
Pur vi arriva Giovedì,
che stremato dalla corsa, or ricorre alla risorsa
d'aspettar lì Venerdì.
E' suo tempo di venire,
e vedendolo sbucare
dritto dritto fuor dal mare,
gli domanda: "Come va?
C'è fracasso pur costà?"
"No, chè i pesci son tranquilli:
molti guizzi, niente strilli.
Di', lo vedi quel delfino
che lì salta nell'azzurro?
Lui fa un fischio fino fino,
più sottile d'un sussurro".
Giovedì sospira allora,
e indicando gli animali
che da gran rompistivali
non accenano a calmarsi,
lo consulta sul da farsi.
Venerdì ch'è più deciso,
a mal gioco fa buon viso:
"Se continuano a gridare
in sì grande confusione,
qui bisogna convocare
chi lor metta soggezione".
"Soggezione! E' presto detto!
Ma dov'è questo prefetto,
questo sindaco: il qualcuno
che può metter soggezione
ad un simile raduno?"
Venerdì salta d'un balzo
e prendendolo a braccetto,
prima fatto che non detto
con lui vola ancor più in alto
del bell'albero da frutto,
e dei rovi e soprattutto
d'una strana montagnola
con un buco dentro il centro,
per planar poi proprio dentro
il bel mezzo di un'aiola.
Lì due tipi più che strani,
con due piedi, con due mani
ed un fisico imprevisto
per chi solo bestie ha visto,
se la dormano tranquilli,
sordi e ignari degli strilli,
come della confusione
che dovrebbero placare
con la loro soggezione.
"Non ci resta che aspettare"
Venerdì dice pacato.
Giovedì, preoccupato,
vuol sapere chi mai sono,
il perchè dell'abbandono
che li rende come morti,
a che sorti son chiamati
e perchè non van destati.
Gli fa cenno Venerdì
d'aspettare con pazienza,
e di far buona accoglienza
ai tre giorni dell'inizio,
chè pur loro sono giunti,
per attendere compunti
il momento più propizio
a destar gli addormentati.
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