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(continua....)Telefonò al suo "vecchietto"..... "
Vorrei vederti, se puoi."Si incontrarono al solito posto, solito albergo. Questa volta la camera  la 105 era di un livello superiore. Quando entrò rimase a bocca aperta.  Era bellissima: color crema e giallo oro: delicato sia il rivestimeno del  letto e dei mobili, così anche la tappezzeria alle pareti e le tende.  In un angolo un televisore enorme: all'ora di pranzo sicuramente  avrebbero visto il telegiornale: lui non lasciava mai passare l'ora  senza sentire le notizie che poi avrebbero commentato insieme come  d'abitudine. Anche le altre volte le camere dove erano stati alloggiati  erano molto belle, ma questa le superava tutte. Si sentì al settimo  cielo. Non avevano problemi di soldi e non avevano mai risparmiato ma  entrando in quella camera dopo tanto che non si vedevano le sembrò di  essere una regina. La baciò prendendole il viso fra le mani. I vestiti  finirono presto sul divano o sulle poltrone. Le vennero in mente le  coppie che in viaggio di nozze cercano di passare dei giorni  indimenticabili con piccoli lussi ed extra per rendere tutto più  romantico. A lei dispiacque però il prezzo più alto del solito. Non si  vedevano da un mese circa e non ci furono attimi per riflettere. In  camera fu tutto meraviglioso, un crescendo. E lui le dimostrò quanto lei  era importante.
Pensò a quanto stupidamente aveva preso in  considerazione un rapporto con Gibran.
Il suo amante non aveva mai  parlato fuori luogo: ogni parola era sempre stata un fatto, carica di  sensazioni, significati ed emozioni.
Esisteva un attaccamento  particolare: ma continuava a non chiamarlo amore. Era solo un uomo  pragmatico concreto nel suo offrirsi. Era realtà, una realtà che lei non  chiedeva ma che le veniva data così semplicemente.
Quei pochi minuti  invece che lei aveva trascorso con Gibran non erano nemmeno un  tradimento, non esistevano e basta. Spesso dopo essere stati insieme si  era chiesta se li aveva vissuti veramente. Non un attimo per capire non  un istante da memorizzare solo un soffio di vento fra l'entrata e  l'uscita. La fretta era solo questo che lei ricordava. Nessun sapore  nessun odore nemmeno le mani di lui che la spogliavano. Come poteva  essere successo che non le era rimasta addosso nessuna sensazione?
Continuava  a chiedersi che uomo fosse.
Decise di chiudere. Non le aveva mai  dato niente in sentimenti in tempo ma soprattutto nessuna emozione. Il  suo 
ego era egoismo puro: pensava solo a se stesso, a  soddisfare i propri bisogni nel lavoro nel piacere della lettura nel  considerarsi qualcuno, ma senza un confronto ogni uomo è nessuno!
Leggeva  studiava, ma a cosa gli servivano quelle pagine di giornali o di libri  che bulimicamente ingeriva tutti i giorni ?
Una volta avevano parlato  di devianze e lei gli aveva fatto capire che qualsiasi psicologo o  sociologo studia questo aspetto della personalità per catalogare la  normalità. La sua risposta le fece capire che non sapeva nemmeno di cosa  stavano parlando. Adesso pensava al suo comportamento come ad una  devianza.
"Ti chiamo dopo...." cosa significava per lui?  Niente! non si ricordava sicuramente nè che l'aveva detto nè che forse  si erano parlati al cellulare. Non l'aveva mai richiamata.
Aveva  cominciato ad accusare un dolore in mezzo al petto: le veniva sempre  quando c'era qualcosa che non andava bene. La sua vocina interna le  diceva di stare attenta, che era in pericolo. E con l'esperienza cercava  di perdere meno tempo possibile e subito togliere dalla sua vita quello  che avrebbe potuto farle male.
Con il suo "vecchietto" non aveva mai  avuto dubbi: emanava una sicurezza tangibile fatta di gesti di parole  di carezze. Si sarebbe potuta affidare a lui ciecamente perchè non  c'erano problemi: in caso di pericolo lui l'avrebbe salvata. Se si fosse  dovuta buttare dall'ultimo piano di un palazzo in fiamme gli avrebbe  messo le braccia intorno al collo perchè sarebbero atterrati in piedi  sul marciapiede. E lui l'avrebbe stretta a sè per proteggerla. Con il  tempo tutto questo era diventato certezza e il confronto degli ultimi  due mesi con Gibran glielo aveva fatto capire.
Gibran non le aveva  mai dato niente solo parole vuote senza consistenza senza futuro senza  amore.
Aveva cominciato a scrivere un nuovo racconto: c'era un amico  scrittore con il quale ogni tanto parlava. Era prezioso le dava dei  buoni consigli, la chiamava PANTERA e le diceva sempre che lui non aveva  paura delle donne come lei. Parlavano scherzavano, ma la loro  lontananza non influiva sul rispetto che lei aveva per la sua opinione.  Affrontarono anche questo argomento e lui fu molto crudele, almeno lei  pensò così, quando lesse la parola con la quale lui aveva definito  Gibran "..
.lascialo stare.... è uno stronzo."
"Arrabbiati,  se lo merita!" le disse questo, alla fine della conversazione.
Ma  il suo carattere, che lei aveva imparato a domare, non glielo  permetteva più.
Affrontava ogni situazione con calma tranquillità ma  soprattutto lucidità. Sviscerava ogni singolo pezzetto del problema,  andava a cercare l'angolo nascosto per scovare l'ultimo granello di  polvere, ma soprattutto voleva parlare capire per se stessa in modo da  non lasciare in sospeso niente, nessun dubbio fra lei e l'altra persona.
Non  aveva voglia di corteggiarlo per provare a riavvicinarsi. Il suo  egoismo la sua stupidità il sentirsi offeso il suo silenzio e.... lei  non sapeva per cosa... cosa avrebbe potuto aggiungere a tutto questo?  Già! la cosa più importante quello che gli aveva detto subito.... ERA UN  UOMO VUOTO.
(continua....)