Ciccio Cipresso, molti anni fa, era riuscito ad avere in affitto dal cavaliere Moscato, in contrada “La Monica”, sei tumuli di terra soggetti alla irrigazione benefica delle acque del fiume che scorre a pochi metri. In esso voleva far crescere dei vivai di mandorli, delle caselle di sammarinese, di lattughine fresche, di cipolle, di sedani e di tante altre verdure piacevoli del nostro ambiente.
Agricoltore operoso e instancabile, da quel terreno era riuscito a ricavarci il sostentamento suo e della sua famiglia.
I suoi due figlioli Angelo e Concetta, ormai erano passati a nozze, si erano sistemati anche loro e gli portavano i loro rampolli che si divertivano con le loro manine paffutelle a tirare la barba del nonno che rideva e li baciava appassionatamente.
Alto, quadrato, nelle sue ampie spalle, all'età di 75 anni zappava ancora, innaffiava con acqua regolarmente, ed ogni mattina, dopo aver riempito due bisacce, risaliva verso il paese portando in bottega o in piazza mercato i prodotti della terra. Viveva sempre in campagna e la domenica mattina saliva ad indossare l'abito della festa per ascoltare la Santa Messa, poi acquistava due pacchetti di trinciato forte, faceva quattro chiacchiere con i suoi coetanei in piazza, passava dal macellaio, comprava un chilo di busecca di cui era ghiotto, e ...... per quel giorno si mangiava carne ed era festa in famiglia! In tanti anni di duro lavoro quel terreno era diventato un vero giardino rigoglioso dove le ciliegie cappuccie, le nespole, le pere papali, le bifare, le noci, le arance, i gelsi bianchi e neri, scoppiavano "di salute", si ingrossavano, maturavano sotto gli occhi amorevoli di Ciccio Cipresso.
Tutti sapevano che in quel pezzo di terra la frutta non mancava mai in qualunque tempo. Era riuscito a trapiantare anche l'uva passa di Lampedusa. Tutto ciò costituiva pertanto la tentazione dei grandi e dei monelli, i quali spesso e volentieri cercavano di scavalcare il filo spinato, di aprire una breccia, lasciandovi attaccati i brandelli delle loro camiciole e rischiando di andare in galera.
Quando al governo ebbe l'idea di fabbricare la strada ferrata ed aprire proprio lì, a qualche metro di distanza dal terreno, il piazzale della stazione, nel costone della montagna, i guai di Ciccio Cipresso aumentarono, perché la gente che aspettava il treno, portandosi ai margini del piazzale, aveva, lì sotto, a un tiro di schioppo quel giardino di incanto, quell'angolo di paradiso che solleticava la gola e il ventre. Tutto ciò inchiodava il povero Ciccio notte e giorno nei suoi campi e borbottava:
- Figli di cane, la colpa non è vostra: è di quel farabutto di governo che gli è venuto in testa di far la ferrovia!
Cominciò allora ad imprecare: se tutto fosse rimasto com'era nessuno si sarebbe permesso di attentare ai prodotti del suo giardino e di farlo arrabbiare.
Acquistò allora un archibugio ad avancarica, sicuramente risalente alla battaglia di Calatafimi, ed ogni tanto, durante le notti serene lasciava scappare qualche colpo per dire alla gente malintenzionata:"Badate, qui ci sono io!", ma non ebbe mai la forza di denunciare o di sparare contro qualcuno.
- Eccellenza! Signor Maresciallo mio! Mi creda non ne posso più!- Don Ciccio che vi succede?!
- Prima che costruissero quella maledetta strada ferrata, io vivevo tranquillo nel mio vignale, perché nessuno si sognava di spingersi fino ad esso; ma oggi sono rovinato; non riesco a fermare più ne' grandi ne' piccini........e non si accontentano di mangiare a quattro ganasce, ma si riempiono lo sparato della camicia e portano tutto a casa lasciandomi con un palmo di naso. Parola d'onore, qualche volta sparo dritto e faccio venire loro qualche indigestione di lupara.... di quelle grosse.........Il Maresciallo ascoltò sorridendo lo sfogo di Ciccio Cipresso e da buon napoletano risponde:
- Guagliò.., che ti gira pe' la capa.....questa è la volta che ti faccio assaggiare le manette.
- Gesù Maria alla mia età.....!E con la mano, con profonda fede, fece la santa croce per scacciare la tentazione.
- Ma intanto come si rimedia? Me lo dica vossignoria!- Acciuffane uno, portamelo qui e la pagherà per tutti!
- É una parola eccellenza, mi ci proverò!E, più confuso che persuaso, dopo un profondo inchino, lasciò la caserma ruminando nel suo cervello chissà quali progetti.
Dopo alcuni giorni per tutto il paese si sparse come un lampo un voce che suscitò i commenti di chicchessia.
Nei caffè, nelle bettole, nei saloni si ciarlava, si commentava il fatto nuovo.
- Ma sì! te lo dico io, dieci schioppettate a dir poco…stamani all'alba!- Povero zio Ciccio..,ha fatto bene! Gli vanno a rubare la frutta...
- Ti sbagli, qui non si tratta di frutta, ma di qualcosa di più grave: anche lui è stato costretto a sloggiare dal terreno!
- La Biddina!! Capisci? La biddina…. lunga almeno dieci metri e grossa così! e nel dire ciò l'uomo forma un cerchio con le braccia
- Ma... l' hanno ammazzata?-Tu credi che quello sia un animale così stupido che si lascia accoppare facilmente?! Ma quello e' un serpente grosso, lungo che striscia tra le fratte, tra le erbe, tra le canne e fugge facilmente.
- E allora è ancora viva?!- Sicuro c'è il pericolo che salga qui in paese: è capace di ingoiare un bambino, una capra, un asino.........!
- Don Ciccio lo avete detto e lo avete fatto: che cosa e' questa faccenda delle schioppettate?
- Eccellenza qualche cosa la dovevo fare........Vossignoria mi ha aperto le braccia, e ci sono andati di mezzo un po' di polvere nera, quattro lupare, e quattro stoppacci.....
- Ma mi hanno detto che avete sparato un decina di schioppettate.
- Signor maresciallo mio, non li ho contati eravamo io e mio figlio........
- A chi avete sparato ?!- In aria, alla luna....come sempre......
-E la biddrina? -
- Eccellenza, quella è frutto della fantasia di tutti i tempi, e di tutte le epoche! Io non l'ho mai vista e nessuno in paese sa che cosa sia....
- Ma mi hanno detto che è un serpente grosso che mangia i bambini.......e' vero?
- Mi è venuta per la testa di spolverare questa leggenda e di metterla in circolazione per il paese: ho tirato qualche schioppettata per avvalorare la leggenda: sono convinto che la gente, sentendo dire che nel mio fondo c'é la biddina..... non viene a cogliere la frutta perché, credetemi, ha più paura della biddina.... che della mia lupara! Vedete.., dacché il vignale l'ho lasciato solo e l'ho abbandonato alla biddina, non c'e' stato un mascalzone che si sia permesso il lusso di cogliermi una ciliegia e finché questa favola circola.......io sono a posto!....Scusatemi quanti bambini avete?
- Quattro! Ma perché questa domanda?- risponse accigliato il maresciallo.
- Perché le ciliegie che dovevano mangiare quei mascalzoni che me le vengono a rubare, le faccio mangiare ai vostri bambini. Non vi arrabbiate.....sono buone assai! Ve ne porterò domani un panierino e vedrete che ho ragione!
S'inchinò profondamente ed uscì esclamando:
- Vostra Eccellenza mi benedica e mi sappia compatire.
- Guagliò, tu si......'na bella faccia...!!!!..
Esclamò il maresciallo ridendo di cuore.
(di GERO RINDONE da Naro)
Agricoltore operoso e instancabile, da quel terreno era riuscito a ricavarci il sostentamento suo e della sua famiglia.
I suoi due figlioli Angelo e Concetta, ormai erano passati a nozze, si erano sistemati anche loro e gli portavano i loro rampolli che si divertivano con le loro manine paffutelle a tirare la barba del nonno che rideva e li baciava appassionatamente.
Alto, quadrato, nelle sue ampie spalle, all'età di 75 anni zappava ancora, innaffiava con acqua regolarmente, ed ogni mattina, dopo aver riempito due bisacce, risaliva verso il paese portando in bottega o in piazza mercato i prodotti della terra. Viveva sempre in campagna e la domenica mattina saliva ad indossare l'abito della festa per ascoltare la Santa Messa, poi acquistava due pacchetti di trinciato forte, faceva quattro chiacchiere con i suoi coetanei in piazza, passava dal macellaio, comprava un chilo di busecca di cui era ghiotto, e ...... per quel giorno si mangiava carne ed era festa in famiglia! In tanti anni di duro lavoro quel terreno era diventato un vero giardino rigoglioso dove le ciliegie cappuccie, le nespole, le pere papali, le bifare, le noci, le arance, i gelsi bianchi e neri, scoppiavano "di salute", si ingrossavano, maturavano sotto gli occhi amorevoli di Ciccio Cipresso.
Tutti sapevano che in quel pezzo di terra la frutta non mancava mai in qualunque tempo. Era riuscito a trapiantare anche l'uva passa di Lampedusa. Tutto ciò costituiva pertanto la tentazione dei grandi e dei monelli, i quali spesso e volentieri cercavano di scavalcare il filo spinato, di aprire una breccia, lasciandovi attaccati i brandelli delle loro camiciole e rischiando di andare in galera.
Quando al governo ebbe l'idea di fabbricare la strada ferrata ed aprire proprio lì, a qualche metro di distanza dal terreno, il piazzale della stazione, nel costone della montagna, i guai di Ciccio Cipresso aumentarono, perché la gente che aspettava il treno, portandosi ai margini del piazzale, aveva, lì sotto, a un tiro di schioppo quel giardino di incanto, quell'angolo di paradiso che solleticava la gola e il ventre. Tutto ciò inchiodava il povero Ciccio notte e giorno nei suoi campi e borbottava:
- Figli di cane, la colpa non è vostra: è di quel farabutto di governo che gli è venuto in testa di far la ferrovia!
Cominciò allora ad imprecare: se tutto fosse rimasto com'era nessuno si sarebbe permesso di attentare ai prodotti del suo giardino e di farlo arrabbiare.
Acquistò allora un archibugio ad avancarica, sicuramente risalente alla battaglia di Calatafimi, ed ogni tanto, durante le notti serene lasciava scappare qualche colpo per dire alla gente malintenzionata:"Badate, qui ci sono io!", ma non ebbe mai la forza di denunciare o di sparare contro qualcuno.
- Eccellenza! Signor Maresciallo mio! Mi creda non ne posso più!- Don Ciccio che vi succede?!
- Prima che costruissero quella maledetta strada ferrata, io vivevo tranquillo nel mio vignale, perché nessuno si sognava di spingersi fino ad esso; ma oggi sono rovinato; non riesco a fermare più ne' grandi ne' piccini........e non si accontentano di mangiare a quattro ganasce, ma si riempiono lo sparato della camicia e portano tutto a casa lasciandomi con un palmo di naso. Parola d'onore, qualche volta sparo dritto e faccio venire loro qualche indigestione di lupara.... di quelle grosse.........Il Maresciallo ascoltò sorridendo lo sfogo di Ciccio Cipresso e da buon napoletano risponde:
- Guagliò.., che ti gira pe' la capa.....questa è la volta che ti faccio assaggiare le manette.
- Gesù Maria alla mia età.....!E con la mano, con profonda fede, fece la santa croce per scacciare la tentazione.
- Ma intanto come si rimedia? Me lo dica vossignoria!- Acciuffane uno, portamelo qui e la pagherà per tutti!
- É una parola eccellenza, mi ci proverò!E, più confuso che persuaso, dopo un profondo inchino, lasciò la caserma ruminando nel suo cervello chissà quali progetti.
Dopo alcuni giorni per tutto il paese si sparse come un lampo un voce che suscitò i commenti di chicchessia.
Nei caffè, nelle bettole, nei saloni si ciarlava, si commentava il fatto nuovo.
- Ma sì! te lo dico io, dieci schioppettate a dir poco…stamani all'alba!- Povero zio Ciccio..,ha fatto bene! Gli vanno a rubare la frutta...
- Ti sbagli, qui non si tratta di frutta, ma di qualcosa di più grave: anche lui è stato costretto a sloggiare dal terreno!
- La Biddina!! Capisci? La biddina…. lunga almeno dieci metri e grossa così! e nel dire ciò l'uomo forma un cerchio con le braccia
- Ma... l' hanno ammazzata?-Tu credi che quello sia un animale così stupido che si lascia accoppare facilmente?! Ma quello e' un serpente grosso, lungo che striscia tra le fratte, tra le erbe, tra le canne e fugge facilmente.
- E allora è ancora viva?!- Sicuro c'è il pericolo che salga qui in paese: è capace di ingoiare un bambino, una capra, un asino.........!
- Don Ciccio lo avete detto e lo avete fatto: che cosa e' questa faccenda delle schioppettate?
- Eccellenza qualche cosa la dovevo fare........Vossignoria mi ha aperto le braccia, e ci sono andati di mezzo un po' di polvere nera, quattro lupare, e quattro stoppacci.....
- Ma mi hanno detto che avete sparato un decina di schioppettate.
- Signor maresciallo mio, non li ho contati eravamo io e mio figlio........
- A chi avete sparato ?!- In aria, alla luna....come sempre......
-E la biddrina? -
- Eccellenza, quella è frutto della fantasia di tutti i tempi, e di tutte le epoche! Io non l'ho mai vista e nessuno in paese sa che cosa sia....
- Ma mi hanno detto che è un serpente grosso che mangia i bambini.......e' vero?
- Mi è venuta per la testa di spolverare questa leggenda e di metterla in circolazione per il paese: ho tirato qualche schioppettata per avvalorare la leggenda: sono convinto che la gente, sentendo dire che nel mio fondo c'é la biddina..... non viene a cogliere la frutta perché, credetemi, ha più paura della biddina.... che della mia lupara! Vedete.., dacché il vignale l'ho lasciato solo e l'ho abbandonato alla biddina, non c'e' stato un mascalzone che si sia permesso il lusso di cogliermi una ciliegia e finché questa favola circola.......io sono a posto!....Scusatemi quanti bambini avete?
- Quattro! Ma perché questa domanda?- risponse accigliato il maresciallo.
- Perché le ciliegie che dovevano mangiare quei mascalzoni che me le vengono a rubare, le faccio mangiare ai vostri bambini. Non vi arrabbiate.....sono buone assai! Ve ne porterò domani un panierino e vedrete che ho ragione!
S'inchinò profondamente ed uscì esclamando:
- Vostra Eccellenza mi benedica e mi sappia compatire.
- Guagliò, tu si......'na bella faccia...!!!!..
Esclamò il maresciallo ridendo di cuore.
(di GERO RINDONE da Naro)
Rivisto e corretto da Antichirimedi.
Il racconto mi è stato mandato gentilmente dal dott. Lillo Novella, funzionario dei Beni Culturali del Comune di Naro (Agrigento).
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