SOLO QUELLI CHE SONO COSI' FOLLI DA PENSARE DI CAMBIARE IL MONDO, LO CAMBIANO DAVVERO (A.Einstein)

PER TUTTI
Questo blog non rappresenta una testata giornalistica poiché viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62/2001. Le immagini pubblicate sono quasi tutte tratte da Internet e quindi valutate di pubblico dominio (è consentita la libera pubblicazione attraverso la rete internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro).
Gli amministratori dichiarano di non essere responsabile per i commenti inseriti nei post.
Eventuali commenti dei lettori, lesivi dell'immagine o dell'onorabilità di persone terze non sono da attribuirsi all'autore, nemmeno se il commento viene espresso in forma anonima o criptata.
Inoltre qualsiasi racconto o storia che viene scritto non fa riferimento nè a persone nè a luoghi. É solo frutto di fantasia. La vita, la realtà purtroppo accomuna nei fatti molte persone, ma niente è riferito a qualcuno in particolare.
In fine gli amministratori si riservano il diritto di cancellare tutti i commenti che ritengono non opportuni e contro lo spirito dell'informazione, commenti quindi scritti solo per creare confusione.


per info:gold.indi@gmail.com

sabato 29 novembre 2025

Apuleio, il filosofo magico: quando Platone incontra l'asino d'oro


Apuleo - Le Metamorfosi (o L'Asino d'oro)

Chi era Lucio Apuleio? Un filosofo? Un romanziere? Uno stregone? La risposta è: tutto questo insieme. Nel II secolo d.C., questo intellettuale nordafricano ha creato un ponte unico tra la ragione e il mistero, e la sua lezione è sorprendentemente attuale.

Più di un semplice romanziere
Tutti conoscono Le Metamorfosi (o L'Asino d'oro), il suo romanzo fantastico. Ma quella storia è molto più di un intrattenimento. È un'allegoria filosofica potentissima:

  • La trasformazione in asino rappresenta la caduta dell'anima, imprigionata dalla materia e dai sensi.

  • Le avventure e le sofferenze sono una purificazione necessaria.

  • Il finale, con l'intervento della dea Iside, non è un "deus ex machina", ma il culmine di un percorso di redenzione.

Un Platonismo "pop"
Apuleio era un filosofo platonico. Nei suoi trattati, divulgava le idee di Platone in latino, concentrandosi su un Dio supremo e sull'immortalità dell'anima. La sua genialità sta nell'aver riempito lo spazio tra Dio e l'uomo con i daimones, spiriti intermedi. Queste entità spiegano la divinazione, l'ispirazione (come il "demone" di Socrate) e la presenza del divino nel mondo. Non è magia nera, è una filosofia che cerca di dare un volto al mistero.

La filosofia in tribunale
Apuleio fu processato per magia. La sua autodifesa (Apologia) è un capolavoro: usa la sua cultura per distinguere la magia ciarlatana dalla ricerca filosofica sulla natura. Per lui, il vero saggio non è uno stregone, ma un investigatore razionale e rispettoso del divino.

Apuleio continua a parlarci ancora oggi
il suo pensiero incarna la ricerca di un significato profondo. In un'epoca di confini fluidi come la nostra, la sua figura ibrida ci ricorda che la verità non sta solo nella ragione pura o nella fede cieca, ma in un dialogo tra le due.

Apuleio ci invita a un viaggio interiore, a una "metamorfosi" che, attraverso la conoscenza e l'esperienza, ci conduca a una comprensione più alta di noi stessi e del mondo.

venerdì 28 novembre 2025

Donne di Fora: Le Custodi dell'Antica Sicilia

donna di fora

 Donne di Fora

C'è una Sicilia che non si mostra al sole. Una Sicilia che vive nel respiro della notte, nel fruscio del vento tra gli ulivi, nel confine sottile tra un sonno profondo e un sogno vivido. È il regno delle Donne di Fora.

Non chiamatele streghe. La loro storia è più antica, più complessa e più profondamente siciliana di quanto quella parola possa contenere.

Chi Sono le Signore dell'Altrove?

"Li fìmmini di fora", le donne di fuori. Il loro nome è una mappa della loro natura: sono esseri che appartengono a un altrove, che camminano in un mondo parallelo al nostro, tangibile solo nel buio. Sono eleganti, belle, vestite di bianco immacolato o di rosso passionale. Ma guardatele bene: spesso un dettaglio tradisce la loro magia. Un piede d'oca, una zampa caprina, un dito in più. Sono i sigilli di un potere che l'umanità comune non può contenere.

La Doppia Danza: Tra Benedizione e Maledizione

In Sicilia, nulla è mai solo bianco o solo nero. Tutto vive in una penombra dorata, e così le Donne di Fora. La loro essenza è un perfetto, pericoloso equilibrio.

Da un lato, sono le Benedette.
Sono le grandi guaritrici, le uniche in grado di sciogliere il malocchio più potente, di curare con erbe di cui solo loro conoscono il segreto. Entrano di soppiatto nelle stalle di notte per pettinare le criniere dei cavalli, portando prosperità. A loro ci si rivolgeva con un misto di timore e reverenza, quando la medicina e la preghiera non bastavano più.

Dall'altro, sono le Maledette.
Possono gettare sorti terribili, portare l'impotenza, far avvizzire i raccolti e ammalare il bestiame. La loro ira è temuta più di qualsiasi altra cosa. Sono le seduttrici che rubano gli uomini e le ombre che, si mormora, possano rapire i bambini non battezzati.

Le Notti Magiche: Il Volo dell'Anima

Il cuore della leggenda batte in notti precise dell'anno: le notti di Natale, dell'Epifania, del Giovedì Santo. Sono le notti in cui il velo tra i mondi si assottiglia.
In quelle notti, si credeva che le loro anime abbandonassero i corpi addormentati per riunirsi in processioni spettrali. In queste danze estatiche, decidevano i destini degli umani per l'anno a venire. Era il Sabba Siciliano, non una caricatura demoniaca, ma un rito antico di potere, predizione e comunità soprannaturale.

Le Radici nella Pietra dell'Isola

Le Donne di Fora non sono nate dal nulla. Sono il frutto più misterioso dell'anima siciliana, un sincretismo unico al mondo:

  • Hanno le vesti delle Dee Madri mediterranee, le Matres adorate dai popoli antichi.

  • Danzano con la follia delle Menadi greche, le seguaci di Dioniso.

  • Sono state poi dipinte come demoniache dalla Chiesa, che vedeva in quel potere femminile e autonomo una minaccia mortale.
    Eppure, il popolo non ha mai dimenticato la loro doppia natura. Ha continuato a temerle, ma anche a bussare alle loro porte, di nascosto, per un aiuto impossibile da trovare altrove.

Perché Questa Tradizione ci Parlava, e ci Parla Ancora?

Perché la figura della Donna di Fora è sopravvissuta per secoli? Perché è l'archetipo di un bisogno profondo.
Era la riconoscenza per un sapere femminile antico, tramandato di generazione in generazione, fatto di erbe, intuizione e potere.
Era la paura per ciò che non si può controllare: la natura, la sfortuna, il desiderio.
Era, infine, una giustizia parallela. Quando le istituzioni, i medici e persino i preti fallivano, restava lei, l'ultima, ambigua speranza.

Oggi che le loro storie si sbiadiscono nel ricordo, restano come un monito e un invito. Ci ricordano che la Sicilia è stata, e forse ancora è, un'isola dove la magia non era evasione, ma un linguaggio per dare un senso all'inspiegabile. Un'isola che sapeva, e forse sa ancora, che la notte non è solo per dormire, ma per ascoltare. Perché qualcuna, di fora, potrebbe ancora passare.

La Sicilia Sommersa: Il Riso Perduto dell'Isola che non ti Aspetti

 


La Sicilia Sommersa: Il Riso Perduto dell'Isola che non ti Aspetti

C'è una Sicilia che non trovi nelle guide. Una Sicilia d'acqua e di nebbie mattutine, di campi allagati che riflettevano il cielo azzurro come specchi. Non è un sogno: è la storia vera e dimenticata di quando l'isola coltivava riso.

Le Risaie dei Borbone

Immagina la Piana di Catania, oggi distesa di agrumi e coltivazioni intensive. Nel Settecento e per gran parte dell'Ottocento, qui, dove il Simeto portava vita, ondeggiavano distese verdi di riso. Lentini e Paternò erano i suoi santuari. I "risinari", con i piedi nell'acqua per ore, erano braccianti e spesso donne, le cui vite erano segnate dalla fatica e da un'ombra costante: la malaria.

Perché coltivare riso significava creare acquitrini. E gli acquitrini significavano zanzare. E le zanzare significavano febbre, quella terribile "mal'aria" che decimava le campagne e rendeva fiacche intere generazioni. Era un paradosso straziante: una coltura che nutriva e, allo stesso tempo, uccideva.

Il Profumo degli Agrumi e la Legge che Cancellò Tutto

Poi, arrivò l'Unità d'Italia. Con essa, arrivarono leggi severe di "bonifica igienica". Le risaie, considerate focolai di pestilenza, furono bandite. Vietate vicino ai centri abitati. Ma non fu solo la legge a sconfiggere il riso siciliano.

Fu il profumo.
Il profumo dei fiori d'arancio e di limone, che prometteva ricchezze ben più grandi.

Mentre il Nord Italia meccanizzava le sue risaie, la Sicilia scoprì l'oro giallo e rosso: gli agrumi. Per un proprietario terriero, trasformare una risaia malsana in un agrumeto profumato e redditizio, i cui frutti sarebbero finiti sulle tavole di Londra e New York, non era una scelta. Era un obbligo economico. Era il futuro.

Così, silenziosamente, le acque furono drenate. I campi allagati lasciarono il posto a ordinati filari di aranci e limoni. Il rumore delle zanzare fu sostituito dal canto delle cicale. La Sicilia del riso, con le sue fatiche e le sue miserie, ma anche con il suo paesaggio unico e malinconico, scivolò nella memoria. E poi, nell'oblio.

Una Traccia nel Piatto: le Crispelle

Oggi, di quell'epoca, non resta quasi nulla. Forse, solo un'eco lontana in qualche piatto della tradizione più ostinata. Le Crispelle di riso, soffici frittelle nate per non spregare un singolo chicco, sono l'ultimo, dolente monumento a quella storia. Sono il ricordo in forma di cibo di un lavoro estenuante, trasformato in qualcosa di buono per i figli. Sono il sapore di una memoria che resiste nell'umile splendore della frittura.

È la storia di una Sicilia che per sopravvivere ha dovuto cancellare una parte di sé. Una Sicilia sommersa, che aspetta solo di essere ricordata ogni volta che addentiamo una crispella, calda e fragrante.