SOLO QUELLI CHE SONO COSI' FOLLI DA PENSARE DI CAMBIARE IL MONDO, LO CAMBIANO DAVVERO (A.Einstein)
PER TUTTI
Questo blog non rappresenta una testata giornalistica poiché viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62/2001. Le immagini pubblicate sono quasi tutte tratte da Internet e quindi valutate di pubblico dominio (è consentita la libera pubblicazione attraverso la rete internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro).
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Eventuali commenti dei lettori, lesivi dell'immagine o dell'onorabilità di persone terze non sono da attribuirsi all'autore, nemmeno se il commento viene espresso in forma anonima o criptata.
Inoltre qualsiasi racconto o storia che viene scritto non fa riferimento nè a persone nè a luoghi. É solo frutto di fantasia. La vita, la realtà purtroppo accomuna nei fatti molte persone, ma niente è riferito a qualcuno in particolare.
In fine gli amministratori si riservano il diritto di cancellare tutti i commenti che ritengono non opportuni e contro lo spirito dell'informazione, commenti quindi scritti solo per creare confusione.
per info:gold.indi@gmail.com
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sabato 27 giugno 2020
giovedì 2 aprile 2020
Almanacco di CHIARAVALLE 1952
mercoledì 18 marzo 2020
La cornice del Decameron: la peste
La peste
![]() |
Il Trionfo della Morte è un affresco staccato (600×642 cm) conservato nella Galleria regionale di Palazzo Abatellis a Palermo. |
Gli anni della salvifica incarnazione del Figlio di Dio
erano ormai 1348, quando nella egregia città di Firenze, la più bella di ogni
altra in Italia, giunse la mortale pestilenza: la quale, o per influsso delle
stelle o per giusto castigo di Dio contro le opere malvagie degli uomini,
incominciò alcuni anni prima nelle regioni orientali e dopo averne distrutto
una grande quantità della popolazione, continuò a diffondersi da un luogo
all'altro senza fermarsi, fino a ingigantire verso l’Occidente.
E poiché non si
mostrava valida contro di essa alcuna scienza né alcuna esperienza umana,
nonostante la città fosse stata pulita e disinfettata da funzionari pubblici
incaricati di tale compito, e fosse stato vietato ai malati di entrarvi e
fossero stati dati molti consigli alla popolazione sul comportamento da tenere
per conservare la salute, e neppure avendo ottenuto effetto le umili preghiere
fatte non una sola volta ma molte, e organizzate in pubbliche processioni, o
fatte in altro modo a Dio da persone devote, quasi all'inizio della primavera
dell’anno sopra detto la pestilenza cominciò a diffondersi in modo orribile
manifestando in maniera straordinaria i suoi effetti orribili e dolorosi.
L’autore passa quindi a descrivere i sintomi della peste:
dapprima sangue dal naso, poi i temuti bubboni, infine chiazze nere o livide in
tutte le parti del corpo.
Questa pestilenza ebbe maggior forza perché attraverso il
contatto fisico si estendeva dai malati ai sani, non diversamente da quanto
avviene quando il fuoco viene avvicinato a cose secche o unte.
E in seguito si
accrebbe la sua forza: tanto che non soltanto il toccare o lo stare insieme ai
malati dava ai sani motivo di morire insieme a loro, ma perfino i panni o
qualsiasi altra cosa fosse stata toccata o usata da loro sembrava che trasmettesse
il contagio a colui che l’avesse toccata.
Devo inoltre raccontare una cosa che
ha dello straordinario e che, se non fosse stata vista dagli occhi di molte
persone, oltre che da me, non avrei neppure il coraggio di crederla, oltre che
di scriverla, pur avendola appresa da persona degna di fede. Dico dunque che la
peste ebbe una tale forza nel contagiarsi da uno a un altro, che non soltanto
si attaccava da uomo a uomo, ma, cosa che accadde spesso in modo evidente, gli
oggetti dell’uomo che era stato ammalato o che era morto di tale malattia, se
venivano toccati da un altro essere vivente che non fosse della specie umana,
non soltanto veniva contagiato dalla malattia, ma dopo poco tempo moriva. Di
ciò ebbi esperienza diretta, per averlo visto: infatti gli stracci di un
pover'uomo, morto di questa malattia, erano stati buttati per terra in mezzo
alla strada, e vi si imbatterono due porci i quali, come è loro abitudine,
prima li presero col muso, poi coi denti, e li scuotevano da una parte e
dall'altra sulle guance; dopo poco tempo incominciarono a rotolarsi per terra
e, come se fossero stati avvelenati, caddero entrambi morti sopra quegli
stracci che avevano sbattuto qua e là.
Da quelle cose e da altre simili
nacquero diverse paure e fantasie in quelli che rimanevano vivi, e quasi tutti
mostravano di avere un unico scopo assai crudele: quello di evitare e di
sfuggire gli infermi e le loro cose, e così facendo ognuno credeva di
acquistare la salvezza.
C’era qualcuno che credeva che il vivere con moderazione
e guardarsi da ogni eccesso fosse molto utile per resistere a un così grave
malanno, e raccoltosi in gruppo, vivevano separati da tutti gli altri, e
rinchiudendosi in quelle case dove non ci fosse alcun malato e dove potessero
vivere meglio, prendendo cibi molto delicati e ottimi vini e astenendosi da
ogni attività sessuale, senza voler sentire parlare di morte e di malati e
malattie, passavano il tempo suonando o in altre attività che potessero recar
loro piacere.
Altri, pensando diversamente, affermavano che il bere e il godere
e l’andare in giro cantando e divertendosi e soddisfacendo ogni proprio
desiderio e ridere e beffarsi di ciò che avveniva, fosse medicina certa a tanto
male; e non contenti di affermarlo lo mettevano in pratica per quanto potevano,
andando di giorno e di notte ora in una ora in un’altra taverna, bevendo senza
regola e senza misura, e facendo ciò più nelle case degli altri che nelle
proprie, appena venissero a sapere che vi avvenivano cose che potevano
piacergli o soddisfarli.
E potevano fare ciò senza preoccuparsi perché
ciascuno, come se non vi dovesse più vivere, lasciava nella trascuratezza sé e
le sue cose, e le case erano divenute di tutti, e così le usavano gli estranei,
se ci capitavano, come le avrebbe usate il loro padrone; e con questi propositi
bestiali fuggivano sempre gli infermi quanto più potevano.
In una così grande
afflizione e stato miserevole della nostra città anche la reverenda autorità
delle leggi divine e umane era caduta in disprezzo anche perché coloro che
dovevano farle osservare erano tutti morti o malati o rimasti senza domestici,
così che non potevano dedicarsi alle loro occupazioni ordinarie; per questa
ragione a ciascuno diventava lecito tutto quello che riusciva a fare.
Molti,
tra questi due estremi, usavano una via di mezzo, non limitandosi nel bere e
nel mangiare quanto i primi né lasciandosi andare come i secondi, ma usavano le
cose a sufficienza secondo l’esigenza dei bisogni naturali e senza rinchiudersi
andavano in giro tenendo in mano chi fiori, chi erbe profumate e chi diversi
aromi di spezie orientali, e portandosele spesso al naso, giudicando che fosse
cosa ottima tonificare il cervello con simili odori, dato che l’aria era tutta
impregnata e puzzolente del fetore dei morti, delle malattie e delle medicine.
Alcuni erano spinti da un sentimento più crudele, come se per caso fosse più
sicuro fuggire davanti ad esso, visto che non vi era nessuna medicina né alcun
rimedio efficace contro il male; e spinti da questo pensiero, non curandosi
d’altro se non di se stessi, abbandonarono in gran numero la propria città, le
proprie case, i loro parenti e le loro cose, e 6 se non di sé, assai e uomini e
donne abbandonarono la propria città, le proprie case, i lor luoghi e i lor
parenti e le lor cose, e cercarono l’altrui o almeno il lor contado, quasi
l’ira di Dio a punire le iniquità degli uomini con quella pestilenza non dove
fossero procedesse, ma solamente a coloro opprimere li quali dentro alle mura
della lor città si trovassero, commossa intendesse; o quasi avvisando niuna
persona in quella dover rimanere e la sua ultima ora esser venuta. si diressero
verso quelle degli altri o almeno verso la campagna, come se l’ira di Dio non
venisse a punire le iniquità degli uomini con quella pestilenza là dove si trovavano,
ma s’indirizzasse solo contro chi restava dentro le mura dalla città; o quasi
ritenendo che nessuna persona dovesse rimanervi e che in tal modo non fosse
arrivata l’ora della morte.
Il testo prosegue
dicendo che le persone rimaste in città venivano abbandonate da tutti, tranne
che dai servitori, avidi di guadagno, i quali tuttavia li guardavano morire
senza assisterli, e spesso, per impadronirsi delle loro cose, si contagiavano e
morivano a loro volta. Si facevano poi i funerali senza accompagnamento né
seguito. Non bastavano più neanche i becchini per seppellire i morti, ed ecco
spuntar fuori un’altra categoria di “beccamorti” che senza le dovute cerimonie
portavano i morti nella fossa più vicina. Infine incominciò ad esserci più
gente morta che viva, e la città fu tutta piena del fetore dei cadaveri
abbandonati per via, mentre la gente moriva nelle case o per le strade senza
nessuna assistenza.
G. Boccaccio, Decameron
http://scuolabottega.org/wp-content/uploads/2016/07/Boccaccio-Decameron.pdf
Approfondimenti:
La peste nella letteratura
mercoledì 11 marzo 2020
Le “Terre Ballerine” di Montalto Dora
Il Lago che non c'è (lago coniglio) e le "Terre Ballerine" di Montalto Dora
![]() |
Terre Ballerine quel che resta del Lago Coniglio |
Terre Ballerine quel che resta del Lago Coniglio |
Castello di Montalto dora visto dalla riva del lago Pistono |
Rudere lungo il percorso del lago Pistono |
Castello di Montalto Dora |
sabato 22 febbraio 2020
A new subspecies of Sphingnotus Perroud 1855
A new subspecies of Sphingnotus Perroud 1855 (Coleoptera:
Cerambycidae) from West Papua, Indonesia
Vadim Voitsekhovskii
Una nuova sottospecie del genere Sphingnotus (Coleoptera: Cerambycidae).
In accordo con le chiavi per le specie di questo gene, deve essere assegnata una
sottospecie di Sphingnotus mirabilis Boisduval 1835. La nuova sottospecie è simile a
S. m. mirabilis Boisduval per le variazioni dal blu-verde al viola-nero e color rame ma
questa nuova sottospecie differisce per i caratteri descritti di seguito.
download
giovedì 30 gennaio 2020
Pagine da "Almanacchi Regionali Bemporad per i ragazzi" - Mario Rapisardi
Almanacchi Regionali Bemporad per i ragazzi

pag,171
.... dai suoi scritti:
Quando ci diciamo cittadini del mondo, non intendiamo che l'amore della patria sia morto nell'animo nostro, vogliamo dire piuttosto che il nostro loco natío è per noi diventato ampio quanto la terra, che tutte le patrie si sono fuse in una sola, che il nostro amore si è diffuso a tutto il genere umano.
I GRANDI SICILIANI
(1844-1912).
Catanese. Scrisse poemi e
liriche, fresche, impetuose, possenti. Fra i suoi poemi eccelle il Giobbe dove sono squarci di biblica bellezza. Ma le Poesie religiose e i Poemetti racchiudono le cose più belle e più perfette
del Rapisardi. Nox Alta quies, Dopo
il temporale
e tante altre poesie dei due preziosi volumi sono delle vere gemme, rare per
puro splendore di forma e per singolare altezza di pensiero.
.... dai suoi scritti:
«E se alle vostre piccolette gare
agli odi vostri, alme rissose, io penso più che di sdegno di pietà sorrido» |
(Mario Rapisardi) |
Pensieri e giudizi, III-XI
Popol, che per amor d'ozio e di pane
Tien fede all'oppressore, è popol cane.
Chi piaggia il vulgo reo, de' buoni a danno,
Servo è che aspira a diventar tiranno.
Tu scrivi che il Carducci è un'ardua quercia
Che i fruttiferi rami all'aria spande….
E chi tel può negare, anima lercia,
Se ingrassato ti sei con le sue ghiande?
Tien fede all'oppressore, è popol cane.
Chi piaggia il vulgo reo, de' buoni a danno,
Servo è che aspira a diventar tiranno.
Tu scrivi che il Carducci è un'ardua quercia
Che i fruttiferi rami all'aria spande….
E chi tel può negare, anima lercia,
Se ingrassato ti sei con le sue ghiande?
Frecciate Anima
Conosci tu il paese dei floridi aranceti
che ha su cento abitanti settanta analfabeti?
il paese poetico, dall'aure profumate
che riceve le rondini a suon di fucilate?
il paese del sole, il paese dei sogni,
dove il popol beato fa in piazza i suoi bisogni?
Dove assessor di pubblica igiene e uffizïali
di pubblica nettezza sono i polli e i maiali?
Dove sotto lo sguardo di mille indifferenti
sono esposte le bestie a' più crudi tormenti?
Atlantide - Mario Rapisardi
che ha su cento abitanti settanta analfabeti?
il paese poetico, dall'aure profumate
che riceve le rondini a suon di fucilate?
il paese del sole, il paese dei sogni,
dove il popol beato fa in piazza i suoi bisogni?
Dove assessor di pubblica igiene e uffizïali
di pubblica nettezza sono i polli e i maiali?
Dove sotto lo sguardo di mille indifferenti
sono esposte le bestie a' più crudi tormenti?
Atlantide - Mario Rapisardi
giovedì 16 gennaio 2020
Pagine da "Almanacchi Regionali Bemporad per i ragazzi"
L’ora soave.
Ora dolce di pace, ora soave
è l’ora del tramonto.... La campana
de la chiesa del borgo, umile e piana,
suona — a rintocchi — l’Ave....
E tu ti segni; e, tutto in te raccolto,
pieghi il compunto volto
e levi a Dio la supplice preghiera,
dolce ne 1’ora dolce de la sera....
«Ave, Maria, o Tu di grazia piena.... »
E dal cuore che a Dio chiede perdono,
dilaga intanto un’ondata serena,
di pace, che fa l’animo più buono....
ALESSANDRO CAJA.
Lu pisci binidittu.
Pisci ’ntra lu mari cci uni su’ tanti. Ma chiddu ca è binidittu è lu mirluzzu. E lu sapiti pirchì? Pirchì l’antichi vonnu diri ca porta dintra d’iddu la santuzza (l’immagine) di la Bedda Matri di lu Munti.
E comu fu ssu miraculu? mi dumannati vuàutri. Comu fu? Accussì. Ca, ’na vota, un bastimentu, vicinu a Trapani, truzzàu ’ntra un scogghiu, tanti ca si cci fici un bellu pirtusu e nun cc’era versu di’ attupparlu. L’acqua trasìa a vadduni, e ddi poviri marinara si vittiru persi. Allura chi fìciru ddi sciurtunati? S’ addinucchiàru e cuminciàru a prigari a la Bedda Matri di lu Munti, gridànnucci : —- Matruzza santa, aiutàtinni ! — A la
O Bammineddu.
O Bammineddu di zùccaru duci,
Lassatimi parrari, si vi piaci.
Nun vogghiu chi taciti tanti vuci:
Vogghiu lu paradisi; beddu ’n paci.
giovedì 8 giugno 2017
Cibo o Oro
Il cibo che trasformato in oro potrà dare forza al nostro spirito
da
https://matgrasso.blogspot.it/2017/06/oro-aptico-artefatto.html
da
https://matgrasso.blogspot.it/2017/06/oro-aptico-artefatto.html
sabato 6 maggio 2017
Still Life
Questa tecnica fotografica è principalmente usata nel campo pubblicitario, rimanda chiaramente alle nature morte pittoriche, tecnica che serviva agli artisti a dimostrare la loro bravura.
Riflettere grazie all'atarassia è la capacità di soddisfare due bisogni individuali, quello della pace interiore grazie alla tranquillità raggiunta e la proiezione dell'immagine voluta a chi ci guarda. Ecco perchè la riflessione ha questa capacità di stare sia dentro che fuori, di scoprire noi stessi e di mostrarci a chi desideriamo anche nell'infinito di due specchi.
venerdì 7 aprile 2017
Vecchio Libro
Dietro i tre cani
un volume con fogli
intonsi
aperti con
tagliacarte
odor di polvere
pesciolini d’argento
scappano
edito a Venezia
sciabordio d’acqua
nei canali
si vede nei
caratteri
di Griffo
O grande Manuzio
ogni riga è come un
battito
ogni pagina è come
un giorno
ogni capitolo un
anno
mercoledì 28 dicembre 2016
La Tesoriera
Scattata il 28 Dicembre 2016 per la serie una foto al giorno, inizia una serie che cercherà di creare un diario personale d'immagini per creare una speranza per vedere la realtà con lo scopo di nutrire la fantasia.
Inizio con un luogo in cui si dice che i fantasmi si vedono e si percepiscono anche di giorno. Inutile raccontare le storie che potrete trovare con una semplice ricerca su google. L'importante era fermare un momento, una vista, un insieme di sensazioni che resteranno in me. Tra quelli descrivibili: la prospettiva degli alberi a destra, gli schizzi dell'acqua e la brillantezza del cielo che contornano lo schermo della villa, schermo in cui si proiettano le ombre degli alberi scheletrici dell'inverno.
venerdì 3 giugno 2016
Il giorno ad urlapicchio
Ci son dei giorni smègi e lombidiosi
col cielo dagro e un fònzero gongruto
ci son meriggi gnàlidi e budriosi
che plògidan sul mondo infrangelluto,
ma oggi è un giorno a zìmpagi e zirlecchi
un giorno tutto gnacchi e timparlini,
le nuvole buzzìllano, i bernecchi
ludèrchiano coi fèrnagi tra i pini;
è un giorno per le vànvere, un festicchio
un giorno carmidioso e prodigiero,
è il giorno a cantilegi, ad urlapicchio
in cui m’hai detto “t’amo per davvero”
Fosco Maraini
martedì 17 novembre 2015
Felix Cattus
Ode a Spot
Così suona il tuo epiteto tassonomico
carnivoro per natura, quadrupede
endotermico.
La tua vista, il tuo udito, il tuo olfatto
superiore
ti hanno reso da sempre un provetto
cacciatore.
trovo così intriganti le tue subvocali
oscillazioni,
le tue armoniose, esigenti comunicazioni
che si accompagnano alla tua edonistica
necessità
di essere accarezzato con affetto, simpatia
e voluttà.
La tua coda è essenziale
alle tue acrobatiche evoluzioni e spesso ci
rivela
il reale stato delle tue emozioni.
Senza di essa come sarebbero i tuoi
movimenti?
Certo meno facili, sicuramente meno
eleganti.
Oh Spot!
I tuoi complessi livelli di comportamento
denotano un'apprezzabile capacità di
ragionamento.
Io sono più che certo, Spot che comprendi
se ti dico che io ti considero
un leale, un sincero, un vero
grande amico.
Da Star Trek
martedì 30 giugno 2015
FEBBRE DEL MARE
Devo tornare sul mare, solitario sotto il cielo,
e chiedo solo una grande nave e una stella per guidarla,
colpi di timone, canti del vento,
sbuffi della vela bianca,
e bigia foschia sul volto del mare
e un bigio romper dell'alba.
Devo tornare sul mare, ché la chiamata
della marea irruente è una chiara
selvaggia chiamata imperiosa;
e io chiedo soltanto un giorno di vento
con volanti nuvole bianche,
pien di spruzzi e di spuma e di strillanti gabbiani.
Devo tornare sul mare, alla vita
di zingaro vagabondo; alla via
delle balene e degli uccelli marini,
dove il vento è una lama tagliente;
e io chiedo solo un'allegra canzone
da un compagno ridente
e un buon sonno
e un bel sogno
quando la lunga giocata è finita.
(John Masfield)
giovedì 21 maggio 2015
Per Te!
Kaddish (rito italiano):
Itgadàl vitqadàsh shemè rabbà. Be’almà di verà khirutè, wejamlìkh malkhutè, bechajekhòn uwjomekhòn uvchajè dekhòl bèt Israèl, ba’agàla uvizmàn qarìv weimrù amèn. Jehè shemè rabbà mevaràkh, le’alàm ul’almè ‘almaià itbaràkh. Weishtabàkh, weitpaàr, weitromàm, weitnasè, weithadàr, weit’alèh weithallàl shemè dequdshà berìkh hù. Le’èla le’èla mikòl birkhatà shiratà tushbechatà wenechamatà daamiràn be’almà weimrù amèn.
* [’Al Israel ve’al rabbanan ve’al talmideon ve’al kol talmidè talmideon deiatvin de’askin beoraità kadishtà di beatrà aden vedi bechol atar vaatar yeè làna ulon shelamà vechinà vechisdà
verachamè vechayè arichè umzonè revichè min kodam Elaàna marè shemaià vear’à veimrù. Amen.] Jehè shelamà rabbà min shemaià wechajìm tovìm ‘alènu we’al kol Israèl weimrù amèn. ‘Osè shalòm bimromàv hù berachamàv ja’asè shalòm ‘alènu weal kol Israèl, amèn.
Traduzione:
Sia magnificato e santificato il Suo grande nome, nel mondo che Egli ha creato conforme alla Sua volontà, venga il Suo Regno durante la vostra vita, la vostra esistenza e quella di tutto il popolo d’Israele, presto e nel più breve tempo. Sia il Suo grande nome benedetto per tutta l’eternità. Sia lodato, glorificato, innalzato, elevato, magnificato, celebrato, encomiato, il nome del Santo Benedetto. Egli sia, al di sopra di ogni benedizione, canto, celebrazione, e consolazione che noi pronunciamo in questo mondo.
* [Su Israele e sui nostri Maestri, sui loro allievi e sugli allievi dei loro allievi, che si occupano della santa Torà, che si trovano in questo luogo e che si trovano in qualsiasi altro luogo, vi sia, per noi e per voi, pace e grazia e pietà e misericordia e alimento in larghezza da parte del nostro D-o, Signore del cielo e della terra e dite, Amen.]
Scenda dal cielo un’abbondante pace ed una vita felice su di noi e su tutto il popolo d’Israele. Colui che fa regnare la pace nell'alto dei cieli, nella Sua infinita misericordia la accordi anche a noi e a tutto il popolo d’Israele. E così sia*
Non so se sia quello giusto, ma son sicuro che apprezzerai l'intento, e forse qualcuno aggiungerà o modificherà qualcosa.
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