SOLO QUELLI CHE SONO COSI' FOLLI DA PENSARE DI CAMBIARE IL MONDO, LO CAMBIANO DAVVERO (A.Einstein)

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martedì 31 maggio 2011

IL MORTAIO


Ruby in declino ha scritto a Woody Allen che vuol essere la sua musa ispiratrice.
Peccato che invece di Apollo ha come consigliere Lele Mora.

venerdì 27 maggio 2011

IL MORTAIO


"Uomo e donna della Sinistra" di Renè Magritte.

Collezione privata di Silvio Berlusconi.

giovedì 26 maggio 2011

IL MORTAIO


Berlusconi ha affermato che chi vota la Sinistra è senza cervello.

Ma allora nell'ottobre del 1993 quanti Italiani se lo sono "mangiato"?

lunedì 23 maggio 2011

Amici



Giocavano a scacchi nel parco. Forse lo facevamo più per esibizione che per vero gusto del gioco.
Non che non ci fosse competizione, anzi era un punto d'orgoglio quello di sbaragliare l'avversario. Ma le partite, quelle toste, venivano fuori quando eravamo soli e senza testimoni, quando il silenzio durava anche un ora, quando i pezzi erano divenuti parte di noi stessi e sentivamo lo sforzo dell'altro per prevalere. Quando eravamo infossati su quelle poltrone marrone, che in estate portavano il fondo schiena ad una temperatura indescrivibile, quando il salone posto all'ultimo piano era per metà ricoperto da una nube di fumo e soprattutto quando il caso ci permetteva di assaporare qualche liquore o vino.
Fu la solitudine interiore che ci spinse a frequentarci e a riconoscerci come fratelli.
Ci piaceva discutere di tutto e su tutto, spingevamo le analisi delle nostre letture sino all'estremo delle nostre capacità intellettive.
Forse il tutto era anche causato dal fatto che non potevamo permetterci altri tipi di passatempi.
Le chiacchierate più lievi e divertenti erano quelle che riguardavano il sesso e per lo più avvenivano in compagnie più allargate. Già nell'essere in tre i toni divenivano diversi e se poi il gruppo era al completo, cosa che succedeva raramente, passavamo ad essere in quattro e le chiacchierate erano un balsamo per l'anima e ci facevano sentire partecipi del mondo.
Quanto tempo è passato da quel giorno, quanto spazio è stato percorso da quella panchina? Troppi anni e troppi giorni vissuti inutilmente, vissuti lontani perchè così credevo che dovesse essere la vita, ma forse è sopravvivenza e non vita questa scelta di lontananza.
Eppure non posso dire di essere infelice, sono contento della mia famiglia, non potrei concepire ora la mia esistenza senza mia figlia..ma!
Ma mi manca quell'amico e come se una parte di me fosse ancora legata a quella panchina di quel giorno nel parco.
Cosa ci ha resi così lontani?
E non è solo la lontananza dei chilometri è una lontananza di spiriti, di esistenze che potranno forse ricucirsi ma che hanno in qualche modo subito delle ferite, qualcosa che oramai sento come perdita. La perdita di una parte di me stesso. E pure fino a qualche tempo fa ho provato una gioia infinita nel vedere mia figlia giocare con i suoi figli e vedere come erano felici di stare insieme, vedevo in questo la mia stessa gioia.
Già immaginavo le lezioni di scacchi da dare ai bambini per poi vederli giocare tra di loro allo stesso nostro gioco, i possibili argomenti da tramandare e le tante storie scoperte, vissute o immaginate che avremmo con gioia e con prospettive diverse raccontato a quelle faccine meravigliate.
Riuscire a capire cosa sia cambiato! perchè si dividono così gli esseri che pure sono simili!
Possibile che l'intervento di altri sia stata la causa? Ma se così fosse come il suo essere non abbia le mie stesse reazioni e non cerchi ancora uno spazio d'azione in cui proiettare i suoi 16 pezzi allo scontro che ci ha fatto crescere con i miei 16 pezzi?
Perchè non riprendere quel gioco infinito che finirà nel momento in cui saremo di nuovo soli!  Definitivamente soli!

Ciao Amico... mi manchi!

venerdì 20 maggio 2011

Pdl: via le bandiere a favore dei referendum I vigili costretti a rimuoverle casa per casa

Un consigliere comunale è andato a ripescare una vecchia norma del 1956: i vigili urbani costretti a fare gli straordinari per far rimuovere ogni riferimento che invita al voto. Il sindaco (del Pd): "Io non lo avrei mai fatto, ma sono stato stato costretto a procedere. Anche se sono riuscito a far sospendere i 1000 euro di multa". Il costituzionalista Valerio Onida: "La legge parla chiaro, sarebbe stato obbligatorio procedere"
Tutto è partito dalla denuncia di un consigliere comunale del Pdl di Novellara che ha visto sventolare da diversi balconi di abitazioni del suo paese, le bandiere “Si al referendum per l’acqua pubblica“. Utilizzando una vecchia norma elettorale del 1956, l’esponente di centrodestra ha fatto denuncia e segnalato la questione al prefetto di Reggio Emilia, obbligando i vigili del Comune ad andare di casa in casa e togliere i vessilli.

Zelanti i rappresentanti della polizia municipale del Comune governato dal centrosinistra, hanno richiesto la loro rimozione. “E’ stata fatta propaganda elettorale in zone non autorizzate”, spiega la consigliera del Pdl Cristina Fantinati. “Cè una legge che lo impedisce”. E, se anche mai utilizzata nel caso di bandiere appese ai balconi, la legge in realtà darebbe ragione al consigliere del Pdl.

E secondo il costituzionalista Valerio Onida, già presidente della Corte Costituzionale, interpellato dal fattoquotidiano.it “la legge parla chiaro e quindi non si possono espore bandiere sui balconi. La ratio della legge che regola la campagna elettorale tende a impedire che ci siano manifestazioni del pensiero rivolte al pubblico al di là dei luoghi prestabiliti. Quindi è chiaro che se uno mette fuori dalla sua finestra o dal suo balcone rivolto verso la pubblica strada è rivolto al pubblico”.

Questo la legge dice. Mai accaduto che venisse impugnata, ma c’entra poco o nulla. Pierpaolo Tondelli, uno dei cittadini coinvolti nei controlli a tappeto e che ha denunciato la vicenda tramite la rete internet. “Da circa una decina di giorni, avevo messo sul balcone di casa mia, una bandiera riportante lo slogan “2 sì per l’acqua bene comune” acquistata al banchetto del comitato – spiega – Ho ricevuto la telefonata da una amica, che nel mio interesse, mi ha consigliato di toglierla, in quanto l’indomani o al più tardi lunedì, avrei rischiato di prendere una multa da 750 euro, per non aver rispettato un regolamento elettorale o una legge inerente a regolamenti referendari. Naturalmente non sono l’unico. Chiedo attenzione se avete qualche slogan appeso in vista, perché l’operazione di oscuramento messa in piedi dal Pdl spalleggiato dagli interessi, potrebbe dilagare anche in altri comuni”.

“Per fortuna che non ho fatto in tempo ad esporre anche quella contro il nucleare, altrimenti avreste dovuto farmi visita in carcere”,  spiega ironicamente.

“Io mai mi sarei sognato di mandare i vigili a casa di un cittadino per una bandiera – spiega il sindaco di Novellara Raul Daoli (Pd) –  ma nel nostro Paese tutto si può complicare a causa di una denuncia”. “Io non posso intervenire perché in questo caso sono ufficiale di governo e devo eseguire la legge”.

Multa quindi ? Il sindaco che condivide i referendum ha tirato il freno a mano sulle multe. “Con la polizia municipale ho condiviso la scelta di non elevare alcuna sanzione, condivido anche l’imbarazzo dei cittadini”.

Ma è davvero così perentorio il codice penale? In realtà lo è, ed è anche chiaro: secondo la legge 212 del 1956 è “ritenuta proibita l’affissione o l’esposizione di stampati, giornali murali e manifesti, e l’esposizione di stampati, giornali murali, striscioni o drappi, di cartelli, di targhe, stendardi, tende, ombrelloni,attinenti, direttamente  la propaganda elettorale in qualsiasi altro luogo pubblico o aperto al pubblico, nelle vetrine dei negozi, sulle porte, sui portoni, sulle saracinesche, sui pali, sugli infissi di finestre e balconi, sugli alberi o sui pali ancorati al suolo”.

Va detto che queste bandiere sono esposte in tutte le città d’Italia da oltre due mesi. Sulla vicenda va all’attacco il Movimento 5 Stelle, che è tra i promotori dei due referendum sull’acqua pubblica ed in Emilia Romagna ed è tra i soggetti che hanno raccolto il maggior numero di firme su questo tema. Va giù duro  con il capogruppo in Regione Andrea Defranceschi che critica il metodo adottato dal Pdl. “Troviamo vergognoso che a Novellara, in provincia di Reggio Emilia, alcuni esponenti di un partito politico che ha tutto l’interesse a far fallire i referendum del 12 e 13 giugno per difendere il nucleare, l’acqua privata e il proprio leader abbiano denunciato dei cittadini per il solo fatto di aver esposto bandiere pro-referendum” dice Defranceschi.

“I vigili urbani sono stati costretti a invitare i cittadini a rimuovere le bandiere che sventolavano sui balconi. Il sindaco è riuscito a ottenere che la multa prevista, di 1000 euro sia sospesa, ma la rimozione dei vessilli c’è stata. E’ propaganda illegittima? Questa legge va cambiata, ancora di più alla luce del vero scandalo: la casta, a ogni campagna elettorale, si autocondona le multe con una legge ad hoc, sanando migliaia e migliaia di manifesti irregolarmente affissi con la cifra simbolica di 1000 euro”.

Dura anche l’Idv con la consigliere regionale Liana Barbati. Il partito di Antonio Di Pietro tra l’altro è promotore di altri due dei quattro referendum: quelli contro il nucleare e quelli contro il legittimo impedimento. “I berluschini locali per paura di uscire sconfitti, intimidiscono i cittadini con ogni mezzo”,  commenta l’esponente dipietrista. Dulcis in fundo. A Reggio Emilia e provincia, come in tutta Italia, da oggi i vigili urbani avranno un bel po’ da lavorare visto che sono migliaia le bandiere esposte insieme anche a lenzuoli con slogan che campeggiano da oltre un mese su cavalcavia e vecchie abitazioni.



Siamo arrivati a tacere e perdonare gli scandali sessuali di un ultra settantenne ma a condannare chi esprime il proprio pensiero!
E questi si chiamano Popolo della Libertà?

giovedì 19 maggio 2011

Ben altro spessore morale

   L’accusa, poi l’assoluzione. Ecco cosa c’è in quelle carte

12 maggio 2011 -
Luigi Ferrarella

MILANO – In 25 secondi, studiatamente gli ultimi del faccia a faccia con Giuliano Pisapia su Sky, le parole di Letizia Moratti risultano contraddette due volte dalle sentenze: da quella d’Appello che il sindaco tace, e da quella stessa di primo grado che cita.
Moratti richiama un verdetto d’Assise del 1984 per affermare che solo un’amnistia aveva salvato il rivale da una condanna per furto, ma tace che Pisapia in Appello era poi stato assolto nel merito nel 1986 «per non aver commesso il fatto». E anche solo restando alla sentenza di primo grado del 1984, fa credere che alla base dell’applicazione dell’amnistia vi fosse da parte dei giudici un’affermazione di responsabilità di Pisapia per il furto del 1978, mentre invece nella motivazione la Corte d’Assise esplicitamente scriveva che, se non fosse intervenuta l’amnistia, avrebbe comunque «assolto per insufficienza di prove» Pisapia.
Tre pentiti e un furto: chi decise?
«Anche Pisapia». «No, non c’era».

La storia vera comincia la sera del 19 settembre 1978, quando a Milano i terroristi di «Prima Linea» Massimiliano Barbieri, Roberto Sandalo e Marco Donat Cattin rubano un furgone Fiat, e Barbieri viene arrestato. Due anni e mezzo dopo, Sandalo, “pentito” come anche gli altri due, spiega il furto come finalizzato a un progetto (poi mai attuato) di sequestro di William Sisti, capo del servizio d’ordine del «Movimento lavoratori per il socialismo» che aveva avuto violenti scontri con l’«Autonomia operaia» cittadina, e al quale il «Collettivo» studentesco della libreria di via Decembrio, nel quale all’epoca militavano attivamente Massimiliano Trolli (ex di Lotta Continua) e suo cugino Giuliano Pisapia, addebitava pestaggi di “compagni”, come un disegnatore di murales ridotto in fin di vita. Barbieri, che secondo Sandalo e Donat Cattin voleva colpire Sisti «come carta di credito per entrare in Prima Linea», nell’estate 1978 li porta dunque in una casa di benestanti nel centro di Milano, dove vivevano Trolli e «il cugino», cioè Pisapia. Tutti e tre i pentiti collocano nella casa alcune riunioni di luglio 1978 nelle quali «venne avanzata la proposta di compiere un’azione punitiva contro Sisti» da sequestrare, picchiare e liberare con la colla nei capelli. Ma i tre pentiti divergono sul ruolo di Pisapia: per Sandalo era presente; lo stesso dice Barbieri, che però per la riunione operativa indica una data in cui Pisapia era a Santa Margherita Ligure bloccato da un’ulcera, attestata sul ricettario milanese del medico Carlo Agnoletto (zio di Pisapia); invece Donat Cattin esclude Pisapia fosse alla riunione.
Cade la banda armata. Per il furto
a giudizio per «concorso morale»

E’ notorio che per questa vicenda Pisapia nel 1980 fu arrestato con due accuse: partecipazione alla banda armata «Prima Linea», e concorso morale (luglio 1978) nel furto del furgone poi commesso (settembre 1978) da Sandalo-Barbieri-Donat Cattin. Resta 4 mesi in carcere, ma per la banda armata neppure viene processato, direttamente prosciolto su richiesta del pm Armando Spataro. E’ invece rinviato a giudizio in Corte d’Assise per il concorso morale nel furto del furgone, anche qui noto negli archivi (es. Ansa dell’11 giugno 1982).
Primo grado: l’amnistia prevale
sull’assoluzione dubitativa

Finisce con una amnistia. Nella motivazione di primo grado la Corte d’Assise tende a escludere «sovrapposizione di ricordi» nella versione di Sandalo, ritiene «poco verosimile che Barbieri abbia clamorosamente errato», appare dubbiosa rispetto a Donat Cattin che dice che Pisapia non c’era, e svaluta il certificato medico. Tuttavia la Corte prende atto che anche Sandalo e Barbieri «non hanno esplicitamente parlato di uno specifico apporto di Trolli e Pisapia all’episodio del furto». E conclude che, «nell’irrisolto contrasto» tra le dichiarazioni di Donat Cattin e quelle «non meno rilevanti deponenti in contrario di Barbieri e Sandalo, nei confronti di Pisapia potrebbe essere emessa solamente una pronuncia di assoluzione per insufficienza di prove». Poiché però nel 1978 era intervenuta una amnistia, «per giurisprudenza consolidata l’amnistia prevale» tranne nel caso di assoluzione piena: quindi il dispositivo della terza Corte d’Assise il 22 ottobre 1984 ritiene «amnistiato il reato ascritto» a Pisapia e dichiara «il non doversi procedere».
Secondo grado: «Neanche indizi»
Assolto, non ha commesso il fatto

Pisapia rinuncia all’amnistia e fa ricorso alla Corte d’Assise d’Appello, che lo assolve nel merito. I giudici scrivono che dalla «coabitazione di Pisapia con il cugino Trolli» e dall’«adesione di Pisapia all’ideologia di sinistra» possono «sorgere al più soggettivi sospetti» ma non certo «la prova di un coinvolgimento che connoti estremi di rilevanza penale». In più, i giudici di secondo grado, diversamente da quelli di primo, ritengono la presenza di Pisapia alla riunione di fine luglio 1978 «del tutto smentita» dal certificato medico che lo indicava fermo a Santa Margherita Ligure, per la stessa ulcera per la quale ulteriore «documentazione sanitaria» lo mostrava «ricoverato in ospedale a Santa Margherita dal 12 al 18 giugno e dal 24 giugno al 3 luglio». La conclusione della terza Corte d’Assise d’Appello l’8 marzo 1986 è dunque che «non vi è prova, nè vi sono apprezzabili indizi, di una partecipazione di Pisapia al furto, sia pure sotto il profilo di un concorso morale: va pertanto assolto per non aver commesso il fatto».
Giudice errato, Cassazione annulla
E l’Appello-bis riassolve nel merito

Finita? Non ancora. Neppure l’accusa impugna l’assoluzione di Pisapia, ma il 3 marzo 1987 la Cassazione rileva un errore nella formazione del collegio d’Appello, annulla la sentenza per tutti gli imputati e quindi fa ricelebrare il processo di secondo grado. E’ solo un formalità: infatti sia la Procura generale sia le difese chiedono ai giudici del processo-bis d’Appello di confermare le statuizioni riguardanti ciascun imputato, e la nuova Corte lo fa per tutti gli imputati (compreso Pisapia) nelle ordinanze del 3 dicembre 1987, 25 febbraio, 28 marzo e 14 aprile 1988. A chiudere lo svuotato Appello-bis resta il «non doversi procedere non potendo essere proseguita l’azione penale» già definita dalle ordinanze sui vari imputati; e cioè, nel caso di Pisapia, dall’assoluzione passata in giudicato per non aver commesso il fatto. Un dato definitivo che relega in secondo piano la scelta del sindaco di connotare negativamente l’amnistia attribuita (erroneamente) al rivale nonostante di un’amnistia vera abbia usufruito, per fatti parimenti datati, il capolista della sua lista Pdl, Silvio Berlusconi, per il quale 21 anni fa la Corte d’Appello di Venezia dichiarò nel 1990 l’amnistia della «falsa testimonianza» imputatagli per aver negato l’iscrizione alla loggia P2 di Licio Gelli.

Preferisco citare fonti giornalistiche e non ipotetici siti di fanfaroni, tipo di chi attribuisce a studioso previsioni da negromanti  

Terremoti, l'istituzione Bendandiana conferma: "Nessuna previsione di un sisma a Roma"

martedì 10 maggio 2011

IL MORTAIO


Nuove rivelazioni su Osama il principe del terrore... usava il Viagra.
Se ho ben capito quando hanno bussato alla porta non pensava che fosse la Cia, ma il farmacista!