(di Lorena B.G.)
Vi siete mai chiesti che cosa è l'INCIPIT dello "scrivere"? Parlo non solo dell'azione di chi è uno scrittore di mestiere, ma anche dei ragazzi a scuola cui viene dettato il titolo di un tema da svolgere. Davanti il foglio bianco, niente scritto sopra.
Un mondo immenso con tante realtà. Possiamo scrivere tutto e di tutto, ogni cosa che ci passa per la testa.
L'inizio è il problema vero. Non è una spiegazione e non è la trama di niente eppure attraverso le prime dieci venti righe si intuisce qualcosa. Si crea cioè un rapporto tra chi scrive e chi deve legge, soprattutto il lettore deve cominciare ad immaginare qualcosa e ad intravedere migliaia di strade che possono essere percorse. Quale indirizzo prenderanno le frasi man mano che procede la lettura ?
La storia e la spiegazione quale sentiero tortuoso percorreranno? Sarà un'autostrada lunga diritta senza curve o una strada di montagna con i tornanti.
Il nostro cervello dovrà elaborare le soluzioni ad ogni parola, ad ogni virgola? C'è la capacità di creare quell'atmosfera di complicità fra chi scrive e chi legge?
Il primo INCIPIT per me è il titolo. Non riesco a portare avanti niente se non lo scrivo prima in alto, ben visibile per me. Il titolo è l'inizio della mia storia quello che farà stimolare la curiosità di chi lo legge, quello che farà aprire le porte della voglia di sapere cosa ho scritto e come finirà la mia storia. E' un monito per me a continuare per una strada diritta che mi deve portare inevitabilmente ad una conclusione, ma la conclusione deve cominciare dal titolo e dalle prime venti righe, tendolo ben presente davanti a me la meta cui devo arrivare. Ogni strada trasversale che prenderò mi riporterà sempre costantemente a girare gli occhi e a guardarlo come l'unica cosa che bramo e desidero raggiungere.
Il mio modo di narrare è confidenziale: parlo in prima persona.
Molti di quelli che hanno letto si sono immedesimati nelle scene o hanno pensato che fossero un diario della mia vita.
Ma forse è vero: una parte lo scrittore l'attinge sempre da qualcosa che è capitato o che ha visto o sentito.
Ho ricevuto consigli su come gestire il mio matrimonio.
Amici che hanno pensato che avevo un amante e che non erano loro il mio amante.
Persone che hanno compatito la mia condizione di donna con problemi.
Chi mi è stato vicino offrendomi il suo aiuto.
Chi si è offeso perchè non è ancora entrato nei miei racconti.
Chi si è offeso perchè ho cambiato i nomi per la loro privacy.
Chi mi ha lasciato come amico, perchè era geloso delle persone che descrivevo.
Chi mi ha ammonito a non innamorarmi di lui, perchè non potevamo avere una storia duratura.
Ho capito con gioia che erano stati coinvolti, che il mio narrare era emozionante confidenziale, da amica che ha degli amici con cui parlare.
Forse però ho anche capito che nessuno si ricorda che io scrivo e il coinvolgere il lettore fa parte del gioco, fa parte del mio carattere.
Sono una scrittrice - ragno che tesse la sua tela per poter trattenere i lettori - mosche nella trama e coinvolgerli al punto che devono pensare che sia tutto vero.
La prossima volta nel mio INCIPIT chiederò subito a qualcuno se vuole fare la spesa al posto io, magari cucinare o stirare o spolverare che sinceramente detesto.
Ma perchè quella bella polvere di Prato non deve ricoprire come un manto tutte le cose?