SOLO QUELLI CHE SONO COSI' FOLLI DA PENSARE DI CAMBIARE IL MONDO, LO CAMBIANO DAVVERO (A.Einstein)

PER TUTTI
Questo blog non rappresenta una testata giornalistica poiché viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62/2001. Le immagini pubblicate sono quasi tutte tratte da Internet e quindi valutate di pubblico dominio (è consentita la libera pubblicazione attraverso la rete internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro).
Gli amministratori dichiarano di non essere responsabile per i commenti inseriti nei post.
Eventuali commenti dei lettori, lesivi dell'immagine o dell'onorabilità di persone terze non sono da attribuirsi all'autore, nemmeno se il commento viene espresso in forma anonima o criptata.
Inoltre qualsiasi racconto o storia che viene scritto non fa riferimento nè a persone nè a luoghi. É solo frutto di fantasia. La vita, la realtà purtroppo accomuna nei fatti molte persone, ma niente è riferito a qualcuno in particolare.
In fine gli amministratori si riservano il diritto di cancellare tutti i commenti che ritengono non opportuni e contro lo spirito dell'informazione, commenti quindi scritti solo per creare confusione.


per info:gold.indi@gmail.com

lunedì 22 marzo 2010

GIBRAN parte quinta (1)


"Mi chiamo Ciprian...Sì.... Ciprian!" le disse. Quel nome così all'improvviso non se l'aspettava! ecco che alla mente le si affacciò un altro nome che le aveva provocato mille e mille sensazioni... GIBRAN.

Come erano simili e nel sentirlo sussurrare lei aveva colto soltanto la similitudine. La voce era diversa gradevole molto calma. Un tipo tranquillo niente a che fare con il caos fisico dell'altro. Ma cosa stava pensando...! Quel nome le aveva ricordato troppe cose salutò in fretta e andò via.

Un nodo alla gola cominciò a farsi strada, gli occhi si inumidirono: dovette mettersi gli occhiali e fermarsi davanti ad una vetrina per far passare quel nodo alla gola.... quel ricordo. Ma non passò.

Ripensò a qualche mese prima a quei pochi episodi che erano accaduti, ma soprattutto a tutto quello che Gibran le aveva dato per riflettere.

La cosa più crudele di tutta quella storia era che non aveva mai provato dolore. Non un guizzo nella sua mente di quello che era successo. Pensava che come non mai aveva capito cose che forse in altri momenti non ci avrebbe fatto caso. La sua era la consapevolezza di chi aveva "vissuto" accanto ad una persona e, solo dopo, aveva visto quello che era sempre stato insieme e dentro di lui. Si sarebbe aspettata almeno un lampo di un pensiero doloroso, cancellato nell'attimo della sua nascita, ma non era così. Non aveva mai avuto un moto di collera nei confronti di Gibran, anzi le sembrava quasi di averlo difeso e scusato nel suo comportamento. Le faceva pena: sembrava un bambino capriccioso, ma soprattutto si rendeva conto che lui non conosceva se stesso, non si era mai guardato dentro. Aveva portato avanti per anni pensieri che a lui sembravano comandamenti e si era convinto che non potesse esserci niente di meglio. Nel momento che però era venuto in contatto con lei e con quello che era, si era frantumato il suo mondo. Il parlare molto ma poi fuggire di fronte a regole non scritte, quelle di un rapporto vero da costruire, l'aveva così terrorizzato che non c'era nessuna giustificazione per la sua fuga?

Provava una sensazione di impotenza, ma non personale, una sensazione che sentiva su di lui come uomo che non riesce ad affrontare se stesso e le sue paure ed è per questo che scappa.

A occhio e croce, a ben guardare, doveva ammettere la sua "inferiorità", la debolezza di lui. Non riusciva ad essere cattiva di fronte al suo persistente silenzio lei non aveva reagito non lo aveva cercato. Aveva rispettato la sua "decisione", se qualcuno voleva chiamarla così, di questo gioco infantile e stupido di punirla.

Si nascondeva perché lei soffrisse della sua assenza? ma così non faceva altro che confermare il suo VUOTO emotivo ed intellettuale.

Fin dal primo istante aveva pensato a lui come al protagonista del libro "Il deserto dei tartari".
Aveva più volte "visto" il suo deserto i suoi mostri la sua aridità le sue manie le sue idee ossessive. Le poche oasi che apparivano erano così rare e distanti fra loro come spazio e come tempo che scorgerne una era diventato veramente un miraggio.

Quante cose avrebbero potuto conoscere insieme, a quali traguardi meravigliosi sarebbero potuti arrivare.

INSIEME per e a costruire quel famoso "percorso" che lui tanto desiderava!

Lui non aveva dato la possibilità di provare, aveva troncato tutto prima che nascesse qualcosa.
I suoi gesti le sue parole i suoi silenzi. Continuava a non capire il suo comportamento.

Lei aveva parlato di un "noi", di stare insieme, di iniziare a discutere su cose importanti.

Ma quello che non aveva mai avuto da lui era stato il tempo.

Il tempo per conoscersi per capire per guardarsi per confrontarsi.

Fin dall'inizio lei non aveva accettato questo rapporto fatto di niente, ma alla fine aveva sofferto. Non avrebbe voluto che succedesse perché si era resa conto che nel suo VUOTO mancava la cosa più importante, quella che dovrebbe sempre essere presente in un incontro fra due persone sia nell'amore ma anche nell'amicizia.

E' il semplice verbo DONARE.


(continua...)

Nessun commento:

Posta un commento