di Kahlil Gibran
"Quando cadde la era della dodicesima era
e il silenzio, alta marea della notte, sommerse le
alture,
i tre dei della terra, i Titani signori della vita, apparvero sui monti.
Vorticavano fiumi ai loro piedi;
nebbia fluttuante li avvolgeva al petto,
e le teste si ergevano maestose al di sopra del
mondo.
Poi parlarono, e come il tuono lontano
le voci rimbombarono di pianura in pianura.
PRIMO DIO
Il vento soffia verso levante.
Voglio volgermi a sud:
ho le narici colme di odori di cose morte.
SECONDO DIO
Profumo di carne bruciata, soave e intenso:
voglio inebriarmene.
E' l'odore della natura mortale, arsa dalla sua
stessa fiamma languente.
Ristagna greve nell'aria
e come fetido miasma di fogna
mi offende i sensi.
Voglio volgermi a nord: di là non vengono
odori."
TRAMA
"Quando dal caos emerse la terra e noi, figli del principio, scorgemmo l'un l'altro nella luce inerte, articolammo il primo suono soffocato e tremulo animando le correnti dell'aria e del mare. E muovemmo i primi passi, mano nella mano, nel vago colore del mondo bambino; e dagli echi di quei primi passi incerti nacque il tempo, quarta divinità, che affonda il piede nelle nostre orme, segue come un'ombra i nostri pensieri e desideri e vede solo attraverso i nostri occhi.E sulla terra venne la vita e nella vita venne lo spirito, melodia alta dell'universo. E noi regnavamo sulla vita e sullo spirito e nessuno tranne noi conosceva la misura degli anni nè il peso dei sogni nebulosi degli anni, finchè a mezzogiorno della settima era, demmo l'acqua del mare in matrimonio al sole. E dalle segrete stanze della loro estasi nuziale demmo vita all'uomo, creatura che, sia pur debole e malferma, porta per sempre i segni della sua origine. Tramite l'uomo che cammina sulla terra con occhi fissi alle stelle, troviamo vie per le regioni remote della terra: e dell'uomo, umile canna che cresce a lato delle acque cupe, facciamo un flauto attraverso il cui cuore cavo la nostra voce giunge al mondo avvolto nel silenzio".
PERSONALE
Grande poeta o forse cittadino del mondo, colui che già all'inizio del secolo XX capì che per allargare i suoi orizzonti che per dare luce alle sue esperienze non poteva rimanere emarginato nella scrittura della lingua araba, ma decise di imparare e scrivere in inglese.Meravigliosa mescolanza di attributi, di idee di allegorie e miti che si intrecciano nei suoi versi. Le parole sembrano ispirate, i suoi personaggi creati per non avere età e racchiudere ogni idea tutte le idee del mondo umano e divino.
I personaggi sono al di sopra di tutto, immobili e immutabili nell'eternità ma aggrappati alla vita nella sua fatalità.
Riflessioni di uomini non di dei.
"...ma noi, noi insonni e consapevoli,
noi siamo dispensati dalla sorte incerta e dalle
congetture.
Non ci soffermiamo, non attendiamo il balenare
dell'idea,
superiori a ogni inquieto interrogare.
Accontentati e lascia andare i sogni."
Il libro è ormai fuori catalogo, ma se guardate su internet lo trovate.
Il consiglio che posso darvi non dedicategli solo quel poco tempo che richiede, ma gustatelo un pezzo alla volta e poi rileggetelo altre tre volte per capire appieno i suoi versi.
SCHEDA
Genere - Poesia
Titolo - GLI DEI DELLA TERRA
Autore - Kahlil Gibran
Editore - SE
( libro del I anno)
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