SOLO QUELLI CHE SONO COSI' FOLLI DA PENSARE DI CAMBIARE IL MONDO, LO CAMBIANO DAVVERO (A.Einstein)

PER TUTTI
Questo blog non rappresenta una testata giornalistica poiché viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62/2001. Le immagini pubblicate sono quasi tutte tratte da Internet e quindi valutate di pubblico dominio (è consentita la libera pubblicazione attraverso la rete internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro).
Gli amministratori dichiarano di non essere responsabile per i commenti inseriti nei post.
Eventuali commenti dei lettori, lesivi dell'immagine o dell'onorabilità di persone terze non sono da attribuirsi all'autore, nemmeno se il commento viene espresso in forma anonima o criptata.
Inoltre qualsiasi racconto o storia che viene scritto non fa riferimento nè a persone nè a luoghi. É solo frutto di fantasia. La vita, la realtà purtroppo accomuna nei fatti molte persone, ma niente è riferito a qualcuno in particolare.
In fine gli amministratori si riservano il diritto di cancellare tutti i commenti che ritengono non opportuni e contro lo spirito dell'informazione, commenti quindi scritti solo per creare confusione.


per info:gold.indi@gmail.com

lunedì 16 agosto 2010

SCEGLIERE ANCORA...(9)


Corro in cucina: il caffè si fa sentire... schizza sul piano della stufa a legna.
Apro lo sportello per prendere una tazzina.

Guarda guarda chi c'è!
Il thermos giallo.
L'ultima volta l'ho usato... ieri.
Appuntamento con il mio vecchietto.
Nel tempo ci siamo organizzati: il pic-nic sul letto deve essere completo. Non bastano più le schiacciatine con il prosciutto crudo (lui lo adora), acqua, adesso anche il caffè finale.
Arrivare a metà pomeriggio quando devo prendere il treno è troppo tardi, la voglia della magica bevanda deve essere soddisfatta prima.

Oggi mi fa male la schiena e le ginocchia. Nonostante la sua età è un superattivo.
Calma calma non è un super "lavoro" di ore! Ma forse sono io che in questi giorni ho dovuto muovermi molto per gli uffici con il caldo e i treni in ritardo.

E' stato un incontro diverso dagli altri.

Ricordo che qualche mese fa ho avuto la sfrontatezza di dirgli... sono felice...
Dopo due giorni la notizia di una tragedia.
Lui fu colpito molto duramente negli affetti.
Cominciò così un periodo strano in cui non ci sentivamo, ma eravamo comunque sempre vicini.
Appena abbiamo ricominciato a vederci le cose chiaramente non sono state più come prima.

Ricordo che al secondo o terzo incontro dissi al mio amico psicologo (quello che in cambio di una borsa piena di libri accetta il mio minestrone!) che... la nostra coppia funzionava ed era perfetta quando prima eravamo in tre...
Affermazione strana eppure io l'ho vissuta così.

Ieri altro cambiamento.

Fra noi ci sono sempre stati discorsi generici sull'arte sui libri qualche commento sui miei racconti su qualche serata che lui ha passato al Rotary Club alla Scala o a vedere qualche film.

Poco di tutto sulla nostra vita familiare se non notizie sporadiche.
Ricordo solo una volta si confidò un po' di più. Ed io ascoltai in silenzio come mi è sempre capitato quando stiamo insieme. Sembra strano ma non ho mai avuto voglia di interromperlo, quando parla affascina il suo modo tranquillo la ricerca delle parole la costruzione dei discorsi.
Ama dire che quando rivolge agli altri delle domande è pungente e alcuni lo temono, ma con me si è sempre dimostrato di una dolcezza disarmante.

Premuroso attento mai un gesto che non sia stato controllato mai una parola fuori delle righe. Mi fa entrare per prima in ascensore mi offre il braccio mi chiede se sono stanca non ho mai pagato niente. Si informa sulla mia vita ma senza essere invadente. Le sue battute mi fanno sorridere.

Ce n'è una in particolare...
Ho l'abitudine quando entriamo in ascensore per andare via dall'albergo di chiedergli se è andato tutto bene, la sua risposta è sempre immancabilmente la stessa... la ditta commossa ringrazia...
La prima volta scoppiai in una sonora risata, poi è diventata un piacevole rituale cui non possiamo o forse non vogliamo sottrarci.

Lui parla ed io lo accarezzo.
È uno dei modi per stare vicini, nessuno dei due rinuncerebbe mai a questo momento.

Ma c'è stato un piccolo cambiamento.

Ha cominciato a discutere di cose quotidiane tipo la spesa il pagamento delle bollette le chiavi perse dal figlio e l'aver dovuto cambiare la serratura della porta per maggiore sicurezza...

Mi sono sentita una confidente come se avessi sceso un gradino nella scala dei sentimenti.
Dal posto superiore occupato dall'amante a quello inferiore occupato dall'amata.

Eppure fra noi non c'è mai stato alcun discorso d'amore.

Ho notato che ultimamente quando faccio battute tipo... me ne trovo un altro... (le solite frasi idiote che le donne dicono!) lui storce la bocca. Non ha mai detto di essere geloso, ma non l'ha mai nemmeno negato.

Ma...il mio solito ma che torna sempre da qualche parte a mettermi in allarme. La mia sensazione comunque è una punta di gelosia dovuta al possesso. Io sono sua e guai a chi mi tocca.
È questa l'idea che ho da un po' di tempo.

I suoi ... mi manchi... sono diventati ormai quotidiani.

Ho "pensato" molto a questo e.... se "penso" a lui... non so cosa "pensare"!

...mi manchi... si dice ad una persona quando il bisogno intellettivo diventa un bisogno fisico che prende allo stomaco.
Non è da intendere come un fattore sessuale, ma è il bisogno di averlo vicino la voglia di sentire il suo odore il suo profumo accarezzare i capelli sentire la sua voce guardarlo negli occhi avere quell'attimo di intimità che può essere anche soltanto una carezza o sfiorarsi le dita.

Per quanto mi suggerisce la mia conoscenza dell'animo maschile, adesso lui si sente solo. E si appoggia a me. Mi aspetto che prima o poi mi chieda qualcosa e allora cosa risponderò? Non voglio cambiare la mia vita. Perchè devo prendere una decisione?
Sms... Non sono riuscito a chiamarti. Ti chiamo domani. Mi manchi...
Eccolo il mio vecchietto... ancora mi manchi.
Ma è lui che sta cambiando o sono io?
L'altro giorno quando gli ho chiesto cosa avrebbe fatto durante la giornata fino a sera alla sua risposta non ho potuto non esclamare... ma sei un superuomo, non riuscirò mai a starti dietro...
... ma che dici dobbiamo arrivare insieme fino a 120 anni io e tu a 105...
INSIEME?
Ecco l'ha detto. Ma perchè l'ha detto?
Voglio solo essere un'amante senza obblighi nè futuro.

Ma perchè non può rimanere tutto come è cominciato... ricordo che io ero incerta insicura e lui mi disse... sono un tipo pragmatico... e a distanza di mesi ha cercato ancora di rassicurarmi... sei tu che non ti fidavi... quando ti ho conosciuto io ho seguito il mio istinto e il mio istinto non mi ha mai fatto sbagliare...

Beato lui! la mia strada invece è stata costellata di sbagli e di insuccessi di sogni invecchiati dimenticati in chissà quale cassetto della mia vita.

Come mai adesso non voglio decidere?

In fin dei conti non chiedo niente solo vederci una volta al mese.

Il mio cuore la mia mente è occupata da altro... da un altro.
Che situazione complessa!
Amo qualcuno e vado a letto con il vecchietto e altri due!
Ma sta succcedendo qualcosa.
Incontrarsi stare insieme qualche ora vuol dire avere desiderio di annusare la sua pelle il suo odore assaggiare il suo sapore... ed io ora questo non lo voglio più.
Domani gli dirò che vorrei rimanere così come stiamo adesso, chissà se accetterà?
Il fuoco si sta spengendo è tardi ed io sono stanca vado a letto... domani è un altro giorno.

venerdì 13 agosto 2010

SCEGLIERE ANCORA... (8)


Sono sveglia da tanto. Non riesco più a stare a letto.

Mi alzo una rapida occhiata e... sembra quasi che fra le lenzuola non ci sia stato nessuno.

Spesso è così potrei non rimettere a posto le coperte: il letto è intatto quando dormo.

Mentre vado in bagno ripenso a qualche giorno prima all'incontro con uno dei miei amanti, il terzo l'ultimo in ordine di tempo.

Giornalista... ci siamo conosciuti per caso alla presentazione di un libro, da una battuta è cominciato una serie di incontri.

Incontri silenziosi fatti di pochi minuti.

Nessuno dei due ha niente da dire o da chiedere. A nessuno dei due interessa chi è l'altro.
Eppure non ho bisogno fisicamente di un rapporto: ho Gibran ho il mio vecchietto che mi soddisfano ampiamente ognuno una volta al mese. E allora perchè anche il terzo?

Un incontro silenzioso niente parole.

Il letto rimane intatto. Quando esco dalla stanza sulle coperte nemmeno una piega, niente è stato toccato o buttato all'aria.

Un bacio all'inizio uno alla fine per salutarci credo che questo sia l'unico rumore che sento.

Mi preparo il caffè e il pane. Apro la porta al giorno che sta per iniziare.
Devo sistemare le poltrone in giardino.
L'alba... con il suo silenzio.
Un silenzio carico di suoni di carezze di promesse.

Che differenza!

I silenzi hanno tutti un loro vocabolario.
La stanza dove frettolosamente consumiamo il nostro rapporto non udrà mai parole mai confidenze mai sospiri di due amanti innamorati.

Non conoscerò mai che tipo d'uomo è, la mia impressione è quella di una persona tranquilla un carattere dolce. Ma sarà poi così o è solo quello che voglio vedere superficialmente?
Non ho nessuna esigenza di indagare.

Non so quanto dureranno i nostri appuntamenti mi sono chiusa alla sua conoscenza.
Chi fra gli uomini che ho incontrato si è mai interessato a me come persona?

Qualche domanda superficiale e mentre rispondevo la loro testa era già da qualche altra parte o già persa in altri discorsi. Quante volte la mia risposta è rimasta a metà. Perchè preoccuparsi di ascoltarmi? Come dice sempre un mio amico sono una donna ed è la peggior condanna che un essere umano possa avere.

Spesso poi non puoi fare una battuta o un'affermazione che subito appaiono nubi all'orizzonte e allora bisogna spiegare che non è stata detta con malizia e cattiveria.

Molte volte mi sono arrabbiata mandando a quel paese chi avevo davanti, ma accidenti non posso nemmeno parlare che viene tutto travisato.

Forse questa è la conclusione dell'indifferenza che ho ricevuto in regalo come amore?
La mia vendetta postuma?

Eppure quando parlo con un uomo con cui non ho nessun rapporto sentimentale mi ringraziano dell'amicizia e di aver arricchito le loro conoscenze, di aver iniziato un dialogo che non avevano mai avuto.

Ma nel momento in cui si altera questo equilibrio e inizia un cammino diverso ecco che il loro atteggiamento cambia. Dapprima cose impercettibili poi via via sempre più accentuate.

Quello che mi fa sentire sempre più emarginata è la mancanza di dialogo. Non parlano più con me, e mi accorgo che i loro discorsi vengono fatti con altri interlocutori.

Perchè tutto questo? Eppure le nostre conversazioni non sono state così numerose da poter affermare che avevamo esaurito ogni argomento.

Cosa è scattato in loro che li fa allontanare da me intellettualmente?
Oppure cosa ho fatto o detto perchè accade tutto questo?
Se il fine era solo quello di andare a letto non ho fatto la "verginella" pudìca e quindi il dialogo potrebbe continuare!

SMS... un aperitivo di 15 minuti?....

Sì un incontro di 15 minuti, tanto dura tra lo spogliarci il toccarsi e il rivestirci.
Perchè stancarmi a parlare a cercare di capire, ad indagare fare bella figura per fargli vedere che oltre questi 15 minuti c'è una donna con un cervello con un cuore con... una vita?

Incontro che potrebbe durare un po' di più, ma finchè non si parla e non si pronuncia nessuna frase che possa far iniziare un discorso d'amore va tutto bene. Il cuore è salvo.

Il dramma comincia se ci scambiamo qualche idea.
Le parole dette portano su un percorso preciso in cui si aprono i cancelli del sentimento.

Ed io adesso non ho voglia.
Mi chiedo se sto rinunciando a qualcosa di importante: allo studio di un uomo che forse vale la pena di essere osservato meglio.

Ma nessuno dei due approfondirà mai questa conoscenza.
Nessuno dei due si sentirà offeso, perchè dovrebbe?
I nostri incontri ci sono, brevi, qualche volta anche piacevoli.
Se così non fosse avrei chiuso da tanto.

Chi mi legge cosa pensa? ...Ma questa fa collezione d'amanti uno dietro l'altro....non le bastano mai... ecc ecc.
Non è collezione o elenco o raggruppamento o cosa uno voglia credere, è come un minatore che scava scava per trovare un filone d'oro, IL FILONE D'ORO puro il più grande quello che lo farà diventare ricco ma purtroppo spesso la ricerca di qualcuno che sia... si dimostra infruttuosa.

Avete mai pensato a cosa è un amante?

E' semplicemente il nostro specchio, quello che noi vediamo di noi stessi riflesso nell'altro nei suoi occhi nei gesti nelle parole, qualcuno che sembra noi. E chi non vuole avere un alter ego per affermare se stesso o per essere certo di esistere nella dimensione giusta?

Chi mi osserva non mi giudicherà in termini lusinghieri. Ma non importa.

Quando si supera l'imbarazzo del primo incontro si entra in una spirale dove avere un amante cambiarlo averne un altro e poi un altro ancora è come bere un bicchiere d'acqua nel deserto. Lascia la sensazione di avere sempre sete, perchè quell'acqua non sa di niente e il nostro corpo o meglio il nostro intelletto rimane all'asciutto.

Ma qui nella mia casa di montagna, nella casa-jungla come è stata ribattezzata, ci siamo solo mia figlia ed io.
Ricordo di avere lasciato quella bottiglia di Porto del 1978 nel mobile.

Il bicchiere dov'è? Eccolo... il camino illumina il mio viso e i miei pensieri esplodono come scintille.

mercoledì 11 agosto 2010

SCEGLIERE ANCORA... (7)


Stanotte sono andata a letto alle tre. Silenzio assoluto. La montagna è magica. I rumori bisogna inventarli. Anche oggi giornata intensa dalla mattina.

Non so nemmeno che giorno è. Ho abolito il calendario e l'orologio.
Mangio e dormo quando ne ho voglia. Voglio seguire i ritmi del mio corpo. La mente l'ho messa in letargo.

Il cuore e i sentimenti li ho lasciati in città.

Cerco di rimanere collegata con il cellulare e il computer, ma la voglia non c'è. Non c'è più nessun motivo per accendere il computer.

Qui sembra un mondo irreale fuori dal tempo e dallo spazio: i ritmi sono più lenti come se si fosse fermata ogni cosa e i minuti non passassero mai.

La mattina quando apro la finestre vedo le vicine in camicia da notte con la vestaglia che tolgono le foglie dalle piante intorno a casa. Come se non avessero niente da fare.

Eppure in città dal momento che mi sveglio non faccio altro che correre: non un attimo di respiro con l'orologio inesorabile che mi guarda e mi dice che il tempo è volato via... correre correre correre.

Qui invece ho troppo tempo a disposizione, come se le ore fossero diventate infinite: mi accorgo che faccio cose che in città non riuscirei e alla fine della giornata se le conto sono tante tantissime.
Forse è questo cadenzare lento come se niente e nessuno vivesse... tutto si muove nel vuoto.
Lo spazio-tempo di Einstein non esiste.

Fino a poco giorni fa mi preparavo ad affrontare la mia vita da sola con mia figlia, ma quell'atmosfera è scomparsa.

Pensate sia scomparsa da sola? Assolutamente no è stata accompagnata da tante rinunce, da persone che avrei voluto vicine.

Da un FORSE che è pesato come una montagna.

Mi sento gravata di responsabilità e di rinunce.

Per 24 ore vi prego regalatemi un giorno tutto per me senza responsabilità, ma soprattutto senza dover rinunciare a niente.

Un giorno con la persona che amo senza che la mia testa pensi ad altro.

Un solo giorno.

Poi la vita andrà avanti come vuole con la sua frusta il suo manganello il suo pungolo il suo nerbo.
Un giorno solo senza rinunce.

Solo per me.

Tre sms... mi manchi...

Due parole magiche... in altri momenti.

Sento la solitudine, ma riempio le mie giornate con i lavori che faccio dentro e fuori casa.

Quest'anno voglio stare sola senza nessuno che mi auti.
La casa è grande, ma mi sono organizzata: due stanze al giorno e alla fine della settimana ho fatto tutto. Ogni angolo è pulitissimo e in ordine.

Mia figlia comincia ad essere grande e le sue cose non sono più tanto in mezzo.

Oggi ho piantato la salvia e il rosmarino in un angolo delle scalette di pietra che portano alla legnaia. Quando mi sono girata ecco che cosa vedo che mi guarda con occhi famelici?

Uno scorpione o uno scarabeo cornuto-cervo nero grosso con due tenaglie ritte che mi fissava.
Chiamo mia figlia e lì è cominciata una discussione se quale dei due esseri immondi poteva essere (alla fine aveva ragione lei... era uno scarabeo). Le ho detto che non m'importava niente di che cosa era basta che mi lasciava in pace a continuare il mio lavoro. Nel frattempo ho ingaggiato una lotta all'ultima spinta con l'insetto che mi aveva afferrato un bastoncino che avevo e con questo volevo buttarlo giu dal muro. Insomma alla fine della "tenzone non ho toccato io" come diceva Cyrano de Bergerac ma ha vinto lui. Piccolo immondo brutto e nero e non sono riuscita a smuoverlo di un passo dalla sua posizione. Forte come un toro! E meno male che era lungo solo qualche centimetro!

Questo è il colmo devo anche combattere con gli animali.

Non bastano già gli uomini con i loro capricci?

domenica 8 agosto 2010

SCEGLIERE ANCORA... (6)



Un'altra giornata è finita.
Sembrava fosse andato tutto bene. Mi sono alzata presto ho cominciato le solite cose.


Ho pensato mille volte di accendere il pc per scrivere o per rispondere alla posta.

Poi qualcosa mi distraeva e mi lasciavo trasportare dal nuovo interesse.

Non mi sono mai fermata.

Mi sono scoperta giardiniere, falegname, boscaiolo, casalinga, mamma, muratore, imbianchino, idraulico, uomo anzi no donna di fatica (due passi e la lingua di fuori)...
Ho parlato con i vicini, è venuto anche il muratore per vedere i piccoli lavoretti che vorrei fare prima della fine del mese.

Mi sono ritenuta soddisfatta dei piccoli successi che ho ottenuto.

Ho preso accordi con un esercito di bambini per fare tutti insieme la pizza la prossima settimana.
Io compro la farina il lievito e naturalmente un elenco lunghissimo di cose da metterci sopra e loro m'insegnano a fare la pizza.
Perchè ho scoperto che non esiste un bambino che non abbia fatto la pizza con la mamma o con la nonna. Sono tutti espertissimi. Mentre invece io l'ho sempre comprata in pizzeria e l'ho mangiata! Mi sono persa il divertimento di farla da me.

Mia figlia decide di uscire.
Poco dopo mi chiamano che è caduta nel fiume: è completamente bagnata... ha perso le scarpe e invece di portarmela a casa quello che è suo padre biologico e quindi dovrebbe essere responsabile mi chiede cosa deve fare con la bambina completamente zuppa d'acqua.

Mi sono messa a urlare!

Un milione di motivi per cui l'avrei sbranato... perchè la bambina è fradicia e rischia una polmonite se non si asciuga subito (siamo in montagna a 900 mt e oggi è freddo!), ... è un fiume dove ci sono gli scarichi delle fogne del paese e rischia di prendere la lectospirosi, ... ha perso le scarpe, ... è lui che ce l'ha buttata perchè le ha dato una spinta, ... invece di chiamare non me l'ha portata subito a casa? perchè devo essere io sempre responsabile, attenta, non dormire o rinunciare a tutto e lui mai? perchè?...

Magari fosse finita qui. Quando sono arrivati urlavo come una strega con un filo di voce roca e oltre gli ultrasuoni, un filo di fiato che mi usciva dalla bocca, una voce che non era la mia... meno male che c'era da sistemare subito la bambina... doccia bollente, subito a letto con un po' di latte caldo e coperte addosso...


... altrimenti gli avrei scaricato addosso le pallottole dei quattro fucili e della carabina che possiedo.


Gli animali del bosco si sono nascosti per la paura! Intorno alla mia casa non si sentiva volare una mosca, avrei mangiata qualsiasi cosa come Polifemo.


Non sono ancora andata a letto perchè le tocco la fronte in continuazione dalle cinque di oggi pomeriggio a tutt'ora che sono le tre di notte e non dormirò fino a domattina ... a da passà 'a nuttata!


Tutta l'adrenalina del mondo accumulata nel giro di pochi secondi farà il miracolo di tenermi sveglia per giorni.


Spero che qualcuno capisca il mio stato d'animo. Quanti purtroppo hanno commesso l'errore di conoscere delle persone irresponsabili che non sanno cosa vuol dire essere marito/moglie o padre/madre?


Essere un genitore biologico non significa nulla, genitore si diventa con le nottate in bianco con l'accorgersi di guardare l'orologio almeno venti volte al minuto, di chiedere chi sono i compagni con cui esce, di interessarsi alle sue letture ai suoi giochi, guardare il proprio figlio dormire e accarezzarlo e sentire la sua pelle liscia con una lieve carezza... anteporre sempre e comunque il nostro piccolo al mondo intero.


Nessun figlio si ricorderà mai niente di tutto questo e come fare a descriverglielo? Ma noi genitori siamo GENITORI quando ci accorgiamo di alzare la voce, nell'arrabbiarsi e chiederci dove si sbaglia quando il bambino non capisce subito quello che vogliamo, oltre che volergli bene nello sperare che la vita sia magnanima e che gli risparmi ogni male, che le sue scelte siano dettate da una giusta causa.

Gli abbracci e i baci non significano nulla se non sono accompagnati dalla responsabilità di avere fra le mani un'altra vita da plasmare ma soprattutto da difendere.

Cosa ricorderà in futuro mia figlia che il padre le ha dato una spinta e l'ha fatta cadere nel fiume?

Quanto amore c'è nei bambini per non accorgersi di quello che noi adulti facciamo?

Preferisco che lei dimentichi tutto e non ricordi nulla. Così nella sua mente potrà solo immaginare e costruirsi un'infanzia come piace a lei.

Sono i nostri figli ad avere tanta pazienza con noi, perchè poi alla fine siamo noi che dovremo andare a lezione da loro. Entrare nel loro mondo che è migliore del nostro. Un mondo tutto da costruire e da immaginare.


Perchè non riusciamo più a vedere le cose dipinte di rosa o celeste o giallo?


Mia figlia a tre anni fece un disegno enorme con una bellissima casa un prato pieno di fiori colorati un cielo blu un grande sole che sorrideva..... tutto il disegno era colorato... meraviglioso.


Proteggiamo i nostri figli per istinto di conservazione della specie? forse... adesso non saprei spiegarlo.


So solo che nonostante spesso dico che stavo meglio prima, la cosa buffa è che non mi ricordo come stavo prima!

venerdì 6 agosto 2010

LA BILANCIA DEI BALEK


Nel paese dei miei nonni, la maggior parte delle persone viveva del
lavoro di gramolatura del lino. Da cinque generazioni respiravano la
polvere dei gambi spezzati; si lasciavano uccidere lentamente, razze
pazienti e serene che mangiavano formaggio di capra, patate e, qualche
volta, ammazzavano un coniglio. La sera filavano e lavoravano la lana
nelle loro stanzette, cantavano, bevevano infuso di foglie di menta ed
erano felici. Di giorno gramolavano il lino con vecchie macchine, in
mezzo alla polvere e al calore che veniva dalle stufe, senza nessun
riparo, perché i fili asciugassero presto. Nelle loro stanze c’era un
solo letto, fatto come un armadio che era riservato ai genitori e i
bambini dormivano intorno, su delle panche. La mattina, le camere
erano piene dell’odore della zuppa fatta di farina, grasso ed acqua,
la domenica c’era lo Sterz ed i visi dei bambini diventavano rossi di
gioia quando, in giorni particolarmente solenni, il nero caffè di
ghiande si tingeva di chiaro, sempre più chiaro per il latte che la
mamma sorridendo versava nelle loro grandi tazze.
I genitori andavano presto al lavoro: ai bambini si lasciavano da fare
le faccende di casa; loro spazzavano la stanzetta, mettevano in
ordine, lavavano i piatti e pelavano le patate, preziosi frutti
giallognoli di cui dovevano poi far vedere la buccia sottile per
dissipare il sospetto di essere stati sconsiderati o sciuponi. Se i
bambini avevano finito la scuola, dovevano andare nei boschi a
raccogliere funghi ed erbe, il mughetto di bosco, il timo, il kummel,
la menta e anche la digitale e in estate, quando avevano tagliato il
fieno dei loro campi, ne raccoglievano i fiori. Un pfennig, per un
chilo di fiori di fieno che in città, nelle farmacie si vendevano
venti pfennig il chilo, alle signore nervose. I funghi erano preziosi:
valevano venti pfennig il chilo e in città, nei negozi, si pagavano un
marco e venti. In autunno, quando l’umidità faceva spuntare i funghi
dalla terra, i bambini andavano lontano, nell’oscurità verde dei
boschi; quasi ogni famiglia aveva il suo posto segreto dove
raccoglieva i funghi, posti tramandati sottovoce di generazione in
generazione.I boschi appartenevano ai Balek e anche i maceri, ed i Balek avevano,
nel villaggio di mio nonno, un castello; la moglie del capofamiglia
aveva una sua stanzetta vicino alla cucina dove portavano il latte, in
cui si pesavano e pagavano i funghi, le erbe e i fiori del fieno. Là
sul tavolo c’era la grande bilancia dei Balek, un oggetto antico,
dipinto, pieno di ghirigori in bronzo dorato, davanti alla quale già
si erano presentati i nonni di mio nonno, coi cestini dei funghi e i
sacchetti dei fiori del fieno nelle loro manine sporche di bimbi. E
stavano attenti, ansiosi a guardare quanti pesi avrebbe messo sulla
bilancia la signora Balek perché la lancetta oscillante arrivasse
proprio al segno nero, questa sottile linea della giustizia che doveva
venir ridipinta ogni anno. La signora Balek prendeva poi il grosso
libro con il dorso di pelle marrone, scriveva il peso e pagava,
pfennig e groschea e di rado, molto di rado, un marco.
E quando mio nonno era bambino c’era un grosso vaso di caramelle di
arancio e di limone, di quelle che costavano un marco al chilo. Se la
signora Balek – moglie del capofamiglia e padrona – era di buon umore,
prendeva dal vaso una caramella e ne dava una per uno ai bambini ed i
visi dei bambini diventavano rossi di gioia, rossi come quando la
mamma in giorni particolarmente solenni versava il latte nelle loro
grandi tazze da caffè, il latte che faceva il caffè chiaro, sempre più
chiaro finché diventava biondo come le trecce delle ragazze.
Una delle leggi che i Balek avevano dato al villaggio era: nessuno
deve avere in casa una bilancia. La legge era vecchia tanto che
nessuno sapeva più quando e come essa fosse sorta, ma bisognava
rispettarla, perché chi la violava sarebbe stato licenziato dal lavoro
della gramolatura del lino, da lui non avrebbero più comprato né
funghi, né timo, né i fiori del fieno e la potenza dei Balek era tale
che anche nei villaggi vicini nessuno gli avrebbe dato lavoro né
comprato da lui le erbe del bosco.
Ma da quando i nonni di mio nonno avevano raccolto da bambini i funghi
e li avevano dati per pochi soldi perché nelle cucine della gente
ricca di Praga profumassero l’arrosto o potessero venir nascosti e
cotti in pasticci, da allora nessuno aveva pensato di violare questa
legge.Per la farina c’erano le misure di legno, le uova si potevano contare,
la roba filata misurare a braccia; del resto la vecchia bilancia dei
Balek coi ghirigori in bronzo dorato non faceva l’effetto di non
essere giusta e cinque generazioni avevano affidato alla sua
oscillante lancetta nera quanto avevano raccolto con zelo infantile
nel bosco. Fra queste persone silenziose ce n’erano anche alcune che
disprezzavano la legge, alcune più prepotenti che desideravano
ardentemente di guadagnare in una notte più di quanto potessero
guadagnare in un mese intero nella fabbrica di lino, ma neppure a una
di quelle sembrò fosse mai venuta l’idea di comprare o fabbricarsi una
bilancia.Mio nonno era il primo che fosse ardito abbastanza da controllare la
giustizia dei Balek che abitavano al castello, avevano due carrozze,
mantenevano un giovane del villaggio a studiare teologia nel seminario
di Praga, da cui ogni mercoledì il parroco andava per giocare ai
tarocchi. A Capodanno ricevevano la visita d’omaggio del capitano del
distretto con lo stemma del Kaiser sulla carrozza e il Kaiser li aveva
fatti nobili, a Capodanno del 1900.
Mio nonno era intelligente e diligente; continuò a cercare i funghi
nei boschi, come prima di lui avevano fatto i bambini della sua razza,
arrivando fino alla macchia dove, secondo la saga, abita Bilgan il
gigante che veglia sul tesoro dei Balder.
Mio nonno non aveva paura di Bilgan: penetrava nella macchia già da
ragazzino, portava a casa gran bottino di funghi, trovava addirittura
tartufi che la signora Balek calcolava trenta pfennig ogni mezzo
chilo. Mio nonno annotava sul retro di un foglio di calendario tutto
quello che portava ai Balek: ogni mezzo chilo di funghi, ogni grammo
di timo e con la sua scrittura infantile scriveva a destra quello che
aveva ricevuto: da sette a dodici anni scarabocchiò con la sua
scrittura incerta ogni pfennig e quando ebbe dodici anni, venne l’anno
1900 ed i Balek regalarono ad ogni famiglia del villaggio, perché il
Kaiser li aveva fatti nobili, centoventicinque grammi di caffè vero,
di quello che viene dal Brasile: agli uomini birra gratis e anche
tabacco. Al castello ci fu una gran festa, molte carrozze sostavano nel viale
di pioppi che porta dall’ingresso al castello. Il giorno prima della
festa venne distribuito il caffè nella piccola stanza in cui stava,
già da quasi cent’anni, la bilancia dei Balek, che adesso si
chiamavano Balek von Bilgan perché, secondo la saga, Bilgan il gigante
avrebbe dovuto avere un gran castello là dove c’erano le case dei
Balek. Mio nonno mi ha raccontato spesso come fosse andato, dopo la
scuola, a prendere il caffè per quattro famiglie: per i Cech, i
Weidler, i Wohla e per la sua, i Brücher. Era il pomeriggio prima di
San Silvestro, bisognava adornare le stanze, fare i dolci e non si
voleva rinunciare a quattro ragazzini in una volta, far fare a
ciascuno la strada fino al castello per prendere centoventicinque
grammi di caffè. E così mio nonno stava seduto sulla stretta panca di
legno, nella piccola stanza dei Balek e si faceva contare da Gertrud,
la ragazza di servizio, i pacchetti già fatti da centoventicinque
grammi; quattro pacchetti, e guardava la bilancia sul cui piatto di
sinistra era rimasto il peso da mezzo chilo. La signora Balek von
Bilgan era occupata nei preparativi della festa. Quando Gertrud volle
prendere il vaso delle caramelle per darne una a mio nonno, si accorse
che era vuoto: veniva riempito una volta all’anno, ne conteneva un
chilo, di quelle da un marco.
Gertrud disse ridendo: — Aspetta, prendo quelle nuove, — e mio nonno
restò davanti alla bilancia con i quattro pacchetti da
centoventicinque grammi che erano stati impacchettati e incollati alla
fabbrica, restò davanti alla bilancia su cui qualcuno aveva lasciato
il peso da mezzo chilo e mio nonno prese i quattro pacchetti, li mise
nel piatto vuoto della bilancia e il suo cuore batté forte quando vide
che la lancetta della giustizia rimaneva a sinistra del segno, che il
piatto con il peso da mezzo chilo restava in basso e il mezzo chilo di
caffè restava in aria, abbastanza in alto. Il suo cuore batté più
forte, come se nel bosco, dietro un cespuglio, avesse aspettato Bilgan
il gigante: cercò nelle tasche dei sassolini che portava sempre con sé
per tirare con la fionda agli uccelli che beccavano i cavoli di sua
madre – tre, quattro, cinque sassolini dovette mettere vicino ai
pacchetti di caffè perché il piatto della bilancia con il peso da
mezzo chilo si alzasse e finalmente l’ago della bilancia coincidesse
esattamente con la lineetta nera. Mio nonno prese il caffè dalla
bilancia, avvolse i cinque sassolini nel suo fazzoletto e quando
Gertrud ritornò con il grosso sacchetto pieno di caramelle, che doveva
bastare un altro anno a far diventare rossi di gioia i volti dei
bambini, e rovesciò nel vaso le caramelle – che sembrarono una
gragnuola – il ragazzino pallido era ancora là e sembrava che non
fosse cambiato nulla. Mio nonno prese soltanto tre pacchetti, e
Gertrud guardò stupita e spaventata il ragazzino pallido che buttò la
caramella per terra, la calpestò e poi disse:— Voglio parlare con la signora Balek.
— Balek von Bilgan, prego, — disse Gertrud.
— Bene, Balek von Bilgan, — ma Gertrud rise e lui tornò al villaggio
nel buio, portò il caffè ai Cech, ai Weidler, e ai Wohla il loro caffè
e diede ad intendere che doveva ancora andare dal Parroco. Invece, coi
suoi cinque sassolini nel fazzoletto, camminò nel buio della notte.
Bisognò che camminasse molto prima di trovare chi avesse una bilancia,
chi potesse averla. Nei villaggi di Blaugau e di Bernau non c’era
nessuno che ne avesse una, lo sapeva, e li attraversò, finché dopo due
ore di marcia non arrivò nella piccola cittadina di Dielheim dove
abitava il farmacista Honig.
Dalla casa di Honig veniva il profumo di frittelle calde e il fiato di
Honig, quando aperse la porta al ragazzino intirizzito odorava già di
punch. Egli aveva fra le labbra sottili il sigaro bagnato, trattenne
per un attimo le mani fredde del ragazzino e chiese:
— Beh, i polmoni di tuo padre sono peggiorati?
— No, non vengo per la medicina, volevo...
— Mio nonno slegò il fazzoletto, tirò fuori i cinque sassolini, li tese a Honig e disse:
—Vorrei che mi pesaste questi. — Guardò impaurito nel viso di Honig e
poiché Honig non diceva niente, non si arrabbiava e nemmeno domandava
qualcosa, mio nonno disse: — È quello che manca alla giustizia. — Mio
nonno si accorse allora, entrando nella stanza riscaldata quant’erano
bagnati i suoi piedi. La neve era entrata nelle sue scarpe povere e
nel bosco i rami avevano scosso su di lui la neve che adesso si
scioglieva, e lui era stanco, e aveva fame e cominciò improvvisamente
a piangere perché gli vennero in mente tutti i funghi, le erbe
aromatiche e i fiori che erano stati pesati sulla bilancia in cui
cinque sassolini mancavano al peso giusto. E quando Honig, scuotendo
la testa, con i cinque sassolini in mano, chiamò sua moglie, nella
mente di mio nonno passarono le generazioni dei suoi genitori, dei
suoi nonni, che avevano dovuto lasciare tutti i loro funghi, tutti i
loro fiori sulla bilancia, fu sommerso come da una grande ondata di
ingiustizia e cominciò a piangere ancora più forte. Si sedette, senza
che nessuno glielo dicesse, su una delle seggiole nella stanza di
Honig, non vide nemmeno le frittelle, la tazza di caffè caldo che la
buona e grassa signora Honig gli aveva messo davanti, e smise di
piangere solo quando Honig ritornò dal negozio e scuotendo i sassolini
nella mano, disse a sua moglie:— Cinquantacinque grammi esatti. —
Mio nonno ritornò indietro per il
bosco, due ore e mezza di cammino; a casa si lasciò bastonare, tacque
e quando gli chiesero del caffè non disse una parola; per tutta la
sera fece i conti sul suo foglietto, su cui aveva annotato tutto
quello che aveva consegnato alla signora Balek von Bilgan e quando
suonò mezzanotte e dal castello si sentirono gli scoppi dei petardi e
in tutto il villaggio urla e tintinnio di sonagli, dopo che la
famiglia si era abbracciata e baciata, disse nel silenzio che seguiva
il nuovo anno: — I Balek mi devono diciotto marchi e trentadue
pfennig. — E pensava di nuovo ai molti bambini del villaggio, pensava
a suo fratello Fritz, che aveva raccolto tanti funghi, pensava a sua
sorella Ludmilla, pensava alle centinaia di bambini tutti che avevano
raccolto funghi per i Balek, erbe aromatiche e fiori di fieno e questa
volta non pianse, ma raccontò invece ai genitori e ai fratelli la sua
scoperta. Quando i Balek von Bilgan, il primo dell’anno andarono in chiesa per
l’ufficio solenne con il nuovo stemma – un gigante accovacciato sotto
un abete – in blu e oro già sulla carrozza, videro che la gente li
fissava con visi duri sbiancati e pallidi. Al villaggio, si erano
aspettati ghirlande, la mattina un saluto musicale, gridi di evviva e
di giubilo, ma il villaggio, mentre lo attraversavano, sembrava morto,
e in chiesa si volgevano contro di loro i pallidi visi della gente,
muti e nemici. Quando il parroco sali sul pulpito per tenere la
predica solenne, senti la freddezza dei visi di solito così tranquilli
e sereni, raffazzonò a fatica la sua predica e tornò all’altare
grondante di sudore. E quando i Balek von Bilgan dopo la messa
abbandonarono la chiesa passarono attraverso una schiera di visi muti
e pallidi. La giovane signora Balek von Bilgan si fermò però davanti
alle panche dei bambini, cercò il viso di mio nonno, il piccolo,
pallido Franz Brücher, e gli domandò, in chiesa:
— Perché non hai preso il caffè per tua madre?
- Perché Lei mi deve tanti soldi quanti ne bastano per cinque chili di
caffè. — E tirò fuori dalla tasca i cinque sassolini, li tese alla
giovane signora e disse: — Così tanto, cinquantacinque grammi mancano
ad un mezzo chilo della Sua giustizia. — E prima ancora che la signora
potesse dire qualcosa gli uomini e le donne, in chiesa intonarono il
canto: “O Signore, la giustizia della terra ti ha ucciso...”
Mentre i Balek erano in chiesa, Wilhelm Wohla, il prepotente, era
entrato nella piccola stanza, aveva rubato la bilancia e il grosso
libro pesante rilegato in pelle, in cui era annotato ogni chilo di
funghi, ogni chilo di fiori di fieno, tutto quanto era stato comprato
dai Balek nel villaggio. L’intero pomeriggio di Capodanno gli uomini
del villaggio restarono nella stanza dei miei bisnonni e contarono,
contarono contarono un decimo di tutto quello che era stato comprato,
ma quando ebbero contate molte migliaia di talleri e non erano ancora
arrivati alla fine, vennero i gendarmi del capitano del distretto,
entrarono sparando e pungendo di baionetta nella stanza dei miei
bisnonni e ripresero con la forza la bilancia e il libro. La sorella
di mio nonno, la piccola Ludmilla, venne uccisa, furono feriti un paio
di uomini e uno dei gendarmi venne pugnalato da Wilhelm Wohla, il
prepotente.La sommossa non fu solo nel nostro villaggio, ma anche a Blaugau e a
Bernau e per una settimana non si lavorò nelle fabbriche di lino.
Vennero molti gendarmi e gli uomini e le donne furono minacciati di
prigione e i Balek costrinsero il parroco a mostrare pubblicamente
nella scuola la bilancia e a dimostrare che l’ago della giustizia
oscillava come doveva. E gli uomini e le donne tornarono nelle
fabbriche di lino, ma nessuno andò a scuola per vedere il parroco: era
solo triste e indifeso, con i suoi pesi, la bilancia e i sacchetti del
caffè. I bambini raccolsero ancora funghi, raccolsero ancora timo,
fiori di fieno e digitale, ma ogni domenica, appena i Balek entravano
chiesa, si intonava: “O Signore, la giustizia della terra, ti ha
ucciso” finché il capitano del distretto non fece bandire in tutti i
villaggi che era proibito cantare questo inno. I genitori di mio nonno
dovettero lasciare il villaggio, la tomba fresca della loro piccola:
si misero a intrecciare cesti di vimini, non restarono a lungo in
nessun luogo perché li addolorava vedere come dappertutto il pendolo
della giustizia battesse falso e sbagliato.
Dietro il carro che strisciava lentamente sulla strada, si tiravano
dietro le loro magre capre e chi passava vicino al carro poteva
sentire qualche volta dentro cantare: “O Signore, la giustizia della
terra ti ha ucciso”. Chi li voleva ascoltare poteva sentire la storia
dei Balek von Bilgan alla cui giustizia mancava un decimo. Ma quasi
nessuno li stava a sentire.

Gesammelte Erzählungen von Heinrich Böll

Traduzione di Lea Ritter Santini
da
Racconti umoristici e satirici

mercoledì 4 agosto 2010

SCEGLIERE ANCORA...(5)





Mia figlia, 10 anni.
È alta quasi quanto me, sta crescendo e non solo fisicamente.
Ride sempre e non riesce a tenere il broncio a lungo.
Me la trovo spesso vicino mi abbraccia e mi soffoca e vuole baci baci in continuazione.
Quante volte non avevo voglia poi penso che non è giusto, che una mamma non è mai stanca non è mai triste o delusa che deve sempre essere pronta a rispondere e insegnare.
Noi genitori abbiamo un codice deontologico non scritto che ci lega per la vita.
Quante volte ho fatto forza su me stessa per assumere un tono deciso per rimproverarla o per farle capire qualcosa.
Mi accorgo che la voce non mi parte più dalla gola ma dallo stomaco come se il mio essere facesse uno sforzo tremendo per trovare quelle parole che servono.
Mia figlia è bella, molti lo dicono e sottolineano che assomiglia a me.
Ogni giorno che passa mi accorgo di fare sempre più fatica a starle dietro.
C'è chi m'invidia, alcune volte invece sono io che invidio chi non ha questa responsabilità. Esce entra è solo può gestire il suo tempo come vuole.
I nostri piccoli, invece, sono gli unici tra tutte le razze animali che non riescono ad essere autosufficienti da soli per molti anni. E quindi le nostre responabilità sono centuplicate per tutto il tempo che stanno con noi.
Mangiare dormire la scuola le riunioni i compleanni i libri le letture la ginnastica le amichette i vestiti le scarpe... le scarpeeeeeeeeeeeee quelle non bastano mai.....
Ho sempre avuto un carattere un po' egoistico e mia figlia ha messo il coltello nella piaga. Mi sono dovuta ritagliare spazi impensabili, non ho più il tempo che avevo prima o almeno quando lo voglio io.
Devo adattare le mie voglie alle sue esigenze e ai suoi capricci.
Non so come mi ricorderà se per gli abbracci e i baci o i rimproveri e le idee di rispetto e libertà che cerco di insegnarle.
I baci le carezze rimangono solo nel ricordo della persona che le ha ricevute io invece vorrei che i miei insegnamenti si prolungassero nel tempo.
Non monumenti o ricorrenze, ma nel ramo della famiglia che continuerà con i figli di mia figlia.
Questo è il modo giusto per farsi ricordare.
Le sensazioni fisiche svaniscono e rimangono solo negli angoli della nostra mente, bellissime è vero, ma solo emozioni che vengono fuori con un gesto o una musica o un colore.
Le idee di libertà di rispetto per gli altri la compassione l'amore e la voglia di dare aiuto a chi ne ha bisogno è questo quello che vorrei che rimanesse.
Non importa che i sentimenti siano un'invenzione degli uomini. Io ne ho bisogno per me stessa, io ho bisogno di amare di sentirmi viva con l'amore e con il dolore.
Lo sforzo che facciamo noi mamme è tremendo.
Cosa si ricorderà di me?
Stanotte è venuta a dormire con me, anche in montagna abbiamo tutte e due un letto grande. Ma secondo lei dorme meglio nel mio più che nel suo.
Eppure vi assicuro che il materasso e la rete sono uguali. Sono pignola in questo e che sia mio o suo non fa differenza le caratteristiche devono essere identiche.
Rete e materasso duri come fossero il pavimento.
Come mi ricorderà mia figlia?
Sicuramente come una donna forte indipendente che non ha mai piegato la testa affrontando sempre da sola tutte le conseguenze personali ed emotive.
Cosa porterà dentro di sè?
Che la vita è stata è e sarà sempre una strada. Ad ogni passo c'è da scegliere se fare del bene o del male, e non si può mai tornare indietro, che la strada dietro di noi ad ogni passo sparisce lasciando il vuoto.
Cosa ricorderà quando sarà grande e magari leggerà quello che sto scrivendo?
Che sua madre ha amato, ma che non ha mai conosciuto l'amore di un uomo?
Solo parole tante che le hanno fatto male.
Ma anche nell'ipocrisia amare non è mai fine a se stesso, serve come speranza per il futuro.
Quello che sto scrivendo e che scriverò sono i miei pensieri che ritroverà e saranno il seme da far germogliare.
Tra poco mi alzerò con il mal di schiena, ho passato la notte a dormire sull'orlo del letto perchè mia figlia se ne è impossessata per quanto è grande.
Stasera chiuderò a chiave per non farla entrare!
Ma lo farò davvero?

Un giorno dissi ad un uomo... mia figlia è anche tua figlia...

Perchè non ricordo nemmeno uno dei miei amanti? Perchè nessuno di loro mi ha dato niente intellettualmente.
Per farsi ricordare non sono importanti abbracci carezze o baci ma idee sono quelle che lui potrebbe darmi da trasmetterle.

E allora, solo e veramente solo allora, sarà sicuro che il suo ricordo durerà per sempre.

lunedì 2 agosto 2010

SCEGLIERE ANCORA...(4)


Esco fuori nell'orto, quest'anno non c'è niente. Solo erba alta.

Devo decidermi a comprare un tagliaerba. Finora mi sono fidata di un signore che abita qui vicino.
Quest'anno la stagione invernale è stata troppo lunga ed io non ho comprato nessun seme per far crescere qualcosa.

Rimpiango di non avere i pomodori, quelli belli rossi profumati che la mattina trovavo sul tavolo di cucina.
D'agosto pane e pomodoro per colazione, che meraviglia. Il profumo che m'inebriava mentre lo portavo alla bocca .

Due fette di pane cotto al forno, pomodori "sdrusciati" sopra, poi a fette un pizzico di sale olio quando mi ricordo una foglia di basilico e infine l'altra fetta sopra. Un bel panino e poi un caffè, il famoso caffè fatto sulla stufa a legna.

La mattina quando mi alzo alle 5 sono io che accendo il fuoco.

Sono diventata un'esperta.

Pulisco bene il camino dalla cenere, poi metto gli stecchini poi dei legnetti più grossi e poi nel mezzo bene in posizione un "dadino" per accendere il fuoco. Quando il tutto è ben infiammato altra legna più grossa. Come la sera anche la mattina, prima che mia figlia si svegli e comincino i suoi "rumori", mi sdraio sul divano a guardare il fuoco e gustarmi il primo o... il secondo caffè?

Mi distendo, voglio che la mia mente segua i suoi pensieri.

Sento il caldo del fuoco il suo abbraccio.

L'alba sta illuminando tutto. Avete fatto caso come i primi raggi sono preceduti da un leggero vento gelido? vi accarezza la pelle, dura appena appena un attimo e voi avete un brivido di freddo, poi cessa all'improvviso perchè il sole vi baci sul viso con il suo calore?

Quel brivido!... desiderato tante volte fra le braccia di un uomo.

Quanti sono stati così bravi da provocarmelo?

Quanti?

La mente è una cattiva consigliera, spesso un'amica infida gelosa delle proprie idee o pensieri, invidiosa di se stessa e del corpo in cui abita.

Comincia a pensare a quanto sarà bello poter essere sdraiata con un uomo o meglio quell'uomo che è stato scelto in quel momento. Le sue carezze i suoi baci gli abbracci che fanno perdere il senso del tempo e della volontà. E poi...

Poi la realtà. Uomini che consumano rapporti frettolosi come quando bevono un caffè. Uomini distratti che non hanno occhi per vedere se con loro c'è una donna bionda o bruna. Uomini con la voglia del tradimento solo per il gusto di fare una cosa proibita, ma senza la minima conoscenza del gusto.
Quando esco da quella camera non sono stata toccata... nessun uomo ha accarezzato la mia pelle nessun uomo mi ha violato.

Quanti sono così? quanti racchiusi nella presunzione di essere stati "potenti"?
Rapporti così non sprecano parole, rapporti così sono silenziosi non danno niente ed io non voglio niente. Nemmeno un ricordo.
Prendo il terzo caffè della mattina, chissà perchè qui in montagna ne posso bere anche sette od otto al giorno che non mi danno noia.

Il pensiero va ad un solo uomo.

Come mai non ricordo i volti degli altri? Se fisso lo specchio vedo qualcuno dietro di me i suoi capelli neri gli occhi penetranti che però non guardano... ma senza volto.

Lo vedo dietro come a proteggermi o davanti a me?

...Io sono il tuo specchio e tu sei il mio. Se uno dei due va via l'altro rimane solo, solo davanti a niente a chiedersi cosa c'è al di là cosa c'è oltre lo specchio del mondo che non vede...

Odio gli specchi li ho sempre odiati, ma non perchè riflettono la mia immagine.

Il mio volto è piacevole a vedersi, perchè non dovrebbe esserlo?

In casa, in ogni casa ho solo lo specchio nel bagno.

"Una donna bella non serve a niente soprattutto a se stessa, la donna intelligente è questo quello che ti farà essere qualcuno...." ecco cosa mi disse mio padre quando cominciai a capire "qualcosa".

Aveva ragione lui?

A distanza di anni non sono più tanto sicura.

La mia intelligenza mi ha aiutato a superare i fantasmi della mia mente, le illusioni che mi sono creata, i sogni invecchiati nel cassetto, la realtà che mi ha colpito spesso?

Sono sana è quello che mi ripeto sempre, ed è la più grande fortuna che possa capitare adesso in questo mondo che raffina ogni giorno di più le malattie come volesse selezionare... una razza malata?

Siamo diversi dagli insetti dagli animali in generale. Quando noi inventiamo un veleno per distruggerli ecco che viene fuori un numero di individui fortificati contro la nuova aggressione e si riproducono a dispetto nostro e dei nostri sforzi per combatterli.

Invece noi uomini ci ammaliamo con patologie sempre più raffinate come fossimo cavie di laboratorio!

Non abbiamo la capacità di adattarci alle situazioni assurde per sopravvivere come fanno i topi, ma andiamo incontro allegramente al suicidio di massa.

Sono sana è questo quello che dico spesso, sono fortunata.

Se per adesso lo sono ci sarà un perchè.

Quale prova devo ancora affrontare quale scelta mi si chiede ancora?

Il giorno è iniziato, mia figlia si è svegliata: sento i suoi piedini che camminano leggeri sul legno per farmi una sorpresa.

Ok, prepariamoci... tra poco avrò la casa invasa da una massa di bambini.