SOLO QUELLI CHE SONO COSI' FOLLI DA PENSARE DI CAMBIARE IL MONDO, LO CAMBIANO DAVVERO (A.Einstein)

PER TUTTI
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martedì 30 novembre 2010

LA FRASE PIU' FAMOSA...

PERUGIA... CHAGALL


Le poche barzellette che ricordo cominciavano tutte con ... Pierino.

Quello che mi è successo ieri non ha per protagonista il nostro ormai conosciutissimo e amato bambino, ma un uomo che conosco, occupa un posto importante: direttore di... e che è anche superlaureato.

Ho voluto giustificarlo pensando ad un lapsus froidiano (!).


Domenica sono andata a Perugia.
Nel Palazzo dei Priori è allestita una mostra che comprende anche quadri di Chagall.

- Dove sei stata ieri?

- A Perugia a vedere Chagall.

- Ma non era morto nel '80 ?
BATTUTA O LAPSUS???

venerdì 26 novembre 2010

SCEGLIERE ANCORA... (25)


Come dico spesso siamo sotto questo cielo e ogni pioggia ci può bagnare.
Se guardo indietro la mia vita è stata costellata di piccole sconfitte dovute spesso alle scelte che ho fatto io o che ho dovuto subire? Le conseguenze ci sono state e tutte affrontate in prima persona.
Poi all'improvviso può capitare di desiderare una cosa, programmare tutto prepararsi e all'improvviso il mondo che conosci nel quale sei immerso cambia totalmente.
Sono poco incline a parlare delle cose che mi appartengono.
Ho sempre pensato che dopo averlo detto che cosa mi rimane? Solo me stessa di fronte alla vita, me stessa di fronte ad un nemico che è molto più forte di me, che troppe volte si è divertito a giocare crudelmente.
Chi mi ha ascoltato dopo i saluti torna alla propria vita bella o brutta con i suoi problemi, e la pietà dimostrata nel momento del mio racconto rimane sospesa fra me e il vuoto che ha lasciato andandosene.
Qualche mese fa dopo alcuni fatti accaduti e che trovavano me non più disponibile ad accettare e subire, ma soprattutto il cambiamento che c'era in mia figlia, avevo deciso di separarmi... finalmente.
Non è mai facile prendere questa direzione. All'inizio forse non si crede che tutto possa essere sbagliato. Poi si entra in un'apatia, poi si passa la fase del forse ho sbagliato qualcosa, poi diventa decisivo essere convinti che noi non abbiamo mai sbagliato ma abbiamo dovuto convivere con dei comportamenti assurdi e illogici da parte dell'altro.

Può succedere che uno reagisce male quando gli viene fatto notare che le proprie azioni non sono state "corrette", ma il momento peggiore è quando intervengono altre persone che ti accusano di cose non fatte.
Se ognuno pensasse ai cazz.. suoi, soprattutto i parenti che poi non sono parenti!

Nessuno mai si deve permettere di interporsi fra due persone. NESSUNO MAI.

Se mi punti il dito e sono colpevole cerco di difendermi, ma se mi accusi senza che io abbia nemmeno pensato quella cosa allora divento una furia.
Quando due anni fa d'estate la situazione è diventata insostenibile in dieci minuti ho fatto le valige preso mia figlia e volata a casa mia immediatamente.
La decisione era presa senza ritorno.
Ho preparato con cura tutto: ho scelto i mobili per la nuova casa ho chiamato un omino di fiducia tuttofare per imbiancare l'appartamento e sistematicamente ogni giorno ho portato qualcosa. All'inizio i miei amati libri, poi ho alternato tutto dai vestiti gli oggetti utili e inutili gli accessori in cucina gli asciugami nel bagno le lenzuola le coperte per i letti i cappotti i maglioni....man mano che andavo avanti vedevo riempirsi le scatole e gli armadi.
Ho smontato e rimontato da sola scaffali mobiletti mi sono divertita ad usare o meglio imparare ad usare i vari attrezzi finora sconosciuti mi sono chiesta perchè stavo facendo tutto con una calma serafica. Non sono mai entrata nella sfera della contentezza su di me incombeva sempre una vita fatta di rinunce di gite non fatte pizze non mangiate amici non avuti responsabilità non cercate.
Guardando indietro a quanto mi era stato proibito ho scelto una vita diversa per mia figlia: ho deciso che lei non avrebbe dovuto subire una vita sospesa, trovarsi nella condizione di dover fare una scelta drastica.
La mia fatica i miei sforzi avrebbero dovuto avere un risvolto diverso per lei.
Un piatto della bilancia doveva appesantirsi di cose belle. Quante volte mi sono chiesta se riusciamo mai a dare veramente tutti noi stessi ai nostri figli.
Anche se sono individui diversi e so già che nessuno percorre mai la stessa strada vorrei soltanto indicarle il modo giusto o almeno spero sia quello giusto per affrontare la vita. Le sto passando metodi di valutare le cose una visione della vita più staccata un autocontrollo che è difficile a questa età.
Lei si lamenta sempre che sono troppo severa brontolo in continuazuione che pretendo troppo. Non m'interessa devo farlo adesso. La sto accontentando in maniera adesso più serena rispetto a prima mi sono resa conto che ho più spazio per tante cose, anche una passeggiata la sera prima di cena.

E nei momenti difficili mi parla e chiede consigli.
... mamma devo dirti sempre tutto?...
... no è giusto che anche tu abbia i tuoi segreti... anche se ci sono cose che sembrano segreti ma non lo sono...
e giu allora a spiegarle in maniera semplice la pedofilia il bullismo ecc.

Vorrei avere un giorno tutto per me sola. Un giorno senza dover decidere, chiudere gli occhi e avere qualcosa solo per me senza dovermi sempre mettere da parte e rinunciare.

Poter parlare con qualcuno qualche volta senza essere accusa di volere un "fidanzato".
Senza doveri senza dover spiegare senza dover sempre passare per una mamma severa brontolona senza essere guardata con compassione... vorrei un giorno in cui IO SONO SOLO UNA DONNA e basta.

Perchè il senso comune della stupidà mi deve condannare per questo mio desiderio?

giovedì 18 novembre 2010

LUCCA...COMICS


Ho deciso di andare a Lucca.
Prima volta a vedere Comics.
Primo problema trovare la biglietteria.
Con qualche bugia e un gran sorriso riesco a pagare la metà del biglietto.
Comincia il viaggio attraverso i vicoli di questa bellissima città.
L'impressione che ho è quella di una cattiva organizzazione ma è la prima volta come posso giudicare e paragonare?

Mentre giro per gli stands ascolto chi mi sta vicino e vengo a sapere che bisogna mangiare prima di mezzogiorno altrimenti diventa difficile anzi no impossibile trovare qualcosa.

Alle dieci e mezzo compriamo dei panini... 5 euro l'uno! Mentre li incarta li guardo bene per vedere dove sono stati nascosti i diamanti!

Mia figlia con la sua amica vogliono un disegno sul viso. Storgo la bocca perchè ho paura che i colori possano causare allergie alla loro pelle. Ma i bambini è difficile che capiscano e mi lascio convincere.
Poche pennellate date con mano malferma e mi trovo a pagare... 4 disegni (veramente sono solo due linee intrecciate!)... 10 euro...
Rimango impassibile, pago e mi chiedo come mai a me per 25 anni mi hanno obbligato ad avere un registratore fiscale!

Le bambine sono felici perchè anche senza maschera si sono immerse nell'atmosfera.

Per le strade non ho l'impressione che ci siano ragazzi mascherati come i personaggi dei fumetti, ma piuttosto una gran pagliacciata: ognuno vestito con quello che ha trovato in casa o al mercatino dell'usato!

Entriamo negli stands: giornalini gadgets magliette musica adesivi pupazzi di peluche e non so che altra diavoleria vendono.
Il bagno di folla aumenta, comincio a sentire odore di ragù: le persone cominciano ad odorare anzi no a puzzare di sugo di carne.
Comincio anche ad avere le visioni la testa mi gira riesco ad uscire con la scusa di andare a prendere un caffè.... se non prendo un caffè bambine entro in crisi di astinenza e non capisco più... e ritorniamo a casa... parole magiche!
Vado sempre in un'enoteca: il barman è carino gentile mi riconosce sempre anche a distanza di mesi. Come si fa a non riconoscermi?
Anche se volessi nascondermi la mia figura e il mio modo di fare rimangono impressi.
Corre verso una macchinetta minuscola mi porta un caffè che ancora a distanza di tanto tempo non riesco a definire. Servizievole e premuroso con le bambine. 
Usciamo altri stands.
Ricominciamo a girare... fuori dentro dentro fuori.
Ci hanno messo una strisciolina di carta arancione al polso per non avere problemi con i controlli. La guardo più volte cercando un numero come se mi avessero marchiato! 
Le persone aumentano e ricomincio a sentire sulla pelle "un bagno di folla". Detesto la confusione, ma ho promesso a me stessa che avrei curiosato senza polemizzare.
L'odore di ragù sta diventando sempre più insopportabile.
Non è che esce fuori quando i miei istinti primitivi e cannibaleschi vengono repressi e allora salgono prepotentemente in superficie?
Dopo un paio d'ore propongo di fare una visitina alla Torre delle Ore nel centro della città.
Ci sono già stata ma ci ritorno volentieri.
Appena entro il custode (?) mi fa un gran sorriso.
...le bambine hanno dieci anni...
Mi ricordo all'improvviso che i gradini sono tanti e restaurati in maniera veramente orrenda.
...mi mette pensiero salire fino lassù, ma ho promesso che le avrei portate qui...
...mi guarda con l'occhio porcino... non importa che lei salga può aspettarle... si mette a sedere qui... e mi indica le sue ginocchia.
Faccio la carina... ma lo sa che lei potrebbe essere mio figlio?... non credo! quanti anni mi da...
Mai dire ad un uomo l'età che dimostra potrebbe essere controproducente... trenta... molto buona, ne ho quaranta (a me sembravano di più!)... potrei essere sua madre... (mi guarda, sorrisino porcino)... si può fare...
Cosa si può fare? I miei pensieri pensano ad una corda per impiccarlo la mia bocca sta zitta per non inveire... le bambine sono sole...  
Comincio a salire. Ogni gradino penso che le gambe vanno senza problemi, le ginocchia elastiche però! la schiena non mi fa male. Ma quando arrivo al 50° gradino in un angolo l'estintore rosso mi sembra un fungo, l'Amanita muscaria, la specie più velenosa.
Continuo a salire, all'improvviso ho la tentazione di inginocchiarmi in quei gradini polverosi rotti e traballanti e gridare al miracolo.
Ho visto Fantozzi vestito da arcangelo Gabriele insieme ad un altro Fantozzi che sembra s. Pietro e il dio Hermes con le alucce sulle testa da dove è sbucato?
Alzo timidamente la testa non vedo la fine della scala.
Andiamo bene! se sono a metà e ho le visioni quando arrivo lassù avrò il cervello senza ossigeno in completa ipossia, altro che visioni! mi metterò a volare.
Gli ultimi gradini non li ricordo sono in trance completa sono convinta anzi no sicurissima che non sto respirando.
L'odore degli escrementi di piccione accompagnato alla polvere che ormai mi ha invaso i bronchi fanno da padroni.
Finalmente arrivo e il piede ha un attimo di incertezza perchè cerca ancora gradini.
Focalizzo un uomo, mi guarda non so se sono stravolta ma sicuramente gli sono sembrata strana.
Nella mia testa rimbomba soltanto una vocina... ogni scalino in più sarò più in alto e se crolla tutto ogni volta mi farò più male...
Panorama bellissimo non molto spazio tanto che ad un certo punto mi trovo sotto una delle due campane.
... pensate bambine se la campana cade rimango dentro...
Non so se è l'altezza o le visioni o il mio carattere ma l'unica cosa che continuo a pensare è che se crolla tutto mi faccio male molto male.

Le bambine vedono da lontano una torre con gli alberi sopra... mamma andiamo là?... subito?... sì... mi hai guardato mi hai guardato bene? e secondo te io ce la faccio a salire lassù in cima adesso fra pochi minuti dopo che siamo scesi da qui (prima che crolli tutto naturalmente!)? la prossima volta che veniamo a Lucca ci andiamo di sicuro... allora la prossima volta che ritorniamo andiamo qui e là... no forse non ci siamo capite, una sola torre per volta... ho bisogno di respirare e far passare un po' di tempo per dimenticare gli scalini che ci sono da salire, anzi ora che scendiamo li contiamo...

Morale della favola alla fine della discesa (per chi è curioso sono 207 scalini traballanti e insicuri) quando ho visto l'uscita non solo sono stata contenta ma ho pensato che forse potevo anche accettare "il posto a sedere" che mi era stato offerto!

Mi sarei risparmiata per ogni gradino che ho salito... tanto crolla tutto mi farò molto male... e per ogni gradino che ho sceso... tanto crolla tutto mi farò meno male...

Arrivederci alla prossima!

venerdì 12 novembre 2010

Auguri e auspicio - Nodo Infinito



Il nodo infinito, simbolo nella tradizione tibetana di eternità, rappresenta l’intreccio fra amore e armonia, evoca inoltre i reticolati di fili multicolori ritualmente impiegati per ospitare, o per "imprigionare", le divinità terrifiche.  Ma il nodo infinito è anche lo scorrere della vita nella sua sequenza di attimi felici, di momenti tristi, di normalità.  E’ il ciclo delle energie che non si perdono mai, semplicemente si trasformano. 
 E’ l’inizio e la fine di cui non si vede il confine.  E’ molto altro ancora

Auguri  Giada

sabato 6 novembre 2010

SCEGLIERE ANCORA... (24)


- Vi è mai capitato di viaggiare durante la vita con gli imbecilli e i saccenti?
Io mi sono sentita chiusa come in uno scompartimento ferroviario senza aria condizionata a 50 gradi e aria insufficiente per respirare.
Cominciare a pensare che eliminare qualcuno forse era la cosa migliore?

- Ho capito che ci sono uomini che hanno tanti complessi tante paure molti più di me e che per difendere la propria solitudine (perchè non hanno altre vie di uscita) tengono lontano chi gli sta vicino, chi li ama.

- Avevo un amore mi dava tutto, il tempo mi ha derubata della mia anima.
Ho scritto le cose più belle e adesso non trovo più niente dentro di me.
Sparito tutto cancellato, non più un seme da far germogliare nè una scintilla di vita per sperare.
Solo un gran vuoto e sono spaventata.

- Nella vita ho conosciuto e camminato insieme a uomini importanti.
Li ho sostenuti ascoltati consigliati nei momenti di crisi quando sentivo che potevano mostrare la loro debolezze e non dovevano.
Dietro ogni uomo importante c'è sempre una grande donna... dicono.
Sarà! perchè allora non ho mai camminato al loro fianco?

- Ogni uomo vuole darmi la felicità.
Che cos'è?
Roba che se magna?
La mette sotto il bichiere la fatina dei denti?
Uno dei gironi dell'inferno dantesco quello dei creduloni?

- Sorridi alla vita che la vita ti sorriderà.
Come mai allora ho sempre e solo visto la sua faccia incazzata?
Forse le mie battute facevano schifo?

- Quanti errori commette una donna?
Ti amo mi manchi oggi ci sentiamo?
vorrei essere con te vorrei un figlio da te... quanti?

- Perchè il mio viso non si decompone?
Perchè non vengono queste rughe?
Ricordo che il capitano Achab urlava alla balena... vieni a me, mostrami la tua faccia rugosa...
invidio Moby Dick!
Voglio una ruga...
La prima che nascerà festeggerò con il "ruga-mese"!

- Ho riletto qualche racconto scritto un po' di tempo fa. Non mi appartengono più.
Sono stati miei finchè non li ho dati agli altri. Ho trovato solo scheletri:
l'anima intorno alle parole è stata mangiata.
I lettori si sono nutriti di parole. Delle mie parole.

- Regola numero uno: dire sempre ad un uomo che ha ragione.
Stringete i denti non cedete.
Ne guadagnerete nel tempo del rapporto: invece di chiudere subito andrete avanti ancora qualche giorno.

- Come allontanare un uomo?
Dirgli che sono la Lamia la regina delle streghe e che mangio i bambini e succhio il sangue dei giovani uomini.
Se chi ascolta ha meno di cinquant'anni sono tranquilla: il risultato è assicurato.

- Risposte di uomini a cui avevo detto che sono la Lamia...
- Il mio sangue preferisco darlo all'AVIS.
- Mi porterò dietro un sacchetto di sangue per sicurezza.
- Ma io non sono un giovane uomo...

- Se poi conoscete un uomo che rasenta i 130-140 kg non potete chiamarlo caro amico meglio molto meglio mio succulento amico.
Si scioglierà tutto e forse perderà anche qualche taglia.
Se dopo gli dite che siete la Lamia vi risponderà... ma allora mi vuoi mangiare davvero?... con la faccia terrorizzata.

- Il mio vecchietto mi ha detto: "Non sono geloso".
Ed io ho storto la bocca.
Oggi mentre eravamo insieme ho ipotizzato:"... mi hai detto che non sei geloso, posso andare allora anche con un altro!"
" L'ho detto, ma se ci vai m'incazzo di brutto!"
Lui non se n'è accorto ma io ero contenta.
Basta poco per far felice una donna.

- Ho sempre chiamato i miei libri... i miei amanti.
L'altra sera quando ho detto ad un uomo che dovevo andare a letto perchè non potevo far aspettare i miei due nuovi amanti... mi ha guardato con occhio porcino.
Ho dovuto usare tutto il vocabolario più uno etimologico per convincerlo che erano solo pezzi di carta.

venerdì 5 novembre 2010

Santi Correnti - “Torna parrinu, e sciuscia”



Non l'ho mai stimato per certe prese di pensiero, ma devo ammettere che era un Siciliano e oggi di Siciliani ne restano pochi.
Ricordo

Il Chiarissimo Professore Santi Correnti (Riposto, 1924 – Catania, 27 agosto 2009) è stato uno storico italiano.
Si è dedicato prevalentemente alla Storia della Sicilia. Fu professore alla Normale di Pisa, direttore dell'Istituto Siciliano di Cultura Regionale e della Rivista Storica Siciliana. Professore dal 1970 al 1996 presso l'università di Catania, dove ha creato la cattedra in Storia della Sicilia. ben 92 sono le opere storiografiche pubblicate.
Nel suo libro “leggende di Sicilia”, edito da Longanesi, l’esimio prof. Correnti scrive che il detto “torna parrinu e sciuscia” (Torna prete e soffia),che si adopera quando si è importunati da richieste assillanti e sgradite, o quando in una discussione si ripetono noiosamente gli stessi insulsi argomenti, è nata da una leggenda plutonica, relativa ad una “truvatura”, di San Pietro Clarenza (Catania). In questo paese etneo, di tesori nascosti, secondo le leggende locali, ce ne sono almeno tre: quello dall’altarino di San Leonardo, quello della contrada Santa Margherita, e quello che sarebbe nascosto dentro il cosiddetto “Palazzazzu”, una  vecchia dimora dei principi Clarenza poi abbandonata, che si trovava nella parte sud del paese. Ma questa testimonianza storica della cittadina clarentina, negli anni ottanta fu distrutta dall’uomo, per fare posto a moderne costruzioni. Ognuno di questi tesori nascosti ha il suo bravo custode: il cosiddetto “pircanti”, lo gnomo dal berretto rosso, che può assumere le forme più impensate. Lo gnomo che custodiva il tesoro del “Palazzazzu” si è trasformato in vento, in cane che diventa un caprone, o addirittura in prete, e si mostra nell’ora più indicata per simili apparizioni, e cioè mezzanotte. Ora avvenne che in una notte d’autunno, nel periodo della vendemmia, poco prima di mezzanotte, il caposquadra dei vendemmiatori andò per aprire il palmento, per dare aria al mosto in fermentazione, e per preparare gli arnesi per la prima squadra di vendemmiatori. Aveva appena acceso la lanterna, quando vide accanto a sé un prete con la papalina in testa, che quatto quatto, senza dire nulla, si diresse verso la lanterna, vi soffio su, e la spense. Il paziente contadino la riaccese, e il prete, di nuovo, senza proferire parola, la spense. Stavolta il contadino si seccò e rivolto al prete lo apostrofò “Torna parrinu, e sciuscia! Vossia proprio ccu mia divi schirzari! Jù haiu un sulu pròspiru pp’addumalla, è l’omini stannu vinennu!” e riaccese per la terza volta la lanterna. Ma quando il finto prete, imperturbabile, la spense soffiandovi sopra ancora una volta, il contadino comprese, e gridò: “E tonna parrinu, e sciuscia! Chistu diavulu è!” e si fece il segno della croce. Allora si senti un gran rumore, e il falso prete scomparve in un cerchio di fuoco. Da San Pietro Clarenza il motto si è diffuso in tutta la zona etnea, e da lì in tutta la Sicilia, ed anche fuori. Ancora oggi l’espressione popolare viene adoperata contro gli importuni che ci fanno stizzire, ripetendo con monotonia i loro sciocchi argomenti, o insistendo nelle loro sgradite richieste.

mercoledì 3 novembre 2010

IL TRENO


Ho perso un treno.
Mi preparavo da tanto tempo per partire.
Avevo organizzato tutto: il luogo l'appuntamento le valigie il mio cuore.
L'ho mancato per 15 minuti.
Ero alla stazione alle 7,21 ho guardato l'orario ho controllato.
Poi mi sono distratta e sono andata via.
Una cosa importante che non avrei potuto lasciare ad altri.
Solo che quando sono tornata ho trovato il marciapiede vuoto.
Il display nero senza più scritte.
L'altoparlante non annunciava più. Solo un eco.
Un treno che è arrivato alle 7,35 ed è partito subito... aveva fretta.
Come si fa a dire il tempo non è commiserabile quando l'attesa ha uno spazio che stringe alla gola? Quando le ore i giorni passano e non tornano, quando i desideri diventano un chiodo fisso.
Ho perso un treno... ho desiderato tanto salirci sopra.
Non importa quanto sarebbe durato il viaggio solo pochi secondi qualche minuto.
L'importante era prenderlo.
L'ho mancato per pochi minuti.
Sarei partita per un viaggio meraviglioso pieno di speranze.
Adesso sono qui sul marciapiede e non so più cosa fare e a chi chiedere.
Non c'è nessuno intorno a me, cerco l'agenda: non la trovo, nemmeno un foglio dove scrivere.
Ho perso anche quello.
La mia meta? Non la so, ma il cuore mi avrebbe portato verso la felicità.
Quella che si cerca per tutta la vita e ti cammina vicino solo una volta.
Siamo noi così presi da altre cose che non riusciamo mai a capire il momento, ma questa volta no non ero distratta l'ho riconosciuta l'avevo trovata.
Qualcosa... qualcuno che è unico.
Ricordo di avere scritto nel mio dialogo tra Ulisse e Penelope:


- Eccola sta venedo verso di me, che voglia di stringerla di dirle chi sono. Come è possibile che non mi abbia riconosciuto? Lei lei che diceva che mi avrebbe trovato fra mille uomini, lei che mi ha sempre detto che le nostre anime non potevano essere divise.

Sì è vero, nessuno mai potrà far finta di essere Ulisse.
Il mio cuore mi svelerà subito che non è lui.

Nessun sotterfugio nessuna parola conosciuta potrà mai avere la stessa intensità della sua voce quando la pronuncia.
Due toni di voce: forte decisa autorevole con gli scarafaggi, dolce con me... sempre.
Quando potrò riudire la sua voce?

Un treno... ho perso un treno... il treno...

domenica 31 ottobre 2010

SCEGLIERE ANCORA...(23)


Lunedì

Ho chiamato cucciolo qualcuno.
Un velo era calato sopra questa parola.
Non l'avevo più pronunciata, chiusa in un tabernacolo. Preziosa.
Stasera la testa si è riempita all'improvviso in ogni spazio... ricordandomi.
Il cuore fa male.

Martedì

Detesto la compassione degli altri.
Odio la pietà nei loro occhi.
Io sono viva, la vita scorre in me.
La lotta il coraggio di affrontare il destino.
Vincerà lui come al solito e mi lascerà prostrata,
con una nuova cicatrice dentro.

Mercoledì

Notte notte... notte...
Amica preziosa.
Nel silenzio la tua voce parla
ed io ascolto rapita.
Amante fedele illogica eterna.
Il tuo abbraccio è dolce come
una carezza desiderata.

Giovedì

Sono sul molo guardo la tua nave lontano.
Sembra ferma poi scompare.
Il mare l'ha ingoiata.
Cosa mi rimane?
Solo una mano che ancora
si muove in un saluto.

Venerdì

Lo specchio non riflette la mia immagine.
Gli occhi cercano ma non vedono.
Mille domande scritte sul vetro.
Il vapore si asciuga
e tutto scompare.

Sabato
I pensieri mi riportano a ieri.
Ho cercato la felicità negli occhi di un uomo
fra le sue braccia nel suo sorriso.
Il fuoco si è spento in un attimo.
Solo un peccato da ricordare.

Domenica
..................................................

Il settimo giorno... Lei si riposò.

mercoledì 27 ottobre 2010

Tempo di vendemmia


Sono i giorni che mi riportano in mente la vendemmia.
Mi reputo fortunato di avere ancora la memoria della vendemmia così come si faceva una volta; quella senza nessun strumento elettrico o a motore, solo uomini, donne, bambini, animali e tanta gioia.
Non era un lavoro era una festa, anche se avevi una grande vigna e dovevi pagare degli operai la vendemmia veniva vissuta con uno spirito  di estrema allegria.
Ci si alzava preso, prima che sorgesse il sole.
Per essere alle prime luci dell'alba tra i filari.
Non pensate alle vigne a pergolati, all'epoca le viti da noi erano  ancora coltivate basse, gli ultimi lavori fatti erano quelli della “rifunnuta”, una zappata che serviva a coprire bene le radici fatta a  luglio per evitare che il caldo torrido dell'estate asciugasse troppo  la pianta, e poi solo zolfo, irrorazioni con poltiglia bordolese, una  miscela di verderame e calce e tante preghiere che non ci fossero  precipitazioni intense con grandine. Scampati i pericoli della  peronospora e del tempo, si ci preparava alla vendemmia.
I più ricchi avevano il palmento di proprietà altri dovevano  affiatarlo e quindi far coincidere il giorno della raccolta con quello  della pigiatura. Stabilito il giorno, si invitavano i parenti, gli  amici e se la vigna era grande prenotare la manodopera.
I primi minuti di raccolta si svolgevano in silenzio, poi come se  uscisse dal profondo della terra un suono gutturale iniziava un canto  che da struggente diveniva sempre più allegro, erano canti popolari, i  più belli erano quelli in cui la strofa richiamava una sua risposta e  nel rispondere il mio amico Santipamma era insuperabile.
Lui era adibito al trasporto dell'uva sino al palmento con la sua  asina, ma tra un carico e l'altro si introduceva nei canti in maniera  magistrale ed imprevedibile; per lui la vendemmia era come una festa  di battesimo, cresima e di nozze messe insieme, se vedeva qualcuno che  tralasciava un grappolo era capace di insultarlo per ore, manco fosse  lui il padrone.
Era scontato che venisse sempre per la nostra vendemmia, non so se per  rispetto a mio nonno o perchè realmente mi reputava un suo amico o  perchè il vino della botte piccola era il più buono di tutta l'Etna.
Stava ben attento che il carico fosse ben bilanciato, io mi sentivo in  dovere di aiutare a trasportare i vari recipienti sino alle gerle ed  ero l'unico che oltre lui versavano i grappoli nelle gerle legate al  basto, cercavamo di fare l'operazione in sintonia non mettevamo mai un  grappolo in più del necessario, io poi avevo sempre una carruba da dare a ogni carico e l'asina strofinava sempre la testa sulla mia  spalla a mo di ringraziamento.
Quando arrivavamo al palmento, dopo la breve “trazzera” in pietra lavica  in cui avevo sempre il terrore che l'asina scivolasse, scaricavamo  all'unisono le due gerle nelle vasche; Santipamma aveva inventato un  sistema di sgancio delle gerle con supporti di elastico che fungevano  come i moderni cassoni ribaltabili poi prendevamo una vasca e fatta la  breve scala che portava alla finestra che dava alla pista del palmento  versavamo il tutto formando una montagnola di grappoli bianchi e neri  facendo volare un nugolo di vespe che attratte da quel ben di Dio  minacciavano dolorose punture, che stranamente avvenivano raramente; forse anche le veste e le api erano contagiate da quell'atmosfera di  festa o meglio erano stordite dall'alcol.
A metà giornata salivo in pista anch'io, a caricare ci pensava mio  fratello, diminuendo la necessità della raccolta e del trasporto  aumentava quella della pigiatura.
E li l'atmosfera era davvero inebriante. Era una vera e propria danza al dio Dionisio, si marciava in circo al passo strascicato con un  ritmo battuto dalla voce del capo pista assistita dal canto di antiche  canzoni.
Si spargevano dalla montagnola i grappoli, utilizzando delle zappe,  sulla pista sino a formare un tappeto di un palmo abbondante.

Il capo pista dava il via e con passo regolare si cercava di pestare il più possibile, quando gli schizzi arrivavano in faccia veniva dato il segnale per aprire la porticella che permetteva al mosto di prima pigiatura di arrivare al primo tino.
Quello era il mosto che mia nonna veniva a raccogliere con una "quartara" per poi fare il vin cotto, era il mosto più dolce, impossibile ad avere ora con i macchinari di pigiatura e con quel vin
cotto si facevano i "mustazzola".
Aiutandosi con una scopa si faceva scorrere il mosto dalla pista e con le pale e rastrelli si ammucchiava l'uva al centro.
Poi il capo pista ordinava: -U' Sceccu!
Questo era un tavolaccio rotondo che veniva posto sulla montagnola di uva pigiata e su questa si saliva e accompagnati da un canto ritmico si saltava, facendo attenzione a non scivolare pigiandosi ai rastrelli o pale che facevano d'appoggio.
Il capo pista spingeva il mosto che usciva con la scopa e poi ci ordinava di scendere quando il peso non sortiva più risultato.
Tolto “U' Sceccu” non una zappa si distribuiva l'uva a mo' di anello e si cominciava una marcia in cerchio a fila indiana con canto lento e struggente, canti classici, da carrettiere, a passo cadenzato.
Questa marcia formava un laghetto di mosto al centro dell'anello che il capo pista provvedeva a far defluire con una pala mentre distribuiva l'uva sotto i piedi dei pigiatori.
Quando il tutto prendeva un colore uniforme e di mosto ne colava poco, aiutandoci con le pale e i rastrelli, si versava questa pasta nel tino in cui era già raccolto il mosto e si ricominciava con altra uva appena colta.
Quando la vendemmia era quasi alla fine, di solito verso le 13,00 si faceva pausa per il Pranzo Pranzo composto da: salsiccia arrostita nella brace e/o sui "canali" (tegole) lavati con il vino, costolette di maiale, olive verdi condite con sottaceti (giardiniera), acciughe salate formaggio pecorino primo sale, tuma, caponata, parmigiana, gelatina di carne di maiale e vitello "u' suzu"; tutto accompagnato dal pane fresco fatto in casa nel forno a legna. Per frutta: i primi meloni gialli quelli che poi venivano mangiati a Natale, le pere coscia e le "pira 'mputiri" dell'Etna, mele cola profumatissime, gialle come il sole di inverno. E i dolci erano una gara tra le donne che partecipavano alla vendemmia: cannoli di ricotta, crostate, torte di ricotta, biscotti di mandorle e pistacchi. Io mi sedevo sul basto dell'asina di Santipamma, non prima di aver preso un fiasco di vino da mezzo litro per il mio amico e una manciata di biscotti per l'asina, che appena sentiva l'odore ragliava come un tenore dell'opera.
Santipamma versava il vino nel mio bicchiere con la giusta parsimonia, come a far intendere se ne vuoi altro ti alzi e o telo procuri o porti un altro fiasco, cosa che diventava impossibile poichè ero super controllato da tutti i familiari per evitare quello che avvenne una volta in cui Santipamma si ubriacò e l'asina non volle muoversi dal suo padrone costringendoci a portar l'ultima uva a spalle, memori di quel evento l'accordo era un fiasco e basta sino a fine vendemmia. Anche perchè quell'anno il mio amico per colpa dell'ubriacatura non scese lui nel tino a rompere e distribuire la pasta di raspi e bucce triturate, e guarda caso il vino venne pessimo pur avendo avuto una produzione favolosa. Questo era un compito un po' pericoloso poiché bisognava scendere dentro il tino pieno e le esalazioni della prima fermentazione potevano far perdere i sensi, per ogni evenienza si legava una corda attorno alla vita di chi era adibito a tal compito, nel caso di Santipamma era anche prevista per ordine di mia nonna anche la doccia con lavaggio completo, almeno prima dell'operazione e se poi voleva anche dopo. Lui giurava sempre che si era lavato la mattina stessa ma mia nonna era inflessibile. Usciva dalla sala torture con un bel costumino ascellare, lo si legava alla vita e poi come una sirena armata di zappa entrava nel mosto che la fermentazione aveva già cominciato a riscaldare, i più forti tenevano la cima della corda per ogni evenienza.
Santipamma si muoveva in quell'elemento come un pesce nel mare come un danzatore all'opera e quando finiva diceva sempre: -Putissi moriri 'nin'Tinu di vino!