SOLO QUELLI CHE SONO COSI' FOLLI DA PENSARE DI CAMBIARE IL MONDO, LO CAMBIANO DAVVERO (A.Einstein)

PER TUTTI
Questo blog non rappresenta una testata giornalistica poiché viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62/2001. Le immagini pubblicate sono quasi tutte tratte da Internet e quindi valutate di pubblico dominio (è consentita la libera pubblicazione attraverso la rete internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro).
Gli amministratori dichiarano di non essere responsabile per i commenti inseriti nei post.
Eventuali commenti dei lettori, lesivi dell'immagine o dell'onorabilità di persone terze non sono da attribuirsi all'autore, nemmeno se il commento viene espresso in forma anonima o criptata.
Inoltre qualsiasi racconto o storia che viene scritto non fa riferimento nè a persone nè a luoghi. É solo frutto di fantasia. La vita, la realtà purtroppo accomuna nei fatti molte persone, ma niente è riferito a qualcuno in particolare.
In fine gli amministratori si riservano il diritto di cancellare tutti i commenti che ritengono non opportuni e contro lo spirito dell'informazione, commenti quindi scritti solo per creare confusione.


per info:gold.indi@gmail.com

mercoledì 11 agosto 2010

SCEGLIERE ANCORA... (7)


Stanotte sono andata a letto alle tre. Silenzio assoluto. La montagna è magica. I rumori bisogna inventarli. Anche oggi giornata intensa dalla mattina.

Non so nemmeno che giorno è. Ho abolito il calendario e l'orologio.
Mangio e dormo quando ne ho voglia. Voglio seguire i ritmi del mio corpo. La mente l'ho messa in letargo.

Il cuore e i sentimenti li ho lasciati in città.

Cerco di rimanere collegata con il cellulare e il computer, ma la voglia non c'è. Non c'è più nessun motivo per accendere il computer.

Qui sembra un mondo irreale fuori dal tempo e dallo spazio: i ritmi sono più lenti come se si fosse fermata ogni cosa e i minuti non passassero mai.

La mattina quando apro la finestre vedo le vicine in camicia da notte con la vestaglia che tolgono le foglie dalle piante intorno a casa. Come se non avessero niente da fare.

Eppure in città dal momento che mi sveglio non faccio altro che correre: non un attimo di respiro con l'orologio inesorabile che mi guarda e mi dice che il tempo è volato via... correre correre correre.

Qui invece ho troppo tempo a disposizione, come se le ore fossero diventate infinite: mi accorgo che faccio cose che in città non riuscirei e alla fine della giornata se le conto sono tante tantissime.
Forse è questo cadenzare lento come se niente e nessuno vivesse... tutto si muove nel vuoto.
Lo spazio-tempo di Einstein non esiste.

Fino a poco giorni fa mi preparavo ad affrontare la mia vita da sola con mia figlia, ma quell'atmosfera è scomparsa.

Pensate sia scomparsa da sola? Assolutamente no è stata accompagnata da tante rinunce, da persone che avrei voluto vicine.

Da un FORSE che è pesato come una montagna.

Mi sento gravata di responsabilità e di rinunce.

Per 24 ore vi prego regalatemi un giorno tutto per me senza responsabilità, ma soprattutto senza dover rinunciare a niente.

Un giorno con la persona che amo senza che la mia testa pensi ad altro.

Un solo giorno.

Poi la vita andrà avanti come vuole con la sua frusta il suo manganello il suo pungolo il suo nerbo.
Un giorno solo senza rinunce.

Solo per me.

Tre sms... mi manchi...

Due parole magiche... in altri momenti.

Sento la solitudine, ma riempio le mie giornate con i lavori che faccio dentro e fuori casa.

Quest'anno voglio stare sola senza nessuno che mi auti.
La casa è grande, ma mi sono organizzata: due stanze al giorno e alla fine della settimana ho fatto tutto. Ogni angolo è pulitissimo e in ordine.

Mia figlia comincia ad essere grande e le sue cose non sono più tanto in mezzo.

Oggi ho piantato la salvia e il rosmarino in un angolo delle scalette di pietra che portano alla legnaia. Quando mi sono girata ecco che cosa vedo che mi guarda con occhi famelici?

Uno scorpione o uno scarabeo cornuto-cervo nero grosso con due tenaglie ritte che mi fissava.
Chiamo mia figlia e lì è cominciata una discussione se quale dei due esseri immondi poteva essere (alla fine aveva ragione lei... era uno scarabeo). Le ho detto che non m'importava niente di che cosa era basta che mi lasciava in pace a continuare il mio lavoro. Nel frattempo ho ingaggiato una lotta all'ultima spinta con l'insetto che mi aveva afferrato un bastoncino che avevo e con questo volevo buttarlo giu dal muro. Insomma alla fine della "tenzone non ho toccato io" come diceva Cyrano de Bergerac ma ha vinto lui. Piccolo immondo brutto e nero e non sono riuscita a smuoverlo di un passo dalla sua posizione. Forte come un toro! E meno male che era lungo solo qualche centimetro!

Questo è il colmo devo anche combattere con gli animali.

Non bastano già gli uomini con i loro capricci?

domenica 8 agosto 2010

SCEGLIERE ANCORA... (6)



Un'altra giornata è finita.
Sembrava fosse andato tutto bene. Mi sono alzata presto ho cominciato le solite cose.


Ho pensato mille volte di accendere il pc per scrivere o per rispondere alla posta.

Poi qualcosa mi distraeva e mi lasciavo trasportare dal nuovo interesse.

Non mi sono mai fermata.

Mi sono scoperta giardiniere, falegname, boscaiolo, casalinga, mamma, muratore, imbianchino, idraulico, uomo anzi no donna di fatica (due passi e la lingua di fuori)...
Ho parlato con i vicini, è venuto anche il muratore per vedere i piccoli lavoretti che vorrei fare prima della fine del mese.

Mi sono ritenuta soddisfatta dei piccoli successi che ho ottenuto.

Ho preso accordi con un esercito di bambini per fare tutti insieme la pizza la prossima settimana.
Io compro la farina il lievito e naturalmente un elenco lunghissimo di cose da metterci sopra e loro m'insegnano a fare la pizza.
Perchè ho scoperto che non esiste un bambino che non abbia fatto la pizza con la mamma o con la nonna. Sono tutti espertissimi. Mentre invece io l'ho sempre comprata in pizzeria e l'ho mangiata! Mi sono persa il divertimento di farla da me.

Mia figlia decide di uscire.
Poco dopo mi chiamano che è caduta nel fiume: è completamente bagnata... ha perso le scarpe e invece di portarmela a casa quello che è suo padre biologico e quindi dovrebbe essere responsabile mi chiede cosa deve fare con la bambina completamente zuppa d'acqua.

Mi sono messa a urlare!

Un milione di motivi per cui l'avrei sbranato... perchè la bambina è fradicia e rischia una polmonite se non si asciuga subito (siamo in montagna a 900 mt e oggi è freddo!), ... è un fiume dove ci sono gli scarichi delle fogne del paese e rischia di prendere la lectospirosi, ... ha perso le scarpe, ... è lui che ce l'ha buttata perchè le ha dato una spinta, ... invece di chiamare non me l'ha portata subito a casa? perchè devo essere io sempre responsabile, attenta, non dormire o rinunciare a tutto e lui mai? perchè?...

Magari fosse finita qui. Quando sono arrivati urlavo come una strega con un filo di voce roca e oltre gli ultrasuoni, un filo di fiato che mi usciva dalla bocca, una voce che non era la mia... meno male che c'era da sistemare subito la bambina... doccia bollente, subito a letto con un po' di latte caldo e coperte addosso...


... altrimenti gli avrei scaricato addosso le pallottole dei quattro fucili e della carabina che possiedo.


Gli animali del bosco si sono nascosti per la paura! Intorno alla mia casa non si sentiva volare una mosca, avrei mangiata qualsiasi cosa come Polifemo.


Non sono ancora andata a letto perchè le tocco la fronte in continuazione dalle cinque di oggi pomeriggio a tutt'ora che sono le tre di notte e non dormirò fino a domattina ... a da passà 'a nuttata!


Tutta l'adrenalina del mondo accumulata nel giro di pochi secondi farà il miracolo di tenermi sveglia per giorni.


Spero che qualcuno capisca il mio stato d'animo. Quanti purtroppo hanno commesso l'errore di conoscere delle persone irresponsabili che non sanno cosa vuol dire essere marito/moglie o padre/madre?


Essere un genitore biologico non significa nulla, genitore si diventa con le nottate in bianco con l'accorgersi di guardare l'orologio almeno venti volte al minuto, di chiedere chi sono i compagni con cui esce, di interessarsi alle sue letture ai suoi giochi, guardare il proprio figlio dormire e accarezzarlo e sentire la sua pelle liscia con una lieve carezza... anteporre sempre e comunque il nostro piccolo al mondo intero.


Nessun figlio si ricorderà mai niente di tutto questo e come fare a descriverglielo? Ma noi genitori siamo GENITORI quando ci accorgiamo di alzare la voce, nell'arrabbiarsi e chiederci dove si sbaglia quando il bambino non capisce subito quello che vogliamo, oltre che volergli bene nello sperare che la vita sia magnanima e che gli risparmi ogni male, che le sue scelte siano dettate da una giusta causa.

Gli abbracci e i baci non significano nulla se non sono accompagnati dalla responsabilità di avere fra le mani un'altra vita da plasmare ma soprattutto da difendere.

Cosa ricorderà in futuro mia figlia che il padre le ha dato una spinta e l'ha fatta cadere nel fiume?

Quanto amore c'è nei bambini per non accorgersi di quello che noi adulti facciamo?

Preferisco che lei dimentichi tutto e non ricordi nulla. Così nella sua mente potrà solo immaginare e costruirsi un'infanzia come piace a lei.

Sono i nostri figli ad avere tanta pazienza con noi, perchè poi alla fine siamo noi che dovremo andare a lezione da loro. Entrare nel loro mondo che è migliore del nostro. Un mondo tutto da costruire e da immaginare.


Perchè non riusciamo più a vedere le cose dipinte di rosa o celeste o giallo?


Mia figlia a tre anni fece un disegno enorme con una bellissima casa un prato pieno di fiori colorati un cielo blu un grande sole che sorrideva..... tutto il disegno era colorato... meraviglioso.


Proteggiamo i nostri figli per istinto di conservazione della specie? forse... adesso non saprei spiegarlo.


So solo che nonostante spesso dico che stavo meglio prima, la cosa buffa è che non mi ricordo come stavo prima!

venerdì 6 agosto 2010

LA BILANCIA DEI BALEK


Nel paese dei miei nonni, la maggior parte delle persone viveva del
lavoro di gramolatura del lino. Da cinque generazioni respiravano la
polvere dei gambi spezzati; si lasciavano uccidere lentamente, razze
pazienti e serene che mangiavano formaggio di capra, patate e, qualche
volta, ammazzavano un coniglio. La sera filavano e lavoravano la lana
nelle loro stanzette, cantavano, bevevano infuso di foglie di menta ed
erano felici. Di giorno gramolavano il lino con vecchie macchine, in
mezzo alla polvere e al calore che veniva dalle stufe, senza nessun
riparo, perché i fili asciugassero presto. Nelle loro stanze c’era un
solo letto, fatto come un armadio che era riservato ai genitori e i
bambini dormivano intorno, su delle panche. La mattina, le camere
erano piene dell’odore della zuppa fatta di farina, grasso ed acqua,
la domenica c’era lo Sterz ed i visi dei bambini diventavano rossi di
gioia quando, in giorni particolarmente solenni, il nero caffè di
ghiande si tingeva di chiaro, sempre più chiaro per il latte che la
mamma sorridendo versava nelle loro grandi tazze.
I genitori andavano presto al lavoro: ai bambini si lasciavano da fare
le faccende di casa; loro spazzavano la stanzetta, mettevano in
ordine, lavavano i piatti e pelavano le patate, preziosi frutti
giallognoli di cui dovevano poi far vedere la buccia sottile per
dissipare il sospetto di essere stati sconsiderati o sciuponi. Se i
bambini avevano finito la scuola, dovevano andare nei boschi a
raccogliere funghi ed erbe, il mughetto di bosco, il timo, il kummel,
la menta e anche la digitale e in estate, quando avevano tagliato il
fieno dei loro campi, ne raccoglievano i fiori. Un pfennig, per un
chilo di fiori di fieno che in città, nelle farmacie si vendevano
venti pfennig il chilo, alle signore nervose. I funghi erano preziosi:
valevano venti pfennig il chilo e in città, nei negozi, si pagavano un
marco e venti. In autunno, quando l’umidità faceva spuntare i funghi
dalla terra, i bambini andavano lontano, nell’oscurità verde dei
boschi; quasi ogni famiglia aveva il suo posto segreto dove
raccoglieva i funghi, posti tramandati sottovoce di generazione in
generazione.I boschi appartenevano ai Balek e anche i maceri, ed i Balek avevano,
nel villaggio di mio nonno, un castello; la moglie del capofamiglia
aveva una sua stanzetta vicino alla cucina dove portavano il latte, in
cui si pesavano e pagavano i funghi, le erbe e i fiori del fieno. Là
sul tavolo c’era la grande bilancia dei Balek, un oggetto antico,
dipinto, pieno di ghirigori in bronzo dorato, davanti alla quale già
si erano presentati i nonni di mio nonno, coi cestini dei funghi e i
sacchetti dei fiori del fieno nelle loro manine sporche di bimbi. E
stavano attenti, ansiosi a guardare quanti pesi avrebbe messo sulla
bilancia la signora Balek perché la lancetta oscillante arrivasse
proprio al segno nero, questa sottile linea della giustizia che doveva
venir ridipinta ogni anno. La signora Balek prendeva poi il grosso
libro con il dorso di pelle marrone, scriveva il peso e pagava,
pfennig e groschea e di rado, molto di rado, un marco.
E quando mio nonno era bambino c’era un grosso vaso di caramelle di
arancio e di limone, di quelle che costavano un marco al chilo. Se la
signora Balek – moglie del capofamiglia e padrona – era di buon umore,
prendeva dal vaso una caramella e ne dava una per uno ai bambini ed i
visi dei bambini diventavano rossi di gioia, rossi come quando la
mamma in giorni particolarmente solenni versava il latte nelle loro
grandi tazze da caffè, il latte che faceva il caffè chiaro, sempre più
chiaro finché diventava biondo come le trecce delle ragazze.
Una delle leggi che i Balek avevano dato al villaggio era: nessuno
deve avere in casa una bilancia. La legge era vecchia tanto che
nessuno sapeva più quando e come essa fosse sorta, ma bisognava
rispettarla, perché chi la violava sarebbe stato licenziato dal lavoro
della gramolatura del lino, da lui non avrebbero più comprato né
funghi, né timo, né i fiori del fieno e la potenza dei Balek era tale
che anche nei villaggi vicini nessuno gli avrebbe dato lavoro né
comprato da lui le erbe del bosco.
Ma da quando i nonni di mio nonno avevano raccolto da bambini i funghi
e li avevano dati per pochi soldi perché nelle cucine della gente
ricca di Praga profumassero l’arrosto o potessero venir nascosti e
cotti in pasticci, da allora nessuno aveva pensato di violare questa
legge.Per la farina c’erano le misure di legno, le uova si potevano contare,
la roba filata misurare a braccia; del resto la vecchia bilancia dei
Balek coi ghirigori in bronzo dorato non faceva l’effetto di non
essere giusta e cinque generazioni avevano affidato alla sua
oscillante lancetta nera quanto avevano raccolto con zelo infantile
nel bosco. Fra queste persone silenziose ce n’erano anche alcune che
disprezzavano la legge, alcune più prepotenti che desideravano
ardentemente di guadagnare in una notte più di quanto potessero
guadagnare in un mese intero nella fabbrica di lino, ma neppure a una
di quelle sembrò fosse mai venuta l’idea di comprare o fabbricarsi una
bilancia.Mio nonno era il primo che fosse ardito abbastanza da controllare la
giustizia dei Balek che abitavano al castello, avevano due carrozze,
mantenevano un giovane del villaggio a studiare teologia nel seminario
di Praga, da cui ogni mercoledì il parroco andava per giocare ai
tarocchi. A Capodanno ricevevano la visita d’omaggio del capitano del
distretto con lo stemma del Kaiser sulla carrozza e il Kaiser li aveva
fatti nobili, a Capodanno del 1900.
Mio nonno era intelligente e diligente; continuò a cercare i funghi
nei boschi, come prima di lui avevano fatto i bambini della sua razza,
arrivando fino alla macchia dove, secondo la saga, abita Bilgan il
gigante che veglia sul tesoro dei Balder.
Mio nonno non aveva paura di Bilgan: penetrava nella macchia già da
ragazzino, portava a casa gran bottino di funghi, trovava addirittura
tartufi che la signora Balek calcolava trenta pfennig ogni mezzo
chilo. Mio nonno annotava sul retro di un foglio di calendario tutto
quello che portava ai Balek: ogni mezzo chilo di funghi, ogni grammo
di timo e con la sua scrittura infantile scriveva a destra quello che
aveva ricevuto: da sette a dodici anni scarabocchiò con la sua
scrittura incerta ogni pfennig e quando ebbe dodici anni, venne l’anno
1900 ed i Balek regalarono ad ogni famiglia del villaggio, perché il
Kaiser li aveva fatti nobili, centoventicinque grammi di caffè vero,
di quello che viene dal Brasile: agli uomini birra gratis e anche
tabacco. Al castello ci fu una gran festa, molte carrozze sostavano nel viale
di pioppi che porta dall’ingresso al castello. Il giorno prima della
festa venne distribuito il caffè nella piccola stanza in cui stava,
già da quasi cent’anni, la bilancia dei Balek, che adesso si
chiamavano Balek von Bilgan perché, secondo la saga, Bilgan il gigante
avrebbe dovuto avere un gran castello là dove c’erano le case dei
Balek. Mio nonno mi ha raccontato spesso come fosse andato, dopo la
scuola, a prendere il caffè per quattro famiglie: per i Cech, i
Weidler, i Wohla e per la sua, i Brücher. Era il pomeriggio prima di
San Silvestro, bisognava adornare le stanze, fare i dolci e non si
voleva rinunciare a quattro ragazzini in una volta, far fare a
ciascuno la strada fino al castello per prendere centoventicinque
grammi di caffè. E così mio nonno stava seduto sulla stretta panca di
legno, nella piccola stanza dei Balek e si faceva contare da Gertrud,
la ragazza di servizio, i pacchetti già fatti da centoventicinque
grammi; quattro pacchetti, e guardava la bilancia sul cui piatto di
sinistra era rimasto il peso da mezzo chilo. La signora Balek von
Bilgan era occupata nei preparativi della festa. Quando Gertrud volle
prendere il vaso delle caramelle per darne una a mio nonno, si accorse
che era vuoto: veniva riempito una volta all’anno, ne conteneva un
chilo, di quelle da un marco.
Gertrud disse ridendo: — Aspetta, prendo quelle nuove, — e mio nonno
restò davanti alla bilancia con i quattro pacchetti da
centoventicinque grammi che erano stati impacchettati e incollati alla
fabbrica, restò davanti alla bilancia su cui qualcuno aveva lasciato
il peso da mezzo chilo e mio nonno prese i quattro pacchetti, li mise
nel piatto vuoto della bilancia e il suo cuore batté forte quando vide
che la lancetta della giustizia rimaneva a sinistra del segno, che il
piatto con il peso da mezzo chilo restava in basso e il mezzo chilo di
caffè restava in aria, abbastanza in alto. Il suo cuore batté più
forte, come se nel bosco, dietro un cespuglio, avesse aspettato Bilgan
il gigante: cercò nelle tasche dei sassolini che portava sempre con sé
per tirare con la fionda agli uccelli che beccavano i cavoli di sua
madre – tre, quattro, cinque sassolini dovette mettere vicino ai
pacchetti di caffè perché il piatto della bilancia con il peso da
mezzo chilo si alzasse e finalmente l’ago della bilancia coincidesse
esattamente con la lineetta nera. Mio nonno prese il caffè dalla
bilancia, avvolse i cinque sassolini nel suo fazzoletto e quando
Gertrud ritornò con il grosso sacchetto pieno di caramelle, che doveva
bastare un altro anno a far diventare rossi di gioia i volti dei
bambini, e rovesciò nel vaso le caramelle – che sembrarono una
gragnuola – il ragazzino pallido era ancora là e sembrava che non
fosse cambiato nulla. Mio nonno prese soltanto tre pacchetti, e
Gertrud guardò stupita e spaventata il ragazzino pallido che buttò la
caramella per terra, la calpestò e poi disse:— Voglio parlare con la signora Balek.
— Balek von Bilgan, prego, — disse Gertrud.
— Bene, Balek von Bilgan, — ma Gertrud rise e lui tornò al villaggio
nel buio, portò il caffè ai Cech, ai Weidler, e ai Wohla il loro caffè
e diede ad intendere che doveva ancora andare dal Parroco. Invece, coi
suoi cinque sassolini nel fazzoletto, camminò nel buio della notte.
Bisognò che camminasse molto prima di trovare chi avesse una bilancia,
chi potesse averla. Nei villaggi di Blaugau e di Bernau non c’era
nessuno che ne avesse una, lo sapeva, e li attraversò, finché dopo due
ore di marcia non arrivò nella piccola cittadina di Dielheim dove
abitava il farmacista Honig.
Dalla casa di Honig veniva il profumo di frittelle calde e il fiato di
Honig, quando aperse la porta al ragazzino intirizzito odorava già di
punch. Egli aveva fra le labbra sottili il sigaro bagnato, trattenne
per un attimo le mani fredde del ragazzino e chiese:
— Beh, i polmoni di tuo padre sono peggiorati?
— No, non vengo per la medicina, volevo...
— Mio nonno slegò il fazzoletto, tirò fuori i cinque sassolini, li tese a Honig e disse:
—Vorrei che mi pesaste questi. — Guardò impaurito nel viso di Honig e
poiché Honig non diceva niente, non si arrabbiava e nemmeno domandava
qualcosa, mio nonno disse: — È quello che manca alla giustizia. — Mio
nonno si accorse allora, entrando nella stanza riscaldata quant’erano
bagnati i suoi piedi. La neve era entrata nelle sue scarpe povere e
nel bosco i rami avevano scosso su di lui la neve che adesso si
scioglieva, e lui era stanco, e aveva fame e cominciò improvvisamente
a piangere perché gli vennero in mente tutti i funghi, le erbe
aromatiche e i fiori che erano stati pesati sulla bilancia in cui
cinque sassolini mancavano al peso giusto. E quando Honig, scuotendo
la testa, con i cinque sassolini in mano, chiamò sua moglie, nella
mente di mio nonno passarono le generazioni dei suoi genitori, dei
suoi nonni, che avevano dovuto lasciare tutti i loro funghi, tutti i
loro fiori sulla bilancia, fu sommerso come da una grande ondata di
ingiustizia e cominciò a piangere ancora più forte. Si sedette, senza
che nessuno glielo dicesse, su una delle seggiole nella stanza di
Honig, non vide nemmeno le frittelle, la tazza di caffè caldo che la
buona e grassa signora Honig gli aveva messo davanti, e smise di
piangere solo quando Honig ritornò dal negozio e scuotendo i sassolini
nella mano, disse a sua moglie:— Cinquantacinque grammi esatti. —
Mio nonno ritornò indietro per il
bosco, due ore e mezza di cammino; a casa si lasciò bastonare, tacque
e quando gli chiesero del caffè non disse una parola; per tutta la
sera fece i conti sul suo foglietto, su cui aveva annotato tutto
quello che aveva consegnato alla signora Balek von Bilgan e quando
suonò mezzanotte e dal castello si sentirono gli scoppi dei petardi e
in tutto il villaggio urla e tintinnio di sonagli, dopo che la
famiglia si era abbracciata e baciata, disse nel silenzio che seguiva
il nuovo anno: — I Balek mi devono diciotto marchi e trentadue
pfennig. — E pensava di nuovo ai molti bambini del villaggio, pensava
a suo fratello Fritz, che aveva raccolto tanti funghi, pensava a sua
sorella Ludmilla, pensava alle centinaia di bambini tutti che avevano
raccolto funghi per i Balek, erbe aromatiche e fiori di fieno e questa
volta non pianse, ma raccontò invece ai genitori e ai fratelli la sua
scoperta. Quando i Balek von Bilgan, il primo dell’anno andarono in chiesa per
l’ufficio solenne con il nuovo stemma – un gigante accovacciato sotto
un abete – in blu e oro già sulla carrozza, videro che la gente li
fissava con visi duri sbiancati e pallidi. Al villaggio, si erano
aspettati ghirlande, la mattina un saluto musicale, gridi di evviva e
di giubilo, ma il villaggio, mentre lo attraversavano, sembrava morto,
e in chiesa si volgevano contro di loro i pallidi visi della gente,
muti e nemici. Quando il parroco sali sul pulpito per tenere la
predica solenne, senti la freddezza dei visi di solito così tranquilli
e sereni, raffazzonò a fatica la sua predica e tornò all’altare
grondante di sudore. E quando i Balek von Bilgan dopo la messa
abbandonarono la chiesa passarono attraverso una schiera di visi muti
e pallidi. La giovane signora Balek von Bilgan si fermò però davanti
alle panche dei bambini, cercò il viso di mio nonno, il piccolo,
pallido Franz Brücher, e gli domandò, in chiesa:
— Perché non hai preso il caffè per tua madre?
- Perché Lei mi deve tanti soldi quanti ne bastano per cinque chili di
caffè. — E tirò fuori dalla tasca i cinque sassolini, li tese alla
giovane signora e disse: — Così tanto, cinquantacinque grammi mancano
ad un mezzo chilo della Sua giustizia. — E prima ancora che la signora
potesse dire qualcosa gli uomini e le donne, in chiesa intonarono il
canto: “O Signore, la giustizia della terra ti ha ucciso...”
Mentre i Balek erano in chiesa, Wilhelm Wohla, il prepotente, era
entrato nella piccola stanza, aveva rubato la bilancia e il grosso
libro pesante rilegato in pelle, in cui era annotato ogni chilo di
funghi, ogni chilo di fiori di fieno, tutto quanto era stato comprato
dai Balek nel villaggio. L’intero pomeriggio di Capodanno gli uomini
del villaggio restarono nella stanza dei miei bisnonni e contarono,
contarono contarono un decimo di tutto quello che era stato comprato,
ma quando ebbero contate molte migliaia di talleri e non erano ancora
arrivati alla fine, vennero i gendarmi del capitano del distretto,
entrarono sparando e pungendo di baionetta nella stanza dei miei
bisnonni e ripresero con la forza la bilancia e il libro. La sorella
di mio nonno, la piccola Ludmilla, venne uccisa, furono feriti un paio
di uomini e uno dei gendarmi venne pugnalato da Wilhelm Wohla, il
prepotente.La sommossa non fu solo nel nostro villaggio, ma anche a Blaugau e a
Bernau e per una settimana non si lavorò nelle fabbriche di lino.
Vennero molti gendarmi e gli uomini e le donne furono minacciati di
prigione e i Balek costrinsero il parroco a mostrare pubblicamente
nella scuola la bilancia e a dimostrare che l’ago della giustizia
oscillava come doveva. E gli uomini e le donne tornarono nelle
fabbriche di lino, ma nessuno andò a scuola per vedere il parroco: era
solo triste e indifeso, con i suoi pesi, la bilancia e i sacchetti del
caffè. I bambini raccolsero ancora funghi, raccolsero ancora timo,
fiori di fieno e digitale, ma ogni domenica, appena i Balek entravano
chiesa, si intonava: “O Signore, la giustizia della terra, ti ha
ucciso” finché il capitano del distretto non fece bandire in tutti i
villaggi che era proibito cantare questo inno. I genitori di mio nonno
dovettero lasciare il villaggio, la tomba fresca della loro piccola:
si misero a intrecciare cesti di vimini, non restarono a lungo in
nessun luogo perché li addolorava vedere come dappertutto il pendolo
della giustizia battesse falso e sbagliato.
Dietro il carro che strisciava lentamente sulla strada, si tiravano
dietro le loro magre capre e chi passava vicino al carro poteva
sentire qualche volta dentro cantare: “O Signore, la giustizia della
terra ti ha ucciso”. Chi li voleva ascoltare poteva sentire la storia
dei Balek von Bilgan alla cui giustizia mancava un decimo. Ma quasi
nessuno li stava a sentire.

Gesammelte Erzählungen von Heinrich Böll

Traduzione di Lea Ritter Santini
da
Racconti umoristici e satirici

mercoledì 4 agosto 2010

SCEGLIERE ANCORA...(5)





Mia figlia, 10 anni.
È alta quasi quanto me, sta crescendo e non solo fisicamente.
Ride sempre e non riesce a tenere il broncio a lungo.
Me la trovo spesso vicino mi abbraccia e mi soffoca e vuole baci baci in continuazione.
Quante volte non avevo voglia poi penso che non è giusto, che una mamma non è mai stanca non è mai triste o delusa che deve sempre essere pronta a rispondere e insegnare.
Noi genitori abbiamo un codice deontologico non scritto che ci lega per la vita.
Quante volte ho fatto forza su me stessa per assumere un tono deciso per rimproverarla o per farle capire qualcosa.
Mi accorgo che la voce non mi parte più dalla gola ma dallo stomaco come se il mio essere facesse uno sforzo tremendo per trovare quelle parole che servono.
Mia figlia è bella, molti lo dicono e sottolineano che assomiglia a me.
Ogni giorno che passa mi accorgo di fare sempre più fatica a starle dietro.
C'è chi m'invidia, alcune volte invece sono io che invidio chi non ha questa responsabilità. Esce entra è solo può gestire il suo tempo come vuole.
I nostri piccoli, invece, sono gli unici tra tutte le razze animali che non riescono ad essere autosufficienti da soli per molti anni. E quindi le nostre responabilità sono centuplicate per tutto il tempo che stanno con noi.
Mangiare dormire la scuola le riunioni i compleanni i libri le letture la ginnastica le amichette i vestiti le scarpe... le scarpeeeeeeeeeeeee quelle non bastano mai.....
Ho sempre avuto un carattere un po' egoistico e mia figlia ha messo il coltello nella piaga. Mi sono dovuta ritagliare spazi impensabili, non ho più il tempo che avevo prima o almeno quando lo voglio io.
Devo adattare le mie voglie alle sue esigenze e ai suoi capricci.
Non so come mi ricorderà se per gli abbracci e i baci o i rimproveri e le idee di rispetto e libertà che cerco di insegnarle.
I baci le carezze rimangono solo nel ricordo della persona che le ha ricevute io invece vorrei che i miei insegnamenti si prolungassero nel tempo.
Non monumenti o ricorrenze, ma nel ramo della famiglia che continuerà con i figli di mia figlia.
Questo è il modo giusto per farsi ricordare.
Le sensazioni fisiche svaniscono e rimangono solo negli angoli della nostra mente, bellissime è vero, ma solo emozioni che vengono fuori con un gesto o una musica o un colore.
Le idee di libertà di rispetto per gli altri la compassione l'amore e la voglia di dare aiuto a chi ne ha bisogno è questo quello che vorrei che rimanesse.
Non importa che i sentimenti siano un'invenzione degli uomini. Io ne ho bisogno per me stessa, io ho bisogno di amare di sentirmi viva con l'amore e con il dolore.
Lo sforzo che facciamo noi mamme è tremendo.
Cosa si ricorderà di me?
Stanotte è venuta a dormire con me, anche in montagna abbiamo tutte e due un letto grande. Ma secondo lei dorme meglio nel mio più che nel suo.
Eppure vi assicuro che il materasso e la rete sono uguali. Sono pignola in questo e che sia mio o suo non fa differenza le caratteristiche devono essere identiche.
Rete e materasso duri come fossero il pavimento.
Come mi ricorderà mia figlia?
Sicuramente come una donna forte indipendente che non ha mai piegato la testa affrontando sempre da sola tutte le conseguenze personali ed emotive.
Cosa porterà dentro di sè?
Che la vita è stata è e sarà sempre una strada. Ad ogni passo c'è da scegliere se fare del bene o del male, e non si può mai tornare indietro, che la strada dietro di noi ad ogni passo sparisce lasciando il vuoto.
Cosa ricorderà quando sarà grande e magari leggerà quello che sto scrivendo?
Che sua madre ha amato, ma che non ha mai conosciuto l'amore di un uomo?
Solo parole tante che le hanno fatto male.
Ma anche nell'ipocrisia amare non è mai fine a se stesso, serve come speranza per il futuro.
Quello che sto scrivendo e che scriverò sono i miei pensieri che ritroverà e saranno il seme da far germogliare.
Tra poco mi alzerò con il mal di schiena, ho passato la notte a dormire sull'orlo del letto perchè mia figlia se ne è impossessata per quanto è grande.
Stasera chiuderò a chiave per non farla entrare!
Ma lo farò davvero?

Un giorno dissi ad un uomo... mia figlia è anche tua figlia...

Perchè non ricordo nemmeno uno dei miei amanti? Perchè nessuno di loro mi ha dato niente intellettualmente.
Per farsi ricordare non sono importanti abbracci carezze o baci ma idee sono quelle che lui potrebbe darmi da trasmetterle.

E allora, solo e veramente solo allora, sarà sicuro che il suo ricordo durerà per sempre.

lunedì 2 agosto 2010

SCEGLIERE ANCORA...(4)


Esco fuori nell'orto, quest'anno non c'è niente. Solo erba alta.

Devo decidermi a comprare un tagliaerba. Finora mi sono fidata di un signore che abita qui vicino.
Quest'anno la stagione invernale è stata troppo lunga ed io non ho comprato nessun seme per far crescere qualcosa.

Rimpiango di non avere i pomodori, quelli belli rossi profumati che la mattina trovavo sul tavolo di cucina.
D'agosto pane e pomodoro per colazione, che meraviglia. Il profumo che m'inebriava mentre lo portavo alla bocca .

Due fette di pane cotto al forno, pomodori "sdrusciati" sopra, poi a fette un pizzico di sale olio quando mi ricordo una foglia di basilico e infine l'altra fetta sopra. Un bel panino e poi un caffè, il famoso caffè fatto sulla stufa a legna.

La mattina quando mi alzo alle 5 sono io che accendo il fuoco.

Sono diventata un'esperta.

Pulisco bene il camino dalla cenere, poi metto gli stecchini poi dei legnetti più grossi e poi nel mezzo bene in posizione un "dadino" per accendere il fuoco. Quando il tutto è ben infiammato altra legna più grossa. Come la sera anche la mattina, prima che mia figlia si svegli e comincino i suoi "rumori", mi sdraio sul divano a guardare il fuoco e gustarmi il primo o... il secondo caffè?

Mi distendo, voglio che la mia mente segua i suoi pensieri.

Sento il caldo del fuoco il suo abbraccio.

L'alba sta illuminando tutto. Avete fatto caso come i primi raggi sono preceduti da un leggero vento gelido? vi accarezza la pelle, dura appena appena un attimo e voi avete un brivido di freddo, poi cessa all'improvviso perchè il sole vi baci sul viso con il suo calore?

Quel brivido!... desiderato tante volte fra le braccia di un uomo.

Quanti sono stati così bravi da provocarmelo?

Quanti?

La mente è una cattiva consigliera, spesso un'amica infida gelosa delle proprie idee o pensieri, invidiosa di se stessa e del corpo in cui abita.

Comincia a pensare a quanto sarà bello poter essere sdraiata con un uomo o meglio quell'uomo che è stato scelto in quel momento. Le sue carezze i suoi baci gli abbracci che fanno perdere il senso del tempo e della volontà. E poi...

Poi la realtà. Uomini che consumano rapporti frettolosi come quando bevono un caffè. Uomini distratti che non hanno occhi per vedere se con loro c'è una donna bionda o bruna. Uomini con la voglia del tradimento solo per il gusto di fare una cosa proibita, ma senza la minima conoscenza del gusto.
Quando esco da quella camera non sono stata toccata... nessun uomo ha accarezzato la mia pelle nessun uomo mi ha violato.

Quanti sono così? quanti racchiusi nella presunzione di essere stati "potenti"?
Rapporti così non sprecano parole, rapporti così sono silenziosi non danno niente ed io non voglio niente. Nemmeno un ricordo.
Prendo il terzo caffè della mattina, chissà perchè qui in montagna ne posso bere anche sette od otto al giorno che non mi danno noia.

Il pensiero va ad un solo uomo.

Come mai non ricordo i volti degli altri? Se fisso lo specchio vedo qualcuno dietro di me i suoi capelli neri gli occhi penetranti che però non guardano... ma senza volto.

Lo vedo dietro come a proteggermi o davanti a me?

...Io sono il tuo specchio e tu sei il mio. Se uno dei due va via l'altro rimane solo, solo davanti a niente a chiedersi cosa c'è al di là cosa c'è oltre lo specchio del mondo che non vede...

Odio gli specchi li ho sempre odiati, ma non perchè riflettono la mia immagine.

Il mio volto è piacevole a vedersi, perchè non dovrebbe esserlo?

In casa, in ogni casa ho solo lo specchio nel bagno.

"Una donna bella non serve a niente soprattutto a se stessa, la donna intelligente è questo quello che ti farà essere qualcuno...." ecco cosa mi disse mio padre quando cominciai a capire "qualcosa".

Aveva ragione lui?

A distanza di anni non sono più tanto sicura.

La mia intelligenza mi ha aiutato a superare i fantasmi della mia mente, le illusioni che mi sono creata, i sogni invecchiati nel cassetto, la realtà che mi ha colpito spesso?

Sono sana è quello che mi ripeto sempre, ed è la più grande fortuna che possa capitare adesso in questo mondo che raffina ogni giorno di più le malattie come volesse selezionare... una razza malata?

Siamo diversi dagli insetti dagli animali in generale. Quando noi inventiamo un veleno per distruggerli ecco che viene fuori un numero di individui fortificati contro la nuova aggressione e si riproducono a dispetto nostro e dei nostri sforzi per combatterli.

Invece noi uomini ci ammaliamo con patologie sempre più raffinate come fossimo cavie di laboratorio!

Non abbiamo la capacità di adattarci alle situazioni assurde per sopravvivere come fanno i topi, ma andiamo incontro allegramente al suicidio di massa.

Sono sana è questo quello che dico spesso, sono fortunata.

Se per adesso lo sono ci sarà un perchè.

Quale prova devo ancora affrontare quale scelta mi si chiede ancora?

Il giorno è iniziato, mia figlia si è svegliata: sento i suoi piedini che camminano leggeri sul legno per farmi una sorpresa.

Ok, prepariamoci... tra poco avrò la casa invasa da una massa di bambini.

martedì 27 luglio 2010

LA VOCE DELLA LAMIA (?) - SCEGLIERE ANCORA... (3)


Stamattina avevo appena finito di scrivere la terza parte di SCEGLIERE ANCORA....

L'avevo programmata per lunedì prossimo, era un omaggio ai miei amici.
Ricevo un'email una delle tante ma questa mi ha gelato.
Siccome il nostro caro amato Governo con il caldo dell'estate, ma diciamo anche con l'inquinamento atmosferico che c'è a Roma deve aver assorbito qualche fumo tossico, vuole mandarci tutti in vacanza con l'ultimo ritrovato !
Se la memoria non m'inganna la Russia la Cina la Spagna la Grecia il Cile e qualche altra nazione che è inutile ricordare! hanno avuto ed hanno regimi dittatoriali dove la prima cosa che viene imbavagliata è la libertà di parola, ecco che anche l'Italia, la PUTTANA DEL MONDO, deve adeguarsi ... non può rimanere indietro.
Cosa vanno ad escogitare? Che è meglio chiudere i blog perchè è impossibile controllarli.

Internet la meraviglia dell'epoca moderna quello che ha messo in contatto scienziati scrittori artisti di ogni genere, che ha permesso a chi viveva isolato di aprire una finestra sul mondo, a chi nel proprio piccolo mondo ha scritto poesie ma per ragioni economiche (dal momento che un editore pubblica quello che gli dai, ma solo se lo paghi 6.000 euro!) ha dato la possibilità di far conoscere i propri pensieri, dove si conoscono migliaia di persone che altrimenti non sapremmo nemmeno che esistono se non sotto forma di numero di abitanti, dove si scambiano le proprie idee dove sta crescendo una maggiore conoscenza... dove scambiando in modo veloce le notizie si possono prevenire catastrofi e aiutare chi ha bisogno....
Sono i blog della gente comune forse che danno origine ad attentati ?
Purtroppo il problema è reale. Paragonare un blogger amatoriale alla stessa stregua di un direttore responsabile di un qualsiasi quotidiano nazionale telematico, vuole dire responsabilizzare milioni di utenti della rete, legati fra loro da un continuo scambio di informazioni.

Non solo! costringere chi giuridicamente ha solo la colpa di voler far parteci altri utenti del web dei propri pensieri a sottostare all'ultima invenzione per far credere di garantire la privacy?
Cosa dire ancora?
Non so se questo sarà uno dei miei ultimi articoli.
L'ho intitolato LA VOCE DELLA LAMIA che è un'idea venuta a qualcuno per annunciare le varie denunce che spesso faccio.
Ci saranno altre puntate delLA VOCE DELLA LAMIA?
Per ora non ho messo nessun numero solo un punto interrogativo.
Nei prossimi giorni vedremo cosa succederà.
Una cosa sola mi viene da pensare che in Italia ci meritiamo quello che abbiamo.
Siamo semplicemente una massa di pecoroni capaci solo di chiacchierare.
Invece di lunedì posterò stasera la terza parte di SCEGLIERE ANCORA...
La dedico a tutti voi in attesa che in Italia ci siano tempi più vivibili.

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
SCEGLIERE ANCORA...(3)

Sono nello studio.
Sto leggendo uno dei miei libri su Ulisse: ne ho una collezione!

Arriva mia figlia mi abbraccia... mamma, ma questa stanza è diventata una jungla!...

Guardo gli scaffali... ha ragione lei come al solito. Ieri sera invece di sdraiarmi davanti al camino ho arredato alcune parti della casa di montagna con piante e fiori finti.

I rami sono dappertutto: è tutto verde. In più su un armadio nella stanza dove sono adesso ci sono anche degli animali del bosco impagliati.

Me n'ero dimenticata, chissà perchè la nostra memoria il nostro cervello immagazzina tante cose d'abitudine e poi gli occhi non vedono più.

A me piace, mia figlia ride, i suoi amici le dicono che la casa è bellissima.

Il pensiero ritorna a qualcosa...

Ho imparato ad amare la mia solitudine.

Persone ne incontro tante sia nella vita reale che nel web.

Alcuni più interessanti di altri, alcuni da scartare quando vogliono apparire quello che non sono.

Tramite email o chat spesso sento la loro "rabbia".

Molti mi fanno pena e adesso capisco subito se è il caso di perdere tempo ed instaurare un discorso.

L'anno scorso ho commesso l'errore di credere che un uomo potesse essere "recuperato".

Alla fine quando mi sono sentita accusare di amare un ebreo, ho visto rosso.

Intanto io amo chi mi pare, ho rapporti con chi voglio e le mie scelte non devono interessare chicchessia.

Piuttosto lui che corre dietro ad una che si fa chiamare come il bottone da premere in tutti i gabinetti pubblici del Veneto?

Ma lasciamo perdere altrimenti m'incaz... un'altra volta.

Come si fa a dimenticare un uomo che ti dice... Io lo specchio per far riconoscere il tuo uno non è inferiore al mio ma uguale...

Ma tutti non hanno la fortuna di conoscere chi con poco riesce a darti il mondo.

Fortuna?

Sì fortuna, nella vita si può camminare ma non conoscere nessuno che possa esserti vicino.

Si intrecciano tanti rapporti si scambiano tante idee con qualcuno anche tante illusioni, ma le strade sono tante e se prendi a destra invece che a sinistra ecco che l'incontro della tua vita è svanito forse per sempre.

La mia strada invece mi ha portato ha camminare a braccetto prima con un amico e poi con un altro. Importanti tutti e due, tanto che una volta pensai che se anche non ci sentivamo tutti i giorni sapevo che c'erano e per me era questo quello che contava.

Uno e due, chi di loro due è in cima alla lista?

Nessuno... sono seduti insieme accanto a me.

I sentimenti che provo per loro anche se diversi sono così forti che è difficile pensare a prima quando non c'erano.

La mente corre... oggi ho ricevuto un'email.

Ultimamente sono poche le cose che mi entusiasmano, ricevo parole che qualche tempo fa mi avrebbero fatto saltare di felicità, mi sarei sentita al settimo cielo.

Perchè non succede più, cosa ho perso per la via?

Cosa è diventato così importante che tante altre cose vengono appena appena considerate.

...sei sempre bella... e hai sempre il sorriso brillante...

SORRISO?

Ecco non ricordo più quando ho sorriso l' ultima volta. Mi ritrovo io stessa a pensare che una volta lo facevo spesso. Poi deve essere successo qualcosa.

Il mio sorriso condiva sempre ogni discorso, la mia disponibilità diventava visibile già dal viso.

Leggo troppo? conoscenza tanta sofferenza?

No, la sofferenza deriva dal mio essere lontano dal non poter aiutare chi ne ha bisogno.

L'aver detto a qualcuno:

"Ti chiedo ancora una volta di fidarti di me.
Troveremo la "strada" insieme.
Non sei solo e non camminerai da solo.
Non mi fermerò e non mollerò, e non voglio che tu lo faccia.
PRENDI LA MIA FORZA LA MIA VOGLIA DI VIVERE LA MIA VOLONTA' IL MIO ESSERE."

... vorrà dire essere ascoltata? E ci sarà ancora un intervallo di tempo così lungo da non capire più un'altra volta se la porta è aperta?

Mi sono trovata a pensare che tante cose dette o scritte spesso potevano dare l'impressione di essere in netto antagonismo fra loro. E come può essere diversamente?

Pochi righi da cui dedurre ogni cosa. Li leggo penso una cosa mando un'email di risposta. Poi ci ripenso l'interpretazione diventa contrastante e riscrivo un'altra email. E così per qualche giorno fino ad esaurimento....

Penso ripenso, ma che faccio tutto il giorno? solo questo oltre che a leggere?

Sto allenando i miei sensi... sono quelli che devo acuire, non devo farmi prendere dal panico dall'ansia. Piano piano con calma con il tempo imparerò anch'io ad usare quella parte di me che è nascosta che è al buio.

Una cosa so per certo a dispetto di chi pensa il contrario che nel nostro cammino è solo, solo chi vuole esserlo.

Non si è mai soli!, la vita è fatta di strade che s'incrociano ma spesso le strade corrono parallele come un canale con accanto due vie e spesso ci sono ponti che uniscono e permettono di incontrarsi e camminare ancora insieme.

lunedì 26 luglio 2010

SCEGLIERE ANCORA...(2)


Anche questo fine settimana sono in montagna.

900 mt ... la sera camino acceso. Questa volta il cielo è nuvoloso la temperatura si è abbassata un po'. Mi risdraio sul divano mi piace come posizione per ora ci sto bene.

Ricordo di aver lasciato quella bottiglia di Porto del 1978.

Ne verso un po' meno dell'altra volta. Il colore ambrato il profumo del vino corposo dolciastro vellutato che ho nel bicchiere mi fa immaginare di essere un uomo con in mano un cognac e magari un sigaro in mano. Pancetta da commendatore accappatoio bianco con apertura sul petto villoso labbra umide carnose...

Ma che vado a pensare! niente di tutto questo sono solo una donna e questa volta ho un plaid sulle gambe.
Il Porto mi sembra più vicino all'animo femminile: delicato ma deciso.
I pensieri corrono non si fermano.

Che settimana assurda è stata!

Ho scritto un'email dietro l'altra cercando di interpretare qualcosa.

Il cuore diceva che si era riaperto un dialogo.

Poi all'improvviso qualcosa: una frase che mi ha fatto intuire.
Ho capito o non ho capito come al solito?

E allora la delusione di un'illusione. Ma allora cosa ho scritto a fare qualche mese fa mettendo gli altri in guardia contro le sirene della mente?

Il mio faro si è spento alla prima ondata e dove sono i vetri che dovevano difendere il fuoco sacro dell'intelletto?

So per averlo letto che l'alcool prima dà euforia e poi tristezza, ma la mia fase di euforia dov'è? Nel mio bicchiere non è mai entrata.

Penso al numero 105.

C'è stato chi mi ha augurato di vivere fino a quell'età, io stessa ho scritto un racconto sulla Lamia che si rinnova a cicli di 105 anni, una camera d'albergo aveva quel numero, un numero che mi ha fatto pensare molto agli orrori della storia...

Chi è stato il primo a parlarmene?
Lo ricordo molto bene. La sua lordura morale ed etica non mi dette un'alternativa.
Anche quella volta ho scelto. In un attimo... senza mai voltarmi indietro senza mai rimpiangere la mia decisione. Quella volta però ero stata offesa.

Ma questa volta?
Ho combattuto fino ad oggi non rinunciando non mollando mai, poi piano piano ho capito che le catene stavano tirando troppo che avrebbero provocato ferite difficili da guarire nel tempo.
Tutto doveva seguire la sua strada.

Combattere contro chi?
La vita e il tempo sono dei giudici implacabili, non c'è via di uscita.
In questa lotta non ci sono vincitori, ma solo sconfitti.

Quante volte ho detto che una donna può affrontare cose impensabili. Ma si rende conto un uomo di cosa siamo capaci?

Oggi cosa ho fatto? Ho rinunciato a me stessa al mio amore alla speranza di un futuro con l'uomo che amo.

ME o TE? Sono stata io a decidere.
Ho scelto io per lui.
L'ho lasciato libero. Ho spezzato le catene che ci tenevano uniti.
Ho avuto quel coraggio che non c'era mai stato.

Adesso il fondo del pozzo l'ho toccato davvero.
Non ho voglia per adesso di risalire, sto qui a sedere a guardare le pareti gli scorpioni che mi girano intorno la sabbia le pietre che salgono verso il cielo..... e il cielo in alto. Ma non è mai stato così in alto così lontano come adesso.

A cosa ho rinunciato? Ad un uomo che era diventato tante cose.
Ho chiuso la porta? No la porta no, ho spezzato solo le catene.
La porta la lascio aperta se un giorno vorrà tornare.
Che tipo di speranza sarà? quella che mi farà vivere nell'attesa o quella che mi farà morire nell'attesa? O la mia vita sarà solo un limbo senza più emozioni?

Ogni donna è tante cose ogni donna ha dentro di sè tanti amori che coesistono tutti senza urtarsi e combattere. Siamo mamme siamo amiche siamo compagne siamo amanti e complici siamo puttane ma poi alla fine siamo solo donne, donne che amano e che chissà come diventano tutte Penelope che lascia andare Ulisse a girare per il mondo in cerca di se stesso.

La Storia ci ha perseguitato gli uomini ci hanno massacrato, ma continuiamo a stare al nostro posto. Quante di noi hanno varcato le Colonne d'Ercole? Quante hanno abbandonato la famiglia i figli la casa l'uomo che amiamo per seguire un sogno un'avventura?

Quanti Ulisse o meglio quanti alter ego di Ulisse ci sono sparsi ai quattro venti?
Lo stesso Leopold Bloom di Joyce non è forse l'alter di Ulisse nella sua mediocrità?

Ma quanti Ulisse-mito contemporaneamente devono rinunciare alla vita per seguire un'idea ? Solo senza nessun frater che lo accompagni, senza nessuna compagna, solo con se stesso a varcare le Colonne. La sua coscienza ormai ha deciso: nelle profondità del suo animo sa che oltre c'è il non-essere, la vita-in-morte. Cosa l'aspetta in questo viaggio in questo procedere verso un vuoto via via crescente?

Sto immaginando o sono consapevole della realtà?

In un mio racconto, Ulisse, ho fatto spezzare da Penelope l'arco, la cosa che rappresentava il suo potere. Io non ho spezzato niente... solo il mio cuore.
E ho fatto tutto da sola.
...Ti amo come amo me stesso... ma qualche giorno prima aveva detto che... aveva rinuciato a se stesso da tanto tempo...

Non ho capito niente o ho capito tutto?
So solo che gli occhi della mente adesso sono ciechi.
Quanti mi condannerebbero se scrivessi i miei pensieri e quanti si ritroverebbero in queste parole?

Sono sicura soltanto che non smetterò mai di amarlo, la mia porta sarà sempre aperta.

Un giorno forse il mondo riprenderà la sua forma e i suoi colori, per adesso sono immersa nel nulla assoluto come se fosse il mio brodo primordiale.

Un giorno forse un Big Beng ci sarà per ricominciare a vivere anche per me... anche per noi?

martedì 20 luglio 2010

SCEGLIERE ANCORA...(1)


Mi sono sdraiata in uno dei divani davanti al camino. I piedi sulla poltrona davanti, ho tolto anche i pantaloni sono con gli slip.

Ho chiuso la porta a chiave. Non ho voglia di aprire a nessuno.

Mia figlia, quando torneranno, ha la chiave non ho problemi di dovermi alzare.

Ieri ho finito di sistemare la cantina.

Non so quante centinaia di bottiglie di vino ho trovato

Li ho divisi per tipo per annata, poi è toccato ai liquori, poi alle marmellate, poi a tante altre cose.

Ho trovato alcune bottiglie di Porto vecchie, una addirittura c'è un'etichetta del 1978.

Non bevo non ho mai bevuto. Forse i miei principi alimentari e alcune accortezze tipo non bere non fumare e dormire massimo 4 ore per notte mi hanno conservato come sono.

Una volta ho letto che le cose sotto i cinquant'anni sono "vecchie" quelle che hanno oltre cinquant'anni sono "d'antiquariato".

Io sono un pezzo d'antiquariato sicuramente! e ben conservato.

Uso già, parlando, il verbo "conservare"? allora sono alla frutta!

Siamo in estate, ma il camino acceso non mi da noia. Accendo solo una lampada, ma la luce mi sembra troppo forte. Spengo. I riflessi del fuoco bastano per i miei pensieri ed io li adoro.

Quante volte ho desiderato essere lì con qualcuno.

Ma io non l'ho mai proposto e nessuno me lo ha mai chiesto. Forse hanno capito che per me è qualcosa di speciale e nessuno è stato così speciale da portarlo lì.

Nessuno! ma nessuno c'era!

Non bevo non ho mai bevuto.

Eppure sono lì a sedere con un bicchiere in mano e la bottiglia di Porto.
Il vino nel bicchiere ha un bel colore ambrato e anche se non sono un'appassionata il profumo m'inebria.

Me ne verso almeno 100 ml ad occhio e croce.

Chissà che effetto mi farà?

Primo sorso... mi brucia la bocca poi lo stomaco.

Aspetto che mi giri la testa che cada dal divano... niente non succede niente.

La bottiglia è per terra, ormai è aperta la metto nel mobile.

Bicchiere in mano mi risdraio.

La casa di montagna l'ho arredata nel tempo, mancherebbero ancora alcuni lavoretti che farò fare quest'estate. È bella. Tutta in legno i soffitti e i pavimenti travi a vista mobili con colori caldi.

Camini in pietra.... tre.... fatti con le pietre scolpite a mano.

Mi piace vivere ogni stanza dei tre piani. Quante stanze sono? Più di dieci, più la mansarda grande come il piano... 90 mq di mansarda! per ora ho appoggiato lì delle cose, le sistemerò forse questo agosto.

Non dimentichiamo la cantina. E il piazzale davanti il giardino l'orto.

Ma più volte al giorno entro in ognuna a sistemare o portare qualcosa o spostare un oggetto.

In questi giorni ho pensato di venire ad abitare qui.
È tutto tranquillo non ci sono rumori, i vicini sono tutti carini un po' invadenti, ma accettabili.

D'estate l'unico inconveniente ci sono almeno 7-8 bambini che mi scorrazzano per i vari piani.

Quest'anno, se il buongiorno si vede dal mattino, spero non siano più di 10 o 12.

Bevo ancora: il bruciore adesso allo stomaco è aumentato, ma la testa non gira.

Chissà perchè ho quest'idea della testa che comincia a muoversi e tutta la stanza mi ruota intorno come una giostra.

Se vengo ad abitare qui a cosa devo rinunciare a parte qualche incontro letterario, qualche discussione con i soliti "dementi"...

Le mie librerie, i miei amici librari che si preoccupano di avvertirmi quando ci sono libri "strani", quelli che nessuna persona normale comprerebbe mai.

E poi?

Già i miei amanti!

Ma quanto sono importante per loro?

Avete mai definito AMANTE?

Ebbene l'AMANTE è solo UN CORPO DA USARE.

Ma se riesco a raggiungere la pace dei sensi, a non avere più bisogni corporali... è tutto risolto!

In fin dei conti in tutte le mie case dove vado ho centinaia di amanti che mi aspettano.

Ci dormo anche insieme nel letto, con alcuni di loro.

Non mi hanno mai tradito sono sempre stati a disposizione sia di giorno che di notte. Hanno accettato le mie condizioni senza discutere si sono sempre fatti trovare pronti non sono mai scomparsi o non mi hanno mai detto cose che mi hanno ferito.

In fin dei conti ho migliaia di LIBRI che mi tengono compagnia che posso prendere e lasciare e poi riprendere in qualsiasi momento.

Mia figlia mi dice sempre che i miei libri sembrano nuovi, come se non li avessi mai toccati. Eppure se li sfogliate hanno parole sottolineate. Ma li amo troppo per sciuparli.

Ho libri dappertutto, ma ho una stanza tutta mia con ogni parete coperta dagli scaffali stracolmi.

Il mio studio.

Stereo televisione, che non accendo quasi mai, libri la scrivania il computer quadri sugli scaffali un divano per rilassarmi e leggere meglio. Dalla finestra vedo in lontananza montagne valli il cielo.

Sarei isolata completamente isolata senza nessun contatto con essere umano.

D'inverno addirittura nevica anche.

Ma mi merito tutto questo?

È una scelta o l'ultima conseguenza di una serie di cose storte? E quindi una punizione?

Non so decidere. Vorrei chiudere con tutto ricominciare daccapo.

Il mio pozzo, non è forse il mio pozzo questa casa?

Mi sento come qualche anno fa Alfredino a testa in giu in un budello stretto con la terra che mi stringe, la terra che mi entra nella bocca negli occhi nelle narici e non posso muovermi per pulirmi.

Ho cominciato a non dormire più. Mi sento soffocare.

Avevo dieci piante di rose grandi come alberelli, molto vecchie di colori diversi. Fiorivano almeno 4-5 volte durante l'estate bastava solo potare la rose vecchia e subito uscivano nuovi boccioli. Era un piacere la mattina sedersi fuori in giardino alle 5 e vedere i primi raggi del sole illuminare i petali, i colori brillavano della rugiada colpita dalla luce dell'alba.

Sabato scorso ho preso le cesoie le ho completamente tagliate. Ho spezzato il tronco con il piede.

Perchè tenere le rose se nessuno me le regala?

Perchè avere dei ricordi che fanno male?

Avevo 12 anni quando l'idea del suicidio si affacciò per la prima volta dentro di me.

Un'idea che mi ha accompagnato sempre.

Ogni delusione ogni fallimento è stata pronta lì presente unica compagna.

Ogni volta sono stata così vigliacca da ricominciare a vivere.

Vivere per cosa? Per prepararsi alla morte? e allora perchè non affrontarla subito?

Niente e nessuno mai è stato così importante per cancellare tutto dalla mente.

Ogni volta che ho ricominciato mi sono trascinata con la sicurezza che qualcuno mi avrebbe illuso preso in giro maltrattato offeso e che nessuno mai mi avrebbe difeso.

Ogni volta la ruota ha girato dalla stessa parte. Quante volte mi sono ribellata magari a parole, facendo io la parte della donna cattiva antipatica scostante, ma nessuno ha mai letto la mia fragilità la mia voglia di amore o di tenerezza.

Perchè avrei dovuto dare quest'impressione?

Io stessa mi sono costruita una corazza, ma quante volte ho pianto quando ero da sola quante volte mi è scoppiato il cuore?

Questo vino sta facendo un effetto strano. Ormai è finito... ed io sono stanca stanca di vivere.
Vado a letto... mia figlia ha la chiave.
Domani è un altro giorno... speriamo finisca presto!

lunedì 19 luglio 2010

BUONANOTTE


La cosa più bella che può capitare è accorgersi che si è sbagliato tutto con le persone cui tenevamo di più.

Chissà perchè ci sono sempre periodi in cui ogni azione ogni gesto ogni parola è errata, completamente errata.

Buonanotte al prossimo sbaglio.