SOLO QUELLI CHE SONO COSI' FOLLI DA PENSARE DI CAMBIARE IL MONDO, LO CAMBIANO DAVVERO (A.Einstein)

PER TUTTI
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venerdì 5 marzo 2010

GIBRAN terza parte (3)


(continua....)

Ma soprattutto cosa voleva dire? Sì, era vero, lei aveva bisogno di mettere le sue "tesserine" al posto giusto e in quella confusione non ci riusciva e per questo era rimasta semplicemente ad osservare.

Tra le tante aveva un'espressione frequente:"Ho scopato tanto!" E a cosa gli era servito? dove lo aveva portato? Era solo: nessuna donna accanto a lui! da anni. Ogni volta che lo diceva si riempiva la bocca si compiaceva e di che cosa? A lei non interessava e se era la strada per sapere che rapporti aveva avuto lei, non era questo il modo. Non gli avrebbe mai raccontato niente. Era gelosa della sua intimità. Sia che gli uomini avuti le avessero lasciato un buon ricordo sia che fosse stato interrotto tutto bruscamente. Quello che era visibile non era importante per lei. Solo quando si chiudeva allora c'era qualcosa che la interessava veramente. Di fronte alla sua espressione lei non sapeva quantificare: 100-1000-10.000... quanti?
Così tanti che si era stufato o così pochi che non c'era nessuna giustificazione per questo stare lontano da lei e a non voler rapporti fisici insieme? Se lei non avesse chiuso, quanto tempo pensava di andare avanti? Mille domande e come spesso succede nessuna risposta...
Non cercava più una spiegazione al suo comportamento, ormai aveva detto basta e non sarebbe tornata indietro. Voleva invece capire perchè non era scattata dentro il suo cuore la scintilla per iniziare e costruire un rapporto.
Le davano fastidio alcune cose, non riusciva a superarle. Alla fine l'insieme poi era ben delineato.
Aveva cercato di fargli capire che detestava rimanere da sola. Cioè se non aveva un uomo la condizione era normale e il tempo a disposizione lo impiegava a fare tante cose che le piacevano. Ma se nella realtà c'era la presenza di qualcuno, anche se lontano, allora voleva e desiderava incontrarlo: non chiedeva molto anche solo una volta al mese.
Ma con Gibran questo non era successo.
"Facciamo finire Gennaio, è uno dei due mesi terribili che ho nel lavoro poi tutto si aggiusta e starò con te più che posso!" ancora parole. Febbraio stava passando e lui non si era mai fatto vivo fisicamente per darle un bacio.
Ogni giorno trascorso con lui... l'inizio il primo rapporto il secondo la decisione che tutto sarebbe stato meraviglioso, la speranza che poteva cominciare una storia nuova..... sembravano cose superate. Ogni volta si era illusa di aver messo la parola fine al suo "isolamento" e di aver imboccato il sentiero per la felicità. Quante illusioni! Con Gibran con il giornalista con... basta! ognuno di loro con il tempo l'aveva fatta allontanare. Dopo i primi momenti di euforia iniziavano i primi ripensamenti le prime affermazioni che la lasciavano allibita.
Quante volte aveva chiuso la porta di una camera da letto con la testa piena di pensieri che si accavallavano? Più cercava di capire mettersi in condizioni di andare avanti senza problemi e più la volta dopo c'era qualcosa di cui discutere.
Solo con il suo " vecchietto" non era stato così. Ma il loro non era amore: solo reciproco rispetto e un meraviglioso modo di passare il tempo. Non si erano poi lasciati mai definitivamente: si sentivano spesso e spesso c'era la solita frase che li univa: "Mi manchi."
Ma ecco all'ultima sua richiesta di contatto Gibran aveva risposto.
Solo amore nelle sue parole e una tacita richiesta di essere perdonato e continuare a stare insieme e non lasciarsi più. La testa le girava non capiva, fino a un secondo prima le sembrava di essere così decisa sicura e adesso? Stava tornando sui suoi passi anche lei.... voleva continuare, ma ..... cominciò a pensare a quanto sarebbe durata. Che figura avrebbe fatto anche questa volta se il capitolo sembrava chiuso e invece poco dopo si riapriva ancora ? sarebbero ritornati a letto insieme, tutto meraviglioso e poi.... finito tutto un'altra volta? quanto sarebbe durata questa storia tra alti e bassi? Se qualcuno li avesse osservati l'avrebbe presa per pazza, per un'instabile con tutti questi dubbi.Questa storia, quelle che contemporaneamente si erano accavallate.... ognuna sembrava iniziare meravigliosamente e poi si concludeva. Quanti periodi illusori e quanti deludenti doveva ancora superare? meno male che solo lei viveva tutto alla luce del sole senza che nessuno si accorgesse dei suoi stati d'animo.
Decise di aprire una nuova possibilità per tutti e due. Avrebbe cercato di non riempirsi la testa di domande ed esitazioni. Un capitolo nuovo tutto da scrivere tutto da vivere ed affrontare. Non avrebbe provato a sistemare le sue "tesserine" o di capire fino all'inverosimile ogni cosa.
Sperava solo che non fosse un'illusione: in fondo sentiva che lui meritava molto di più, che doveva solo riabituarsi alle regole tacite di un rapporto a due. Aveva pazienza aveva tempo.
Pensò che avrebbbe provato a vivere su un binario con scambi frequenti di direzione: sentiva che con lui sarebbe stato così. Non avrebbe forzato niente, ma non avrebbe nemmeno accettato passivamente tutto e per sempre. Voleva provare: con il tempo le incertezze sarebbero sparite. Almeno lo sperava!
Anche questa volta Gibran, il poeta le venne in aiuto:

"In un campo ho veduto una ghianda:
sembrava così morta, inutile.
E in primavera ho visto quella ghianda
mettere radici e innalzarsi,
giovane quercia verso il sole.
Un miracolo, potresti dire:
eppure questo miracolo si produce
mille migliaia di volte
nel sonno di ogni autunno
e nella passione di ogni primavera.
Perchè non dovrebbe prodursi
nel cuore dell'uomo?"

(Kahlil Gibran)

In Ricordo

Il 5 Marzo del 1910 a Pescara nasceva un uomo con i piedi fortemente poggiati sulle nuvole.
Ennio Flaiano
«Una volta credevo che il contrario di una verità fosse l'errore e il contrario di un errore fosse la verità. Oggi una verità può avere per contrario un'altra verità altrettanto valida, e l'errore un altro errore.»«Il peggio che può capitare a un genio è di essere compreso.»

«Afflitto da un complesso di parità. Non si sente inferiore a nessuno.»

«Ormai non desidero che ciò che mi offrono ripetutamente.»

mercoledì 3 marzo 2010

GIBRAN terza parte (2)


(continua....)

Ogni volta che non si era presentato, lei aveva affrontato tutto con calma, non ne era rimasta delusa come se se lo aspettasse

I rapporti che aveva con gli uomini adesso erano vissuti in maniera diversa. Ognuno di loro rimaneva in lei un po'. Una parte dei suoi pensieri era fatta di un puzzle che non le apparteneva, ma faceva parte del suo io. Non aveva assorbito nessuna idea con cui era venuta in contatto, ma ognuno di loro aveva irrimediabilmente decretato la sua crescita. Quando si lasciavano, quando la porta della camera veniva chiusa anche lei cessava ogni contatto. Pensava agli ultimi uomini che aveva avuto: il "vecchietto", così pragmatico così dolce. Il chirurgo che cercava emozioni, ma poi alla fine non riusciva a lasciarsi andare e rimaneva segregato nei soliti schemi sessuali. Il giornalista, una bellissima storia vissuta intensamente, ma che l'aveva stancata. La gelosia, l'assillo morboso delle telefonate, il dover sempre spiegare tutto e dov'era e con chi e cosa stava facendo o dicendo. Perchè? Non faceva niente di male, viveva la sua vita, voleva e doveva per se stessa avere contatti con molte persone, non sarebbe riuscita a stare isolata. Ma non per questo con ognuno di loro doveva esserci per forza una "storia".
Gibran.... aveva fatto parte anche lui della sua "conoscenza": si erano incontrati, ma come compagni di viaggio non andavano bene. Almeno se lui le avesse fatto capire o intuire soprattutto cosa cercava o si aspettava da lei. Si era stancata degli uomini saccenti che sanno tutto e pretendono che la donna che hanno accanto "sappia" cosa vogliono. Non era un'indovina e non voleva "studiare" per diventarlo. Desiderava solo semplicità, ma non riusciva a trovarla.
Ricordava di aver letto "Chi è stato torturato, rimane torturato": un filosofo! forse Jean Améry, ma non era sicura. La frase era rimasta scolpita dentro di lei. Aveva sempre pensato che le esperienze avute segnano indissolubilmente la vita di ognuno. Si chiama "esperienza" perchè è fatta di cose belle e brutte, ma chissà come nella vita il brutto viene ricordato di più e forma il carattere e il comportamento. Avrebbe voluto essere diversa. Sentiva dentro di sè un mondo di amore, voleva tranquillità, ma con gli altri si comportava in maniera indifferente e cinica. Aveva paura che se si fosse lasciata andare sarebbe stata calpestata ancora. Non voleva dare più a nessuno la possibilità di farlo.
Gibran! il poeta. Aveva comprato le sue opere in inglese, aveva ricominciato a rileggerlo per capire se nella lingua originale le note della musicalità e della poesia che l'avevano fatta "innamorare" erano diverse. Si chiedeva come aveva potuto prendere un abbaglio così grosso. Come aveva potuto pensare che solo perchè un qualsiasi uomo conosceva qualche rigo di una poema potesse "cantare" come un angelo. Le parole, le poesie che lui le aveva scritto non avevano mai suscitato in lei alcuna emozione. Quando le aveva detto che aveva avuto altri rapporti si era chiesta che tipo di donne fossero. Parlava parlava parlava solo lui e dava l'impressione che si compiacesse ad ascoltarsi. Molte cose che aveva detto l'avevano fatta riflettere... "Ma come può uno vivere nel mondo e parlare così!...le donne che ha avuto sono rimaste "fulminate" da queste parole, ma hanno intuito qualcosa? Che tipo di cultura possono avere, saranno riuscite a penetrare nell'animo dei suoi discorsi?" pensava che fossero così ignoranti che davanti ad un buon parlatore si sarebbero calate gli slip sempre. Non capivano sicuramente cosa diceva con quel linguaggio strano che usava: le aveva affogate di parole! e quindi a bocca aperta erano rimaste lì davanti a lui completamente rincitrullite! buttandosi poi tra le sue braccia come fosse l'uomo migliore che poteva capitare loro nella vita.
Ma perchè lei non la pensava così? Fin dal primo momento lo aveva guardato, aveva cominciato a farsi domande a chiedersi cosa significavano tutti quei discorsi che faceva da solo come se davanti a lui non ci fosse nessuno. Ma soprattutto cosa voleva dire? Sì, era vero, lei aveva bisogno di mettere le sue "tesserine" al posto giusto e in quella confusione non ci riusciva e per questo era rimasta semplicemente ad osservare.

(continua....)

lunedì 1 marzo 2010

INVITIAMO A PRANZO INDI


°°°°°°°°°°°°°
- BORDEAUX ROUGE MONOPOLE 2006
- Scaloppa di foie-gras alle lenticchie e sedano fondente

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- BORDEAUX SUPERIEUR CHATEAU DE RICAUD 2005
- Zuppa fredda di fagioli bianchi e capesante croccanti in gelatina di bordeaux

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- POMEROL CLOSERIE MAZEYRES 2005
- Trancio di spada su fine ratatouille con vinaigrette di pepe verde
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- HAUT-MEDOC GRAND CLASSE CHATEAU BELGRAVE 2003
- Trancio di vitello caramellato con patate bolangere
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domenica 28 febbraio 2010

GIBRAN terza parte (1)


Cercò di riprendere un piccolo contatto con Gibran. Ma lui si nascondeva. Non rispondeva nè agli sms nè alle emails che lei mandava. Non era un ripensamento, non voleva ritornare sulle sue decisioni: avrebbe solo voluto chiarire alcune cose. Pensava che era stata troppo veloce questa chiusura da parte sua. Non aveva voluto sapere nessuna spiegazione. Il suo ostinato mutismo era l'atteggiamento più infantile che potesse avere. Lei gli aveva detto che era un uomo VUOTO, ma avrebbe voluto dirgli perchè lo pensava. Si era offeso: le aveva risposto che se lei non poteva delineare i suoi confini o se le cose non erano come voleva non andava bene niente. Forse era vero: voleva capire qualcosa di più, ma non c'era riuscita.
Il "percorso", il famoso percorso che lui voleva creare insieme a lei era rimasto solo nella sua mente. La strada da tracciare va costruita: inizia in un punto e poi va studiata, preparato il terreno, spesso si incontrano imprevisti e si cerca di risolverli..... INSIEME.
Lei non era stata coinvolta in questo progetto, ne aveva solo sentito parlare: lui lo diceva spesso negli ultimi giorni ma non spiegava come avrebbero dovuto comportarsi. Si aspettava qualcosa da lei, ma non faceva intravedere l'inizio da cui partire. Sembrava che lui avesse in mente un disegno preciso che andava seguito alla lettera e lei invece aveva cominciato a vedere delle trappole: buche in cui sarebbe inciampata, non voleva commettere errori e per un nonnulla perdere tutto. Preferiva non iniziare per non sentirsi cieca, al buio. Era meglio lasciar stare: non voleva passare ogni minuto di ogni giorno a chiedersi se stava sbagliando e se era quello che avrebbe dovuto dire o fare.
Aveva affermato in maniera categorica delle cose che a lei non erano piaciute: non intendeva cominciare e portare avanti nessuna relazione con quelle premesse "...anche questo rapporto come tutti gli altri avrà un inizio e una fine....",".... non pensare che io faccio 70 km per vedere te !..."
Niente è eterno, ma partire subito dicendo che tutto sarebbe finito, perchè dovevano iniziare allora? Spreco di tempo ed energie! E in che modo poi dovevano stare insieme? Adesso si stava chiedendo ancora perchè non le dispiacesse avere chiuso. Ripensava continuamente ai giorni che si erano parlati al telefono. Telefono, cellulare, computer... non importava cosa, era sempre e comunque una cosa fredda che li teneva lontani. I motivi del suo no erano tanti. Non era un giudizio, ma una semplice analisi. Non si era sentita coinvolta mai in questo rapporto. Sì, è vero aveva avuto l'illusione che lui fosse diverso. Per due volte aveva provato brividi che l'avevano accecata, ma poi, finito tutto, era l'atteggiamento di lui che ostinatamente metteva la realtà in primo piano. Ripensava ancora a quante volte le aveva detto "ti voglio" e a quante volte invece aveva voluto avere solo "rapporti" al telefono. "Sto riscoprendo me stesso, dei lati di me che avevo dimenticato o che non conoscevo." "Molto lieta!" lei pensava, ma quelle telefonate le sembravano così assurde con lui che sbuffava dall'altra parte. Parlavano di storia e sociologia e lui di là che aveva un orgasmo. Si chiedeva allora cosa aveva nella voce di così erotico ed eccitante da provocare questa sua reazione.
Gli aveva dato tutta la sua disponibilità di tempo e fisica, e si trovava ad aspettare che lui si ricordasse che le aveva promesso che si sarebbero incontrati. Per due volte lo aveva aspettato preparandosi anche mentalmente per capire più cose che poteva, per aprirsi a.... Ma invano. In serata aveva poi saputo che era andato a Napoli o a Milano, e quindi l'appuntamento che lei pensava ci fosse, che fosse così importante per tutti e due, erano state solo parole.
PAROLE! Quante ne aveva sentite nella sua vita. C'era cascata un'altra volta. La parola, pensava, non è altro che un'anomalia della specie umana, che nella sua riproduzione nella sua crescita si era creata come una mostruosità, una deformità che però aveva portato ad un'evoluzione... Era servita sicuramente ad avvicinare molto gli uomini, ma poi il genere umano si era veramente incontrato o era stato un modo per inventare sempre più scuse per allontanarsi?
Pensava a Gibran e a come per lui non fossero importanti le cose che diceva, ma soprattutto quello che le prometteva. Sembrava che aprisse bocca perchè il silenzio lo spaventava. Anche lei prima parlava molto, poi negli ultimi tempi aveva cominciato un lento cambiamento. Ascoltava. Le piaceva ascoltare, e adesso parlava meno. Alcune volte cercava frasi che producessero un effetto in chi aveva davanti e aspettava la reazione. Non erano banalità. Ogni giorno si rendeva conto che le sue letture portavano frutti. Soprattutto a se stessa. Non si era mai sentita così bene. Invece lui non ascoltava nemmeno le sue parole!
Soprattutto quella frase....., ma che rapporto si sarebbe creato fra loro senza mai vedersi, senza un contatto fisico, senza mai nemmeno il piacere di una passeggiata insieme, una chiaccherata guardandosi negli occhi? Cosa facevano? stavano al telefono lui in auto che guidava e magari lei con il cellulare all'orecchio in cucina metteva la pentola per cuocere la pasta oppure condiva l'insalata per la cena? Conosceva altre persone, ma con loro non c'era niente e non avevano parlato di amore. Quindi andava bene un contatto così a distanza anomalo e indifferente. Perchè con lui doveva creare un rapporto emotivo e viverlo via etere? Era veramente un'assurdità! Cosa c'era che lo spaventava tanto? Ogni volta che non si era presentato, lei aveva affrontato tutto con calma, non ne era rimasta delusa come se se lo aspettasse.
(continua....)

giovedì 25 febbraio 2010

LA BIDDINA (BIDDRINA)


Ciccio Cipresso, molti anni fa, era riuscito ad avere in affitto dal cavaliere Moscato, in contrada “La Monica”, sei tumuli di terra soggetti alla irrigazione benefica delle acque del fiume che scorre a pochi metri. In esso voleva far crescere dei vivai di mandorli, delle caselle di sammarinese, di lattughine fresche, di cipolle, di sedani e di tante altre verdure piacevoli del nostro ambiente.
Agricoltore operoso e instancabile, da quel terreno era riuscito a ricavarci il sostentamento suo e della sua famiglia.
I suoi due figlioli Angelo e Concetta, ormai erano passati a nozze, si erano sistemati anche loro e gli portavano i loro rampolli che si divertivano con le loro manine paffutelle a tirare la barba del nonno che rideva e li baciava appassionatamente.
Alto, quadrato, nelle sue ampie spalle, all'età di 75 anni zappava ancora, innaffiava con acqua regolarmente, ed ogni mattina, dopo aver riempito due bisacce, risaliva verso il paese portando in bottega o in piazza mercato i prodotti della terra. Viveva sempre in campagna e la domenica mattina saliva ad indossare l'abito della festa per ascoltare la Santa Messa, poi acquistava due pacchetti di trinciato forte, faceva quattro chiacchiere con i suoi coetanei in piazza, passava dal macellaio, comprava un chilo di busecca di cui era ghiotto, e ...... per quel giorno si mangiava carne ed era festa in famiglia! In tanti anni di duro lavoro quel terreno era diventato un vero giardino rigoglioso dove le ciliegie cappuccie, le nespole, le pere papali, le bifare, le noci, le arance, i gelsi bianchi e neri, scoppiavano "di salute", si ingrossavano, maturavano sotto gli occhi amorevoli di Ciccio Cipresso.
Tutti sapevano che in quel pezzo di terra la frutta non mancava mai in qualunque tempo. Era riuscito a trapiantare anche l'uva passa di Lampedusa. Tutto ciò costituiva pertanto la tentazione dei grandi e dei monelli, i quali spesso e volentieri cercavano di scavalcare il filo spinato, di aprire una breccia, lasciandovi attaccati i brandelli delle loro camiciole e rischiando di andare in galera.
Quando al governo ebbe l'idea di fabbricare la strada ferrata ed aprire proprio lì, a qualche metro di distanza dal terreno, il piazzale della stazione, nel costone della montagna, i guai di Ciccio Cipresso aumentarono, perché la gente che aspettava il treno, portandosi ai margini del piazzale, aveva, lì sotto, a un tiro di schioppo quel giardino di incanto, quell'angolo di paradiso che solleticava la gola e il ventre. Tutto ciò inchiodava il povero Ciccio notte e giorno nei suoi campi e borbottava:
- Figli di cane, la colpa non è vostra: è di quel farabutto di governo che gli è venuto in testa di far la ferrovia!
Cominciò allora ad imprecare: se tutto fosse rimasto com'era nessuno si sarebbe permesso di attentare ai prodotti del suo giardino e di farlo arrabbiare.
Acquistò allora un archibugio ad avancarica, sicuramente risalente alla battaglia di Calatafimi, ed ogni tanto, durante le notti serene lasciava scappare qualche colpo per dire alla gente malintenzionata:"Badate, qui ci sono io!", ma non ebbe mai la forza di denunciare o di sparare contro qualcuno.
- Eccellenza! Signor Maresciallo mio! Mi creda non ne posso più!- Don Ciccio che vi succede?!
- Prima che costruissero quella maledetta strada ferrata, io vivevo tranquillo nel mio vignale, perché nessuno si sognava di spingersi fino ad esso; ma oggi sono rovinato; non riesco a fermare più ne' grandi ne' piccini........e non si accontentano di mangiare a quattro ganasce, ma si riempiono lo sparato della camicia e portano tutto a casa lasciandomi con un palmo di naso. Parola d'onore, qualche volta sparo dritto e faccio venire loro qualche indigestione di lupara.... di quelle grosse.........Il Maresciallo ascoltò sorridendo lo sfogo di Ciccio Cipresso e da buon napoletano risponde:
- Guagliò.., che ti gira pe' la capa.....questa è la volta che ti faccio assaggiare le manette.
- Gesù Maria alla mia età.....!E con la mano, con profonda fede, fece la santa croce per scacciare la tentazione.
- Ma intanto come si rimedia? Me lo dica vossignoria!- Acciuffane uno, portamelo qui e la pagherà per tutti!
- É una parola eccellenza, mi ci proverò!E, più confuso che persuaso, dopo un profondo inchino, lasciò la caserma ruminando nel suo cervello chissà quali progetti.
Dopo alcuni giorni per tutto il paese si sparse come un lampo un voce che suscitò i commenti di chicchessia.
Nei caffè, nelle bettole, nei saloni si ciarlava, si commentava il fatto nuovo.
- Ma sì! te lo dico io, dieci schioppettate a dir poco…stamani all'alba!- Povero zio Ciccio..,ha fatto bene! Gli vanno a rubare la frutta...
- Ti sbagli, qui non si tratta di frutta, ma di qualcosa di più grave: anche lui è stato costretto a sloggiare dal terreno!
- La Biddina!! Capisci? La biddina…. lunga almeno dieci metri e grossa così! e nel dire ciò l'uomo forma un cerchio con le braccia
- Ma... l' hanno ammazzata?-Tu credi che quello sia un animale così stupido che si lascia accoppare facilmente?! Ma quello e' un serpente grosso, lungo che striscia tra le fratte, tra le erbe, tra le canne e fugge facilmente.
- E allora è ancora viva?!- Sicuro c'è il pericolo che salga qui in paese: è capace di ingoiare un bambino, una capra, un asino.........!
- Don Ciccio lo avete detto e lo avete fatto: che cosa e' questa faccenda delle schioppettate?
- Eccellenza qualche cosa la dovevo fare........Vossignoria mi ha aperto le braccia, e ci sono andati di mezzo un po' di polvere nera, quattro lupare, e quattro stoppacci.....
- Ma mi hanno detto che avete sparato un decina di schioppettate.
- Signor maresciallo mio, non li ho contati eravamo io e mio figlio........
- A chi avete sparato ?!- In aria, alla luna....come sempre......
-E la biddrina? -
- Eccellenza, quella è frutto della fantasia di tutti i tempi, e di tutte le epoche! Io non l'ho mai vista e nessuno in paese sa che cosa sia....
- Ma mi hanno detto che è un serpente grosso che mangia i bambini.......e' vero?
- Mi è venuta per la testa di spolverare questa leggenda e di metterla in circolazione per il paese: ho tirato qualche schioppettata per avvalorare la leggenda: sono convinto che la gente, sentendo dire che nel mio fondo c'é la biddina..... non viene a cogliere la frutta perché, credetemi, ha più paura della biddina.... che della mia lupara! Vedete.., dacché il vignale l'ho lasciato solo e l'ho abbandonato alla biddina, non c'e' stato un mascalzone che si sia permesso il lusso di cogliermi una ciliegia e finché questa favola circola.......io sono a posto!....Scusatemi quanti bambini avete?
- Quattro! Ma perché questa domanda?- risponse accigliato il maresciallo.
- Perché le ciliegie che dovevano mangiare quei mascalzoni che me le vengono a rubare, le faccio mangiare ai vostri bambini. Non vi arrabbiate.....sono buone assai! Ve ne porterò domani un panierino e vedrete che ho ragione!
S'inchinò profondamente ed uscì esclamando:
- Vostra Eccellenza mi benedica e mi sappia compatire.
- Guagliò, tu si......'na bella faccia...!!!!..
Esclamò il maresciallo ridendo di cuore.

(di GERO RINDONE da Naro)

Rivisto e corretto da Antichirimedi.

Il racconto mi è stato mandato gentilmente dal dott. Lillo Novella, funzionario dei Beni Culturali del Comune di Naro (Agrigento).

mercoledì 24 febbraio 2010

Richiesta di collaborazione!


I nostri lettori avranno già capito che questo non è un blog ma solo una parte di un discorso più ambio.
Discorso di cui fanno parte anche altri blog. Quello che si occupa di salute, nutrizione, erbe ecc..
Quello che si occupa di investimenti finanziari e non ultimo un blog che si occupa delle forme. difficile da spiegare ma facile da intuire.
Durate delle ricerche mi sono imbattuto su questo documento che potete trovare on-line
www.baronebella.com/cronisto2001.doc
a pag. 18 si legge:

Tra i miti e leggende è anche da ricordare” La Biddrina” (dall’arabo grosso serpente d’acqua), che nella fantasia popolare diventa un mostro ferocissimo dagli occhi rossi e che divorava con la sua enorme bocca capretti e agnelli. Si dice che una Biddrina sarebbe stata stata uccisa a Cammuto dove esiste scolpita in una fontana la sua figura e la data dell’evento. Un’altra nella contrada Cosciu (Casa Gaetani-Saeli-Bella) negli anni 60: erano presenti all’evento i Carabinieri e il signor Saverio Santamaria. La contessina Saeli-Bella-Gaetani ordinò che il rettile fosse bruciato. Sempre nel Salso negli anni 50 furono uccisi altri due esemplari da alcuni pastori nella vallata sotto il monte Saraceno.


Ora chiedo aiuto a chi ci legge, soprattutto ai siciliani.
Potreste inviarmi la foto della fontana che è su citata?
I comuni interessati sono Naro e Campobello di Licata, entrambi in provincia di Agrigento.
L'indirizzo di posta è sempre quello:
gold.indi@gmail.com
Grazie

lunedì 22 febbraio 2010

COMINCIAMO LA SETTIMANA......


Qualcuno mi deve spiegare perchè devo essere considerata UNA DONNA DIFFICILE, se al mondo ci sono tanti imbecilli!?

Detesto la stupidità, la saccenteria, il sentirsi superiore ad un altro, credere di essere un pozzo di cultura solo perchè si è letto l'ultimo libro di Vespa, il sentirsi meglio di un altro perchè si ha l'auto più grossa o si va in vacanza in un villaggio turistico in un'isola!

E poi qualcuno, ma ce la deve mettere tutta.....vuole dirmi perchè devo cedere ad un uomo solo perchè crede di essere "il meglio del meglio"?

Il concetto di bellezza è relativo ed a me la bellezza in senso lato non piace. L'uomo bello sa di essere corteggiato, accumula solo un numero di donne come una collezione. Perchè devo far parte del "numero"?

L'abitudine ad avere tutto! Con me la perde, perchè dico immediatamente di no!

Io mi considero SOLA E UNICA.

Mi piacciono gli uomini brutti!

E di belli in giro ultimamente ne ho visti pochi, ma solo tanti "palloni gonfiati"!

Ciao buona giornata

venerdì 19 febbraio 2010

GIBRAN parte seconda (3)

(continua...)

Il pomeriggio alla stazione si salutarono con un lungo bacio. Ogni volta le sembrava che il loro distacco fosse più doloroso. Perchè?

Durante il viaggio cercò di pensare ad un rapporto più stretto con Gibran, c'era qualcosa che ancora le sfuggiva.

Continuava a dirle che lui era un tipo solitario, che aveva i suoi interessi e che sapeva come passare il tempo. Le sembrò che fosse stato lui a trascinarla in questo che a vederlo dall'alto sembrava un Maelstrom, ma all'interno era proprio calma piatta: nemmeno un'increspatura nell'acqua.

Decise di non prendersela più se non s'incontravano, voleva solo capire se a lui però dipiacesse se aveva un altro uomo.

"Vivrò la mia vita come se non ci fosse....appena prenderà una decisione ... ne parleremo meglio."

Mentre stava guardando fuori dal finestrino e cercava di leggere ..."Scusi è libero?" "Sì, prego."

Mentre toglieva la borsa alzò gli occhi e lo vide. Sorrideva, baffi chiari capelli sul biondo grigio, fisico asciutto, non molto alto forse 1,70. Pensò che le piacevano sicuramente gli uomini belli. Il tono della voce profondo, caldo con un leggero accento ma non capì subito di dove. Non molto giovane fra i cinquanta e i sessantanni. Il suo sorriso apriva paradisi.

Nel sedersi le sfiorò la mano o il braccio, non se lo ricordava più ma ebbe un fremito, come i brividi che procura un amante quando ti vede dopo tanto tempo e comincia ad accarezzarti piano dolcemente. Chiuse gli occhi: vide la sua mano sui suoi capelli, che scendeva sulle guance poi sul collo e giù fino a....

Pensò come sarebbe stato un rapporto con lui. Poi si dette della stupida! Ma come non lo conosceva nemmeno e già pensava chissà che cosa! E poi che donna era, se già aveva due uomini! Uno l'amante fisso carnale al quale non sapeva rinunciare, l'altro etereo fatto di poesia di telefonate e sms, parole che sembravano uscite dai bigliettini dei baci.

Ma i pensieri cominciarono ad affacciarsi sempre più insistentemente.

Dopo pochi minuti si misero a parlare e venne a sapere che era un giornalista. Si considerava un tipo inossidabile e a lei venne spontanea una battuta :"Ma in Italia esistono ancora gli inox?" Lui fu colpito. Per tutto il viaggio non smisero di parlare di scambiarsi opinioni di ridere e quando lei scese oh! meraviglia si fermò anche lui alla stessa stazione. Non gli aveva nemmeno chiesto dove abitava!

In un percorso di poche ore era nato tra loro qualcosa. Lui aveva tutto quello che lei desiderava.

L'affinità fra loro era tangibile, fisica e intellettuale. Una calamita li stava attirando per tenerli uniti per sempre.

Si baciarono come se uno dei due fosse appena arrivato dopo una lunga assenza.

Dov'era finito il "vecchietto".... dove Gibran?

Pensò a loro solo un attimo. Se esistono le favole, lei era appena entrata in quella più bella senza orchi nè mostri nè streghe.

Il suo cuore cominciò a battere, sulle labbra affiorò un sorriso. Stretta a lui uscì dalla stazione felice che la vita le avesse appena concesso una possibilità tutta da vivere.

Lo guardò.... No, lui non era Gibran: aveva parlato di cose semplici ma dirette al cuore. Nessun dubbio per il futuro.

Avrebbe vissuto questo nuovo amore come se fosse stato l'unico nella sua vita. Il suo intelletto era soddisfatto: aveva trovato l'oasi che stava cercando da tanto tempo, il cuore si era aperto. Lo sguardo di lui, ogni suo passo, la mano che la stringeva... la sua mano le dicevano soltanto:" Adesso che ti ho trovato.....non ti lascerò più." i dubbi e le incertezze che l'avevano bloccata che non le avevano permesso di portare avanti la storia con colui che la riempiva di poesie soltanto, non c'erano.

Pensò che Gibran era totalmente egoista, pieno di paure. Metteva regole su regole, dire cosa voleva e cosa non voleva era soltanto un fuggire dalla responsabilità di un rapporto che per crescere si nutriva di complessità, di compromessi accettazioni e rinunce.

No, Gibran non avrebbe mai saputo come lei avrebbe potuto amarlo, come gli si sarebbe concessa senza limiti nè tabù.

Si ricordò alcuni versi del suo poeta preferito:

" L’amore non dà nulla se non sè stesso,
non coglie nulla se non da sè stesso:
L’amore non possiede né è posseduto:
l’amore basta all’amore."
(Kahlil Gibran)

mercoledì 17 febbraio 2010

GIBRAN parte seconda (2)

(continua...)

All'improvviso lo squillo del cellulare :"E' il tuo."

"Pronto.." era Gibran. Le scocciava quella telefonata! Non voleva rispondere. Avrebbe dovuto mentire a tutti e due.

Questa doppia relazione non le dava fastidio, si sentiva pulita.

Sarebbe stato il suo segreto, le sembrava così naturale poter in futuro andare avanti alternandosi fra loro. Due uomini: città diverse, tempi diversi, lavori che le avrebbero permesso di portare avanti tutto fino a quando avesse voluto.

Ma perchè così velocemente aveva lasciato il suo primo amante?

Riusciva a riempire la giornata con questo incontro. La meravigliosa sensazione che le lasciava le bastava per un po'. Poi ricominciavano subito a ricercarsi. E' vero fisicamente non era mai stato travolgente come Gibran, solo un ottimo amante, ma forse era il suo Io interiore che veniva appagato e ne usciva fuori soddisfatta.

Gibran? Era ricaduta nuovamente nei dubbi dei primi giorni. Non si incontravano mai. Il lavoro di lui lo portava lontano, ma quando lei gli aveva proposto anzi no gli aveva chiesto di cercare un posto tranquillo dove stare qualche ora insieme lui le aveva risposto con un rifiuto. Le bastava anche l'angolo del tavolino come le altre volte. Si sentì offesa. Avrebbe voluto più spazio più tempo, ma sembrava che lui rifuggisse un incontro più lungo. Diceva che voleva stare con lei tanto tempo poi mentre parlava riduceva le ore.... un giorno, una mattina, tra un incontro di lavoro e l'altro. Inizialmente aveva cercato di organizzare una giornata se lui le avesse detto di sì, poi aveva smesso: aveva capito che non ci sarebbe mai stata. C'era in lui un blocco, ma ancora non riusciva a capire quale o forse non aveva voglia di capirlo. Si era chiesta come aveva portato avanti altri rapporti che aveva avuto, se si era comportato anche con le altre così e se avevano accettato stando zitte.

Ecco perchè lei era tornata indietro nelle sue posizioni iniziali. Si era nuovamente "seduta".

Non si sentiva uno spettatore, questo ruolo è rivestito da chi partecipa alla storia: piange e ride a seconda delle battute, in questo caso era un osservatore. Guardava da lontano cosa succedeva senza emozioni. Si era chiusa nuovamente.

Quando gli aveva scritto:"E' troppo presto per dirti ti amo ?"

La risposta di lui fu:"L'amore è una scelta."

Nel sentirlo ebbe un piccolo tremito, molto piccolo, durò solo un attimo ma rimase impresso.

Prese la solita "bilancia" e cominciò a paragonare i due uomini.

Non avrebbe voluto farlo, ma Gibran la costringeva ancora una volta.

Il suo modo di fare era molto distante, anche se l'enfasi che metteva quando parlava con lei poteva far pensare che stesse costruendo un luogo paradisiaco per il loro amore, chissà perchè la lasciava sempre indifferente.

Non riusciva a vedere la porta per entrare.

Era un bell'uomo le piaceva, le aveva dato sensazioni che non aveva mai avuto, aveva sentito parole che l'avevano fatta vibrare, ma.....

Quella comunione intellettuale che cercava, che era diventata importante per lei .... NON C'ERA.

Più ci pensava e più la realtà era questa.

Con il suo "vecchietto" quasi riusciva ad anticipare le parole che avrebbe sentito. Il suo cervello era aperto, attento a carpire le sue frasi. Niente era banale o scontato. Le loro discussioni erano uno scambio di idee vivo e costruttivo, non importava di cosa parlassero: a tutti e due piaceva come si ponevano davanti alle critiche. Sui libri avevano idee comuni, per il teatro e la musica i gusti erano identici.

Solo che non parlavano mai d'amore. Non ne sentivano il bisogno, il loro era un rapporto fatto di rispetto, sicuramente in qualche angolino nascosto c'era anche un sentimento che li teneva uniti, ma non lo confessavano per paura forse che le parole potessero sciupare la loro complicità.

Invece Gibran più parlava e meno lei capiva cosa volesse dire, sembrava sempre che ripetesse una pagina di qualche testo universitario che stava studiando. Non sentiva nelle sue parole niente di personale o forse non era capace di comunicare cosa aveva elaborato. Non discuteva mai, non cercava uno scambio. Questo la infastidiva. Come avrebbero potuto conoscersi se non parlavano?

Le ripeteva spesso :"Mi piaci mi piaci mi piaci..."

Lei lo aveva interpretato inizialmente come un invito a stare insieme, ma quest'incontro non avveniva.

Ritornò alla telefonata:"Sei ancora fuori per lavoro? Quando torni?"

Rimase sola in camera, l'amante andò in bagno con la scusa di fumare una sigaretta.

Fu un gesto carino, ma lei non desiderava che lui pensasse che voleva rimanere sola per dire chissà cosa.

Chiuse velocemente e aprì la porta..."Mi mancavi, voglio un bacio."

Gli spiegò chi era che aveva telefonato e che avrebbe voluto studiare con lei per laurearsi in psicologia. Si misero a ridere.

In camera a letto lui le toccò delicatamente i capelli accompagnando la testa verso il basso."C'è "qualcuno" che ha bisogno di te!"

Il pomeriggio alla stazione si salutarono con un lungo bacio. Ogni volta le sembrava che il loro distacco fosse più doloroso. Perchè?

(continua...)