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venerdì 5 novembre 2010

Santi Correnti - “Torna parrinu, e sciuscia”



Non l'ho mai stimato per certe prese di pensiero, ma devo ammettere che era un Siciliano e oggi di Siciliani ne restano pochi.
Ricordo

Il Chiarissimo Professore Santi Correnti (Riposto, 1924 – Catania, 27 agosto 2009) è stato uno storico italiano.
Si è dedicato prevalentemente alla Storia della Sicilia. Fu professore alla Normale di Pisa, direttore dell'Istituto Siciliano di Cultura Regionale e della Rivista Storica Siciliana. Professore dal 1970 al 1996 presso l'università di Catania, dove ha creato la cattedra in Storia della Sicilia. ben 92 sono le opere storiografiche pubblicate.
Nel suo libro “leggende di Sicilia”, edito da Longanesi, l’esimio prof. Correnti scrive che il detto “torna parrinu e sciuscia” (Torna prete e soffia),che si adopera quando si è importunati da richieste assillanti e sgradite, o quando in una discussione si ripetono noiosamente gli stessi insulsi argomenti, è nata da una leggenda plutonica, relativa ad una “truvatura”, di San Pietro Clarenza (Catania). In questo paese etneo, di tesori nascosti, secondo le leggende locali, ce ne sono almeno tre: quello dall’altarino di San Leonardo, quello della contrada Santa Margherita, e quello che sarebbe nascosto dentro il cosiddetto “Palazzazzu”, una  vecchia dimora dei principi Clarenza poi abbandonata, che si trovava nella parte sud del paese. Ma questa testimonianza storica della cittadina clarentina, negli anni ottanta fu distrutta dall’uomo, per fare posto a moderne costruzioni. Ognuno di questi tesori nascosti ha il suo bravo custode: il cosiddetto “pircanti”, lo gnomo dal berretto rosso, che può assumere le forme più impensate. Lo gnomo che custodiva il tesoro del “Palazzazzu” si è trasformato in vento, in cane che diventa un caprone, o addirittura in prete, e si mostra nell’ora più indicata per simili apparizioni, e cioè mezzanotte. Ora avvenne che in una notte d’autunno, nel periodo della vendemmia, poco prima di mezzanotte, il caposquadra dei vendemmiatori andò per aprire il palmento, per dare aria al mosto in fermentazione, e per preparare gli arnesi per la prima squadra di vendemmiatori. Aveva appena acceso la lanterna, quando vide accanto a sé un prete con la papalina in testa, che quatto quatto, senza dire nulla, si diresse verso la lanterna, vi soffio su, e la spense. Il paziente contadino la riaccese, e il prete, di nuovo, senza proferire parola, la spense. Stavolta il contadino si seccò e rivolto al prete lo apostrofò “Torna parrinu, e sciuscia! Vossia proprio ccu mia divi schirzari! Jù haiu un sulu pròspiru pp’addumalla, è l’omini stannu vinennu!” e riaccese per la terza volta la lanterna. Ma quando il finto prete, imperturbabile, la spense soffiandovi sopra ancora una volta, il contadino comprese, e gridò: “E tonna parrinu, e sciuscia! Chistu diavulu è!” e si fece il segno della croce. Allora si senti un gran rumore, e il falso prete scomparve in un cerchio di fuoco. Da San Pietro Clarenza il motto si è diffuso in tutta la zona etnea, e da lì in tutta la Sicilia, ed anche fuori. Ancora oggi l’espressione popolare viene adoperata contro gli importuni che ci fanno stizzire, ripetendo con monotonia i loro sciocchi argomenti, o insistendo nelle loro sgradite richieste.

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