'esponente del Prc - Il messaggio che si veicola è devastante : ovvero che esseri umani solo perché stranieri sono considerati alla stregua di 'untori' e portatori di malattie e disgrazie". "Non avendo alcuna proposta politica per combattere la crisi che colpisce anche le nostre zone e di cui il governo Berlusconi, di cui sono componente portante, è responsabile, i dirigenti leghisti preferiscono distrarre l'opinione pubblica - ha aggiunto Nicotra - con iniziative disgustose e che devono essere condannate senza se e senza ma da tutte le forze politiche. Monica Faenzi la candidata del centrodestra che si è apparentata con la Lega Nord non ha niente da dire in proposito? Il ministro dell'Interno Maroni che deve applicare la legge che vieta l'apologia e la diffusione del razzismo cosa aspetta ad allertare le forze dell'ordine per porre fine a questa vergogna?".

Spero che la vergogna di tutti sia chiara e univoca e poi parlano di partito dell'amore.

GIBRAN parte quinta (1)


"Mi chiamo Ciprian...Sì.... Ciprian!" le disse. Quel nome così all'improvviso non se l'aspettava! ecco che alla mente le si affacciò un altro nome che le aveva provocato mille e mille sensazioni... GIBRAN.

Come erano simili e nel sentirlo sussurrare lei aveva colto soltanto la similitudine. La voce era diversa gradevole molto calma. Un tipo tranquillo niente a che fare con il caos fisico dell'altro. Ma cosa stava pensando...! Quel nome le aveva ricordato troppe cose salutò in fretta e andò via.

Un nodo alla gola cominciò a farsi strada, gli occhi si inumidirono: dovette mettersi gli occhiali e fermarsi davanti ad una vetrina per far passare quel nodo alla gola.... quel ricordo. Ma non passò.

Ripensò a qualche mese prima a quei pochi episodi che erano accaduti, ma soprattutto a tutto quello che Gibran le aveva dato per riflettere.

La cosa più crudele di tutta quella storia era che non aveva mai provato dolore. Non un guizzo nella sua mente di quello che era successo. Pensava che come non mai aveva capito cose che forse in altri momenti non ci avrebbe fatto caso. La sua era la consapevolezza di chi aveva "vissuto" accanto ad una persona e, solo dopo, aveva visto quello che era sempre stato insieme e dentro di lui. Si sarebbe aspettata almeno un lampo di un pensiero doloroso, cancellato nell'attimo della sua nascita, ma non era così. Non aveva mai avuto un moto di collera nei confronti di Gibran, anzi le sembrava quasi di averlo difeso e scusato nel suo comportamento. Le faceva pena: sembrava un bambino capriccioso, ma soprattutto si rendeva conto che lui non conosceva se stesso, non si era mai guardato dentro. Aveva portato avanti per anni pensieri che a lui sembravano comandamenti e si era convinto che non potesse esserci niente di meglio. Nel momento che però era venuto in contatto con lei e con quello che era, si era frantumato il suo mondo. Il parlare molto ma poi fuggire di fronte a regole non scritte, quelle di un rapporto vero da costruire, l'aveva così terrorizzato che non c'era nessuna giustificazione per la sua fuga?

Provava una sensazione di impotenza, ma non personale, una sensazione che sentiva su di lui come uomo che non riesce ad affrontare se stesso e le sue paure ed è per questo che scappa.

A occhio e croce, a ben guardare, doveva ammettere la sua "inferiorità", la debolezza di lui. Non riusciva ad essere cattiva di fronte al suo persistente silenzio lei non aveva reagito non lo aveva cercato. Aveva rispettato la sua "decisione", se qualcuno voleva chiamarla così, di questo gioco infantile e stupido di punirla.

Si nascondeva perché lei soffrisse della sua assenza? ma così non faceva altro che confermare il suo VUOTO emotivo ed intellettuale.

Fin dal primo istante aveva pensato a lui come al protagonista del libro "Il deserto dei tartari".
Aveva più volte "visto" il suo deserto i suoi mostri la sua aridità le sue manie le sue idee ossessive. Le poche oasi che apparivano erano così rare e distanti fra loro come spazio e come tempo che scorgerne una era diventato veramente un miraggio.

Quante cose avrebbero potuto conoscere insieme, a quali traguardi meravigliosi sarebbero potuti arrivare.

INSIEME per e a costruire quel famoso "percorso" che lui tanto desiderava!

Lui non aveva dato la possibilità di provare, aveva troncato tutto prima che nascesse qualcosa.
I suoi gesti le sue parole i suoi silenzi. Continuava a non capire il suo comportamento.

Lei aveva parlato di un "noi", di stare insieme, di iniziare a discutere su cose importanti.

Ma quello che non aveva mai avuto da lui era stato il tempo.

Il tempo per conoscersi per capire per guardarsi per confrontarsi.

Fin dall'inizio lei non aveva accettato questo rapporto fatto di niente, ma alla fine aveva sofferto. Non avrebbe voluto che succedesse perché si era resa conto che nel suo VUOTO mancava la cosa più importante, quella che dovrebbe sempre essere presente in un incontro fra due persone sia nell'amore ma anche nell'amicizia.

E' il semplice verbo DONARE.


(continua...)

venerdì 19 marzo 2010

GIBRAN parte quarta (3)


(continua....)

Non aveva voglia di corteggiarlo per provare a riavvicinarsi. Il suo egoismo la sua stupidità il sentirsi offeso il suo silenzio e.... lei non sapeva per cosa... cosa avrebbe potuto aggiungere a tutto questo? Già! la cosa più importante quello che gli aveva detto subito.... ERA UN UOMO VUOTO.


Vuoto.... aridità.... come un deserto dove non nasce niente come un luogo dove le uniche cose che lei scorgeva erano le figure mostruose delle sue paure. Una volta aveva letto un racconto dove questi mostri uscivano fuori all'improvviso dalla sabbia per mangiare ed uccidere chi si avventurava in quel pezzo di territorio. Ma lei non aveva paura stava passando in quel deserto ma i "blemmi" non erano comparsi. Avvertiva la loro presenza, la voglia di divorarla di spezzarla di domarla. Ma lei era più forte più lucida dominava i suoi stati d'animo. Pensava alle classiche frasi che spesso vengono dette... in amore chi è più forte vince! Qui non si trattava di vincere niente. Non si sentiva in un campo di battaglia. Non era un confronto o un braccio di ferro.
Quel "noi" continuava a non esserci e senza questa presenza come poteva Gibran pensare di affrontare il famoso "percorso"?
Nella sua vita si era costruito uno spazio chiuso dove entrava solo quello che voleva lui: la musica i soliti amici nessuna donna qualche libro. La politica era diventata marginale.
Si compiaceva di stare bene da solo di non avere problemi a vivere una vita così, e allora cosa significava per lui il "PERCORSO"?
Non l'aveva mai spiegato, diceva solo che bisognava costruirlo!
Ma su quali basi se loro due in quei giorni non aveva più nessun contatto nemmeno telefonico?
Lei non era una donna a disposizione! Capiva e sapeva che la loro vita si svolgeva su tempi diversi su piani costruiti nel tempo, ma bastava un po' di buona volontà e si sarebbero potuti incontrare ogni tanto.
Il VUOTO... era solo questo che percepiva ogni volta che pensava a lui.
Se lei avesse scritto questa storia e qualcuno l'avesse letta "... ecco..." avrebbe detto "... lei non è innamorata di Gibran ma del vecchietto!... fa tutte queste storie solo per questo motivo!..." Aveva pensato anche a questo. No, non era così: il suo amante era prezioso per lei, era una presenza che le riempiva la vita, ma non era amore non lo era per tutti e due. Sapevano perfettamente che sarebbe potuta finire in qualsiasi momento e in qualsiasi momento c'era la cruda realtà di un distacco doloroso dove nessuno dei due avrebbe saputo cosa fosse successo all'altro.
Non augurava a nessuna donna di vivere con questo pensiero.
"Non ti sposerò mai... non farò mai 70 km per vederti... non voglio basare questo rapporto sul sesso.... io sto bene da solo... io ho scopato tanto.... questa storia finirà come finiscono tutte le storie..." cos'altro aveva detto insistentemente in continuazione ogni volta che si erano parlati?
Queste erano le basi per costruire il "percorso". Non si ricordava che lui avesse mai accennato ad altro e se lo aveva fatto era stato in maniera così nascosta che non se n'era mai accorta.
Ma soprattutto... perchè aveva dovuto chiedere a Gibran di stare insieme? perchè lui non voleva incontrarla per qualche ora? perchè cercare di avere qualcosa che sarebbe stato naturale e spontaneo ricevere?
Risposte fatte di parole vuote che non avevano nessun significato.
Quanti uomini si comportavano così, ma anche quante donne avrebbero sopportato tanto a lungo.
Stavolta avrebbe chiuso senza problemi: la prima volta c'era stato un ripensamento, la voglia di dare a questo rapporto una seconda opportunità, ma era stato uno sbaglio.
Non scomodò il suo poeta: non volle cercare nè pensare qualche rima che andava bene.
Non ne aveva bisogno. Lei ci sarebbe sempre stata se lui avesse avuto voglia di parlare, ma come "stampella" NO! non era questo il suo ruolo.
Soprattutto non lo avrebbe più chiamato Gibran, ma avrebbe usato il suo nome.
Il suo vero nome.

mercoledì 17 marzo 2010

GIBRAN parte quarta (2)


(continua....)

Telefonò al suo "vecchietto"..... "Vorrei vederti, se puoi."

Si incontrarono al solito posto, solito albergo. Questa volta la camera la 105 era di un livello superiore. Quando entrò rimase a bocca aperta. Era bellissima: color crema e giallo oro: delicato sia il rivestimeno del letto e dei mobili, così anche la tappezzeria alle pareti e le tende. In un angolo un televisore enorme: all'ora di pranzo sicuramente avrebbero visto il telegiornale: lui non lasciava mai passare l'ora senza sentire le notizie che poi avrebbero commentato insieme come d'abitudine. Anche le altre volte le camere dove erano stati alloggiati erano molto belle, ma questa le superava tutte. Si sentì al settimo cielo. Non avevano problemi di soldi e non avevano mai risparmiato ma entrando in quella camera dopo tanto che non si vedevano le sembrò di essere una regina. La baciò prendendole il viso fra le mani. I vestiti finirono presto sul divano o sulle poltrone. Le vennero in mente le coppie che in viaggio di nozze cercano di passare dei giorni indimenticabili con piccoli lussi ed extra per rendere tutto più romantico. A lei dispiacque però il prezzo più alto del solito. Non si vedevano da un mese circa e non ci furono attimi per riflettere. In camera fu tutto meraviglioso, un crescendo. E lui le dimostrò quanto lei era importante.
Pensò a quanto stupidamente aveva preso in considerazione un rapporto con Gibran.
Il suo amante non aveva mai parlato fuori luogo: ogni parola era sempre stata un fatto, carica di sensazioni, significati ed emozioni.
Esisteva un attaccamento particolare: ma continuava a non chiamarlo amore. Era solo un uomo pragmatico concreto nel suo offrirsi. Era realtà, una realtà che lei non chiedeva ma che le veniva data così semplicemente.
Quei pochi minuti invece che lei aveva trascorso con Gibran non erano nemmeno un tradimento, non esistevano e basta. Spesso dopo essere stati insieme si era chiesta se li aveva vissuti veramente. Non un attimo per capire non un istante da memorizzare solo un soffio di vento fra l'entrata e l'uscita. La fretta era solo questo che lei ricordava. Nessun sapore nessun odore nemmeno le mani di lui che la spogliavano. Come poteva essere successo che non le era rimasta addosso nessuna sensazione?
Continuava a chiedersi che uomo fosse.
Decise di chiudere. Non le aveva mai dato niente in sentimenti in tempo ma soprattutto nessuna emozione. Il suo ego era egoismo puro: pensava solo a se stesso, a soddisfare i propri bisogni nel lavoro nel piacere della lettura nel considerarsi qualcuno, ma senza un confronto ogni uomo è nessuno!
Leggeva studiava, ma a cosa gli servivano quelle pagine di giornali o di libri che bulimicamente ingeriva tutti i giorni ?
Una volta avevano parlato di devianze e lei gli aveva fatto capire che qualsiasi psicologo o sociologo studia questo aspetto della personalità per catalogare la normalità. La sua risposta le fece capire che non sapeva nemmeno di cosa stavano parlando. Adesso pensava al suo comportamento come ad una devianza.
"Ti chiamo dopo...." cosa significava per lui? Niente! non si ricordava sicuramente nè che l'aveva detto nè che forse si erano parlati al cellulare. Non l'aveva mai richiamata.
Aveva cominciato ad accusare un dolore in mezzo al petto: le veniva sempre quando c'era qualcosa che non andava bene. La sua vocina interna le diceva di stare attenta, che era in pericolo. E con l'esperienza cercava di perdere meno tempo possibile e subito togliere dalla sua vita quello che avrebbe potuto farle male.
Con il suo "vecchietto" non aveva mai avuto dubbi: emanava una sicurezza tangibile fatta di gesti di parole di carezze. Si sarebbe potuta affidare a lui ciecamente perchè non c'erano problemi: in caso di pericolo lui l'avrebbe salvata. Se si fosse dovuta buttare dall'ultimo piano di un palazzo in fiamme gli avrebbe messo le braccia intorno al collo perchè sarebbero atterrati in piedi sul marciapiede. E lui l'avrebbe stretta a sè per proteggerla. Con il tempo tutto questo era diventato certezza e il confronto degli ultimi due mesi con Gibran glielo aveva fatto capire.
Gibran non le aveva mai dato niente solo parole vuote senza consistenza senza futuro senza amore.
Aveva cominciato a scrivere un nuovo racconto: c'era un amico scrittore con il quale ogni tanto parlava. Era prezioso le dava dei buoni consigli, la chiamava PANTERA e le diceva sempre che lui non aveva paura delle donne come lei. Parlavano scherzavano, ma la loro lontananza non influiva sul rispetto che lei aveva per la sua opinione. Affrontarono anche questo argomento e lui fu molto crudele, almeno lei pensò così, quando lesse la parola con la quale lui aveva definito Gibran "...lascialo stare.... è uno stronzo."
"Arrabbiati, se lo merita!" le disse questo, alla fine della conversazione.
Ma il suo carattere, che lei aveva imparato a domare, non glielo permetteva più.
Affrontava ogni situazione con calma tranquillità ma soprattutto lucidità. Sviscerava ogni singolo pezzetto del problema, andava a cercare l'angolo nascosto per scovare l'ultimo granello di polvere, ma soprattutto voleva parlare capire per se stessa in modo da non lasciare in sospeso niente, nessun dubbio fra lei e l'altra persona.
Non aveva voglia di corteggiarlo per provare a riavvicinarsi. Il suo egoismo la sua stupidità il sentirsi offeso il suo silenzio e.... lei non sapeva per cosa... cosa avrebbe potuto aggiungere a tutto questo? Già! la cosa più importante quello che gli aveva detto subito.... ERA UN UOMO VUOTO.

(continua....)

martedì 16 marzo 2010

GIBRAN quarta parte (1)


Erano di nuovo daccapo!
Dopo un rapporto frettoloso dove lei gli aveva chiesto tre quattro volte di stare insieme qualche ora per coccolarsi e parlare, Gibran era sparito nuovamente. Aveva trascorso un fine settimana a mandare sms.... nessuna risposta. Le sue frasi "...mi sei mancata... senza te sono stato male...." a chi erano state dette qualche giorno prima?
Le parole! Era alle solite. Parole vuote senza significato dette solo per aprire bocca. Eppure sembrava che lui avesse capito che lei era diversa, che aveva bisogno di essere conquistata di avere fiducia in un uomo. E allora? Perchè metteva in atto ancora i suoi soliti schemi fissi? Il comportamento era quello di chi non ha fantasia: un uomo che considera ogni donna uguale ad un'altra.
Ecco, in ogni rapporto lei non aveva mai fatto paragoni fra persone. Ma considerava ognuno degno di essere conosciuto e accettato come era, perchè completamente differente da un altro. Mentre lui era troppo rigido con le sue regole con i suoi gesti. Generalizzava ogni persona, non si sforzava assolutamente. Forse era troppa fatica cercare uno schema nuovo? Non cambiava e non voleva capire di comportarsi in maniera diversa con lei. Continuava insistentemente a seguire una strada, quella che a lei non era piaciuta dall'inizio e che l'aveva tenuta distante. Aveva provato a dirgli "ti amo" con l'illusione che lui cambiasse che si avvicinasse di più, ma la sua lontananza era tale che anche con tutta la buona volontà lei non riusciva a scorgerlo da nessuna parte. Si sentiva sola in una bolla che poteva scoppiare in qualsiasi momento: era stata messa lì dove lei non voleva stare. Le mancava l'aria: perchè doveva vivere quel rapporto assurdo e stupido fatto di niente?
Lei aveva sempre pensato che in una coppia si dovesse parlare di un "noi". Parolina di tre lettere semplice corta di facile comprensione, soprattutto un concetto così infantile anche se di una complessità unica e irripetibile.
Ogni "noi"... solo nella sua storia, nel vivere l'amore, nel rapporto fra due persone.
Ritornò con il pensiero all'ultimo fine settimana: aveva mandato alcuni sms: un modo semplice e carino per stare insieme anche se lontani. Le sembrava così che fossero vicini... sarebbero stati! se lui avesse risposto! Nei giorni seguenti decise di aspettare per vedere se questo "noi" avrebbe preso la forma di un "progetto".
Ripensò ad una vecchia relazione che aveva avuto qualche anno prima. Un rapporto che l'aveva distrutta moralmente e psicologicamente. L'iter era identico. L'aveva capito subito da come era cominciata. Non voleva cadere nella trappola di un paragone, ma era inevitabile ancora. Dall'altra parte cambiava solo il nome della persona ma il comportamento era identico. Glielo aveva detto chiaramente che non voleva portare avanti niente che fosse simile a quello che aveva già vissuto.
Le telefonate gli sms nessun contatto fisico: solo un rapporto "d'amore" distante decine e decine di km che l'avevano distrutta.
La "sindrome della stampella" così lei l'aveva chiamata. Lui che faceva la sua vita senza di lei, ma che pretendeva che lei ci fosse: sempre presente.
Un legame che non riusciva a spezzare. Che l'angosciava e che aveva tentato in mille modi di rompere. Ogni giorno si chiedeva perchè non riusciva a chiudere perchè fosse così difficile dire basta. Poi grazie alla presenza di un amico, che con le sue idee le sue parole le indicò la strada, finalmente fu capace di staccarsi. Nel momento esatto in cui pigiò INVIO sulla tastiera del computer si sentì libera e leggera. Che sensazione meravigliosa. Un peso enorme si era dissolto in un secondo. Aveva scritto tutto quello che avrebbe voluto dire a voce guardandolo, ma i vigliacchi, gli uomini che non sanno come giustificarsi e che conoscono perfettamente il loro comportamento non affrontano mai a viso aperto il "nemico"... la donna.
Adesso con le nuove tecnologie ci sono gli sms le emails che salvano da questi confronti. Era arrabbiata? No solo delusa. Aveva costruito dentro di sè qualcosa simile ad un guscio d'uovo talmente friabile che si era polverizzato subito. Ma aveva promesso a se stessa che questo non sarebbe accaduto mai più.
Non le era mai successo di pensare così tanto ad un rapporto. Forse era questo modo strano di volerlo vivere. E poi adesso lui si era chiuso in un mutismo che non capiva. Come sarebbe stato bello parlare per chiarirsi invece di fare l'offeso o decidere che doveva essere lui a tirare i fili del teatrino e gli altri a fare i pupazzi. E chi l'ha detto? Le marionette si possono anche ribellare e allora il burattinaio cosa fa?
Telefonò al suo "vecchietto"..... "Vorrei vederti, quando puoi."

(continua.....)

lunedì 8 marzo 2010

8 Marzo


Non voglio essere asservito ad una data che è oramai è divenuta una scusa e un giustificazione della coscienza più bieca.

Dico solo che come maschio io mi vergogno.

Non scusateci e non giustificatici, siamo colpevoli da millenni.

Forse la cosa più giusta che potete fare è non festeggiare un giorno ma riprendervi i 364 di ogni anno in cui vi togliamo il diritti di esseri umani.

Per me e solo per me vi chiedo perdono.

venerdì 5 marzo 2010

In Ricordo

Come non potevamo ricordare anche un grande artista, uno di quelli che hanno accompagnato con le sue interpretazioni la nostra giovinezza.
E in ogni caso lo voglio ricordare come uno spirito libero.

LUCIO BATTISTI
Poggio Bustone, 5 marzo 1943 – Milano, 9 settembre 1998



GIBRAN terza parte (3)


(continua....)

Ma soprattutto cosa voleva dire? Sì, era vero, lei aveva bisogno di mettere le sue "tesserine" al posto giusto e in quella confusione non ci riusciva e per questo era rimasta semplicemente ad osservare.

Tra le tante aveva un'espressione frequente:"Ho scopato tanto!" E a cosa gli era servito? dove lo aveva portato? Era solo: nessuna donna accanto a lui! da anni. Ogni volta che lo diceva si riempiva la bocca si compiaceva e di che cosa? A lei non interessava e se era la strada per sapere che rapporti aveva avuto lei, non era questo il modo. Non gli avrebbe mai raccontato niente. Era gelosa della sua intimità. Sia che gli uomini avuti le avessero lasciato un buon ricordo sia che fosse stato interrotto tutto bruscamente. Quello che era visibile non era importante per lei. Solo quando si chiudeva allora c'era qualcosa che la interessava veramente. Di fronte alla sua espressione lei non sapeva quantificare: 100-1000-10.000... quanti?
Così tanti che si era stufato o così pochi che non c'era nessuna giustificazione per questo stare lontano da lei e a non voler rapporti fisici insieme? Se lei non avesse chiuso, quanto tempo pensava di andare avanti? Mille domande e come spesso succede nessuna risposta...
Non cercava più una spiegazione al suo comportamento, ormai aveva detto basta e non sarebbe tornata indietro. Voleva invece capire perchè non era scattata dentro il suo cuore la scintilla per iniziare e costruire un rapporto.
Le davano fastidio alcune cose, non riusciva a superarle. Alla fine l'insieme poi era ben delineato.
Aveva cercato di fargli capire che detestava rimanere da sola. Cioè se non aveva un uomo la condizione era normale e il tempo a disposizione lo impiegava a fare tante cose che le piacevano. Ma se nella realtà c'era la presenza di qualcuno, anche se lontano, allora voleva e desiderava incontrarlo: non chiedeva molto anche solo una volta al mese.
Ma con Gibran questo non era successo.
"Facciamo finire Gennaio, è uno dei due mesi terribili che ho nel lavoro poi tutto si aggiusta e starò con te più che posso!" ancora parole. Febbraio stava passando e lui non si era mai fatto vivo fisicamente per darle un bacio.
Ogni giorno trascorso con lui... l'inizio il primo rapporto il secondo la decisione che tutto sarebbe stato meraviglioso, la speranza che poteva cominciare una storia nuova..... sembravano cose superate. Ogni volta si era illusa di aver messo la parola fine al suo "isolamento" e di aver imboccato il sentiero per la felicità. Quante illusioni! Con Gibran con il giornalista con... basta! ognuno di loro con il tempo l'aveva fatta allontanare. Dopo i primi momenti di euforia iniziavano i primi ripensamenti le prime affermazioni che la lasciavano allibita.
Quante volte aveva chiuso la porta di una camera da letto con la testa piena di pensieri che si accavallavano? Più cercava di capire mettersi in condizioni di andare avanti senza problemi e più la volta dopo c'era qualcosa di cui discutere.
Solo con il suo " vecchietto" non era stato così. Ma il loro non era amore: solo reciproco rispetto e un meraviglioso modo di passare il tempo. Non si erano poi lasciati mai definitivamente: si sentivano spesso e spesso c'era la solita frase che li univa: "Mi manchi."
Ma ecco all'ultima sua richiesta di contatto Gibran aveva risposto.
Solo amore nelle sue parole e una tacita richiesta di essere perdonato e continuare a stare insieme e non lasciarsi più. La testa le girava non capiva, fino a un secondo prima le sembrava di essere così decisa sicura e adesso? Stava tornando sui suoi passi anche lei.... voleva continuare, ma ..... cominciò a pensare a quanto sarebbe durata. Che figura avrebbe fatto anche questa volta se il capitolo sembrava chiuso e invece poco dopo si riapriva ancora ? sarebbero ritornati a letto insieme, tutto meraviglioso e poi.... finito tutto un'altra volta? quanto sarebbe durata questa storia tra alti e bassi? Se qualcuno li avesse osservati l'avrebbe presa per pazza, per un'instabile con tutti questi dubbi.Questa storia, quelle che contemporaneamente si erano accavallate.... ognuna sembrava iniziare meravigliosamente e poi si concludeva. Quanti periodi illusori e quanti deludenti doveva ancora superare? meno male che solo lei viveva tutto alla luce del sole senza che nessuno si accorgesse dei suoi stati d'animo.
Decise di aprire una nuova possibilità per tutti e due. Avrebbe cercato di non riempirsi la testa di domande ed esitazioni. Un capitolo nuovo tutto da scrivere tutto da vivere ed affrontare. Non avrebbe provato a sistemare le sue "tesserine" o di capire fino all'inverosimile ogni cosa.
Sperava solo che non fosse un'illusione: in fondo sentiva che lui meritava molto di più, che doveva solo riabituarsi alle regole tacite di un rapporto a due. Aveva pazienza aveva tempo.
Pensò che avrebbbe provato a vivere su un binario con scambi frequenti di direzione: sentiva che con lui sarebbe stato così. Non avrebbe forzato niente, ma non avrebbe nemmeno accettato passivamente tutto e per sempre. Voleva provare: con il tempo le incertezze sarebbero sparite. Almeno lo sperava!
Anche questa volta Gibran, il poeta le venne in aiuto:

"In un campo ho veduto una ghianda:
sembrava così morta, inutile.
E in primavera ho visto quella ghianda
mettere radici e innalzarsi,
giovane quercia verso il sole.
Un miracolo, potresti dire:
eppure questo miracolo si produce
mille migliaia di volte
nel sonno di ogni autunno
e nella passione di ogni primavera.
Perchè non dovrebbe prodursi
nel cuore dell'uomo?"

(Kahlil Gibran)

In Ricordo

Il 5 Marzo del 1910 a Pescara nasceva un uomo con i piedi fortemente poggiati sulle nuvole.
Ennio Flaiano
«Una volta credevo che il contrario di una verità fosse l'errore e il contrario di un errore fosse la verità. Oggi una verità può avere per contrario un'altra verità altrettanto valida, e l'errore un altro errore.»«Il peggio che può capitare a un genio è di essere compreso.»

«Afflitto da un complesso di parità. Non si sente inferiore a nessuno.»

«Ormai non desidero che ciò che mi offrono ripetutamente.»

mercoledì 3 marzo 2010

GIBRAN terza parte (2)


(continua....)

Ogni volta che non si era presentato, lei aveva affrontato tutto con calma, non ne era rimasta delusa come se se lo aspettasse

I rapporti che aveva con gli uomini adesso erano vissuti in maniera diversa. Ognuno di loro rimaneva in lei un po'. Una parte dei suoi pensieri era fatta di un puzzle che non le apparteneva, ma faceva parte del suo io. Non aveva assorbito nessuna idea con cui era venuta in contatto, ma ognuno di loro aveva irrimediabilmente decretato la sua crescita. Quando si lasciavano, quando la porta della camera veniva chiusa anche lei cessava ogni contatto. Pensava agli ultimi uomini che aveva avuto: il "vecchietto", così pragmatico così dolce. Il chirurgo che cercava emozioni, ma poi alla fine non riusciva a lasciarsi andare e rimaneva segregato nei soliti schemi sessuali. Il giornalista, una bellissima storia vissuta intensamente, ma che l'aveva stancata. La gelosia, l'assillo morboso delle telefonate, il dover sempre spiegare tutto e dov'era e con chi e cosa stava facendo o dicendo. Perchè? Non faceva niente di male, viveva la sua vita, voleva e doveva per se stessa avere contatti con molte persone, non sarebbe riuscita a stare isolata. Ma non per questo con ognuno di loro doveva esserci per forza una "storia".
Gibran.... aveva fatto parte anche lui della sua "conoscenza": si erano incontrati, ma come compagni di viaggio non andavano bene. Almeno se lui le avesse fatto capire o intuire soprattutto cosa cercava o si aspettava da lei. Si era stancata degli uomini saccenti che sanno tutto e pretendono che la donna che hanno accanto "sappia" cosa vogliono. Non era un'indovina e non voleva "studiare" per diventarlo. Desiderava solo semplicità, ma non riusciva a trovarla.
Ricordava di aver letto "Chi è stato torturato, rimane torturato": un filosofo! forse Jean Améry, ma non era sicura. La frase era rimasta scolpita dentro di lei. Aveva sempre pensato che le esperienze avute segnano indissolubilmente la vita di ognuno. Si chiama "esperienza" perchè è fatta di cose belle e brutte, ma chissà come nella vita il brutto viene ricordato di più e forma il carattere e il comportamento. Avrebbe voluto essere diversa. Sentiva dentro di sè un mondo di amore, voleva tranquillità, ma con gli altri si comportava in maniera indifferente e cinica. Aveva paura che se si fosse lasciata andare sarebbe stata calpestata ancora. Non voleva dare più a nessuno la possibilità di farlo.
Gibran! il poeta. Aveva comprato le sue opere in inglese, aveva ricominciato a rileggerlo per capire se nella lingua originale le note della musicalità e della poesia che l'avevano fatta "innamorare" erano diverse. Si chiedeva come aveva potuto prendere un abbaglio così grosso. Come aveva potuto pensare che solo perchè un qualsiasi uomo conosceva qualche rigo di una poema potesse "cantare" come un angelo. Le parole, le poesie che lui le aveva scritto non avevano mai suscitato in lei alcuna emozione. Quando le aveva detto che aveva avuto altri rapporti si era chiesta che tipo di donne fossero. Parlava parlava parlava solo lui e dava l'impressione che si compiacesse ad ascoltarsi. Molte cose che aveva detto l'avevano fatta riflettere... "Ma come può uno vivere nel mondo e parlare così!...le donne che ha avuto sono rimaste "fulminate" da queste parole, ma hanno intuito qualcosa? Che tipo di cultura possono avere, saranno riuscite a penetrare nell'animo dei suoi discorsi?" pensava che fossero così ignoranti che davanti ad un buon parlatore si sarebbero calate gli slip sempre. Non capivano sicuramente cosa diceva con quel linguaggio strano che usava: le aveva affogate di parole! e quindi a bocca aperta erano rimaste lì davanti a lui completamente rincitrullite! buttandosi poi tra le sue braccia come fosse l'uomo migliore che poteva capitare loro nella vita.
Ma perchè lei non la pensava così? Fin dal primo momento lo aveva guardato, aveva cominciato a farsi domande a chiedersi cosa significavano tutti quei discorsi che faceva da solo come se davanti a lui non ci fosse nessuno. Ma soprattutto cosa voleva dire? Sì, era vero, lei aveva bisogno di mettere le sue "tesserine" al posto giusto e in quella confusione non ci riusciva e per questo era rimasta semplicemente ad osservare.

(continua....)

lunedì 1 marzo 2010

INVITIAMO A PRANZO INDI


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- BORDEAUX ROUGE MONOPOLE 2006
- Scaloppa di foie-gras alle lenticchie e sedano fondente

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- BORDEAUX SUPERIEUR CHATEAU DE RICAUD 2005
- Zuppa fredda di fagioli bianchi e capesante croccanti in gelatina di bordeaux

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- POMEROL CLOSERIE MAZEYRES 2005
- Trancio di spada su fine ratatouille con vinaigrette di pepe verde
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- HAUT-MEDOC GRAND CLASSE CHATEAU BELGRAVE 2003
- Trancio di vitello caramellato con patate bolangere
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domenica 28 febbraio 2010

GIBRAN terza parte (1)


Cercò di riprendere un piccolo contatto con Gibran. Ma lui si nascondeva. Non rispondeva nè agli sms nè alle emails che lei mandava. Non era un ripensamento, non voleva ritornare sulle sue decisioni: avrebbe solo voluto chiarire alcune cose. Pensava che era stata troppo veloce questa chiusura da parte sua. Non aveva voluto sapere nessuna spiegazione. Il suo ostinato mutismo era l'atteggiamento più infantile che potesse avere. Lei gli aveva detto che era un uomo VUOTO, ma avrebbe voluto dirgli perchè lo pensava. Si era offeso: le aveva risposto che se lei non poteva delineare i suoi confini o se le cose non erano come voleva non andava bene niente. Forse era vero: voleva capire qualcosa di più, ma non c'era riuscita.
Il "percorso", il famoso percorso che lui voleva creare insieme a lei era rimasto solo nella sua mente. La strada da tracciare va costruita: inizia in un punto e poi va studiata, preparato il terreno, spesso si incontrano imprevisti e si cerca di risolverli..... INSIEME.
Lei non era stata coinvolta in questo progetto, ne aveva solo sentito parlare: lui lo diceva spesso negli ultimi giorni ma non spiegava come avrebbero dovuto comportarsi. Si aspettava qualcosa da lei, ma non faceva intravedere l'inizio da cui partire. Sembrava che lui avesse in mente un disegno preciso che andava seguito alla lettera e lei invece aveva cominciato a vedere delle trappole: buche in cui sarebbe inciampata, non voleva commettere errori e per un nonnulla perdere tutto. Preferiva non iniziare per non sentirsi cieca, al buio. Era meglio lasciar stare: non voleva passare ogni minuto di ogni giorno a chiedersi se stava sbagliando e se era quello che avrebbe dovuto dire o fare.
Aveva affermato in maniera categorica delle cose che a lei non erano piaciute: non intendeva cominciare e portare avanti nessuna relazione con quelle premesse "...anche questo rapporto come tutti gli altri avrà un inizio e una fine....",".... non pensare che io faccio 70 km per vedere te !..."
Niente è eterno, ma partire subito dicendo che tutto sarebbe finito, perchè dovevano iniziare allora? Spreco di tempo ed energie! E in che modo poi dovevano stare insieme? Adesso si stava chiedendo ancora perchè non le dispiacesse avere chiuso. Ripensava continuamente ai giorni che si erano parlati al telefono. Telefono, cellulare, computer... non importava cosa, era sempre e comunque una cosa fredda che li teneva lontani. I motivi del suo no erano tanti. Non era un giudizio, ma una semplice analisi. Non si era sentita coinvolta mai in questo rapporto. Sì, è vero aveva avuto l'illusione che lui fosse diverso. Per due volte aveva provato brividi che l'avevano accecata, ma poi, finito tutto, era l'atteggiamento di lui che ostinatamente metteva la realtà in primo piano. Ripensava ancora a quante volte le aveva detto "ti voglio" e a quante volte invece aveva voluto avere solo "rapporti" al telefono. "Sto riscoprendo me stesso, dei lati di me che avevo dimenticato o che non conoscevo." "Molto lieta!" lei pensava, ma quelle telefonate le sembravano così assurde con lui che sbuffava dall'altra parte. Parlavano di storia e sociologia e lui di là che aveva un orgasmo. Si chiedeva allora cosa aveva nella voce di così erotico ed eccitante da provocare questa sua reazione.
Gli aveva dato tutta la sua disponibilità di tempo e fisica, e si trovava ad aspettare che lui si ricordasse che le aveva promesso che si sarebbero incontrati. Per due volte lo aveva aspettato preparandosi anche mentalmente per capire più cose che poteva, per aprirsi a.... Ma invano. In serata aveva poi saputo che era andato a Napoli o a Milano, e quindi l'appuntamento che lei pensava ci fosse, che fosse così importante per tutti e due, erano state solo parole.
PAROLE! Quante ne aveva sentite nella sua vita. C'era cascata un'altra volta. La parola, pensava, non è altro che un'anomalia della specie umana, che nella sua riproduzione nella sua crescita si era creata come una mostruosità, una deformità che però aveva portato ad un'evoluzione... Era servita sicuramente ad avvicinare molto gli uomini, ma poi il genere umano si era veramente incontrato o era stato un modo per inventare sempre più scuse per allontanarsi?
Pensava a Gibran e a come per lui non fossero importanti le cose che diceva, ma soprattutto quello che le prometteva. Sembrava che aprisse bocca perchè il silenzio lo spaventava. Anche lei prima parlava molto, poi negli ultimi tempi aveva cominciato un lento cambiamento. Ascoltava. Le piaceva ascoltare, e adesso parlava meno. Alcune volte cercava frasi che producessero un effetto in chi aveva davanti e aspettava la reazione. Non erano banalità. Ogni giorno si rendeva conto che le sue letture portavano frutti. Soprattutto a se stessa. Non si era mai sentita così bene. Invece lui non ascoltava nemmeno le sue parole!
Soprattutto quella frase....., ma che rapporto si sarebbe creato fra loro senza mai vedersi, senza un contatto fisico, senza mai nemmeno il piacere di una passeggiata insieme, una chiaccherata guardandosi negli occhi? Cosa facevano? stavano al telefono lui in auto che guidava e magari lei con il cellulare all'orecchio in cucina metteva la pentola per cuocere la pasta oppure condiva l'insalata per la cena? Conosceva altre persone, ma con loro non c'era niente e non avevano parlato di amore. Quindi andava bene un contatto così a distanza anomalo e indifferente. Perchè con lui doveva creare un rapporto emotivo e viverlo via etere? Era veramente un'assurdità! Cosa c'era che lo spaventava tanto? Ogni volta che non si era presentato, lei aveva affrontato tutto con calma, non ne era rimasta delusa come se se lo aspettasse.
(continua....)

giovedì 25 febbraio 2010

LA BIDDINA (BIDDRINA)


Ciccio Cipresso, molti anni fa, era riuscito ad avere in affitto dal cavaliere Moscato, in contrada “La Monica”, sei tumuli di terra soggetti alla irrigazione benefica delle acque del fiume che scorre a pochi metri. In esso voleva far crescere dei vivai di mandorli, delle caselle di sammarinese, di lattughine fresche, di cipolle, di sedani e di tante altre verdure piacevoli del nostro ambiente.
Agricoltore operoso e instancabile, da quel terreno era riuscito a ricavarci il sostentamento suo e della sua famiglia.
I suoi due figlioli Angelo e Concetta, ormai erano passati a nozze, si erano sistemati anche loro e gli portavano i loro rampolli che si divertivano con le loro manine paffutelle a tirare la barba del nonno che rideva e li baciava appassionatamente.
Alto, quadrato, nelle sue ampie spalle, all'età di 75 anni zappava ancora, innaffiava con acqua regolarmente, ed ogni mattina, dopo aver riempito due bisacce, risaliva verso il paese portando in bottega o in piazza mercato i prodotti della terra. Viveva sempre in campagna e la domenica mattina saliva ad indossare l'abito della festa per ascoltare la Santa Messa, poi acquistava due pacchetti di trinciato forte, faceva quattro chiacchiere con i suoi coetanei in piazza, passava dal macellaio, comprava un chilo di busecca di cui era ghiotto, e ...... per quel giorno si mangiava carne ed era festa in famiglia! In tanti anni di duro lavoro quel terreno era diventato un vero giardino rigoglioso dove le ciliegie cappuccie, le nespole, le pere papali, le bifare, le noci, le arance, i gelsi bianchi e neri, scoppiavano "di salute", si ingrossavano, maturavano sotto gli occhi amorevoli di Ciccio Cipresso.
Tutti sapevano che in quel pezzo di terra la frutta non mancava mai in qualunque tempo. Era riuscito a trapiantare anche l'uva passa di Lampedusa. Tutto ciò costituiva pertanto la tentazione dei grandi e dei monelli, i quali spesso e volentieri cercavano di scavalcare il filo spinato, di aprire una breccia, lasciandovi attaccati i brandelli delle loro camiciole e rischiando di andare in galera.
Quando al governo ebbe l'idea di fabbricare la strada ferrata ed aprire proprio lì, a qualche metro di distanza dal terreno, il piazzale della stazione, nel costone della montagna, i guai di Ciccio Cipresso aumentarono, perché la gente che aspettava il treno, portandosi ai margini del piazzale, aveva, lì sotto, a un tiro di schioppo quel giardino di incanto, quell'angolo di paradiso che solleticava la gola e il ventre. Tutto ciò inchiodava il povero Ciccio notte e giorno nei suoi campi e borbottava:
- Figli di cane, la colpa non è vostra: è di quel farabutto di governo che gli è venuto in testa di far la ferrovia!
Cominciò allora ad imprecare: se tutto fosse rimasto com'era nessuno si sarebbe permesso di attentare ai prodotti del suo giardino e di farlo arrabbiare.
Acquistò allora un archibugio ad avancarica, sicuramente risalente alla battaglia di Calatafimi, ed ogni tanto, durante le notti serene lasciava scappare qualche colpo per dire alla gente malintenzionata:"Badate, qui ci sono io!", ma non ebbe mai la forza di denunciare o di sparare contro qualcuno.
- Eccellenza! Signor Maresciallo mio! Mi creda non ne posso più!- Don Ciccio che vi succede?!
- Prima che costruissero quella maledetta strada ferrata, io vivevo tranquillo nel mio vignale, perché nessuno si sognava di spingersi fino ad esso; ma oggi sono rovinato; non riesco a fermare più ne' grandi ne' piccini........e non si accontentano di mangiare a quattro ganasce, ma si riempiono lo sparato della camicia e portano tutto a casa lasciandomi con un palmo di naso. Parola d'onore, qualche volta sparo dritto e faccio venire loro qualche indigestione di lupara.... di quelle grosse.........Il Maresciallo ascoltò sorridendo lo sfogo di Ciccio Cipresso e da buon napoletano risponde:
- Guagliò.., che ti gira pe' la capa.....questa è la volta che ti faccio assaggiare le manette.
- Gesù Maria alla mia età.....!E con la mano, con profonda fede, fece la santa croce per scacciare la tentazione.
- Ma intanto come si rimedia? Me lo dica vossignoria!- Acciuffane uno, portamelo qui e la pagherà per tutti!
- É una parola eccellenza, mi ci proverò!E, più confuso che persuaso, dopo un profondo inchino, lasciò la caserma ruminando nel suo cervello chissà quali progetti.
Dopo alcuni giorni per tutto il paese si sparse come un lampo un voce che suscitò i commenti di chicchessia.
Nei caffè, nelle bettole, nei saloni si ciarlava, si commentava il fatto nuovo.
- Ma sì! te lo dico io, dieci schioppettate a dir poco…stamani all'alba!- Povero zio Ciccio..,ha fatto bene! Gli vanno a rubare la frutta...
- Ti sbagli, qui non si tratta di frutta, ma di qualcosa di più grave: anche lui è stato costretto a sloggiare dal terreno!
- La Biddina!! Capisci? La biddina…. lunga almeno dieci metri e grossa così! e nel dire ciò l'uomo forma un cerchio con le braccia
- Ma... l' hanno ammazzata?-Tu credi che quello sia un animale così stupido che si lascia accoppare facilmente?! Ma quello e' un serpente grosso, lungo che striscia tra le fratte, tra le erbe, tra le canne e fugge facilmente.
- E allora è ancora viva?!- Sicuro c'è il pericolo che salga qui in paese: è capace di ingoiare un bambino, una capra, un asino.........!
- Don Ciccio lo avete detto e lo avete fatto: che cosa e' questa faccenda delle schioppettate?
- Eccellenza qualche cosa la dovevo fare........Vossignoria mi ha aperto le braccia, e ci sono andati di mezzo un po' di polvere nera, quattro lupare, e quattro stoppacci.....
- Ma mi hanno detto che avete sparato un decina di schioppettate.
- Signor maresciallo mio, non li ho contati eravamo io e mio figlio........
- A chi avete sparato ?!- In aria, alla luna....come sempre......
-E la biddrina? -
- Eccellenza, quella è frutto della fantasia di tutti i tempi, e di tutte le epoche! Io non l'ho mai vista e nessuno in paese sa che cosa sia....
- Ma mi hanno detto che è un serpente grosso che mangia i bambini.......e' vero?
- Mi è venuta per la testa di spolverare questa leggenda e di metterla in circolazione per il paese: ho tirato qualche schioppettata per avvalorare la leggenda: sono convinto che la gente, sentendo dire che nel mio fondo c'é la biddina..... non viene a cogliere la frutta perché, credetemi, ha più paura della biddina.... che della mia lupara! Vedete.., dacché il vignale l'ho lasciato solo e l'ho abbandonato alla biddina, non c'e' stato un mascalzone che si sia permesso il lusso di cogliermi una ciliegia e finché questa favola circola.......io sono a posto!....Scusatemi quanti bambini avete?
- Quattro! Ma perché questa domanda?- risponse accigliato il maresciallo.
- Perché le ciliegie che dovevano mangiare quei mascalzoni che me le vengono a rubare, le faccio mangiare ai vostri bambini. Non vi arrabbiate.....sono buone assai! Ve ne porterò domani un panierino e vedrete che ho ragione!
S'inchinò profondamente ed uscì esclamando:
- Vostra Eccellenza mi benedica e mi sappia compatire.
- Guagliò, tu si......'na bella faccia...!!!!..
Esclamò il maresciallo ridendo di cuore.

(di GERO RINDONE da Naro)

Rivisto e corretto da Antichirimedi.

Il racconto mi è stato mandato gentilmente dal dott. Lillo Novella, funzionario dei Beni Culturali del Comune di Naro (Agrigento).

mercoledì 24 febbraio 2010

Richiesta di collaborazione!


I nostri lettori avranno già capito che questo non è un blog ma solo una parte di un discorso più ambio.
Discorso di cui fanno parte anche altri blog. Quello che si occupa di salute, nutrizione, erbe ecc..
Quello che si occupa di investimenti finanziari e non ultimo un blog che si occupa delle forme. difficile da spiegare ma facile da intuire.
Durate delle ricerche mi sono imbattuto su questo documento che potete trovare on-line
www.baronebella.com/cronisto2001.doc
a pag. 18 si legge:

Tra i miti e leggende è anche da ricordare” La Biddrina” (dall’arabo grosso serpente d’acqua), che nella fantasia popolare diventa un mostro ferocissimo dagli occhi rossi e che divorava con la sua enorme bocca capretti e agnelli. Si dice che una Biddrina sarebbe stata stata uccisa a Cammuto dove esiste scolpita in una fontana la sua figura e la data dell’evento. Un’altra nella contrada Cosciu (Casa Gaetani-Saeli-Bella) negli anni 60: erano presenti all’evento i Carabinieri e il signor Saverio Santamaria. La contessina Saeli-Bella-Gaetani ordinò che il rettile fosse bruciato. Sempre nel Salso negli anni 50 furono uccisi altri due esemplari da alcuni pastori nella vallata sotto il monte Saraceno.


Ora chiedo aiuto a chi ci legge, soprattutto ai siciliani.
Potreste inviarmi la foto della fontana che è su citata?
I comuni interessati sono Naro e Campobello di Licata, entrambi in provincia di Agrigento.
L'indirizzo di posta è sempre quello:
gold.indi@gmail.com
Grazie

lunedì 22 febbraio 2010

COMINCIAMO LA SETTIMANA......


Qualcuno mi deve spiegare perchè devo essere considerata UNA DONNA DIFFICILE, se al mondo ci sono tanti imbecilli!?

Detesto la stupidità, la saccenteria, il sentirsi superiore ad un altro, credere di essere un pozzo di cultura solo perchè si è letto l'ultimo libro di Vespa, il sentirsi meglio di un altro perchè si ha l'auto più grossa o si va in vacanza in un villaggio turistico in un'isola!

E poi qualcuno, ma ce la deve mettere tutta.....vuole dirmi perchè devo cedere ad un uomo solo perchè crede di essere "il meglio del meglio"?

Il concetto di bellezza è relativo ed a me la bellezza in senso lato non piace. L'uomo bello sa di essere corteggiato, accumula solo un numero di donne come una collezione. Perchè devo far parte del "numero"?

L'abitudine ad avere tutto! Con me la perde, perchè dico immediatamente di no!

Io mi considero SOLA E UNICA.

Mi piacciono gli uomini brutti!

E di belli in giro ultimamente ne ho visti pochi, ma solo tanti "palloni gonfiati"!

Ciao buona giornata

venerdì 19 febbraio 2010

GIBRAN parte seconda (3)

(continua...)

Il pomeriggio alla stazione si salutarono con un lungo bacio. Ogni volta le sembrava che il loro distacco fosse più doloroso. Perchè?

Durante il viaggio cercò di pensare ad un rapporto più stretto con Gibran, c'era qualcosa che ancora le sfuggiva.

Continuava a dirle che lui era un tipo solitario, che aveva i suoi interessi e che sapeva come passare il tempo. Le sembrò che fosse stato lui a trascinarla in questo che a vederlo dall'alto sembrava un Maelstrom, ma all'interno era proprio calma piatta: nemmeno un'increspatura nell'acqua.

Decise di non prendersela più se non s'incontravano, voleva solo capire se a lui però dipiacesse se aveva un altro uomo.

"Vivrò la mia vita come se non ci fosse....appena prenderà una decisione ... ne parleremo meglio."

Mentre stava guardando fuori dal finestrino e cercava di leggere ..."Scusi è libero?" "Sì, prego."

Mentre toglieva la borsa alzò gli occhi e lo vide. Sorrideva, baffi chiari capelli sul biondo grigio, fisico asciutto, non molto alto forse 1,70. Pensò che le piacevano sicuramente gli uomini belli. Il tono della voce profondo, caldo con un leggero accento ma non capì subito di dove. Non molto giovane fra i cinquanta e i sessantanni. Il suo sorriso apriva paradisi.

Nel sedersi le sfiorò la mano o il braccio, non se lo ricordava più ma ebbe un fremito, come i brividi che procura un amante quando ti vede dopo tanto tempo e comincia ad accarezzarti piano dolcemente. Chiuse gli occhi: vide la sua mano sui suoi capelli, che scendeva sulle guance poi sul collo e giù fino a....

Pensò come sarebbe stato un rapporto con lui. Poi si dette della stupida! Ma come non lo conosceva nemmeno e già pensava chissà che cosa! E poi che donna era, se già aveva due uomini! Uno l'amante fisso carnale al quale non sapeva rinunciare, l'altro etereo fatto di poesia di telefonate e sms, parole che sembravano uscite dai bigliettini dei baci.

Ma i pensieri cominciarono ad affacciarsi sempre più insistentemente.

Dopo pochi minuti si misero a parlare e venne a sapere che era un giornalista. Si considerava un tipo inossidabile e a lei venne spontanea una battuta :"Ma in Italia esistono ancora gli inox?" Lui fu colpito. Per tutto il viaggio non smisero di parlare di scambiarsi opinioni di ridere e quando lei scese oh! meraviglia si fermò anche lui alla stessa stazione. Non gli aveva nemmeno chiesto dove abitava!

In un percorso di poche ore era nato tra loro qualcosa. Lui aveva tutto quello che lei desiderava.

L'affinità fra loro era tangibile, fisica e intellettuale. Una calamita li stava attirando per tenerli uniti per sempre.

Si baciarono come se uno dei due fosse appena arrivato dopo una lunga assenza.

Dov'era finito il "vecchietto".... dove Gibran?

Pensò a loro solo un attimo. Se esistono le favole, lei era appena entrata in quella più bella senza orchi nè mostri nè streghe.

Il suo cuore cominciò a battere, sulle labbra affiorò un sorriso. Stretta a lui uscì dalla stazione felice che la vita le avesse appena concesso una possibilità tutta da vivere.

Lo guardò.... No, lui non era Gibran: aveva parlato di cose semplici ma dirette al cuore. Nessun dubbio per il futuro.

Avrebbe vissuto questo nuovo amore come se fosse stato l'unico nella sua vita. Il suo intelletto era soddisfatto: aveva trovato l'oasi che stava cercando da tanto tempo, il cuore si era aperto. Lo sguardo di lui, ogni suo passo, la mano che la stringeva... la sua mano le dicevano soltanto:" Adesso che ti ho trovato.....non ti lascerò più." i dubbi e le incertezze che l'avevano bloccata che non le avevano permesso di portare avanti la storia con colui che la riempiva di poesie soltanto, non c'erano.

Pensò che Gibran era totalmente egoista, pieno di paure. Metteva regole su regole, dire cosa voleva e cosa non voleva era soltanto un fuggire dalla responsabilità di un rapporto che per crescere si nutriva di complessità, di compromessi accettazioni e rinunce.

No, Gibran non avrebbe mai saputo come lei avrebbe potuto amarlo, come gli si sarebbe concessa senza limiti nè tabù.

Si ricordò alcuni versi del suo poeta preferito:

" L’amore non dà nulla se non sè stesso,
non coglie nulla se non da sè stesso:
L’amore non possiede né è posseduto:
l’amore basta all’amore."
(Kahlil Gibran)

mercoledì 17 febbraio 2010

GIBRAN parte seconda (2)

(continua...)

All'improvviso lo squillo del cellulare :"E' il tuo."

"Pronto.." era Gibran. Le scocciava quella telefonata! Non voleva rispondere. Avrebbe dovuto mentire a tutti e due.

Questa doppia relazione non le dava fastidio, si sentiva pulita.

Sarebbe stato il suo segreto, le sembrava così naturale poter in futuro andare avanti alternandosi fra loro. Due uomini: città diverse, tempi diversi, lavori che le avrebbero permesso di portare avanti tutto fino a quando avesse voluto.

Ma perchè così velocemente aveva lasciato il suo primo amante?

Riusciva a riempire la giornata con questo incontro. La meravigliosa sensazione che le lasciava le bastava per un po'. Poi ricominciavano subito a ricercarsi. E' vero fisicamente non era mai stato travolgente come Gibran, solo un ottimo amante, ma forse era il suo Io interiore che veniva appagato e ne usciva fuori soddisfatta.

Gibran? Era ricaduta nuovamente nei dubbi dei primi giorni. Non si incontravano mai. Il lavoro di lui lo portava lontano, ma quando lei gli aveva proposto anzi no gli aveva chiesto di cercare un posto tranquillo dove stare qualche ora insieme lui le aveva risposto con un rifiuto. Le bastava anche l'angolo del tavolino come le altre volte. Si sentì offesa. Avrebbe voluto più spazio più tempo, ma sembrava che lui rifuggisse un incontro più lungo. Diceva che voleva stare con lei tanto tempo poi mentre parlava riduceva le ore.... un giorno, una mattina, tra un incontro di lavoro e l'altro. Inizialmente aveva cercato di organizzare una giornata se lui le avesse detto di sì, poi aveva smesso: aveva capito che non ci sarebbe mai stata. C'era in lui un blocco, ma ancora non riusciva a capire quale o forse non aveva voglia di capirlo. Si era chiesta come aveva portato avanti altri rapporti che aveva avuto, se si era comportato anche con le altre così e se avevano accettato stando zitte.

Ecco perchè lei era tornata indietro nelle sue posizioni iniziali. Si era nuovamente "seduta".

Non si sentiva uno spettatore, questo ruolo è rivestito da chi partecipa alla storia: piange e ride a seconda delle battute, in questo caso era un osservatore. Guardava da lontano cosa succedeva senza emozioni. Si era chiusa nuovamente.

Quando gli aveva scritto:"E' troppo presto per dirti ti amo ?"

La risposta di lui fu:"L'amore è una scelta."

Nel sentirlo ebbe un piccolo tremito, molto piccolo, durò solo un attimo ma rimase impresso.

Prese la solita "bilancia" e cominciò a paragonare i due uomini.

Non avrebbe voluto farlo, ma Gibran la costringeva ancora una volta.

Il suo modo di fare era molto distante, anche se l'enfasi che metteva quando parlava con lei poteva far pensare che stesse costruendo un luogo paradisiaco per il loro amore, chissà perchè la lasciava sempre indifferente.

Non riusciva a vedere la porta per entrare.

Era un bell'uomo le piaceva, le aveva dato sensazioni che non aveva mai avuto, aveva sentito parole che l'avevano fatta vibrare, ma.....

Quella comunione intellettuale che cercava, che era diventata importante per lei .... NON C'ERA.

Più ci pensava e più la realtà era questa.

Con il suo "vecchietto" quasi riusciva ad anticipare le parole che avrebbe sentito. Il suo cervello era aperto, attento a carpire le sue frasi. Niente era banale o scontato. Le loro discussioni erano uno scambio di idee vivo e costruttivo, non importava di cosa parlassero: a tutti e due piaceva come si ponevano davanti alle critiche. Sui libri avevano idee comuni, per il teatro e la musica i gusti erano identici.

Solo che non parlavano mai d'amore. Non ne sentivano il bisogno, il loro era un rapporto fatto di rispetto, sicuramente in qualche angolino nascosto c'era anche un sentimento che li teneva uniti, ma non lo confessavano per paura forse che le parole potessero sciupare la loro complicità.

Invece Gibran più parlava e meno lei capiva cosa volesse dire, sembrava sempre che ripetesse una pagina di qualche testo universitario che stava studiando. Non sentiva nelle sue parole niente di personale o forse non era capace di comunicare cosa aveva elaborato. Non discuteva mai, non cercava uno scambio. Questo la infastidiva. Come avrebbero potuto conoscersi se non parlavano?

Le ripeteva spesso :"Mi piaci mi piaci mi piaci..."

Lei lo aveva interpretato inizialmente come un invito a stare insieme, ma quest'incontro non avveniva.

Ritornò alla telefonata:"Sei ancora fuori per lavoro? Quando torni?"

Rimase sola in camera, l'amante andò in bagno con la scusa di fumare una sigaretta.

Fu un gesto carino, ma lei non desiderava che lui pensasse che voleva rimanere sola per dire chissà cosa.

Chiuse velocemente e aprì la porta..."Mi mancavi, voglio un bacio."

Gli spiegò chi era che aveva telefonato e che avrebbe voluto studiare con lei per laurearsi in psicologia. Si misero a ridere.

In camera a letto lui le toccò delicatamente i capelli accompagnando la testa verso il basso."C'è "qualcuno" che ha bisogno di te!"

Il pomeriggio alla stazione si salutarono con un lungo bacio. Ogni volta le sembrava che il loro distacco fosse più doloroso. Perchè?

(continua...)

martedì 16 febbraio 2010

I Curiani


Oggi andando in ufficio odoravo l'aria di Torino, era ancora buio e il gelo aveva coperto i vetri delle macchine obbligando a dar mano di raschietto.
Ma torniamo all'aria una puzza di bruciato di non ben inedificabili sostanze, un miscuglio nauseabondo e meno male che ieri aveva anche nevicato.
Il mio cervello mi riportò ai profumi che sentivo in questo periodo quando ero ragazzo.
Gli odori brutti erano quelli dello stallatico che veniva sparso nei campi.
Mentre fantastici erano gli odori che le potature di ulivi e delle viti diffondevano nell'aria.
Ma anche l'odore della terra smossa che dalle mie parti avveniva ancora a forza di braccia con attrezzi che risalivano a epoche passate, zappe e "zappuni"; era questo lo strumento principe del bracciante a giornata.
Questi venivano chiamati da mio Nonno e da mio Padre "Curiani", non so bene da dove deriva questo termine, forse dal fatto che tanti latifondi nelle nostre zone erano in mano alla chiesa e quindi alle Curie, ma non ho trovato riscontri su questa ipotesi.
Il Curiano nella mia immaginazione era un fenotipo ben preciso, scarsa intelligenza, forza sproporzionata ma indolenza atavica.
Quasi un deriva parallela dell'evoluzione, la sua rozzezza era anche nel cibo di cui si nutriva, cipolle crude pane e vino, e a questo bisognava fare molta attenzione poiché non riusciva a trattenersi e se il datore di lavoro faceva l'errore di metterne a disposizione troppo, ti ritrovavi con la mano d'opera ubriaca e il lavoro non finito a fine giornata.
Mi ricordo quando uno di essi un po' brillo, mentre scalzo portava a compimento la sua mansione di preparare la vigna per l'estate con la così detta "rifunnuta", scambiò il suo pollicione che usciva dal monticello di terra, per la testa di una vipera e si tronco l'alluce con un colpo di zappuni. O quanto spinto da un bisogno corporale dopo aver mischiato uva e fichi d'india durante la vendemmia non riuscì ad appartarsi in tempo e lasciò una pista di un color marroncino chiaro lungo il filari di vite.
Era uso dai proprietari della vigna far mangiare i fichi d'india prima di iniziare la vendemmia, questo per evitare che poi i braccianti si servissero dell'uva ben più preziosa, infatti la combinazione dei due frutti dà un risultato, diciamo, dirompente.
Ma avvolte in queste famiglie venivano fuori dei fiori inattesi.
Uno di questi colpì così tanto le fantasie di un mio fraterno amico che fu veramente dura dissuaderlo dallo dichiararsi in casa del così detto giglio.
Ma questa è una storia che mi riprometto di raccontare un'altra volta.

lunedì 15 febbraio 2010

GIBRAN parte seconda (1)



Dopo l'euforia iniziale tutto si era attenuato. Continuava ad osservare Gibran da lontano. Le parole non corrispondevano alla realtà.

Le sensazioni che le aveva dato non sapeva spiegarle. Ma era come se fossero rimaste racchiuse in quello spazio di tempo e non fossero andate oltre. Non sentiva la loro mano su di sè. Durante la giornata spesso pensava ad altre cose e si dimenticava di lui.

Mentre invece aveva sempre in mente il suo "vecchietto".

Continuavano a telefonarsi tutti i giorni.

E.... decisero di rincontrarsi.

"Finalmente. Il tuo sapore di tabacco!" gli disse quando lo baciò alla stazione. Le sembrava di essere rientrata in un luogo sicuro, un luogo da cui si era allontanata per poco, distratta da una luce che poi si era affievolita.

Si sentiva protetta.

Era un uomo che non poteva passare inosservato. Alto bel fisico capelli bianchi barba bianca. Curatissimo.

La sua sicurezza era una nota caratteristica, molti potevano pensare che fosse freddezza, ma non era così.

Per lei donna sicura ci voleva un uomo sicuro.

Molti ostentano una "facciata" costruita con grandi sforzi nei rapporti con gli altri, nelle riunioni, nelle cene, ma lui era così sempre. Non l'aveva mai sentito vacillare, non aveva mai trovato una nota di fragilità. Mentre invece la sentiva subito in tutti gli altri.

La camera nel solito albergo! avevano pattuito un prezzo di comodo per la loro frequenza.Quella volta il direttore diede loro un euro di resto perchè andavano via prima delle 15.00. Si misero a ridere guardandosi... un euro di sconto sullo sconto già in essere. Uno di loro avrebbe preso un caffè offerto gentilmente dall'albergo!

"Camera 709, settimo piano."

Mentre entravano nell'ascensore lei disse:" Hai fatto caso che ogni volta siamo saliti di un piano?"

".... ci daranno solo il letto.... la camera è sempre più piccola..." commentò ancora quando entrarono.

Quella volta le sarebbe piaciuto che l'avesse spogliata lui, piano un pezzo alla volta mentre l'accarezzava e la baciava, ma quando uscì dal bagno lo trovò quasi nudo. Non fece a meno di pensare che per l'età che aveva il corpo era asciutto e la pelle bella e liscia. Nessuna ruga, nessun cedimento nelle braccia o nelle spalle. Un po' di peli bianchi sul petto che la eccitavano sempre quando li accarezzava. Si spogliò lentamente per far sì che la guardasse, mentre pensava che aveva voglia di sentire il suo profumo e il suo sapore presto.

La sua reazione fu veloce.

"Vieni, ti voglio."

Quello che le chiese non le dispiacque, con lui era tutto naturale. Niente era costruito o programmato, nessuna richiesta era mai offensiva.

Quando si erano conosciuti le aveva detto che erano anni che non veniva dentro una donna, non ne era capace. Forse un blocco psicologico che non aveva mai capito, ma con lei riuscì a fare anche questo.

Erano felici tutti e due quando successe. E lei sentì che si erano avvicinati ancora di più.

Come d'abitudine, parlavano sempre un po'. Ma questa volta fu diverso. Lui aveva voglia di confidarsi. Era arrivato il momento che lei non aveva mai cercato lasciando a lui la scelta dell'attimo giusto. Era molto discreta, non chiedeva mai, lasciava all'altro la possibilità di raccontare e raccontarsi se lo avesse voluto.

La sua percezione era molto sviluppata: aveva imparato a non forzare i tempi. Era ridicolo farlo, spesso una domanda di troppo non aveva ottenuto niente o una reazione che l'aveva lasciata con l'amaro in bocca.

Dicendogli che il suo carattere aveva bisogno di spazio che come tipo di uomo aveva bisogno di molto spazio, colse nel segno. Lui fu un torrente in piena parlò per più di un'ora raccontando tante cose che lei non conosceva ma che aveva intuito.

Ascoltò senza interromperlo, non era il caso di fare domande. Perchè poi? Lui le stava aprendo se stesso: le sue sensazioni i suoi sentimenti, cosa l'aveva sostenuto nella carriera e gli scogli che aveva dovuto superare, i problemi in famiglia e con i figli.

Era una donna che sapeva ascoltare.

All'improvviso lo squillo del cellulare :"E' il tuo."

(continua....)