6/8/2009 -
La pillola va giù
(LA STAMPA)
LIETTA TORNABUONI
Chi vuol prendere la pillola antiabortiva RU486, la prende. Chi non vuol prenderla (per motivi medici, etici, religiosi, varii) non la prende. Nessuno è obbligato a nulla. La scelta è chiara, semplice: infatti in altri Paesi europei questo farmaco è liberamente in vendita. Da noi, no. Da noi la Chiesa cattolica, dotata di un potere politico che è oppure sembra forte, che altrove ha già perduto la partita, che non pare avere fiducia nell’obbedienza e osservanza dei suoi fedeli, ha già dato inizio a tutte le possibili pressioni negative.Non si tratta affatto di ragioni di principio. La ragione di principio cattolica riguarda l’aborto (come il divorzio, anch’esso legale in Italia): non le sue modalità. Il farmaco RU486 è una modalità semplificante, che riduce le complicazioni e il lavoro degli ospedali, che allevia i disagi e dolori delle donne: in tempi varii si prendono tre pillole, e basta. Non è quindi per motivi di principio che la Chiesa avrebbe già ottenuto dal governo diverse difficoltà altrove inesistenti: mancata libera vendita del farmaco, assunzione del farmaco soltanto in ospedale (dove i medici ricevono pressioni per dichiarare la propria obiezione di coscienza) e con ricovero (si sa quanto difficile), eccetera. A quale scopo? Dare tormento, fare dispetto, scoraggiare? Sarebbe un’assurdità. Anche in passato, quando la clandestinità, i divieti della Chiesa, la minaccia di galera e i pericoli erano molto più gravi, le donne che si trovavano nella necessità di abortire, abortivano. Nessuna compie un atto simile con leggerezza o fatuità, senza che sia indispensabile: non si può dire infatti che gli aborti siano diventati spensierati da quando sono stati legalizzati. Neppure è possibile ipotizzare che la Chiesa voglia ad ogni costo seguitare a circondare l’aborto di un senso di castigo, di punizione, di dolore: sarebbe davvero crudele, e inutile. Invece pure questo può sembrare un banco di prova del proprio potere politico nei confronti del governo italiano, a spese (come è già capitato troppe volte) delle donne. E’ un esercizio che ignora le persone e serve esclusivamente alle gerarchie: non è una bella cosa, e per un governo non confessionale dovrebbe essere inaccettabile.
SOLO QUELLI CHE SONO COSI' FOLLI DA PENSARE DI CAMBIARE IL MONDO, LO CAMBIANO DAVVERO (A.Einstein)
PER TUTTI
Questo blog non rappresenta una testata giornalistica poiché viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62/2001. Le immagini pubblicate sono quasi tutte tratte da Internet e quindi valutate di pubblico dominio (è consentita la libera pubblicazione attraverso la rete internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro).
Gli amministratori dichiarano di non essere responsabile per i commenti inseriti nei post.
Eventuali commenti dei lettori, lesivi dell'immagine o dell'onorabilità di persone terze non sono da attribuirsi all'autore, nemmeno se il commento viene espresso in forma anonima o criptata.
Inoltre qualsiasi racconto o storia che viene scritto non fa riferimento nè a persone nè a luoghi. É solo frutto di fantasia. La vita, la realtà purtroppo accomuna nei fatti molte persone, ma niente è riferito a qualcuno in particolare.
In fine gli amministratori si riservano il diritto di cancellare tutti i commenti che ritengono non opportuni e contro lo spirito dell'informazione, commenti quindi scritti solo per creare confusione.
per info:gold.indi@gmail.com
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giovedì 6 agosto 2009
HIROSHIMA 6 AGOSTO 1946
IL QUID ???
mercoledì 5 agosto 2009
DEDICATO A TUTTI I BASTARDI
MI SCUSERETE MA QUANDO L'HO VISTO HO PENSATO SUBITO... MAGARI SUCCEDESSE A TUTTI QUEI BASTARDI CHE CE L'HANNO CON LE DONNE, LE VIOLENTANO, LE RENDONO SCHIAVE, LE MALTRATTANO E POI DOPO CHE CREDONO DI AVERE FATTO LA COSA PIU' BELLA DEL MONDO LE UCCIDONO.
OGGI
Cominciamo con la solita carrellata di notizie per renderci piacevole la giornata.
1 - Il vino rosso stimola il desiderio sessuale femminile (e chi non beve come me, che fa?)
2 - Ancora nessun "6" al superenalotto, crescono le speranze per i Comuni che vorrebbero vincere per affrontare le spese più urgenti ( ed io ci credo!)
3 - Milano:notte sulla gru per 4 operai INNSE, interverrà Berlusconi dalla sua villa in Sardegna?
4 - Thailandia: Atterraggio "incubo" per 11 italiani, e mi permetto di aggiungere anche per tutti gli altri che erano sull'aereo.
5 - USA: strage in palestra, folle uccide 4 donne e si suicida
6 - Successo personale dell'ex-presidente Bill Clinton: lascia Pyongyang con le due reporter Usa graziate
7 - Il giuramento di Ahmadinejad : oppositori dispersi.
Niente congratulazioni dal governo americano, italiano, inglese e francese.
1 - Il vino rosso stimola il desiderio sessuale femminile (e chi non beve come me, che fa?)
2 - Ancora nessun "6" al superenalotto, crescono le speranze per i Comuni che vorrebbero vincere per affrontare le spese più urgenti ( ed io ci credo!)
3 - Milano:notte sulla gru per 4 operai INNSE, interverrà Berlusconi dalla sua villa in Sardegna?
4 - Thailandia: Atterraggio "incubo" per 11 italiani, e mi permetto di aggiungere anche per tutti gli altri che erano sull'aereo.
5 - USA: strage in palestra, folle uccide 4 donne e si suicida
6 - Successo personale dell'ex-presidente Bill Clinton: lascia Pyongyang con le due reporter Usa graziate
7 - Il giuramento di Ahmadinejad : oppositori dispersi.
Niente congratulazioni dal governo americano, italiano, inglese e francese.
lunedì 3 agosto 2009
I DOLORI DEL GIOVANE WERTHER (libro)
"4 maggio del 1771
Come sono contento d'essere venuto via! Mio ottimo amico, che cos'è mai il cuore dell'uomo! Aver lasciato te, che amo tanto, te da cui ero inseparabile, e sentirmi contento! Ma so che tu mi perdonerai. Tranne che con te, tutte le mie relazioni non sembravano combinate dal destino giust'appunto per affliggere un cuore come il mio?"
............

Ieri ho deciso che avrei trascorso la domenica a 700 mt. C'è un piccolo laghetto e accanto un bar ristorante. Mi sono presa una poltroncina l'ho posizionata all'ombra a pochi metri dall'acqua e ho aperto il mio libro.
Ebbene ho letto in tre ore con due soste di dieci minuti in mezzo
"I DOLORI DEL GIOVANE WERTHER."
Risultato? Goethe mi perdonerà, ma alla fine mi è venuto da ridere. Vi siete mai accorti come con il passare degli anni si sorride sempre di più a tante cose?
In primis ho pensato che avevo sbagliato età per conoscerlo. Ma forse è andata meglio così ho potuto apprezzare meglio e forse vivere meno intensamente quello stato di nihilismo che pervade questo diario.
Le prime pagine sono state un po' bucoliche con la descizione del paesaggio, avevo quasi deciso di darlo da mangiare alle carpe che vedevo saltare. Ma quando è cominciata la storia dell'amorazzo.... ma come si fa a non capire fin dalle prime battute che la fine miseranda del protagonista è già decisa?
Il suicidio è già latente in tutto il suo essere, lo ritroviamo nei soggetti sognatori che non sanno affrontare la realtà con i suoi scherzi e le sue burle. Quanti suicidi ci saranno stati dopo che è uscito il libro, io penso innumerevoli.
(Una cosa importante sto scrivendo senza aver volutamente leggere nient'altro all'infuori di questo libro. Quindi nessuna critica o recensione o analisi fatta da altri.)
Forse trent'anni fa avrei sofferto anch'io delle pene d'amore del protagonista, minuto per minuto come quei lettori che si appassionano alle storie di Liala o dei settimanali di gossip.
Adesso? Adesso faccio delle grasse risate. La vita è tutto fuorchè un sogno, un fantasticare, purtroppo ci mette subito davanti alla sua crudeltà, ai suoi occhi beffardi.
Chi ora sta giornate intere in mezzo ai campi sotto i tigli o addirittura rifiuta un lavoro?
Prendiamo come scusante l'epoca in cui vive il nostro protagonista, un'età triste dove i giovani della borghesia dovevano per forza sottostare ai pregiudizi di una società che non perdonava lo stato sociale, una società che viveva nei propri luoghi chiusi non accettando ancora il cambiare e il rinnovarsi delle nuove generazioni.
La nostra Carlotta svela a Werther la vera essenza di tutte queste pagine... che lui si è innamorato e ha rincorso il sogno di qualcosa di proibito, non era innamorato della ragazza ma del divieto di averla.... e lui riconosce rileggendo le frasi scritte giorno per giorno che questa sua passione ha avuto un'escalation sembra quasi mentre la scriveva, non realmente.
Quindi la realtà veniva ingigantita dal suo animo che rileggeva quello detto in quelle pagine.
Bellissimo, quale migliore prova di autosuggestione? L'amore che da la vita, l'amore che da la morte.
Cosa dire di più? Non manca proprio niente perfino un'alluvione ... meravigliosa e spaventosa... sotto forma di ossimoro.
Anche la lettura finale dei canti di Ossian; questa scena chissà perchè mi ha richiamato alla mente... la bocca le baciò tutto tremante... ve li ricordate Paolo e Francesca nella Divina Commedia, ma perchè non vi ho ritrovato quell'amore sublime e dannato dei due amanti danteschi?
Ma solo un trescozzo di provincia?
Non sono io certo la persona adatta a ricordare tutto il periodo in cui fu scritto questo diario, ma i miei paragoni li ho fatti.
Prendere o lasciare, buona lettura.
BUDINO DI FAGIOLI

INGREDIENTI
(per 6 persone)
- 400 gr fagioli bianchi cannellini
- 250 gr zucchero
- 3 uova
- farina
- 100 gr cedro o arnacio candito
- una bustina di lievito
Lessate i fagioli in acqua leggermente salata.
Passateli al passatutto e mettetete la purea ottenuta in una zuppiera.
Unite 4 cucchiai di farina, lo zucchero, i rossi d'uovo, i canditi tagliuzzati e il lievito.
Mescolate bene e alla fine unite le chiare montate a neve.
Imburrate uno stampo, infarinatelo e riempitelo con l'impasto ben amalgamato.
Mettetelo in frigorifero per un paio d'ore prima di servirlo.
ROVELLINE LUCCHESI

INGREDIENTI
(per 4 persone)
- 4 fettine fini di vitellone di circa 150 gr
- 500 gr pomodori maturi o pelati
- 2 spicchi d'aglio
- salvia
- rosmarino
- un cucchiaio di capperi
- origano o maggiorana
- un uovo
- pangrattato
- olio d'oliva
- sale e pepe
In una casseruola fate rosolare, in 8 cucchiai d'olio, gli agli interi con foglie di salvia e un rametto di rosmarino.
Appena l'aglio inizia ad imbiondire, unite i pomodori, salate, pepate e fate cuocere per circa mezz'ora.
Nel frattempo battete bene le braciole di carne, passatele nell'uovo sbattuto con poco sale e poi nel pangrattato.
Pressatele bene, scuotetene l'eccesso di pangrattato e friggetele in una padella con olio caldo.
Mettetele su un foglio di carta da cucina e appena la salsa è pronta unitela all'intingolo.
Tenetele a cuocere pochi minuti e prima di sevire cospargete con un trito fine di capperi e foglioline di origano o maggiorana (chiamata un tempo "persia").
(per 4 persone)
- 4 fettine fini di vitellone di circa 150 gr
- 500 gr pomodori maturi o pelati
- 2 spicchi d'aglio
- salvia
- rosmarino
- un cucchiaio di capperi
- origano o maggiorana
- un uovo
- pangrattato
- olio d'oliva
- sale e pepe
In una casseruola fate rosolare, in 8 cucchiai d'olio, gli agli interi con foglie di salvia e un rametto di rosmarino.
Appena l'aglio inizia ad imbiondire, unite i pomodori, salate, pepate e fate cuocere per circa mezz'ora.
Nel frattempo battete bene le braciole di carne, passatele nell'uovo sbattuto con poco sale e poi nel pangrattato.
Pressatele bene, scuotetene l'eccesso di pangrattato e friggetele in una padella con olio caldo.
Mettetele su un foglio di carta da cucina e appena la salsa è pronta unitela all'intingolo.
Tenetele a cuocere pochi minuti e prima di sevire cospargete con un trito fine di capperi e foglioline di origano o maggiorana (chiamata un tempo "persia").
CIPOLLATA

INGREDIENTI
(per 4 persone)
- 4 grosse cipolle bianche
- 4 fette di pane raffermo
- 2 salsicce
- 50 gr pancetta
- un litro e un quarto di brodo
- parmigiano grattato
- olio d'oliva
- sale e pepe
In una pentola fate rosolare, tutto insieme, in 5 cucchiai d'olio, le cipolle spellate e tagliate a fettine, le salsicce spellate e tagliate in due e la pancetta tagliata a piccoli dadini.
Quando le cipolle saranno appassite, versate tutto il brodo bollente.
Cuocete a pentola scoperta per circa tre quarti d'ora, aggiustate di sale e servitela su fette di pane abbrustolito (e, volendo agliato).
Pepate e cospargete con abbondante formaggio.
Alcuni aggiungono anche 3 etti di rosticciana lessata, spolpata, e fatta a piccoli pezzi.
Le carni, comunque, possono essere completamente eliminate, ottenendo così una semplice, ma gustosa, minestra di cipolle.
domenica 2 agosto 2009
sabato 1 agosto 2009
PENSIERI AL VENTO

Le mie dita ferme sulle lettere della tastiera, non riesco a ritrovare il ritmo. Perchè? Perchè una foto può sconvolgere tanto?
Mi sono fermata, le parole che scorrevano come un fiume impetuoso dentro di me sembrano sparite, asciugate in qualche buca nel terreno della mia anima. Adesso solo mal di testa forte quasi ogni giorno. La voglia di ricominciare e poi passo oltre, ho chiuso la testa ai pensieri. Non è vero che il pensiero non si può fermare. Lo puoi chiudere in un angolino. Un angolino che ti sta stretto. C'è chi l'ha creato prima di me e l'ha sempre considerato il mondo dei sogni. Per me non è così.
Ho creato invece uno spazio che quando ci penso o pronuncio il nome mi ricorda il mare, le navi, i gabbiani, una passeggiata al mare. La sabbia sotto i piedi, il vento fra i capelli e la mano che cerca in continuazione di sistemarli e non riesce e allora diventa una piacevole lotta fra me e l'aria che li scompiglia. Le ombre davanti che camminano, mi precedono, una palla di mare da lanciare in acqua. MALOMAR....forse il nome di una barca? No, l'ho formulato io. Cosa c'è racchiuso dentro queste sillabe?
Un sogno, tanti sogni... Una passeggiata in riva al mare, tanto desiderata quanto così lontana. Arriverà il momento?
Siamo così vicini alla particella di Dio, quasi da toccarla e invece una semplice passeggiata è così irraggiungibile.
Ieri ho avuto la risposta ad una domanda, una domanda così stupida che nemmeno la ricordavo più. Forse davo per scontato che quelle poche parole fossero state inghiottite da tutto il resto.
Ma hanno assunto un'importanza tale che sono state le uniche degne di una risposta. Quello che è importante per me lo è diventatto anche per un altro. Dovrei dire che sono sorpresa, senza cadere nel ridicolo.
L'esclation è stata invisibile eppure così tangibile per me. Avevo assunto una sicurezza tale che niente e nessuno poteva farmi vacillare.
Ma le sorprese non finiscono mai, e cosa meglio di una cosa o meglio una parola inaspettata? Quello che non viene più pensato è in cima ai pensieri di tutti e due.
Una semplice parola può dire più di frasi intere, di libri, di discorsi accademici. Quale poeta sarebbe stato capace ieri di condensare tutto così bene?
Per me la più bella delle sorprese, le adoro.
Ma se ci penso bene, quante cose chiediamo in continuazione ad un uomo?
L'uomo da tutto per scontato, e si meraviglia o si arrabbia se chiediamo cose che per loro sono semplici e lampanti, molte domande rimangono orfane di una risposta. Ma nel nostro cuore diventano ferite profonde.
Così profonde che non chiediamo più, ma non per questo dimentichiamo solo subentra la rassegnazione di qualcosa che avremmo voluto e non ci sarà mai.
Mi ricordo il viso delle nonne di una volta, ma se guardo bene lo vedo anche in molte donne giovani di oggi.
Dov'è che la strada si è divisa? Dove l'uomo e la donna hanno cominciato a guardare da un'altra parte e quando si sono girati si sono ritrovati soli a camminare? Uno o l'altra hanno continuato un cammino pieno di ricerca di crescita di incontri e di scontri, ma una strada ricca che ha cresciuto ancora in loro la sete di sapere. Quella sete che ha mosso il mondo e che ancora lo muove. Se nel primo uomo non fosse scoccato il big bang e avesse dato origine alla prima idea, saremmo ancora a rubare il cibo agli animali o a scavare per terra con le mani per mangiare. Quanti progressi ha fatto l'umanità in poche centinaia d'anni?
La crescita dei nostri risultati è andata avanti in maniera esponenziale, non esiste più solo Pico della Mirandola o Dante o Cristoforo Colombo, figure così isolate che hanno trasformato l'epoca dove vivevano. Nel nostro mondo centinaia, migliaia di idee tutte valide, la collaborazione di gruppi per arrivare alla perfezione.
Ma è cambiato tutto in qualsiasi campo?
Se fosse tutto così luminoso o illuminato noi donne non avremmo
bisogno di accendere la luce. Come mai i più grandi uomini osannati fuori, non riescono poi a costruire un rapporto valido all'interno della propria casa. Cosa diventa più importante del proprio egoismo? la ricerca di se stessi a scapito di chi sta loro accanto? perchè l'uomo deve scegliere per tutti e due?
Qualcuno mi ha mai chiesto se mi andava tutto bene?
Quante volte mi sono ritrovata a dover accettare qualcosa che non poteva essere cambiato perchè l'altro lo vedeva così e basta?...sei libera di scegliere... Scegliere cosa? o stare accanto in silenzio annientandosi in lui o chiudere e andare via. Quale donna se n'è mai andata? Quante sono rimaste in silenzio? Chi è stato più forte e intelligente dei due: chi è rimasto o chi crede di avere vinto, imponendo la propria scelta?
MALOMAR....una barca a vela.
Salpare per andare dove? Non ho mai pensato ad andare lontano: è più difficile stare qui e affrontare tutto da sola, che scappare.
Ho un'amica che l'ha fatto. Una notte ha preso due magliette e due jeans e ha detto addio a tutta la sua vita. A cosa andava incontro non lo sapeva nemmeno lei. Ma se guardo bene questo lo chiamerei coraggio e allora la mia è vigliaccheria?
Cosa ho fatto anche stasera ? Sono qui seduta al tavolo verde con le carte in mano e ho giocato con voi allo streape poker .....con la mia vita.
IL MORTAIO
Secondo il Financial Times, Berlusconi "è uno scandalo, ma non esistono nè un leader, nè un movimento capaci di offrire una alternativa".
Insomma, meglio un "papi" di un Pd.
Insomma, meglio un "papi" di un Pd.
OGGI

e proseguendo la solinga via,
tra le schegge e tra ' rocchi de lo scoglio
lo piè sanza la man non si spedia.
(Inferno XXVI - Dante Alighieri)
Mi piace rileggere spesso la Divina Commedia, soprattutto l'Inferno, forse noi toscani ce l'abbiamo nel sangue, oggi non ho voluto leggere, ma ho aperto a caso una pagina, e questo è il risultato.
venerdì 31 luglio 2009
A quattara

A quattara
8 quattari fannu n'utri, 2 utri na sarma i’mustu, per ogni samma prodotta si pagava al proprietario del palmento.
Nel piccolo paese di mio nonno esistevano due palmenti uno di proprietà do Zu ' Naschitta uomo di rispetto e quindi inviso da mio nonno, l'altro di proprietà della canonica e quindi gestito dal parroco di allora Don Prizzinu, grande fascista, strozzino e ladro, la scelta era impossibile o uscire dal paese con costi esorbitanti o subire.
Mio nonno sapeva come ragionava il parroco che: o di faceva aumentare il mosto di notte con l'acqua, o ti truffava con la quattara dal fondo rialzato che così conteneva meno dei 17,2 litri; tutti sapevano ma per paura di ritorsione, dai fascisti da un lato o dei mafiosi dall'altro, tutta la povera gente subiva.
Mio nonno alla vendemmia prendeva l'asina, il fucile il cane le vettole piene e si piazzava per tutto il tempo nel palmento aspettava che arrivasse la racina, che venisse pigiata e la notte messa la soma dell’asina a mo di cuscino il fucile accanto si apprestava a dormire con un solo occhio.
Già le altre nottate le aveva passate nella vigna sempre con il cagnetto, l’asino e il fucile.
Durante la vendemmia erano i figli, mio padre e mio zio, a controllare i lavori della vendemmia.
All’età di sette anni chiesi di stare con il nonno per la vendemmia, pensavo che fosse una cosa triste stare da soli la notte e che se ci fossi stato io potesse almeno riposare.
Il nonno all’inizio non sembrò felicissimo dell’idea di avermi tra i piedi in un momento come quello ma i tempi erano cambiati.
Zu’ Naschitta non c’era più da prima che io nascessi, sparato di notte mentre tornava a casa dopo che era stato chissà dove.
Don Prizzinu ufficialmente era ora Democristiano e non faceva più lo strozzino, poi durante le elezioni passava casa per casa a ricordare che quando c’era Lui, si viveva con le porte aperte. Tranne la sua che era sempre chiusa a chi aveva bisogna , mormorava mio nonno e si rimetteva in bocca un filo d’erba.
Erano i primi anni ’60 e quella notte passata a parlare con quell’amorale di mio nonno, che come diceva il prete non rispettava i Santi e le istituzioni, mi è rimasta nel DNA.
La mattina quando vennero per portare via il mosto con le Api, il prete era presente e carezzandomi la testa mi chiese presto farai la prima comunione e poi la cresima sarai certamente contento di fare i sacramenti.
Mio nonno inarcò un sopracciglio e io risposi: - si mi dispiace solo che non li farò insieme a Pippu u niuru, ca e chiù ranni i mia di’nannu .
Il Prete divenne rosso e andò via incollerito e mormorando astimi nei nostri confronti.
Mio nonno sorrise leggermente e mi mise la mano tra i capelli.
Pippu u niuru, Giuseppe soprannominato lo scuro era ufficialmente il figlio della perpetua e del sacrestano, ma il sacrestano non poteva avere figli da quando una pallottola lo aveva evirato e castrato, e Pippo era sputato a Don Prizzinu.
giovedì 30 luglio 2009
IL MORTAIO
Rischia 40 frustate in pubblico la giornalista sudanese "sorpresa" con i pantaloni in un ristorante della capitale.
A conferma che non ci sono culture superiori.
Ma che ce n'è qualcuna che fa di tutto per sembrare inferiore.
A conferma che non ci sono culture superiori.
Ma che ce n'è qualcuna che fa di tutto per sembrare inferiore.
Un Prete
..È una domanda seria, che mi pongo ogni giorno: come si può discutere oggi di grandi valori umani con quanti fanno della politica o della religione un mestiere redditizio?
mercoledì 29 luglio 2009
IL GHEPARDO

(di Lorena B.)
TERZA E ULTIMA PARTE
L'uomo arrivò e il ghepardo scattò in avanti afferrandolo alla gola. Non rimase per vedere se aveva veramente ucciso la sua vittima, non era il suo cibo in quel momento: voleva solo fuggire. Attraversò la stretta porticina rimasta aperta, verso la libertà.
Là vicino c’era una stazione ferroviaria: lì arrivavano i vagoni con gli animali destinati allo zoo e il ghepardo decise di rifugiarvisi per passare la notte. Ne trovò uno che aveva la porta scorrevole socchiusa. Si addormentò in un angolino nascosto dietro ad alcune casse, ma il suo sonno fu agitato: sognò di rivivere il momento dell’arrivo dei camion, l’uccisione di sua madre fino alla sua cattura. Prima di addormentarsi si leccò le zampe che avevano aggredito l'uomo e il sapore del sangue gli piacque: era un tipo che non aveva mai assaggiato prima. Sentì scorrere dentro di sè una forza nuova come se con quelle poche gocce avesse assorbito la linfa di chi l'aveva catturato. Si sentiva un uomo! L'essere più potente che lui avesse conosciuto, perchè era riuscito a prenderlo e portarlo via da casa sua. C'era stata fra loro una lotta a chi fosse il più forte: era stato picchiato, umiliato con cibo già morto, ferito e non curato, ma alla fine lui aveva vinto il suo nemico. Non si era fermato a guardare se fosse morto, è vero, ma sentiva che l'aveva fatto: si sentiva invincibile. La prima battaglia era stata vinta. Ora doveva riuscire ad arrivare nella sua savana senza essere catturato ed ucciso, perchè questa volta l'avrebbero fatto di sicuro.
Nuovamente si leccò la zampa. Quel sangue...quel sangue lo faceva pensare. Non voleva trasformarsi nel suo nemico, ma se gli fosse servito per capire e scappare, allora accettava anche di essere in parte uomo.
Improvvisamente un forte fischio lo svegliò dai suoi pensieri. Alzò il muso, il naso fremente ad annusare. C’era un trambusto assordante fuori dal vagone. Il ghepardo spiò dalla porta semichiusa: il paesaggio era completamente diverso! Arretrò spaventato. Voleva uscire, esplorare quel mondo nuovo ma si fermò: non poteva, c’era troppa gente… Sarebbe uscito quella notte.
Quando fu buio, infatti, saltò giù dal vagone nella stazione deserta e la cosa che lo colpì di più fu la quantità di odori che sentiva nell'aria. Udì uno squittio e si avventò su un ratto che attraversava i binari. Aveva patito troppo la fame per dare ascolto al suo orgoglio che avrebbe voluto catturare prede ben più grandi.
Ricominciò ad annusare, ma percepiva solo odori sconosciuti. Ad un tratto si fermò.... c’era un qualcosa che conosceva: il profumo della sua savana! Era vicino, era felice, ma l'odore non era così forte come sempre. Ma lo conosceva.... era casa sua, non poteva abbandonarlo. Si sentiva in parte uomo, ma era ancora un ghepardo, un animale in cerca della sua casa. E voleva ritornarci. Cominciò ad inseguire quell’odore, come in un sogno. Riuscì a non perderlo mai; perfino quando dormiva rivolgeva il muso in quella direzione perchè rimanesse anche nel sonno.
Passò così i giorni e le notti, senza mai cedere alla stanchezza.
E mentre la scia che seguiva diventava sempre più forte e il paesaggio più familiare, continuava a pensare di esserci riuscito, perchè era diventato come il suo nemico... ma perchè allora rimaneva un ghepardo? Aveva sostituito il suo istinto con il pensiero, aveva programmato ogni sua mossa in ogni sentiero percorso. Si era nascosto per non farsi catturare, aveva imparato a scivolare per rubare il cibo che trovava nei villaggi senza che gli uomini stessi si accorgessero della sua presenza....
Si ricordava il gusto del sangue che aveva assaggiato quando aveva ucciso l'inserviente. Ogni tanto rileccava le zampe per ritrovare quel sapore, ma ormai era scomparso. E intanto era arrivato ai piedi di una collinetta. Aveva un aspetto molto familiare, quella collinetta; il ghepardo era ormai stremato da tanti giorni di cammino, ma si costrinse a scalarla.
La prima cosa che vide da lassù furono due gnu che combattevano fra loro. Guardò più a destra e vide un gruppo di leonesse che dava la caccia ad un branco di gazzelle. E branchi e mandrie sparsi dappertutto. Sembrava che fosse rimasto tutto come lo aveva lasciato. Oltre la collinetta c’era una ripida discesa. La stanchezza sparì come d'incanto. Corse giù più veloce di come lo era mai stato, come solo i ghepardi sanno fare. Era tornato a casa, nella sua savana.
E mentre correva in mezzo all'erba, in mezzo ad un branco di gazzelle che si sparpagliarono veloci....cadde! Rotolò nella polvere. Rimase lì immobile a terra: non capiva cosa era succeso nessun ghepardo cade, non c'erano sassi o impedimenti tali perchè questo dovesse succedere. Sentì prima un piccolo dolore poi il caldo di qualcosa che scendeva lungo il fianco della pelliccia.
Guardò e vide con stupore il suo bel mantello macchiarsi di rosso, di sangue rosso.
...Cosa è successo? E' il sangue dell'uomo che vuole uscire? Come io non stavo bene nella gabbia anche lui non vuole più stare dentro di me?...... Ma se mi abbandonerà non riuscirò più a pensare come lui, ritornerò un ghepardo e basta!...
E mentre gli occhi cominciavano ad annebbiarsi vide avvicinarsi due uomini di colore con i fucili in mano.
Capì.
...Perchè lo avete fatto, perchè avete ucciso un vostro simile? Io sono un uomo dentro la pelle di un ghepardo.....
Ma dalla sua bocca uscì solo l'ultimo ruggito, che diventò un rantolo: sembrava l'ultimo disperato grido per non morire, per rivivere ancora quella sensazione di animale libero.
L'uomo, il suo nemico, nelle vesti di due cacciatori di frodo, lo aveva vinto. Lui aveva ucciso un uomo e un uomo si era vendicato togliendo anche a lui la vita. Aveva percorso centinaia di chilometri per tornare a casa e correre e cacciare in mezzo agli animali che conosceva.
Voleva sentire nuovamente il suo cuore battere mentre si preparava a lanciarsi sulla sua preda. Desiderava cambiare il sapore del sangue dell'uomo che lo aveva accompagnato fino a lì con quello delle prede che avrebbe ucciso. Morì così nella sua savana, senza capire il perchè e si sentì come uno di quei cuccioli che lui cacciava per mangiare.
IL MORTAIO
L'ospedale di Agrigento è stato chiuso perchè a rischio sismico.
Meglio così.
Prima, quand'era aperto, era a rischio per i malati.
Meglio così.
Prima, quand'era aperto, era a rischio per i malati.
IL GHEPARDO

(di Lorena B.)
SECONDA PARTE
(continua....)
......Altri uomini di colore uscirono saltando dai camion: sembrava che guardassero e si muovessero anche loro come un branco.
Il ghepardo, che non aveva mai visto né uomini né camion fu molto incuriosito da questa novità che turbava il normale equilibrio della sua "casa", ma non spaventato: aveva un carattere molto orgoglioso e l’unica cosa di cui aveva veramente paura era la fame.
In poche ore i quattro uomini avevano catturato molte specie di animali: li avevano colpiti da lontano con qualcosa di lungo che faceva uno strano rumore. Non si muovevano quasi: camminavano soltanto lentamente e quando vedevano qualche esemplare che andava bene si fermavano, alzavano i fucili e sparavano: da lontano. L'animale si accasciava quasi subito dopo aver fatto pochi passi, ma a differenza di quando lui o gli altri felini cacciavano non usciva sangue dai corpi. Che tipo di caccia era questa? Era così strana: nessuna corsa, nessuna zampata per togliere la vita, non uno sguardo agli occhi atterriti della preda sotto di lui che stava morendo e che non capiva il perchè. Dove era il divertimento?
Gli altri uomini, che erano venuti con i quattro, appena l'animale cadeva nella polvere si affrettavano allora a prenderlo sulle spalle e lo portavano verso i camion dove veniva caricato e rinchiuso in gabbie. Una per ogni bestia a seconda della grandezza.
Cominciò a preoccuparsi: stavano succedendo cose che non capiva.
La sua inquietudine si trasformò in rabbia quando vide che, insieme agli altri animali, caricavano anche sua madre. Con furore scese con un balzo dall’albero, dove era salito per vedere meglio, e si nascose nuovamente nell’erba alta. Come aveva fatto con il branco di zebre, così fece per quello degli uomini: scelse il più debole e lo attaccò. Il malcapitato fu l’uomo basso e tarchiato che venne ucciso.
Nacque un trambusto terrificante. Gli uomini cominciarono a sparare contro il ghepardo.
...Prendilo, John!... disse l’uomo con i baffi.
Ad un certo punto, tra gli spari, si udì un guaito disperato. Il ghepardo si volse e vide sua madre a terra, in una pozza di sangue.
... Maledizione, John! Dovevi prendere il maschio!...sentì dire da qualcuno.
Il ghepardo cercò di fuggire, ma gli uomini riuscirono a sparargli una siringa piena di sonnifero. Una volta addormentato, venne caricato su un camion e trasportato lontano dalla sua savana, in una città che aveva uno zoo. Quando si svegliò, non ricordò niente, ma si ritrovò in una gabbia di pochi metri quadrati, nella quale riusciva a malapena a fare due passi. Cominciò a soffiare e a camminare avanti e indietro cercando di rompere le sbarre a unghiate e a morsi, inutilmente!
Ad un certo punto arrivò un uomo; l’animale capì che quell’esemplare non faceva parte del gruppo che precedentemente l'aveva attaccato nella savana. Ma si trattava pur sempre di un uomo e il ghepardo aveva imparato che di quella specie non ci si deve fidare. Fra felini si rispettavano: nessuno dava "noia" a nessun altro gruppo, ciascuno non sconfinava mai una volta che avevano segnato il loro territorio. Ma adesso era diverso: che razza era questa che oltre al suo "cibo" aveva portato via anche il "cacciatore"?Cominciò a soffiare più forte, assumendo un atteggiamento minaccioso.
L’uomo rise....Ehi, bello! Calmati, tanto non vai da nessuna parte, ormai! ...
Tirò fuori dalla tasca del suo giubbotto un piccolo taccuino e aprì una pagina.
....Sei un duro?.... Fece un lieve fischio ad un inserviente dello zoo.... Se non si calma...dieci cc di sonnifero…
Ora il ghepardo era veramente infastidito da quei gesti: gli occhi iniettati di sangue guardavano l’uomo, soffermandosi all’altezza della gola; i muscoli si contraevano sotto il pelo corto e lucente; aveva estratto le unghie, che luccicavano al sole; le orecchie dritte, che si muovevano al minimo rumore; il naso era arricciato e dalla bocca aperta si potevano scorgere denti affilati come rasoi. Come era potuto succedere che da cacciatore era diventato preda? Quale sorte gli sarebbe toccata? Non riusciva a capire: non si ricordava che fosse mai successo a nessuno degli altri suoi fratelli.
...Acc... fece l’uomo, sarcastico... Mi fai proprio paura! Ma qui il capo sono io, non dimenticarlo!...
Detto questo lo lasciò solo. L’animale non smise, però, di soffiare fino a che non sentì più il minimo rumore. Quando si sentì sicuro che nessuno sarebbe passato di là senza che lui non lo avesse sentito, si sedette e pensò ad un’eventuale via d’uscita.
Divenne così aggressivo che nessun inserviente poteva avvicinarsi. In risposta, ricevevano unghiate che procuravano ferite profonde.
Anche il ghepardo, però, fu picchiato duramente e anche dalle sue ferite sgorgava in abbondanza il sangue.
Ormai la ricerca di una via di fuga si faceva disperata. L'animale però non riusciva mai a dimenticare il sapore della libertà: cacciare nella sua savana era il ricordo più nitido: dentro di sè c'era forte la sensazione di potenza che sentiva quando catturava la preda, quando correva in mezzo all'erba, quando la mattina si svegliava e annusava l'aria carica di odori, quando sceglieva il suo "pasto" e il cuore cominciava a battere forte e l'adrenalina scorreva nelle vene.
La carne invece che buttavano dentro la gabbia aveva un sapore e un odore strano: mangiava solo per non morire di fame e continuare a pensare alla libertà.
Alla fine decise per un ultimo tentativo: si nascose dietro il tronco che era stato messo nella sua gabbia per ricreare un po’ l’ambiente e aspettò l’arrivo dell’inserviente che veniva a portargli il cibo. L'uomo arrivò e il ghepardo scattò in avanti afferrandolo alla gola. Non rimase per vedere se aveva veramente ucciso la sua vittima, non era il suo cibo in quel momento: voleva solo fuggire.
Attraversò la stretta porticina rimasta aperta, verso la libertà.
(continua....)
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